INPS
Direzione Centrale
Prestazioni a Sostegno del Reddito
Roma, 6 Settembre 2006
Circolare n. 95 bis
Destinatari
OGGETTO: Prestazioni economiche di malattia e di maternità. Questioni
varie.
SOMMARIO:
1. Indennizzabilità festività
soppresse.
2. Legalizzazione dei certificati di
malattia rilasciati in Paesi extra UE.
3. Indennità di malattia e lavoratori
aventi titolo a prestazioni pensionistiche.
4. Lavoratori iscritti alla gestione
separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n.335/1995: inapplicabilità dei termini di
decadenza stabiliti dalla legge n. 438/1992; equiparazione del day hospital al ricovero;inapplicabilità
del c.d. automatismo delle prestazioni.
5. Il lavoratore agricolo a tempo
determinato che ha prestato nell’anno precedente l’inizio dell’evento morboso
almeno 51 giornate di attività come lavoratore agricolo a tempo indeterminato
ha diritto all’indennità di malattia per un numero di giornate pari a quelle
effettuate nell’anno precedente.
6. I lavoratori che beneficiano
dell’incentivo al posticipo del pensionamento hanno diritto all’indennità di
malattia.
7. Riposi giornalieri ex art. 39 del T.U.( c.d. riposi di allattamento ) : cumulabilità coi recuperi effettuati
mediante l’utilizzo della “banca ore”;
compatibilità col part-time orizzontale; diritto del padre al raddoppio dei permessi in caso di parto plurimo;
fruibilità da parte delle lavoratrici dipendenti in distacco sindacale.
8. La riemissione in pagamento di
assegni per prestazioni economiche di malattia e di maternità non riscossi è
subordinata alla verifica del mancato decorso del termine annuale di
prescrizione vigente nella materia.
9. Nei casi di malattia ascrivibile a
“mobbing” l’azione di surroga può essere attivata autonomamente dall’Istituto
solo quando vi è stato un previo accertamento di responsabilità del terzo in
sede giudiziale.
10. Nelle ipotesi di malattie che si
esauriscono nel periodo di carenza permane in capo al lavoratore l’obbligo dell’invio del certificato medico sia
all’INPS che al datore di lavoro .
1) FESTIVITA’ SOPPRESSE (malattia e
maternità).
Sono pervenute richieste di
chiarimenti circa l’indennizzabilità delle giornate infrasettimanali non più
considerate festive per effetto della legge 5 marzo
1977, n. 54 e
successive modificazioni (trattasi come noto delle ricorrenze dell’Ascensione,
del Corpus Domini, del 19 marzo, del 29 giugno e del 4 novembre).
Al riguardo si ribadisce che le
predette giornate sono indennizzabili solo se le stesse – come peraltro in
genere avviene – sono normalmente lavorate e retribuite (per le stesse non
viene cioè corrisposto, oltre al compenso per il lavoro svolto, un ulteriore
emolumento pari al trattamento dovuto per i giorni festivi) (1).
Infatti il 2° comma dell’art. 6 della legge n.138/1943, precisa che l’indennità non è dovuta per le giornate
in cui il lavoratore ammalato percepisce dal datore di lavoro un trattamento
economico, non integrativo della indennità di malattia, di importo pari o
superiore a quello previdenziale.
Il criterio comporta che
nell’ipotesi, segnalata da alcune Sedi, di aziende che corrispondono per
contratto ai propri dipendenti nella prima successiva domenica del mese
considerato il compenso aggiuntivo relativo alla festività soppressa cadente in
un giorno feriale lavorativo, al lavoratore assente per malattia nel giorno ex
festivo stesso spetterà, per tale giorno, in quanto normalmente retribuito, il
trattamento previdenziale. Nell’ipotesi di impiegati, la domenica non sarà
indennizzabile, ai sensi del citato art. 6, comma 2 della legge n. 138/1943 (2).
2) LAVORATORI OCCUPATI IN ITALIA CHE
SI AMMALANO DURANTE TEMPORANEI SOGGIORNI ALL’ESTERO. LEGALIZZAZIONE DEI
CERTIFICATI DI MALATTIA (malattia).
Secondo le disposizioni impartite (v.
da ultimo circ. n. 136/2003, par. 11), per i lavoratori occupati in Italia che si
ammalano durante temporanei soggiorni in Paesi che non fanno parte della Unione
Europea (3) o che non hanno stipulato con l’Italia Convenzioni o Accordi
specifici che regolano la materia, la corresponsione dell’indennità di malattia
può aver luogo solo dopo la presentazione all’INPS della certificazione
originale, legalizzata a cura della locale rappresentanza diplomatica o
consolare italiana.
E’ stato segnalato che alcune
Ambasciate o Consolati operanti presso i predetti Paesi (ad esempio Marocco,
Sri Lanka) incaricano medici di loro fiducia di esaminare i certificati di cui
trattasi. Detti medici, dopo averne accertata la veridicità, consegnano agli
interessati (che talvolta vengono anche sottoposti a visita) la certificazione
“originale” convalidata, ovvero, in sostituzione di questa, altra
certificazione da loro redatta direttamente in lingua italiana.
In presenza di tali situazioni la
legalizzazione deve ritenersi in sostanza perfezionata all’atto della convalida
della certificazione originale o della redazione della nuova certificazione,
fermo restando che è comunque sempre necessaria la attestazione, da parte
dell’ambasciata o consolato interessati, della veste di proprio medico
fiduciario conferita al sanitario che ha svolto il servizio in argomento,
nonché della autenticità della sua firma.
Sull’argomento “legalizzazione”, più
in generale, si ritiene utile fornire le seguenti indicazioni. L’adempimento
può non essere richiesto ai lavoratori che si ammalano in Paesi non facenti
parte dell’Unione Europea ma che hanno stipulato con l’Italia (o con la U.E.)
Convenzioni o Accordi specifici che regolano la materia in cui è espressamente
previsto che la certificazione di malattia rilasciata dall’Istituzione locale
competente (o, per quanto qui interessa, da medici abilitati dalla stessa) è
esente da legalizzazione.
I Paesi di cui trattasi sono: (4)
w
Paesi
extra UE con i quali sono stati stipulati Accordi che prevedono l’applicazione
della disciplina comunitaria: Islanda, Norvegia e Liechtenstein in base
all’Accordo SEE (Spazio Economico Europeo), Svizzera (in base all’Accordo sulla
libera circolazione tra CH e UE) e Turchia (in applicazione alla Convenzione
Europea di sicurezza sociale).
w
Paesi
extra UE con i quali sono stati stipulate Convenzioni estese all’assicurazione
per malattia: Argentina, Bosnia-Erzegovina (5), Brasile, Croazia, Jersey e
Isole del Canale, Macedonia (5), Principato di Monaco, Repubblica di San
Marino, Stato di Serbia e Montenegro (5), Tunisia, Uruguay e Venezuela.
In particolare si richiama
l’attenzione di codeste Sedi sulla possibilità, prevista in genere da dette
Convenzioni o Accordi, di richiedere alle locali Casse o Istituzioni analoghe
l’effettuazione di accertamenti sanitari sui lavoratori assistiti in Italia che
si ammalano sul territorio estero, fornendo le generalità degli interessati ed
il loro esatto recapito all’estero.
E’ ovvio che per gli altri Paesi per
i quali, ancorché in presenza di Convenzioni sulla materia, non è prevista
espressa dispensa, continua ad essere necessaria la legalizzazione da
parte delle rappresentanze diplomatiche o consolari, secondo le disposizioni
vigenti.
Infine, si ricorda che sono esenti da
legalizzazione a condizione che rechino l'’APOSTILLE' gli atti e i
documenti rilasciati dagli Stati aderenti alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre
1961.
3) LAVORATORI AVENTI TITOLO ALLE PRESTAZIONI
PENSIONISTICHE (malattia).
Continuano a pervenire quesiti in
tema di riconoscibilità del diritto all’indennità di malattia nei confronti di
assicurati aventi titolo a prestazioni pensionistiche. Al riguardo si conferma
che ai soggetti in questione non compete il diritto all’indennità di malattia
per gli eventi morbosi che iniziano successivamente alla data della
cessazione del rapporto di lavoro (v. circ. n. 134406 AGO – n. 286 SL/149
del 23.7.1983, par. 7); ciò anche se la malattia inizia entro il termine di
copertura assicurativa (due mesi, o 60 giorni se il conteggio è più favorevole,
dalla cessazione del rapporto di lavoro).
In sostanza, la limitazione opera nei
confronti dei soggetti già titolari di un trattamento pensionistico al momento
della cessazione del rapporto di lavoro nonché di quelli che cessano l’attività
per pensionamento o comunque per acquisizione di un trattamento di quiescenza.
I criteri sopra indicati riguardano
la generalità degli assicurati (compresi i marittimi, tenendo conto ovviamente
delle particolarità vigenti per la categoria: la cessazione del rapporto di
lavoro coincide con il giorno dello sbarco; il periodo di copertura
assicurativa ha la durata di 28 giorni) e vanno applicati anche nei confronti
dei pensionati che, dopo la cessazione dell’attività, assumono un nuovo lavoro.
Avuto riguardo infatti alla funzione
dell’indennità di malattia, di compensare la perdita della retribuzione causata
dall’evento morboso che rende il soggetto temporaneamente incapace al lavoro,
la previsione di mantenimento, sia pure per un limitato periodo di tempo, del
diritto alla indennità dopo la cessazione del rapporto di lavoro è da riferirsi
soltanto a coloro che si trovano contingentemente privi di occupazione e non
godono di erogazioni diverse, presupposti non rinvenibili nel caso di titolari
di un trattamento di quiescenza.
Resta inteso che quanto precede non
rileva ai fini dell’indennizzabilità delle malattie iniziate prima della
cessazione del rapporto di lavoro; queste saranno quindi indennizzate, nei
limiti massimi previsti, anche per il periodo successivo alla cessazione del
rapporto di lavoro stesso, ovviamente se a tempo indeterminato (art. 5, comma 2, legge 638/1983) (6).
A completamento delle indicazioni
fornite, si ricorda infine (v. circ. n. 182/1997, par. 7) che l’indennità di malattia – quando l’evento
denunciato, iniziato in costanza di lavoro, è riconducibile alla stessa
patologia per la quale è stato concesso l’assegno di invalidità – spetta
soltanto se è sanitariamente riscontrabile una riacutizzazione o una
complicanza della patologia stessa, tale da produrre un’ incapacità lavorativa
(7).
Resta ferma l’incompatibilità tra la pensione di inabilità
e l’indennità di malattia.
4) LAVORATORI ISCRITTI ALLA GESTIONE
SEPARATA DI CUI ALL’ART. 2 COMMA 26, DELLA LEGGE N. 335/1995.
a) DECADENZA (malattia e maternità).
In occasione della istruttoria dei
ricorsi presentati dai lavoratori in argomento in materia di indennità di
maternità e di indennità di malattia per i periodi di ricovero si è rilevato
che talvolta nella lettera con cui viene data agli interessati la comunicazione
di non accoglimento della domanda è indicato che l’azione giudiziaria per
l’ottenimento della prestazione in contestazione è assoggettata ai termini di
decadenza di un anno previsti dalla legge n.
438/1992.
Al riguardo si precisa che la
decadenza contemplata dalla legge suddetta è espressamente limitata alle
prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti e quindi non è riferibile a
quelle in esame.
Non appare neppure possibile
estendere in via analogica ai soggetti di cui trattasi la particolare
disciplina in questione, atteso che le norme sulla decadenza hanno natura
eccezionale e pertanto non possono applicarsi oltre i casi ed i tempi in esse
considerati.
Resta fermo, nella materia, il
termine annuale di prescrizione, decorrente, secondo i criteri forniti con
messaggio n. 009337 del 31.3.2006, dalla conclusione del procedimento
amministrativo, salvo idonei atti interruttivi.
Le Sedi sono pertanto invitate, a
modificare nel senso anzidetto le indicazioni fornite sull’aspetto di interesse
nelle comunicazioni di reiezione della prestazione.
b) DAY HOSPITAL (malattia).
Con circolare n. 136/2003, a modifica delle disposizioni in precedenza impartite con circolare n.192/1996 sullo specifico aspetto, è stato disposto che ai fini
erogativi di interesse le giornate per le quali viene documentata
l’effettuazione di prestazioni in regime di day hospital sono da equiparare a
giornate di ricovero.
Il criterio vale anche per i
lavoratori iscritti alla gestione separata di cui trattasi, fermo restando
ovviamente che pure per dette giornate l’indennità va erogata secondo le
diverse modalità e misure previste per
la particolare categoria.
c) AUTOMATISMO DELLE PRESTAZIONI (malattia e
maternità)
Nei confronti dei soggetti iscritti
alla gestione separata di cui trattasi si rammenta che non opera il c.d.
principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i
“prestatori di lavoro”, dall’art. 2116 del cod. civ., in forza del quale le
suddette prestazioni sono comunque garantite anche nel caso di mancato o
irregolare versamento da parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali e
assistenziali dovuti.
Trattandosi infatti di lavoratori la
cui attività è giuridicamente qualificabile come autonoma, il mancato o
irregolare versamento dei contributi obbligatori impedisce la maturazione del
diritto alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in favore degli
stessi, delle prestazioni medesime.
5) LAVORATORI AGRICOLI A TEMPO
DETERMINATO. PERIODO INDENNIZZABILE (Malattia).
Con circolare n. 220 dell’11
settembre 1992 sono state impartite istruzioni nel senso che per i lavoratori
in esame può essere considerata utile, ai fini del raggiungimento del numero di
giornate (almeno 51) necessario per il diritto alle prestazioni economiche di
malattia, l’attività svolta nell’anno precedente nel medesimo settore agricolo,
ma a tempo indeterminato. Come infatti sottolineato in alcune pronunce della
Cassazione Sez. Lavoro (nn. 3568, 9500, 10530/1990 e 11551/1991), l’art. 5, comma 6, della legge 638/1983, nello stabilire per i lavoratori
agricoli a tempo determinato il requisito occupazionale minimo delle 51
giornate, non distingue fra attività svolta quale lavoratore a tempo
determinato o indeterminato.
Peraltro, con circ. n. 145 del 1993, si è precisato che sul piano erogativo, quando il predetto
requisito occupazionale minimo può essere conseguito utilizzando le giornate di
lavoro a tempo indeterminato, resta ferma l’applicazione della specifica
normativa vigente per i lavoratori agricoli a tempo determinato, pure per
quanto concerne il massimo assistibile.
In particolare l’Istituto aveva
ritenuto che nel caso, al fine di individuare il numero di giornate
indennizzabili, dovesse farsi riferimento in via analogica, anziché al comma
sesto dell’art. 5 della legge 638/1983 (secondo cui il numero delle giornate di indennità non può
superare la durata del periodo lavorativo svolto nell’anno precedente, che deve
comunque essere non inferiore a 51 giornate), al comma terzo dello stesso
articolo, che prevede un numero massimo di trenta giornate di indennità di
malattia per i lavoratori a tempo determinato i quali nei dodici mesi
precedenti l’evento morboso hanno prestato attività lavorativa per meno di
trenta giorni.
In senso contrario si è però
pronunciata la Corte di Cassazione Sezione Lavoro (sentenza n. 249/2003),
secondo la quale il richiamo al comma terzo dell’art. 5 ai fini della
determinazione del massimo assistibile è contraddittorio.
Secondo la predetta Corte, infatti,
la diversa individuazione, a seconda del tipo di attività svolta, del numero
delle giornate indennizzabili, contrasta con il comma sesto dell’art. 5, che
non distingue, quanto all’attività prestata nel settore agricolo nell’anno
precedente l’evento morboso, fra attività a tempo determinato e attività a
tempo indeterminato.
A modifica del criterio impartito con
la sopra citata circolare n. 145/1993, si dispone pertanto che al lavoratore agricolo a tempo
determinato che risulti aver prestato, nel corso dell’anno precedente, attività
nel settore agricolo con la qualifica di lavoratore a tempo indeterminato per
almeno 51 giornate, va riconosciuto il diritto alla corresponsione
dell’indennità di malattia per un numero di giornate pari a quelli effettuate
nell’anno precedente, fermi restando i limiti di durata massima previsti in
materia.
Le presenti istruzioni sono da
intendersi applicabili ai casi di malattia non ancora definiti alla data della
presente circolare nonché, su richiesta degli interessati, agli eventi
definiti, per i quali non siano decorsi i termini di prescrizione e/o di
decadenza annuali vigenti nella materia ovvero non siano intervenute sentenze
passate in giudicato.
6) LEGGE N. 243 DEL
23 AGOSTO 2004:
INCENTIVO AL POSTICIPO DEL PENSIONAMENTO (malattia).
Con riferimento ai lavoratori che
beneficiano dell’incentivo al posticipo del pensionamento (cd. bonus) previsto
dalla L. 243 del
23.8.2004 (art.
1, comma da 2 a 17), si ribadisce, come già precisato (si vedano a riguardo il
Msg. n. 30721 del 1.10.04 e la circ. n. 150 del 11.11.04), che relativamente a tali lavoratori viene meno l’obbligo da
parte del datore di lavoro del versamento della contribuzione a fini
pensionistici, ivi incluso il contributo aggiuntivo dell’1% ex art. 3 ter della legge n. 438/1992, mentre resta fermo
l’assoggettamento alle altre forme contributive, compresa la contribuzione per
malattia.
Stante la permanenza del relativo
obbligo contributivo ne deriva che ai lavoratori che decidano di fruire del cd.
bonus spetta il diritto all’indennità di malattia secondo la disciplina
generale applicabile ai lavoratori subordinati (8).
In particolare, atteso che, in caso
di fruizione del cd. bonus, la somma corrispondente alla contribuzione che il
datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’INPS a fini pensionistici viene
interamente corrisposta al lavoratore, la somma stessa non dovrà essere
inclusa, in base ai principi generali vigenti nella materia, nella retribuzione
utile per il calcolo delle indennità in argomento.
7) RIPOSI GIORNALIERI (c.d. per
allattamento) .
7.1 DIRITTO AI RIPOSI E
“BANCA ORE”.
Sono pervenute a questa Direzione
centrale richieste di chiarimenti in merito alla possibilità di cumulare le
“ore di recupero” – ossia le ore espletate oltre il previsto orario giornaliero
di lavoro ed accumulate con il sistema della “banca ore”- con i periodi di
riposo per allattamento di cui agli artt. 39 e ss. del D.Lgs. 151/2001 (T.U. della maternità).
E’ stato chiesto, in particolare, se, ai fini della
fruizione di tali riposi, sia possibile considerare le suddette “ore di recupero”
come “ore di lavoro effettivo” in altra giornata rispetto a quella di
effettuazione delle ore stesse.
In adesione ad analogo parere
espresso, in merito alla sopra citata problematica, dal Coordinamento generale
legale di questo Istituto, si precisa che, ai fini del diritto ai riposi
giornalieri di cui trattasi (e al relativo trattamento economico), va preso a
riferimento l’orario giornaliero contrattuale normale – quello, cioè, in
astratto previsto- e non l’orario effettivamente prestato in concreto nelle
singole giornate.
Ne consegue pertanto che i riposi in
questione sono riconoscibili anche laddove la somma delle ore di recupero e
delle ore di allattamento esauriscano l’intero orario giornaliero di lavoro
comportando di fatto la totale astensione dall’attività lavorativa.
7.2 RIPOSI GIORNALIERI E PART-TIME.
Si forniscono chiarimenti in merito
alla possibilità di riconoscere i riposi giornalieri nel caso limite della
lavoratrice madre a tempo parziale c.d. orizzontale, tenuta in base al
programma contrattuale ad effettuare solo un’ora di lavoro nell’arco della
giornata.
In linea con l’orientamento espresso
in proposito dal Ministero vigilante– orientamento recentemente confermato dal
Coordinamento generale legale dell’Istituto- la scrivente Direzione è pervenuta
ad un’interpretazione di segno favorevole nella considerazione che la dizione
letterale della norma (art. 39, comma 1, del citato testo unico) non pare interdire una siffatta
possibilità, limitandosi soltanto a
prevedere l’orario giornaliero di lavoro (6 ore) al di sotto del quale
il riposo è pari ad un’ora, ma non anche l’orario di lavoro minimo necessario
per poter fruire del riposo giornaliero.
L’eventuale coincidenza del riposo
giornaliero con l’unica ora di lavoro, pur comportando la totale astensione
della lavoratrice dall’attività lavorativa, non precluderà pertanto il
riconoscimento del diritto al riposo in questione.
7.3 DIRITTO DEL PADRE AI RIPOSI IN
CASO DI PARTO PLURIMO .
A parziale rettifica delle istruzioni
fornite con circ. 8/2003, par. 2, si forniscono chiarimenti in merito al
diritto del padre, lavoratore dipendente, al raddoppio dei periodi di riposo
giornaliero di cui agli artt. 39 e ss. del testo unico vigente in materia, con
particolare riferimento all’ipotesi in cui, trattandosi di madre lavoratrice non dipendente, si
verifichi il c.d. parto plurimo.
In particolare, fermo restando che,
ai sensi di quanto previsto dall’art. 40, lett. c, del D. Lgs. 151/2001 (T.U. della maternità), per madre
lavoratrice non dipendente deve intendersi la lavoratrice autonoma (artigiana,
commerciante, coltivatrice diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola
professionale, parasubordinata e libera professionista) avente diritto ad un
trattamento economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro Ente
previdenziale, si precisa - in linea con l’evoluzione legislativa e
giurisprudenziale sempre più tendente ad assicurare ad entrambi i genitori un
ruolo paritario nelle cure fisiche ed affettive del bambino – che, anche nell’ipotesi
considerata, il padre dipendente può fruire, in caso di parto plurimo, del
beneficio in esame in misura raddoppiata secondo quanto previsto dall’art. 41 del presente testo unico.
Circa le modalità di fruizione dei
riposi giornalieri nella specifica ipotesi considerata (parto plurimo di madre
lavoratrice non dipendente), si precisa inoltre che il padre lavoratore
dipendente può fruire dei riposi stessi anche durante i tre mesi dopo il parto
nonché durante l’eventuale periodo di congedo parentale della madre; in tali
periodi, tuttavia, il diritto spetta nella misura di 2 ore o 1 ora a seconda dell’orario di lavoro, in analogia
a quanto disposto in merito alle ore “aggiuntive” riconosciute al padre in caso
di madre lavoratrice dipendente (v. circ. 109/2000, par. 2.2., 3° capoverso).
7.4 DIRITTO DELLE LAVORATRICI IN
DISTACCO SINDACALE .
La giurisprudenza di legittimità ha
espresso l’orientamento, ormai consolidato, secondo cui , durante i periodi di
aspettativa sindacale non retribuita ai sensi dell’art.31 della legge 20 maggio 1970, n 300, in caso di maternità, la
lavoratrice conserva nei confronti degli enti competenti il diritto
all’erogazione delle prestazioni di qualsiasi natura ( sanitaria o economica )
esse siano.
Tale principio generale va, pertanto,
applicato anche all’indennità per i riposi giornalieri, atteso che l’indennità
cosiddetta per allattamento costituisce una delle prestazioni a tutela della
maternità, in specie alternativa ( e
comunque integrativa ) rispetto al congedo parentale durante il primo anno di
vita del bambino.
Più in particolare, con riferimento
specifico al calcolo dell’indennità in questione, si dovrà fare riferimento
alla retribuzione che la lavoratrice avrebbe
maturato allorché fosse rimasta in servizio, desumibile dall’ultimo CCNL
relativo al settore produttivo di appartenenza della lavoratrice ed alle
mansioni svolte prima del distacco sindacale.
8) ASSEGNI NON RISCOSSI (malattia e
maternità).
E’ stato chiesto se nel caso in cui
l’indennità di malattia e maternità sia stata corrisposta mediante assegno ed
il lavoratore abbia trascurato di riscuoterlo, si possa eccepire la
prescrizione annuale ex art. 6 della legge n. 138/1943 alla richiesta di riemissione dell’assegno stesso,
avanzata dall’interessato dopo che è trascorso oltre un anno dalla ricezione
del primo assegno.
Al riguardo si fa presente che
l’emissione dell’assegno, stante la sua natura di mezzo di pagamento, non
produce la novazione del rapporto fondamentale sottostante, che quindi rimane
in essere con tutte le caratteristiche sue proprie, ivi compresa quella che
attiene alla prescrizione applicabile.
La riemissione in pagamento di
assegni per le prestazioni economiche in questione deve intendersi quindi subordinata
in ogni caso alla verifica del mancato decorso del termine di prescrizione
annuale predetto, fatto salvo l’effetto interruttivo da attribuire
all’emissione del precedente assegno, in cui deve ravvisarsi un riconoscimento
di debito da parte dell’Istituto.
9) ESPERIBILITÀ DELL’AZIONE DI
SURROGA IN IPOTESI DI MOBBING (malattia).
Alcune Sedi hanno chiesto se la
presenza di patologie riconducibili, sulla scorta delle dichiarazioni rese
dall’assicurato, a possibili situazioni di mobbing (9), sia presupposto idoneo
e sufficiente per intraprendere l’azione di surroga per responsabilità di
terzi.
Al riguardo si osserva che per la
giurisprudenza prevalente gli elementi essenziali della fattispecie sono:
l’aggressione o persecuzione di carattere psicologico; la sua frequenza,
sistematicità e durata nel tempo; il suo andamento progressivo; le conseguenze
patologiche gravi che ne derivano per il lavoratore.
In relazione a quanto precede è
evidente che la prova del nesso causale tra il pregiudizio subito e la malattia
è particolarmente ardua, in quanto il lavoratore, per ottenere il risarcimento,
deve dimostrare il collegamento della malattia con una pluralità di
comportamenti che si inseriscono in una precisa strategia persecutoria posta in
essere dal datore di lavoro al fine di isolarlo psicologicamente e fisicamente.
L’Istituto troverebbe pertanto gravi
difficoltà nell’intentare cause autonome per mobbing, dovendo provare gli elementi costitutivi della
fattispecie e, in particolare, il nesso causale.
Sulla base delle considerazioni sopra
esposte, ferma restando l’esperibilità in astratto dell’azione surrogatoria
nelle situazioni in questione ( trattandosi comunque di menomazione della
capacità lavorativa ascrivibile a comportamento doloso del terzo responsabile ), di norma le Sedi non daranno avvio ad
autonoma procedura di recupero per i casi di malattia semplicemente additati
come mobbing e privi di un accertamento giudiziale di responsabilità del datore
di lavoro.
10) INVIO DELLA CERTIFICAZIONE MEDICA
PER LE MALATTIE CHE SI ESAURISCONO IN CARENZA (malattia) .
È stato chiesto se nel caso di
malattie che si esauriscono in carenza
il lavoratore possa consegnare la certificazione medica al solo datore
di lavoro, omettendo cioè di inviarla
all’INPS.
Al riguardo si fa presente che le
disposizioni vigenti (art. 1, comma 149 della legge 30.12.2004, n.311, che ha sostituito i commi 1 e 2
della legge n. 33/1980) prevedono in via generale che, nei
casi di infermità comportanti incapacità lavorativa, la certificazione
rilasciata ai lavoratori aventi diritto all’indennità di malattia debba essere
inviata ai destinatari previsti (INPS e datore di lavoro).
Avuto riguardo a quanto precede si
ritiene quindi che l’onere dell’invio della certificazione all’INPS permanga pure relativamente alle
malattie di durata inferiore a quattro giorni (per le quali, come noto, non è
dovuto il trattamento previdenziale), tenuto conto anche dei riflessi che
possono porsi nell’eventualità di successive ricadute.
Il Direttore Generale
Crecco
Note:
(1) Nell’eventualità che dette
giornate coincidano con la domenica, si applicheranno ovviamente le
disposizioni vigenti per le domeniche stesse (non indennizzabilità per gli
operai, corresponsione dell’indennità per gli impiegati). La situazione non è
infatti equiparabile alle “festività infrasettimanali coincidenti con la
domenica” – non indennizzabili neanche agli impiegati-, avendo le giornate in
questione perso, per effetto della legge sopra citata, la connotazione di
“festività”.
(2) Se ad esempio il datore di lavoro
corrisponde il 6 novembre 2005 (prima domenica del mese di novembre) il
compenso aggiuntivo previsto per la giornata ex festiva del 4 novembre 2005
(venerdì), all’impiegato assente per malattia il 4 novembre spetta, per tale
ultimo giorno, la prestazione previdenziale in quanto trattasi di giornata non
retribuita. Il 6 novembre 2005 non sarà peraltro indennizzabile, non perché
coincidente con la domenica, ma perchè retribuito.
(3) Si elencano, ad ogni buon conto,
oltre all’Italia, i Paesi ai quali, alla data del 1 gennaio 2006 viene
applicata la normativa comunitaria: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito (Gran Bretagna e
Irlanda del Nord), Repubblica Ceca, Repubblica di Cipro, Slovenia, Slovacchia,
Spagna, Svezia e Ungheria.
Con l’occasione si ricorda ad ogni
buon conto che a decorrere dal 1.6.2004 il formulario E111 è stato sostituito
dalla TEAM (Tessera Europea Assicurazione Malattia), e che dalla stessa
data è stato soppresso il formulario E
113 (v. messaggio n. 027699 del 1.8.2005).
(4) I testi dei relativi Accordi e
Convenzioni sono consultabili su “INPS INTERNET” (INPS; Informazioni; Panorama
internazionale; Le convenzioni internazionali; Normativa; Stati esteri -
convenzioni bilaterali).
(5) Sono ancora applicabili gli
accordi a suo tempo stipulati con l’ex Yugoslavia.
(6) Si rammenta che, diversamente
dagli altri assicurati, ai lavoratori dello spettacolo ed ai marittimi non è
applicabile il divieto di corrispondere trattamenti economici di malattia dopo
la cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato (v. comma 7, art. 7, della legge n. 638/1983).
(7) Il particolare accertamento non è
ovviamente necessario se la malattia denunciata è diversa.
(8) Poiché per i lavoratori di cui
trattasi permane anche l’assoggettamento alla contribuzione per maternità, gli
stessi hanno anche diritto alle relative prestazioni, limitate peraltro
verosimilmente a casi di adozione, affidamento o permessi per handicap.
(9) Come indicato nella sentenza n. 623 del 25.10.2005 della III Sez. Centrale d’Appello della Corte dei
Conti, si verifica una situazione di mobbing “quando un dipendente è oggetto
ripetuto di soprusi da parte dei superiori e, in particolare, quando vengono
poste in essere pratiche dirette ad isolarlo dall’ambiente di lavoro o ad
espellerlo, con la conseguenza di intaccare gravemente l’equilibrio psichico
dello stesso, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e
provocando catastrofe emotiva, depressione e talvolta persino il suicidio”.
Destinatari
Ai Dirigenti centrali e periferici
Ai Direttori delle Agenzie
Ai Coordinatori generali, centrali e
periferici dei Rami professionali
Al Coordinatore generale Medico
legale e
Dirigenti Medici
Circolare n. 95 bis
e, per conoscenza,
Al Presidente
Ai Consiglieri di Amministrazione
Al Presidente e ai Componenti del
Consiglio
di Indirizzo e Vigilanza
Al Presidente e ai Componenti del
Collegio dei Sindaci
Al Magistrato della Corte dei Conti
delegato
all’esercizio del controllo
Ai Presidenti dei Comitati
amministratori
di fondi, gestioni e casse
Al Presidente della Commissione
centrale
per l’accertamento e la riscossione
dei contributi agricoli unificati
Ai Presidenti dei Comitati regionali
Ai Presidenti dei Comitati
provinciali