Regio Decreto 5 febbraio 1928, n. 577
Approvazione del Testo Unico delle
leggi e delle norme giuridiche, emanate in virtù dell'art, 1, n. 3, della legge
31 gennaio 1926, n. 100, sulla istruzione elementare, post-elementare, e sulle
sue opere di integrazione
(GU n. 095
del 23/04/1928)
Preambolo
Vittorio Emanuele III
Per grazia di Dio e per volontà
della Nazione
Re d'Italia
Visto l'art. 5 del r.
Decreto-legge 7 aprile 1927, n. 641, in virtù del quale il governo del re fu
autorizzato a riordinare, coordinare e pubblicare in Testo Unico tutte le norme
di carattere legislativo sulla istruzione elementare, postelementare, e sulle
sue opere di integrazione, nonché quelle sulle stesse materie contenute in
decreti emanati in virtù dell'art. 1, n. 3, della legge 31 gennaio 1926, n.
100, con facoltà di introdurvi quelle disposizioni complementari ed integrative
che si rendessero necessarie, posteriormente alla pubblicazione del precitato
r. Decreto-legge 7 aprile 1927, n. 641;
Udito il parere del consiglio di
stato;
Sentito il consiglio dei ministri;
Sulla proposta del nostro ministro
segretario di stato per la pubblica istruzione;
Abbiamo decretato e decretiamo:
È approvato il Testo Unico delle
leggi e delle norme giuridiche, emanate in virtù dell'art. 1, n. 3, della legge
31 gennaio 1926, n. 100, sulla istruzione elementare, post-elementare e sulle
sue opere di integrazione, annesso al presente decreto e visto, d'ordine
nostro, dal ministro proponente.
Ordiniamo che il presente decreto,
munito del sigillo dello stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle
leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo osservare.
Annesso a
Testo unico
Titolo I. Ordinamento dell'amministrazione locale per
l'istruzione elementare.
Capo I. Consiglio scolastico e consiglio di
disciplina.
Art. 1. (art. 1 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
Presso ogni provveditorato agli
studi sono istituiti, per gli affari dell'istruzione elementare, un consiglio
scolastico ed un consiglio di disciplina, ambedue presieduti dal regio
provveditore.
Art. 2. (art. 2 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art. 8
r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
Il consiglio scolastico è composto
di sei membri, oltre al presidente, e cioè un preside di istituti medi di
istruzione governativi, di un sanitario e di altre quattro persone che abbiano
speciale conoscenza dell'ordinamento della istruzione elementare e dei
particolari bisogni della scuola.
I membri del consiglio scolastico
sono nominati per decreto ministeriale.
Restano in carica un biennio e
sono riconfermabili.
Art. 3. (art. 3 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art. 1
r. Decreto 17 febbraio 1927, n. 211).
Il consiglio scolastico si aduna
normalmente due volte al mese.
Esso delibera sull'istituzione,
la soppressione e la distribuzione delle scuole classificate; amministra i
fondi e le rendite, comunque provenienti, destinati all'istruzione elementare;
approva le deliberazioni comunali aventi per obbietto materie contemplate dalle
leggi e dai regolamenti sulla istruzione elementare nonché il bilancio
preventivo e il conto consuntivo dei patronati scolastici.
Si sostituisce al comune nei casi
di cui all'art. 53.
Dà pareri sui licenziamenti per
ragioni didattiche, sulla decadenza e sulla dispensa dall'ufficio, sui
trasferimenti per ragioni di servizio, sui ritardi di promozione, sulla
idoneità delle persone chiamate ad impartire l'istruzione religiosa, sulla
istituzione dei corsi di lezione di cui al 2/a comma dell'art. 31 e sopra tutti
gli altri provvedimenti e proposte sui quali il regio provveditore agli studi
reputi opportuno di interpellarlo.
Provvede, inoltre, sopra ogni
altro argomento devoluto alla sua competenza dalle leggi e dai regolamenti
vigenti.
Art. 4. (art. 4 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art. 8
r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
Il consiglio di disciplina è
composto di quattro membri, oltre al presidente, e cioè di due membri del
consiglio scolastico, di un professore di istituti medi di istruzione
governativi e di un direttore didattico comunale o di un insegnante elementare
titolare di scuola classificata, secondo che l'incolpato sia un direttore
didattico comunale od un insegnante elementare.
I membri del consiglio di
disciplina sono nominati per decreto ministeriale.
Restano in carica per un biennio e
sono riconfermabili.
Art. 5. (art. 5 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il consiglio di disciplina giudica
della responsabilità disciplinare dei maestri e dei direttori didattici
comunali nei limiti di cui all'art. 152 e nei modi e con le formalità stabilite
dal regolamento.
Capo II. Provveditore e ufficio scolastico.
Art. 6. (art. 6 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432, art. 2
r. Decreto 17 febbraio 1927, n. 211; art. 3 r. Decreto 7 aprile 1927, n. 640).
Il regio provveditore agli studi
vigila personalmente e per mezzo degl'ispettori sull'insegnamento pubblico e
privato; decide, con provvedimento definitivo, sui ricorsi contro i certificati
di servizio rilasciati dagli ispettori scolastici; promuove ogni provvedimento
utile all'istruzione elementare; dispone nei casi urgenti, per ragioni
sanitarie o per grave motivo d'ordine interno, l'immediata temporanea chiusura
delle scuole; nomina, d'accordo con il prefetto competente, commissari
scolastici con la facoltà di indagare presso i comuni inadempienti agli
obblighi scolastici; esercita tutte le altre attribuzioni deferitegli dalle
leggi e dai regolamenti.
Art. 7. (art. 7 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'ufficio di regio provveditore
agli studi si può conferire, oltre che per promozione dal ruolo
dell'amministrazione scolastica locale ovvero per trasferimento o per
promozione dal ruolo dell'amministrazione centrale della pubblica istruzione,
anche, a scelta del ministro, a coloro che per la dottrina, per esperienza e
per autorità morale, siano riconosciuti particolarmente idonei all'ufficio, fra
i presidi e i professori di istituti medi di istruzione governativi, fra i
funzionari amministrativi di gruppo a di qualsiasi grado dell'amministrazione
centrale e locale della pubblica istruzione, o fra persone estranee
all'amministrazione dello stato.
Art. 8. (art. 8 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Alla diretta dipendenza del regio
provveditore agli studi è posto l'ufficio scolastico costituito di funzionari
delle carriere amministrativa, di ragioneria e d'ordine.
Art. 9. (art. 9 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Alle spese per i locali e per
l'arredamento dell'ufficio scolastico provvedono le provincie comprese nella
giurisdizione del provveditorato agli studi; alle spese predette lo stato
contribuisce nella misura di cui all'annessa tabella a.
Capo III. Ispettori e direttori governativi.
Art. 10. (art. 10 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art.
3 e 4 r. Decreto 29 luglio 1925, n. 1286).
Gli ispettorati centrali per
l'istruzione elementare con ufficio presso il ministero della pubblica
istruzione provvedono al coordinamento del servizio di vigilanza degli
ispettori scolastici.
È pure loro compito l'attendere a
studi ed indagini, su richiesta del direttore generale per l'istruzione
elementare.
Essi vengono nominati mediante
esame di concorso. Salva l'applicazione dell'art. 11 del r. Decreto 30 dicembre
1923, n. 3084, possono pure essere nominati dal ministro, a scelta fra le
persone che abbiano la competenza, l'autorità e le attitudini richieste per
l'ufficio o che appartengano ai ruoli del personale dipendente dal ministero
della pubblica istruzione.
Il numero dei posti di ispettore
centrale è indicato nella tabella b.
Art. 11. (art. 11 e 12 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il territorio del regio
provveditorato agli studi è diviso, con decreto ministeriale, in circoscrizioni
ispettive e, limitatamente alla parte non compresa nella giurisdizione dei
comuni che godono dell'autonomia scolastica, in circoli didattici.
La circoscrizione ispettiva è
affidata a un regio ispettore scolastico; il circolo didattico a un direttore
didattico governativo.
Art. 12. (art. 13 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 1 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125; tabella n. 37 allegata al r. Decreto
11 novembre 1923, n. 2395; art. 3 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1667).
Gli ispettori scolastici e i
direttori didattici governativi sono alla diretta dipendenza del regio
provveditore agli studi.
La sede del loro ufficio è presso
una delle scuole pubbliche del comune capoluogo della circoscrizione o del
circolo. Le spese di arredamento, di illuminazione e riscaldamento, di custodia
e pulizia del locale di ufficio sono a carico del comune.
Il numero dei posti di ispettore
scolastico e di direttore didattico governativo è indicato nella tabella b.
Art. 13. (art. 14 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Quando una circoscrizione
ispettiva sia temporaneamente priva del titolare, il regio provveditore agli
studi può affidarla, in via provvisoria, ad un direttore didattico governativo,
o, se le esigenze del servizio lo consiglino, a più direttori, ciascuno per una
parte, oppure all'ispettore scolastico viciniore.
Per il servizio di supplenza in
circoscrizioni scolastiche può essere corrisposto un compenso non superiore
alla somma mensile di l. 120, complessivamente per ciascuna circoscrizione.
Quando un circolo di direzione
didattica sia sprovvisto del titolare, il regio provveditore agli studi può
incaricare della supplenza uno dei direttori didattici di circoli limitrofi.
Per tale supplenza può essere
corrisposto ai direttori didattici un compenso mensile non superiore a l. 50.
Qualora la supplenza si riferisca a più direzioni, il compenso può elevarsi ad
un massimo di lire 75.
I compensi di cui ai commi
precedenti gravano sui capitoli del bilancio del ministero della pubblica
istruzione sui quali si pagano gli stipendi degli ispettori scolastici e dei
direttori didattici governativi; non sono dovuti nei casi di supplenza per
ordinario congedo del titolare.
Art. 14. (art. 15 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art.
4 r. Decreto 7 aprile 1927, n. 640).
Il regio ispettore scolastico
nell'ambito della sua circoscrizione vigila sull'istruzione pubblica e privata;
autorizza l'apertura di scuole o di istituti privati di istruzione elementare;
provvede alla supplenza dei direttori assenti con incarico a direttori di sedi
viciniori; rilascia i certificati di servizio ai maestri sulla base dei verbali
di visita e dei rapporti informativi; decide definitivamente sui ricorsi contro
i provvedimenti dei direttori didattici riguardanti i congedi, le supplenze,
l'assegnazione delle classi e contro i verbali di visita.
Art. 15. (art. 16 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Gli ispettori scolastici non
assegnati ad una circoscrizione ispettiva, sono dal ministero posti a
disposizione dei regi provveditori agli studi.
Art. 16. (art. 17 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il direttore didattico governativo
visita le scuole e compila i rapporti informativi sugli insegnanti; assegna,
annualmente, i maestri alle varie classi disciplinando i turni di
avvicendamento; provvede alla concessione dei congedi ed alla continuità
dell'insegnamento nei casi di assenza dei maestri; determina il calendario e
l'orario delle scuole e fissa i giorni degli esami, nominando altresì le
commissioni esaminatrici; propone nuovi ordinamenti, abbinamenti e sdoppiamenti
di classi.
Art. 17. (art. 18 testo 22 gennaio 1925, n. 432; art. 10 r.
Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209; art. 1 r. Decreto 23 luglio 1926, n.
1598).
Gli ispettori scolastici e i
direttori didattici governativi sono nominati per concorso per titoli ed esami,
da espletarsi secondo le disposizioni del regolamento.
Nell'indire i concorsi ai posti
ispettivi e direttivi l'amministrazione ha la facoltà di determinare il numero
dei posti stessi da riservare alle donne.
La tassa di ammissione al concorso
è di l. 50.
I direttori didattici senza
insegnamento dei comuni le cui scuole elementari passino all'amministrazione
dei regi provveditorati agli
Studi, quando siano stati
nominati a norma di legge, possono, all'atto del passaggio delle scuole, in
seguito a loro domanda, essere assunti senza esami nel ruolo dei direttori
didattici governativi. La decorrenza della nomina è quella della data in cui le
scuole dei comuni furono assunte dai provveditorati e nel ruolo i nuovi
direttori sono inscritti subito dopo il direttore che per ultimo aveva ottenuto
la nomina alla data predetta.
I direttori di cui al comma
precedente che abbiano stipendio superiore a quello iniziale di direttore
didattico governativo, compreso il supplemento di servizio attivo, conservano
la differenza a titolo di assegno personale, che sarà assorbita nei successivi
aumenti.
Art. 18. (art. 1, 2 e 4 r. Decreto-legge 20 maggio 1924, n.
834).
Ai membri delle commissioni
esaminatrici dei concorsi a posti di ispettore scolastico e di direttore
didattico governativo nelle scuole elementari, a posti di ruolo nei regi
istituti dei sordomuti e nelle scuole di metodo per l'educazione materna e di
insegnante e maestro istitutore dei ciechi è corrisposto, oltre al rimborso
delle spese di viaggio secondo le norme vigenti, un compenso di l. 500 per il
primo gruppo di candidati sino ai 10 e successivamente di l. 200 per ogni
gruppo di 10 sino ai 50, di l. 100 per ogni gruppo di 10 sino ai 100, di l. 30
per ogni gruppo di 10 sino ai 150 e di l. 20 per ogni ulteriore gruppo di 10.
Per le prove orali è corrisposto a
ciascun commissario, per ogni concorrente che abbia sostenuto la prova, un
ulteriore compenso di 5 sino ai 250 esaminati, di l. 2 dai 251 ai 500 e di l. 1
dai 501 in poi.
Al pagamento dei compensi si
provvede dopo l'approvazione della graduatoria con decreto ministeriale; ma ai
commissari che la richiedano può essere accordata, al termine dei lavori,
un'anticipazione non superiore ai due terzi dell'intero compenso loro spettante
oltre il rimborso delle spese di viaggio.
I compensi di cui al comma primo
sono ridotti di un terzo per i commissari che risiedano nella città nella quale
hanno luogo gli esami.
Ai membri delle commissioni di
vigilanza per i concorsi è corrisposta una diaria di l. 25.
I compensi di cui ai precedenti
commi spettano a tutti i commissari, appartengano essi o non alla amministrazione
dello stato.
Art. 19. (art. 24, 1/a comma, r. Decreto-legge 4 settembre
1925, n. 1722; articolo unico r. Decreto 9 giugno 1927, n. 1232).
Ai direttori didattici governativi
in prova, assunti per concorso, spetta durante il periodo di prova un assegno
mensile pari allo stipendio di cui essi erano provvisti nel ruolo di
provenienza, senza alcun diritto a supplemento di servizio attivo.
Tale assegno non potrà tuttavia in
nessun caso superare lo stipendio minimo stabilito per il grado di direttore didattico
governativo.
Ferma restando la disposizione di
cui al comma precedente, per i direttori didattici in prova, i quali, nelle
more del concorso, abbiano lasciato l'ufficio di maestro, l'assegno sarà
commisurato allo stipendio da essi goduto all'atto in cui cessarono di
appartenere ai ruoli magistrali.
Capo IV. Direzioni comunali.
Art. 20. (art. 19 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
In ogni comune, che conserva
l'amministrazione delle scuole elementari, la direzione delle scuole deve
essere affidata ad un direttore didattico comunale.
Esso sarà coadiuvato da direttori
sezionali, uno per ogni gruppo di trenta classi con maestro proprio, od uno per
ogni gruppo più numeroso di classi, purchè riunite in un medesimo edificio
scolastico.
Se il numero delle classi con
maestro proprio sia superiore a duecento, la direzione delle scuole elementari
dovrà essere affidata a un direttore centrale.
Art. 21. (art. 9 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
I comuni, che amministrano
direttamente un numero di scuole elementari non superiore a venti, hanno
facoltà di chiedere di essere esonerati dall'obbligo loro imposto di provvedere
con proprio personale alla direzione delle scuole. Sulla domanda, sentito il
regio provveditore agli studi, provvede il ministero, che determina a quale
circolo debbono essere aggregate le scuole del comune richiedente agli effetti
della direzione didattica di esse, e fissa la somma che il comune deve versare
annualmente all'erario a titolo di concorso nelle spese di vigilanza.
Art. 22. (art. 20 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le attribuzioni dei direttori di
cui all'art. 20 sono quelle affidate ai direttori didattici governativi. Ad
essi si applicano le norme sullo stato giuridico dei maestri elementari.
Art. 23. (art. 21 testo 22 gennaio 1925, n. 432).
Il regolamento scolastico del
comune stabilisce le norme per il funzionamento della direzione didattica e
determina, occorrendo, il numero delle direzioni sezionali.
I direttori centrali e i direttori
didattici comunali e sezionali sono nominati per concorso.
Condizione essenziale di
ammissione al concorso è il possesso del titolo di abilitazione all'ufficio.
Il regolamento scolastico comunale
può stabilire che al concorso per direttore sezionale siano ammessi soltanto insegnanti
del
Comune e che, quando il numero
delle classi elementari del comune stesso non sia superiore a sessanta, al
concorso per direttore didattico siano ugualmente ammessi soltanto i detti
insegnanti.
Art. 24. (art. 1 r. Decreto-legge 7 aprile 1927, n. 641).
È data facoltà ai comuni, che
hanno non meno di sessanta classi con maestro proprio, di nominare il direttore
centrale o il direttore didattico comunale, oltre che nei modi prescritti
dall'articolo precedente, scegliendolo tra coloro che esercitano servizio per
l'istruzione elementare alla dipendenza del ministero della pubblica
istruzione, o tra persone anche estranee ai ruoli dell'amministrazione
scolastica statale, fornite di abilitazione all'ufficio di direttore didattico
o d'ispettore scolastico, tra quelle fornite di laurea in lettere o in
filosofia o di diploma per l'insegnamento negli istituti medi rilasciati dagli
istituti superiori di magistero, anche se sprovviste del titolo di abilitazione
all'ufficio suddetto, le quali tutte per la loro preparazione diano affidamento
di saper degnamente esercitare le funzioni direttive.
La deliberazione di nomina diviene
esecutiva dopo che sia intervenuta l'approvazione del ministro.
Art. 25. (art. 23 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Lo stipendio e le condizioni di
carriera del direttore didattico e del direttore sezionale nelle scuole
amministrate dai comuni non possono essere inferiori a quelli stabiliti per i
direttori didattici governativi.
Titolo II. Ordinamento didattico e amministrativo della
scuola.
Capo I. Ordinamento didattico.
Gradi di
insegnamento e programmi.
Art. 26. (art. 24 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
L'istruzione elementare si
distingue in tre gradi: preparatorio, inferiore e superiore.
Il grado preparatorio ha normalmente
la durata di tre anni.
Il grado inferiore si compie in
tre anni; il superiore almeno in due anni.
Le classi di grado superiore oltre
la 5/a prendono il nome di classi integrative di avviamento professionale.
Art. 27. (art. 25 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
A fondamento e coronamento della
istruzione elementare in ogni suo grado è posto l'insegnamento della dottrina
cristiana secondo la forma ricevuta nella tradizione cattolica.
All'istruzione religiosa si
provvede, nei giorni e nelle ore stabilite a norma del regolamento, per mezzo
di insegnanti delle classi, i quali siano reputati idonei a questo ufficio e lo
accettino, o di altre persone la cui idoneità sia riconosciuta dal regio
provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico.
Per l'idoneità così dei maestri
come delle altre persone ad impartire l'istruzione religiosa il regio
provveditore si attiene al conforme parere della competente autorità
ecclesiastica.
Sono esentati dall'istruzione
religiosa nella scuola i fanciulli i cui genitori dichiarino di volervi
provvedere personalmente.
Art. 28. (art. 26 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istruzione del grado
preparatorio ha carattere ricreativo e tende a disciplinare le prime
manifestazioni dell'intelligenza e del carattere del bambino.
Essa comprende, oltre alle
preghiere più semplici:
1/a canto e audizione musicale;
2/a disegno spontaneo;
3/a giuochi ginnastici;
4/a facili esercizi di
costruzione, di plastica e di altri lavori manuali; giardinaggio e allevamento
di animali domestici;
5/a rudimenti delle nozioni di più
generale possesso e correzione di pregiudizi e superstizioni popolari.
Art. 29. (art. 27 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istruzione del grado inferiore
comprende, oltre agli esercizi del grado preparatorio, tra i quali si dà
particolare sviluppo al canto, al disegno in rapporto agli altri insegnamenti,
ed alla ginnastica:
1/a preghiere e nozioni
fondamentali della dottrina cristiana; brevi e chiare sentenze e narrazioni di
immediata significazione, ricavate dalle scritture e segnatamente dai vangeli;
successivamente, racconti di storia sacra; illustrazione del pater;
2/a letture e scritture;
3/a insegnamento dell'aritmetica
elementare e nozioni sul sistema metrico;
4/a esercizi orali di traduzione dal
dialetto; facili esercizi di esposizione per iscritto; recitazione di inni
nazionali e di poesie;
5/a nozioni varie, con sopraluoghi
per la diretta esperienza del lavoro agricolo ed industriale; conoscenza di
opere, d'arte ricordi e monumenti;
6/a rudimenti di geografia.
Nei luoghi in cui non siano
istituite classi del grado superiore, viene insegnata, altresì, la storia del
risorgimento nazionale fino ai nostri giorni.
Art. 30. (art. 28 r. Decreto 1 ottobre 1923, n. 2185).
Il grado superiore, fino alla
classe 5/a, comprende, oltre allo svolgimento sistematico delle materie del
grado inferiore, con particolare estensione delle letture storiche di religione
cattolica, avendo riguardo alla tradizione agiografica locale e nazionale:
1/a lezioni sulla morale e sul
dogma cattolico, sulla base dei dieci comandamenti e delle parabole del
vangelo; principi della vita religiosa e del culto; sacramenti e rito secondo
la credenza e la prassi cattolica;
2/a lettura di libri utili ad
orientare il fanciullo rispetto ai problemi della vita domestica e sociale;
3/a storia e geografia, con
particolare riguardo all'Italia; nozioni sommarie e letture circa la struttura
geografica, amministrativa, agricola, industriale, commerciale, bancaria e le
condizioni del mercato del lavoro dei paesi verso i quali sono orientate e si
orientano le correnti migratorie permanenti e temporanee della regione;
4/a nozioni e letture
sull'ordinamento dello stato, sulla amministrazione della giustizia e i doveri
e i diritti dell'uomo e del cittadino, nozioni di economia;
5/a calcoli elementari, geometrici
e aritmetici;
6/a elementi di scienze;
formazione di raccolte con esemplari procurati nelle gite scolastiche, igiene;
7/a disegno applicato;
8/a educazione fisica.
Art. 31. (art. 29 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istruzione nelle classi
superiori alla 5/a comprende, oltre a tutte le materie delle classi 4/a e 5/a,
convenientemente approfondite con ampie letture, almeno tre corsi biennali di
esercitazioni fra i seguenti: disegno applicato ai lavori: plastica; elementi
di disegno per le arti meccaniche; nozioni ed esercizi elementari di apparecchi
elettrici di uso domestico; agraria ed esercitazioni agricole; esercizi
fondamentali di apprendistato in un'arte manuale; nozioni ed esercizi
marinareschi; taglio e cucito; cucina ed esercizi della buona massaia; ricamo;
nozioni e pratica di contabilità.
Possono, a seconda delle esigenze
locali, essere istituiti altri corsi di lezione approvati dal regio
provveditore, sentito il consiglio scolastico.
Art. 32. (art. 30 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nelle scuole femminili si aggiunge
per tutte le classi il lavoro donnesco, e, per le classi superiori, l'economia
domestica accompagnata da opportune esperienze.
Le scuole saranno dotate, a cura
del patronato scolastico, degli opportuni mezzi meccanici per l'illustrazione
visiva e fonica delle nozioni impartite, nei limiti e con i mezzi che saranno
di volta in volta indicati con ordinanza ministeriale.
Art. 33. (art. 31, 1/a comma, Testo Unico 22 gennaio 1925,
n. 432).
In tutte le scuole elementari del
regno l'insegnamento è impartito nella lingua dello stato.
Art. 34. (art. 32 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'anno scolastico ha la durata
normale di dieci mesi.
Nei comuni dove gli scolari per
bisogni economici abitualmente abbandonano la scuola per una parte dell'anno, i
mesi di lezioni possono essere ridotti ad un numero inferiore, purchè il numero
delle lezioni sia eguale a quello stabilito per le scuole a corso di dieci
mesi.
Art. 35. (art. 33 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il direttore didattico determina
all'inizio dell'anno il calendario scolastico e l'orario in rapporto alle
speciali esigenze del suo circolo o di speciali zone di esso e lo comunica con
sua ordinanza ai maestri dipendenti, dandone notizia al regio ispettore
scolastico.
Questi modifica il calendario e
l'orario adottati quando non sia preveduto un numero di giorni di lezioni di
almeno 180, comunque distribuite nell'anno scolastico, ovvero il calendario o
l'orario gli risultino in contrasto con le esigenze di lavoro della maggior
parte delle famiglie interessate.
Se, nel corso dell'anno, per
impreviste condizioni di lavoro, sia opportuno utilizzare per le lezioni
periodi di vacanza, il maestro ne fa proposta al direttore didattico per la
necessaria autorizzazione. In tale materia può anche provvedere di ufficio il
regio ispettore, ordinando le opportune modificazioni del calendario
scolastico.
Art. 36. (art. 34 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per le scuole con popolazione
scolastica appartenente al ceto agricolo il direttore didattico stabilisce
appositi calendari ed orari scolastici rispondenti alle pause del lavoro
agricolo nelle varie zone del suo circolo; e per quelle frequentate da
popolazione scolastica prevalentemente operaia orari confacenti con l'orario di
lavoro consentito dalla legge ai minorenni.
Calendari ed orari scolastici
speciali possono essere combinati laddove sia necessario per una popolazione
scolastica mista, anche riducendo per ciascun gruppo di alunni la durata delle
lezioni quotidiane.
Istruzione del grado preparatorio.
Art. 37. (art. 35 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istruzione elementare del grado
preparatorio è impartita, secondo le disposizioni dell'art. 28, nella scuola
materna.
Il ministero della pubblica
istruzione provvederà a che gli istituti per l'educazione dell'infanzia,
comunque denominati, aperti da enti pubblici, comitati o privati, che non siano
ordinati secondo la
Disposizione dell'art. 28 anzidetto,
gradualmente si uniformino alle disposizioni dell'articolo stesso.
Art. 38. (art. 36 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nulla è innovato alle disposizioni
di legge relative alla tutela e alla vigilanza sulle istituzioni pubbliche di
beneficenza che abbiano il fine diretto o indiretto di provvedere al
mantenimento di scuole materne.
Gl'istituti esistenti e non ancora
eretti in ente morale, o che potranno sorgere col fine di mantenere scuole
materne, debbono essere considerati come enti d'istruzione e di educazione,
qualora non ne sia chiesto, il giuridico riconoscimento come istituzioni
pubbliche di beneficenza.
Tutti gli istituti
indistintamente, di qualsiasi natura e denominazione, che mantengono scuole
materne, sono sottoposti, per quanto riguarda l'istruzione del grado
preparatorio, alla vigilanza del ministero della pubblica istruzione.
Art. 39. (art. 37 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il personale insegnante nelle
scuole materne dev'essere fornito del titolo legale di abilitazione all'insegnamento
nel grado preparatorio.
Il detto titolo si consegue:
A) presso le scuole di cui
all'art. 41;
B) presso i corsi estivi ai sensi
dell'art. 18 della legge 25 maggio 1913, n. 517, e relativo regolamento
approvato con decreto luogotenenziale 14 maggio 1916, n. 1216;
C) presso le scuole mantenute da
enti morali, che attendono in particolare modo alla educazione materna e alla
igiene infantile, purchè i corsi di studio siano riconosciuti equivalenti a
quelli ufficiali;
D) presso i corsi speciali, di cui
all'art. 46.
Art. 40. (art. 38 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le nomine del personale insegnante
in scuole materne, comunque istituite o mantenute, sono soggette
all'approvazione del regio provveditore agli studi.
Art. 41. (art. 39 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Sono istituite sei scuole di
metodo per l'educazione materna, con il fine di formare le maestre del grado
preparatorio.
Le convenzioni con gli enti locali
per la istituzione di dette scuole sono approvate con decreto reale promosso
dal ministro per la pubblica istruzione, di concerto con quello per le finanze.
Art. 42. (art. 40 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il corso della scuola di metodo
per l'educazione materna ha la durata di tre anni.
Vi si insegnano religione, lingua
italiana, storia e geografia, matematica e scienze naturali, igiene e pedagogia
infantile, economia domestica, canto, disegno, plastica e lavori domestici.
Apposite classi preparatorie
infantili in numero sufficiente per lo svolgimento di un efficace tirocinio
sono annesse ad ogni scuola.
Art. 43. (art. 41 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per l'iscrizione alle scuole, di
cui all'art. 41 ed alla lettera c) dell'art. 39, è richiesta la licenza
complementare o l'ammissione alla quarta ginnasiale o l'ammissione al corso
superiore dell'istituto tecnico o dell'istituto magistrale ovvero un
equipollente titolo di studio.
Per l'iscrizione ai corsi estivi,
di cui alla lettera b) dell'art. 39, è richiesto il diploma di abilitazione
allo insegnamento elementare.
Art. 44. (art. 43 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art.
12 r. Decreto-reale 7 gennaio 1926, n. 209).
Nel bilancio del ministero della
pubblica istruzione è stanziata annualmente la somma di l. 5,000,000 per
l'incremento delle scuole materne.
Fino alla concorrenza di detta
somma il ministero provvede:
1/a a mantenere e sussidiare le
scuole presso le quali si consegue il titolo di abilitazione all'insegnamento
del grado preparatorio;
2/a ad assicurare nel modo
migliore con sussidi e contributi il mantenimento e il funzionamento delle
scuole materne ed a promuoverne e diffonderne la istituzione.
Art. 45. (art. 44 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'organico delle scuole di metodo
per l'educazione materna è stabilito dalla tabella c annessa al presente testo
unico.
CORSI
SPECIALI DI DIFFERENZIAZIONI DIDATTICHE NELLE SCUOLE MATERNE ED ELEMENTARI.
Art. 46. (art. 1 r. Decreto-legge 4 febbraio 1926, n. 208).
È data facoltà al ministero della
pubblica istruzione di autorizzare presso enti morali, che ritenga idonei,
corsi biennali e corsi annuali, di durata complessiva non inferiore a sei mesi,
per esperimentare differenziazioni didattiche nel corso preparatorio e nel
corso elementare.
Il ministero può concorrere allo
svolgimento di tali corsi con appositi contributi, su motivata domanda degli
enti interessati, ed entro i limiti dei fondi stanziati in bilancio.
Art. 47. (art. 2 r. Decreto-legge 4 febbraio 1926, n. 208).
Per l'ammissione ai corsi, di cui
all'articolo precedente, è richiesto il titolo legale di abilitazione
all'insegnamento elementare.
Gli aspiranti ai corsi di
differenziazione per il grado preparatorio possono esservi ammessi anche se
sforniti del titolo prescritto per l'ammissione ai corsi estivi ed alle regie
scuole di metodo, purchè abbiano prestato servizio per almeno un quinquennio
nelle scuole materne, comunque denominate o mantenute.
Art. 48. (art. 3 r. Decreto-legge 4 febbraio 1926, n. 208).
I corsi sono indetti dal
ministero con apposita ordinanza, che ne stabilisce la durata, gli orari, i
programmi, i modi di vigilanza e le prove finali d'esame per il rilascio del
titolo.
Art. 49. (art. 5 r. Decreto-legge 4 febbraio 1926, n. 208).
Il titolo rilasciato alla fine del
corso abilita allo insegnamento soltanto nelle scuole materne o in quelle
elementari, in cui si esperimenti il corrispondente indirizzo didattico
differenziato.
Capo II. Ordinamento amministrativo.
Norme
generali.
Art. 50. (art. 45 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istruzione elementare è data
gratuitamente in tutti i comuni.
Art. 51. (art. 46 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le scuole elementari si
distinguono in scuole classificate, non classificate e sussidiate.
Art. 52. (art. 47, commi 1/a e 2/a, Testo Unico 22 gennaio
1925, n. 432).
Salve le eccezioni consentite da
disposizioni speciali, provvedono all'amministrazione delle scuole elementari a
norma delle leggi e dei regolamenti i comuni capoluoghi di provincia e i comuni
che a norma dell'art. 16 della legge 4 giugno 1911, n. 487, ebbero e conservano
tale amministrazione; per tutti gli altri comuni l'amministrazione delle scuole
elementari spetta al regio provveditore agli studi.
Al regio provveditore agli studi
spetta, altresì, di vigilare e di promuovere l'istruzione elementare nei comuni
autonomi compresi nel territorio della sua circoscrizione.
Art. 53. (art. 2 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Le deliberazioni comunali aventi
per oggetto materie contemplate dalle leggi e dai regolamenti sull'istruzione
elementare non sono esecutive se non sono approvate dal consiglio scolastico o
dal provveditore, secondo le rispettive competenze. Quando l'autorità comunale
non deliberi sulle operazioni fatte obbligatorie dalla legge e dai regolamenti
scolastici oppure deliberi sulle operazioni stesse in modo non rispondente ai
fini di legge senza ottenere l'approvazione delle autorità scolastiche
competenti, si
Sostituiscono ad essa il consiglio
scolastico e il provveditore secondo le rispettive competenze, promovendo, ove
occorrano, i provvedimenti della giunta provinciale amministrativa ai termini
dell'art. 220 del Testo Unico della legge comunale e provinciale. Quando
l'urgenza nel caso lo richieda, nelle ipotesi del presente articolo, il
provveditore ha facoltà di deliberare in luogo del consiglio, sottoponendogli
il relativo provvedimento, per la ratifica, nella sua prima adunanza.
Art. 54. (art. 47, 3/a, comma, Testo Unico 22 gennaio 1925,
n. 432).
L'amministrazione delle scuole dei
comuni ai quali, in applicazione dell'art. 16 della legge 4 giugno 1911, n.
487, fu concessa l'autorizzazione di amministrare direttamente le scuole, è
riassunta dal provveditorato se l'amministrazione comunale ha trascurato
l'adempimento della legge e dei regolamenti scolastici. In tal caso, il contributo
che il comune deve versare alla tesoreria dello stato ai sensi dell'articolo
seguente, è liquidato computando a carico del comune l'ammontare delle spese
scolastiche deliberate dal comune stesso in più del contributo precedente,
durante il periodo di amministrazione diretta delle scuole.
Art. 55. (art. 48 e 157 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 18 e 19 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n. 1722).
Al comune che ha le scuole
amministrate dal provveditore agli studi spetta:
A) pagare il contributo
consolidato a norma della legge 4 giugno 1911, n. 487;
B) corrispondere un contributo
suppletivo di l. 800 annue per ciascun posto di insegnante di scuole
classificate e non classificate legalmente istituite;
C) corrispondere un contributo
suppletivo di l. 400 annue per ciascun posto di scuole classificate legalmente
istituite.
I contributi di cui alle lettere
b) e c) sono soggetti a revisione quinquennale e sono stabiliti con regi
decreti su proposta del ministro per la pubblica istruzione, di concerto con
quello per le finanze, in base ai posti esistenti all'inizio di ogni
quinquennio a decorrere, rispettivamente, dal 1 gennaio 1924 e dal 1 aprile
1925;
D) fornire locali idonei e
sufficienti alle classi esistenti;
E) provvedere al riscaldamento,
all'illuminazione, al servizio, alla custodia delle scuole e alle spese
necessarie per l'acquisto, la manutenzione, il rinnovamento del materiale
didattico, degli arredi scolastici, degli attrezzi ginnastici, e per la
fornitura dei registri e degli stampati occorrenti per tutte le scuole
elementari, salva la disposizione dell'art. 86;
F) fornire l'alloggio gratuito
agli insegnanti ai quali sia stato concesso anteriormente al 17 giugno 1911 ed
a quelli ai quali venga assegnato l'alloggio nei nuovi edifici ai sensi
dell'art. 107.
Art. 56. (art. 2, commi 2/a e 3/a decreto-legge 31 marzo
1925, n. 360).
Le intendenze di finanza
ritireranno dai comuni di cui all'articolo precedente, in relazione ai
contributi indicati alle lettere b) e c) dello stesso articolo, le prescritte
delegazioni quinquennali sulla sovrimposta alle imposte dirette sui terreni e
sui fabbricati, e, in difetto di tali cespiti, delegazioni sulle altre entrate
comunali per le quali gli esattori abbiano l'obbligo del non riscosso per
riscosso.
In caso di insufficienza di
disponibilità sulle entrate di cui al precedente comma, le delegazioni possono
essere rilasciate sui proventi del dazio consumo.
Art. 57. (art. 20 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722).
I contributi dovuti dai comuni ai
sensi dell'art. 55 sono versati in apposito capitolo della parte ordinaria
(entrate effettive) dello stato di previsione dell'entrata, e la spesa per
stipendi e retribuzioni al personale insegnante è integralmente stanziata nella
parte ordinaria (spese effettive) dello stato di previsione della spesa del
ministero della istruzione pubblica.
Art. 58. (art. 22 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le autorità comunali non sono
esonerate dall'obbligo di vigilare sulla scuola, limitatamente però alla
presenza degli scolari, al loro buon contegno fuori della scuola ed alla
assiduità del maestro.
Le autorità scolastiche
governative debbono prendere nota delle informazioni date dalle autorità
comunali.
Art. 59. (art. 49 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per le scuole amministrate dal
provveditorato il servizio di pagamento degli stipendi, assegni, indennità e
quello per il contributo al monte pensioni per il personale insegnante e per i
concorsi ad enti che mantengono scuole a sgravio vien fatto mediante contabilità
speciali secondo le norme stabilite con apposito regolamento da emanarsi dal
ministro della pubblica istruzione di concerto con quello delle finanze.
Col medesimo regolamento saranno
anche date le disposizioni per l'erogazione di tutte le altre spese riguardanti
la istruzione elementare.
Art. 60. (art. 21 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722).
Al pagamento dei premi e sussidi
alle varie istituzioni sussidiarie della scuola (asili infantili, patronati
scolastici, biblioteche scolastiche, popolari e magistrali, e istituzioni
ausiliarie della scuola in genere) viene provveduto normalmente mediante
apertura di credito a favore dei provveditori agli studi.
Le dette aperture di credito sono
disposte in base agli elenchi delle proposte dei provveditori, debitamente
approvate dal ministero della pubblica istruzione, e per l'ammontare risultante
dal totale dei premi e sussidi autorizzati per ciascuna categoria di
istituzioni e per ogni provveditorato, anche se questo ammontare superi il
limite fissato dall'art. 56 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Copia degli elenchi, firmata in
originale dal ministro per la pubblica istruzione, è posta a corredo dei
rendiconti che i provveditori debbono presentare a norma delle disposizioni
vigenti sulla contabilità dello stato.
Art. 61. (art. 50 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
La vigilanza sul servizio
contabile dei provveditorati agli studi viene esercitata mediante ispezioni da
compiersi da funzionari all'uopo delegati di volta in volta, d'accordo tra il
ministero della pubblica istruzione ed il ministero delle finanze.
Art. 62. (art. 2 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n. 1722;
art. 3 r. Decreto-legge 31 marzo 1925, n. 360).
Ai comuni che conservano
l'amministrazione delle scuole elementari spetta, a titolo di concorso dello
stato, una somma da liquidarsi annualmente in base:
A) alla spesa organica di ciascun
comune, al 1 gennaio di ogni anno, accertata dal provveditore agli studi in
corrispondenza al numero dei posti di insegnante legalmente istituiti per
bisogni dell'istruzione riconosciuti dal ministero e agli stipendi di cui alla
tabella allegato f;
B) alle percentuali stabilite con
la tabella allegato d.
L'importo dovuto a ciascuno dei
comuni predetti è determinato applicando alla spesa organica di cui alla
lettera a) la percentuale di cui alla lettera b), ed è corrisposto in due rate
semestrali.
La maggiore spesa derivante
dall'applicazione dell'art. 1 del r. Decreto-legge 31 marzo 1925, n. 360, per
l'aumento del supplemento di servizio attivo a favore degli insegnanti dei
comuni anzidetti, resta a carico dei comuni stessi.
SCUOLE
CLASSIFICATE.
Art. 63. (art. 52 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le scuole classificate sono
istituite e mantenute dai provveditorati agli studi o dai comuni.
Art. 64. (art. 53 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ad eccezione di quelle previste
nel successivo art. 69 sono classificate le scuole ordinate in classi distinte
rette ciascuna da un proprio insegnante, ovvero abbinate o tenute in orario
alternato da un solo insegnante.
Art. 65. (art. 54 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ogni scuola classificata non può
avere più di 60 alunni.
Quando, per un mese almeno, questo
numero sia oltrepassato, o quando un'aula non possa convenientemente contenere
gli alunni che frequentano la scuola, si provvede o con l'aprire una seconda
scuola in altra parte del territorio, o col dividere la prima per classi in
sale separate, affidando la sezione in orario unico o alternato a norma
dell'art. 67.
Dopo due anni di esperimento a
ciascuna classe deve essere preposto un maestro apposito.
Art. 66. (art. 55 e 56 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le scuole classificate dei centri
urbani e dei maggiori centri rurali sono costituite normalmente del corso
inferiore e superiore.
Quelle dei minori centri rurali
hanno, di regola, il solo corso inferiore.
La scuola classificata è affidata
di regola ad un insegnante di ruolo.
Art. 67. (art. 57 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Due scuole classificate possono
essere affidate ad un solo insegnante in un unico orario o in orario alternato
con opportuno intervallo in modo che le ore di lezioni siano almeno tre in
ciascuna scuola.
L'abbinamento o l'alternamento ha
luogo anche se delle due scuole l'una appartenga al corso inferiore e l'altra
al superiore. Nel caso di alternamento spetta all'insegnante il compenso di cui
all'art. 155.
Lo stato concorre
proporzionalmente nel pagamento del compenso ai maestri dei comuni autonomi.
Non può procedersi
all'applicazione della presente disposizione nel caso di creazione di nuove
classi dello stesso grado di quelle già esistenti, se non in seguito a rapporto
dell'ispettore scolastico, il quale deve verificare se concorrano
effettivamente le condizioni imposte dall'art. 65.
Art. 68. (art. 58 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nei comuni dove i due corsi
elementari inferiori, maschile e femminile, sono affidati a due soli
insegnanti, è data facoltà di affidare all'uno la prima classe mista e
all'altro la seconda e terza classe parimenti miste.
La separazione degli alunni per
sesso ha luogo quando il numero dei fanciulli e delle fanciulle sia tale da
obbligare a duplicare i corsi.
Quando il numero degli alunni sia
minore di 50, anche il corso elementare superiore può essere promiscuo.
SCUOLE NON
CLASSIFICATE.
Art. 69. (art. 1 $t 59 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Sono scuole non classificate tutte
le scuole uniche-miste a più classi, comprendenti di regola il solo corso
inferiore, rette da un solo insegnante, anche se istituite in capoluoghi di
comuni.
Esse sono istituite dai
provveditori agli studi e gestite per delega dello stato da enti di cultura,
aventi personalità giuridica, che da un anno almeno attendano efficacemente al
raggiungimento di scopi culturali e che diano affidamento di speciale
competenza e capacità nel campo scolastico elementare.
Art. 70. (art. 1 $t 60 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1677).
La scuola non classificata cessa
di essere gestita per delega ed è convertita in classificata, quando il numero
degli alunni frequentanti sia da un biennio più di 60, nel qual caso deve
essere sdoppiata ed affidata a due insegnanti.
Essa si chiude quando da un
biennio il numero dei frequentanti è inferiore a 15 e quello dei promossi
inferiore a 10.
Art. 71. (art. 1 $t 61 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Le disposizioni di questo
paragrafo si applicano anche alle scuole dei comuni autonomi.
Le scuole non classificate, nel
territorio dei comuni predetti, sono istituite dal comune e gestite dagli enti
di cultura delegati, i quali per ogni scuola non classificata ricevono dai
rispettivi comuni la quota annua stabilita per ognuna di dette scuole dall'art.
79.
In detta somma pagata dal comune
per ogni scuola non classificata, lo stato concorre col contributo percentuale
di cui all'art. 62.
Art. 72. (art. 1 $t 62 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Le deleghe agli enti di cultura,
indicati nell'art. 69 salvo il caso di surrogazione di cui all'art. 74, vengono
conferite al principio di ogni quinquennio, con regio decreto, su proposta del
ministro per la pubblica istruzione, in seguito a parere conforme del consiglio
di stato.
Il decreto suddetto indicherà la
sfera d'azione territoriale di ogni ente delegato.
Gli enti prescelti in virtù della
delega curano l'andamento amministrativo, disciplinare e didattico delle scuole
non classificate e delle scuole elementari e dei corsi per adulti, di cui
all'art. 85.
Art. 73. (art. 1 $t 63 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
La delega ottenuta dagli enti
culturali ha efficacia, in tutto o in parte, fino a contraria disposizione del
ministero.
Con un preavviso da darsi non più
tardi del 15 gennaio dell'anno scolastico in corso, l'ente delegato può
rinunziare per l'anno scolastico successivo, in tutto o in parte, alla delega
ricevuta.
Art. 74. (art. 1 $t 64 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
In tutti i casi nei quali un ente
delegato venga a cessare dalla gestione delle scuole per mancata conferma, per
revoca o rinuncia totale o parziale alla delega, il ministro per la pubblica
istruzione ha facoltà di affidare la gestione delle scuole suddette ad uno
degli altri enti delegati.
Può anche, per il quinquennio in
corso, conferire la delega ad un nuovo ente di cultura avente i requisiti di
cui all'art. 69, promuovendo un regio decreto da emettersi su parere conforme
del consiglio di stato.
Art. 75. (art. 1 $t 65 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
L'ente delegato, che cessa
totalmente o parzialmente dalla gestione delle scuole conferita per delega,
deve consegnare all'ente che lo sostituisce e ne rileva la gestione e la
situazione patrimoniale, l'arredamento e il materiale relativo alle scuole la
cui gestione viene a cessare e che risulterà costituito con i fondi forniti
dallo stato per la gestione stessa.
Art. 76. (art. 1 $t 66 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Il ministro per la pubblica
istruzione stabilisce, mediante sue ordinanze, le norme generali che regolano
in linea tecnica ed amministrativa l'azione scolastica degli enti delegati;
assegna i fondi necessari allo svolgimento del loro programma d'azione;
esercita la vigilanza sull'andamento generale del servizio loro affidato; ne
approva i piani di lavoro e i rendiconti della spesa; pubblica una relazione
annuale sull'azione svolta dagli enti stessi in conseguenza della delega.
Gli enti delegati, allo scopo di
prendere gli opportuni accordi intorno al servizio loro affidato, di riferire
sull'andamento di esso, di proporre al ministero eventuali modifiche alle norme
generali di cui al comma precedente, partecipano, con un rappresentante per
ciascuno di essi, ad un'adunanza che si tiene due volte l'anno, indetta e
presieduta dal direttore generale per l'istruzione elementare.
Art. 77. (art. 1 $t 67 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Il ministero della pubblica
istruzione, per mezzo di un ispettore centrale per l'istruzione elementare,
esercita la funzione di vigilanza stabilita al precedente articolo e mantiene
le intese fra gli enti delegati e le autorità scolastiche, anche in relazione
all'applicazione di quanto è disposto circa la trasformazione in non
classificate delle scuole uniche e la istituzione di nuove scuole non
classificate.
A tal fine verrà trasportata
annualmente nel capitolo delle ispezioni degli ispettori centrali nel bilancio
della spesa del ministero della pubblica istruzione la somma di lire 20.000
togliendola dallo stanziamento di cui al comma 2/a dell'art. 80.
Per i servizi di organizzazione e
direzione delle scuole affidate agli enti delegati, di cui agli articoli 69 e
85, il ministero della pubblica istruzione ha facoltà di comandare, presso i
detti enti, di mano in mano che se ne presenti la necessità, regi ispettori
scolastici, direttori didattici e funzionari dei ruoli dipendenti, fino ad un
numero massimo complessivo di 30.
Ad essi sarà conservata la sede
per tutta la durata del comando.
Per la direzione tecnica locale
delle scuole di qualsiasi tipo gli enti delegati, assumendo a loro carico le
spese di supplenza, possono, col consenso del regio provveditore o dell'amministrazione
comunale se trattasi di comuni autonomi, servirsi dell'opera di insegnanti
elementari di ruolo, senza che per ciò la carriera di questi sia interrotta.
Art. 78. (art. 1 $t 68 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Le scuole di qualsiasi tipo
gestite dagli enti delegati non sono sottratte alla vigilanza e all'ispezione
delle competenti autorità scolastiche governative e comunali.
Art. 79. (art. 1 $t 69 $t r. decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Per l'esercizio di ogni scuola non
classificata gli enti delegati ricevono una quota di l. 7800 annue pagabili a
rate alle seguenti scadenze:
2/10, al momento dell'ordinanza
del regio provveditore o della deliberazione del comune, con la quale si
istituisce o si trasforma una scuola, nell'anno in cui si prendono i suddetti
provvedimenti; al 1 luglio, negli anni seguenti;
6/10, in tre pagamenti bimestrali
a cominciare dal 15 novembre successivo al pagamento della prima rata;
2/10, dopo che con gli esami
finali, risultati dai relativi registri e verbali trasmessi agli uffici
scolastici regionali o alle amministrazioni comunali, la scuola risulti
regolarmente chiusa.
Qualora una scuola non
classificata si chiuda prima del termine dell'anno scolastico o non si apra,
l'ente delegato ne deve dare immediata denunzia al regio provveditore, se
trattasi di scuola in territorio dipendente dall'amministrazione scolastica, o
al comune, se trattasi di scuola in territorio di comune autonomo, e il
ministero, o il comune, sospenderà per quella scuola il pagamento delle rate
successive.
Art. 80. (art. 1 $t 70 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Con decreti del ministro per le
finanze, in seguito a richiesta del ministro per la pubblica istruzione, viene
trasportato in apposito capitolo del bilancio del ministero della pubblica
istruzione, dagli stanziamenti per l'istruzione elementare, l'ammontare delle
quote di cui all'articolo precedente.
Nello stato di previsione è
iscritta annualmente in apposito capitolo la somma di 8 milioni di lire per il
funzionamento delle scuole e dei corsi di cui all'art. 85.
Art. 81. (art. 1 $t 71 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Le eventuali economie sulla somma
fissa concessa agli enti delegati sul bilancio dello stato per la gestione di
ogni scuola non classificata, quali risultano dal conto finale riveduto dal
ministero, sono versate all'erario.
Il ministro per le finanze
provvede ad iscrivere nel bilancio della spesa per la pubblica istruzione una
uguale somma destinata alla preparazione dei maestri per il migliore funzionamento
delle scuole gestite dagli enti delegati. Il ministro della pubblica istruzione
sovvenzionerà con detto fondo quelle iniziative che saranno prese, allo scopo
dagli enti stessi.
Allo stesso capitolo dell'entrata,
ed in conseguenza, allo stesso capitolo della spesa, saranno imputate le somme
che enti pubblici e privati versino allo stato con la specifica destinazione,
di cui al precedente comma.
Art. 82. (art. 1 $t 72 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Il maestro di scuola non
classificata deve essere fornito del diploma di abilitazione all'insegnamento
elementare. Gli è corrisposta una retribuzione commisurata al numero delle
lezioni impartite ed ai risultati didattici conseguiti nella scuola a lui
affidata ed è inscritto, a totale carico dell'ente da cui dipende, al monte
pensioni.
Art. 83. (art. 1 $t 73 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Il servizio prestato dal maestro
nella scuola non classificata è riconosciuto, come durata e qualità, quale
servizio di ruolo nelle scuole classificate agli effetti dell'ammissione ai
concorsi, della valutazione dei titoli e dell'anzianità della carriera, nel
caso che il maestro divenga, in seguito, titolare di una scuola classificata.
Gli insegnanti delle scuole non
classificate, che abbiano prestato almeno un quinquennio di servizio con
qualifica di bono nelle scuole stesse, possono conseguire la nomina nelle
scuole elementari classificate in seguito a concorso interno per titoli ed
esami, da bandirsi insieme con quello pubblico. La graduatoria del concorso
interno ha valore per una metà dei posti che siano o si rendano disponibili
dopo che sia stato provveduto alla sistemazione degli insegnanti delle scuole
classificate ai termini dell'art. 251.
Art. 84. (art. 1 $t 73 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n. 1667).
Agli insegnanti delle scuole
elementari speciali istituite e mantenute dai comuni sono estese le norme che
regolano l'assunzione ed il riconoscimento del servizio degli insegnanti delle
scuole non classificate.
Art. 85. (art. 1 74 r. Decreto 20 agosto 1926, n. 1667).
Gli enti delegati hanno facoltà di
provvedere, anche con calendario ed orari speciali, al funzionamento di scuole
elementari serali, festive ed estive, nonché al funzionamento di corsi
integrativi di cultura e di avviamento in vantaggio di adulti privi del
certificato di studi elementari.
Art. 86. (art. 1 $t 75 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
All'arredamento e al materiale
didattico per le scuole non classificate e per le scuole e corsi per gli
adulti, provvedono le istituzioni delegate con l'eventuale concorso di comuni,
di proprietari di fondi, opifici, cantieri, ecc. E delle popolazioni
interessate.
Art. 87. (art. 1 $t 76 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Se la scuola non classificata
viene convertita in classificata, l'arredamento e il materiale didattico sono
trasferiti in proprietà del comune con indennizzo.
Art. 88. (art. 1 $t 77 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Le assegnazioni di fondi per le
scuole e per i corsi per adulti, di cui all'art. 85, avvengono mediante
apertura di credito a favore dei presidenti degli enti delegati.
Dette aperture di credito vengono
concesse di volta in volta fino al limite massimo di l. 500,000 per ogni ente
delegato, secondo quanto stabiliscono le norme sulla contabilità generale dello
stato.
Art. 89. (art. 1 $t 78 $t r. Decreto 20 agosto 1926, n.
1667).
Gli enti delegati godono della
franchigia postale concessa ai regi provveditori agli studi.
SCUOLE
SUSSIDIATE.
Art. 90. (art. 80 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le scuole sussidiate sono aperte
da privati, con l'autorizzazione del regio provveditore agli studi dove non
esista alcun'altra scuola e sono mantenute parzialmente con il sussidio dello
stato.
Art. 91. (art. 81 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art.
17 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n. 1722).
Le scuole aperte con
l'autorizzazione del regio provveditore agli studi ai sensi dell'articolo
precedente presso le parrocchie, presso le fattorie e gli altri stabilimenti
agricoli, presso gli impianti e le opere industriali a carattere provvisorio o
stabile e le stazioni ferroviarie lontane dall'abitato, nei luoghi di maggior
raduno dei pastori e dovunque per un congruo periodo di tempo si possono
raccogliere fanciulli obbligati in numero inferiore a 15, possono essere
sussidiate in base al numero degli alunni approvati all'esame per il passaggio
dalla 1/a alla 2/a classe e per il conseguimento del certificato di studi
elementari inferiori.
Art. 92. (art. 82 Testo Unico 20 dicembre 195, n. 432).
Il sussidio di cui all'articolo
precedente può essere concesso anche se il maestro non sia fornito del titolo
di abilitazione all'insegnamento elementare.
Art. 93. (art. 83 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432; art.
17 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n. 1722).
La misura del sussidio viene
stabilita per le scuole esistenti fuori del territorio dei comuni autonomi dal
ministero della pubblica istruzione.
SCUOLE DI
AVVIAMENTO PROFESSIONALE E SCUOLE A SGRAVIO.
Art. 94. (art. 84 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Classi integrative oltre la sesta
e sino all'ottava, possono essere istituite sempre che il comune, con
l'eventuale concorso di altri enti, si impegni a dotare la scuola di mezzi
didattici e di personale sussidiario per gli esercizi di avviamento professionale.
Gli alunni delle classi superiori
alla quinta possono quando il loro numero non renda opportuna la formazione di
classi distinte, essere istruiti in unico orario e con unico programma di
cultura generale integrativa, dal medesimo maestro. Sono però sempre distinti
in gruppi o in classi, indipendentemente dall'anno di studio, per quanto
concerne gli insegnamenti e gli esercizi di avviamento professionale.
Le scuole popolari professionali,
di qualsiasi denominazione, che non facciano parte integrante di una scuola
media professionale, possono essere dal regio provveditore riconosciute
equiparate alle scuole elementari integrative di classi superiori alla quinta e
sino all'ottava. Tali scuole passano alla dipendenza didattica del
provveditorato.
Le somme stanziate nei bilanci
delle provincie e dei comuni allo scopo di mantenere o sussidiare scuole di
avviamento professionale si intendono vincolate.
Art. 95. (art. 3 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Scuole elementari tenute da
corporazioni, associazioni ed enti morali possono, mediante apposita
convenzione, essere accettate a sgravio totale o parziale degli obblighi delle
amministrazioni scolastiche o dei comuni, a condizione che le medesime siano
aperte al pubblico e mantenute in conformità delle leggi e dei regolamenti e
che agl'insegnanti sia corrisposto lo stipendio legale, escluso il supplemento
di servizio attivo, o, se trattasi di scuole da considerarsi non classificate,
la retribuzione di cui all'art. 82.
La convenzione, quando si tratti
di scuole istituite in comuni, che conservano l'amministrazione delle scuole, è
approvata dal provveditore.
TRASFORMAZIONE
DI ISTITUTI D'ISTRUZIONE E DI EDUCAZIONE.
Art. 96. (art. 6 legge 25 maggio 1913, n. 517).
Gli istituti considerati nell'art.
1 della legge 25 maggio 1913, n. 517, nei quali non fosse possibile o
conveniente la trasformazione ai fini dell'articolo stesso, potranno, con le
norme della legge medesima e tenuto conto delle condizioni speciali dei luoghi
nei quali si trovano, e per quanto sia possibile anche delle tavole di
fondazione, essere trasformati in corsi integrativi e di avviamento
professionale, oppure in scuole di grado preparatorio o in scuole elementari di
grado superiore e inferiore, o in assegno a favore delle scuole elementari
locali ovvero in posti di studio da godersi in istituti
Magistrali, e nel caso di istituti
femminili anche in altri istituti speciali di istruzione e di educazione o
professionali femminili con o senza convitto.
I corsi elementari che così
venissero istituiti saranno a sgravio dell'obbligo imposto ai comuni dalle
leggi vigenti.
SCUOLE
SPECIALI E SCUOLE PRIVATE.
Art. 97. (art. 86 e 89 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I militari del regio esercito in
servizio, non provvisti di un certificato dal quale risulti che hanno adempiuto
al loro obbligo scolastico, o per i quali sia accertato che non conservino
l'istruzione ricevuta nelle scuole elementari, sono obbligati a frequentare la
scuola elementare reggimentale.
L'autorità militare stabilisce dove
l'insegnamento debba tenersi.
Art. 98. (art. 87 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istituzione della scuola
elementare obbligatoria per le disposizioni del precedente articolo è estesa ai
militari della regia marina secondo le norme stabilite per decreto reale su
proposta dei ministri dell'istruzione e della marina.
Art. 99. (art. 88 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il regolamento stabilisce le norme
esecutive per il funzionamento delle scuole, sotto il riguardo didattico e
disciplinare, e determina i programmi da svolgersi e le dotazioni di materiale
didattico occorrenti a ciascuna scuola.
Art. 100. (art. 90 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il corso elementare in queste
scuole è diviso in due periodi della durata di cinque mesi ciascuno.
Art. 101. (art. 91 e 92 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.
432).
Alla fine di ciascun periodo hanno
luogo in ciascuna scuola gli esami di proscioglimento dall'istruzione
elementare dei militari che hanno compiuto il corso elementare.
I militari sono esaminati da una
commissione mista di ufficiali e maestri nominati d'accordo fra l'autorità
militare e l'autorità scolastica.
Il certificato rilasciato dalla
commissione di cui al comma precedente ha valore di proscioglimento
dall'obbligo dell'istruzione a norma e per gli effetti delle leggi dello stato.
Art. 102. (art. 93 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ai militari, che abbiano compiuta
l'istruzione elementare nelle scuole reggimentali, può dall'autorità militare
essere concesso di frequentare le scuole magistrali o professionali che
esistano nella sede del presidio.
Art. 103. (art. 94 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Spetta esclusivamente all'autorità
militare la scelta degli insegnanti fra i maestri elementari del comune sede
del presidio, ovvero fra i militari in servizio o in congedo ivi residenti.
Art. 104. (art. 95 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ai maestri viene corrisposto il
compenso annuo previsto dall'art. 155.
La spesa per tali compensi è a
carico del ministero della pubblica istruzione.
Tutte le altre spese occorrenti
per il funzionamento delle scuole sono a carico del bilancio del ministero
della guerra.
Art. 105. (art. 96 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Con decreto reale, su proposta dei
ministri della giustizia e dell'istruzione, saranno istituite ordinate le
scuole elementari nelle carceri e negli stabilimenti penitenziari.
Art. 106. (art. 97 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I cittadini, che abbiano i
requisiti voluti dal presente Testo Unico per essere eletti a reggere una
scuola pubblica elementare, sono abili a tenere in proprio nome un istituto
privato dello stesso ordine, salvo a presentare all'autorità scolastica
competente gli altri titoli comprovanti la capacità e la moralità. La maturità
classica e l'abilitazione tecnica tengono luogo di titolo di capacità.
Titolo III. Edilizia scolastica.
Art. 107. (art. 113 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
e art. 2 r. Decreto-legge 20 maggio 1926, n. 1106).
Le spese per la costruzione e
l'acquisto e per adattamento e riparazione degli edifici scolastici sono a
carico dei comuni.
Lo stato facilita ai comuni le
spese sopraindicate, assumendosi l'onere del pagamento degli interessi sui
mutui e con la concessione di sussidi.
Per l'assegnazione dei relativi
stanziamenti si applicheranno le seguenti norme:
A) dal ministero della pubblica
istruzione le somme stanziate saranno concesse ai singoli comuni ed enti, su
parere dei regi provveditori agli studi, e tenuti presenti i maggiori bisogni,
in rapporto alle condizioni della istruzione e dei locali scolastici;
B) dal ministero dei lavori
pubblici le somme stanziate saranno ripartite fra l'alto commissariato di
Napoli e i
Provveditorati alle opere
pubbliche, tenuto conto dei piani regolatori presentati da ciascuno di essi.
Negli edifici scolastici che si
costruiscano in frazioni o borgate in cui esistano non più di due scuole e
difettino case di abitazione civile, devono essere compresi gli alloggi
gratuiti per gli insegnanti.
Art. 108. (art. 114 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Alla compilazione dei progetti e
alla esecuzione delle opere nei piccoli comuni, nelle frazioni e nelle borgate,
potranno provvedere in luogo e per conto dei comuni, oltre gli enti statali
autorizzati da leggi speciali, anche gli enti delegati per la gestione di
scuole non classificate, i quali si siano interessati della edilizia scolastica
nelle zone loro assegnate.
Qualora detti enti si
sostituiscano ai comuni, i pagamenti dei contributi dello stato si effettuano
con l'intervento degli enti stessi, su delega dei comuni.
Art. 109. (art. 115 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I progetti degli edifici
scolastici, da compilarsi secondo le norme dettate con decreto del ministro
della pubblica istruzione, sono approvati dal regio provveditore agli studi su
parere del genio civile e del medico provinciale.
L'approvazione del progetto
equivale a dichiarazione di pubblica utilità. Per le espropriazioni occorrenti
si applicano le disposizioni degli articoli 12 e 13 della legge 15 gennaio 1885
n. 2992, per il risanamento della città di Napoli.
Art. 110. (art. 116 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I comuni che deliberino di
contrarre mutui indipendentemente dalla cassa depositi e prestiti e che
intendano ottenere dallo stato il concorso nel pagamento degli interessi,
debbono trasmettere al ministero della pubblica istruzione, per il tramite del
regio provveditorato agli studi, a corredo della domanda, i seguenti documenti:
A) copia autentica del contratto
di mutuo stipulato con l'istituto mutuante. In tali contratti deve essere
stabilito il periodo di ammortamento del mutuo e la quota costante da versare
dall'ente mutuatario. A garanzia dell'ammortamento dei mutui non può in nessun
caso stabilirsi una garanzia reale sugli immobili per i quali si chiede il
concorso dello stato;
B) copia del verbale di
deliberazione dell'amministrazione del comune con la quale si chiede il
concorso dello stato per il pagamento degli interessi del mutuo e si assume
l'obbligo di mantenere l'edificio in perpetuo ad uso scolastico e di cedere
gratuitamente agli insegnanti l'uso degli alloggi costruiti a tale scopo.
Art. 111. (art. 117 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il concorso dello stato per i
mutui di cui al precedente articolo è concesso agli enti mutuatari con decreto
del ministro dell'istruzione. Nel decreto dev'essere determinata la quota annua
costante corrispondente agli interessi relativi al mutuo da corrispondersi a
titolo di concorso nella forma e misura per i mutui da contrarsi con la cassa
dei depositi e prestiti.
Il ministro per l'istruzione
provvede all'emissione del decreto di liquidazione della rata annua di concorso
per il pagamento degli interessi del mutuo, quando sia stato approvato il
collaudo dei lavori e constatata la spesa complessiva sostenuta.
Il versamento di tale quota si
inizia col 1 gennaio o col 1 luglio successivo a quello della liquidazione
predetta .
Art. 112. (art. 118 Testo Unico 20 dicembre 195, n. 432).
In caso di ritardo o di rifiuto da
parte dei comuni a prendere i necessari provvedimenti per la sollecita
contrattazione dei mutui o per tutti gli altri atti di loro competenza, si
provvede di ufficio, sentita la cassa dei depositi e prestiti, nei riguardi
della garanzia dei mutui, e secondo le norme stabilite con decreto del ministro
della pubblica istruzione.
Art. 113. (art. 119 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Gli istituti di credito agrario e
le casse di risparmio sono autorizzate, anche in deroga dei propri statuti, a
includere la costruzione dell'edificio scolastico rurale nelle imprese al cui
finanziamento hanno facoltà di provvedere, contribuendo lo stato, nei limiti
degli stanziamenti, al pagamento degli interessi nella misura del 4 per cento.
Art. 114. (art. 121 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ai comuni ed altri enti morali che
si occupano della istruzione elementare e della sistemazione della casa della
scuola possono essere concessi sussidi per la costruzione e per l'adattamento
di locali scolastici, in sedi rurali, di non più che due aule con annessa
gratuita abilitazione per l'insegnante.
Il sussidio viene concesso nella
misura della metà della spesa allo scopo suddetto sostenuta, e non mai in cifra
superiore alle l. 50,000. Per la parte residua di spesa i comuni possono
ottenere mutui di favore.
Nella parte straordinaria dello
stato di previsione della spesa del ministero dell'istruzione è stanziata, per
la concessione dei sussidi di cui ai precedenti commi, la somma di l. 5,000,000
all'anno per 20 esercizi finanziari a datare dal 1924-1925.
Art. 115. (art. 1 79 r. Decreto 20 agosto 1926, n. 1667).
Ogni anno in apposito capitolo
del bilancio della pubblica istruzione è stanziato, con decreto del ministro
per le finanze di concerto con quello per la pubblica istruzione, un apposito fondo
destinato a sussidiare gli enti delegati, di cui al paragrafo 3/a, capo ii del
titolo ii, per la costruzione di piccoli edifici scolastici rurali per le
scuole
Non classificate, alle condizioni
che con le modalità stabilite con sua ordinanza dal ministro per la pubblica
istruzione.
L'ammontare di detto fondo è
calcolato in ragione di l. 1700 per ogni scuola non classificata che funzioni
nell'anno e che provenga da classificazioni ordinate dai regi provveditori, a
cominciare dall'esercizio finanziario 1926-27.
Il sussidio per ogni edificio non
può superare l. 25,000.
Le somme non erogate in un
esercizio si accrescono allo stanziamento dell'esercizio successivo.
L'edificio sarà di proprietà
comunale destinato in perpetuo ad esclusivo uso scolastico.
Titolo IV. Stato giuridico ed economico dei maestri.
Capo I. Il concorso.
Art. 116. (art. 122 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Tutte le nomine degli insegnanti
nelle scuole elementari, salvo in quelle speciali di cui all'art. 84 e in
quelle non classificate, gestite dagli enti delegati, sono deliberate in
seguito a concorso per titoli ed esami.
A questa regola non è lecito
derogare se non nei casi nei quali sia impossibile provvedere alla nomina
dell'insegnante per mancanza di graduatoria di concorso.
Qualunque nomina fatta senza
concorso è provvisoria e non può avere durata maggiore dell'anno scolastico,
per il quale fu necessario in via eccezionale di provvedere; col chiudersi di
questo, il maestro è di fatto licenziato senza che occorra deliberare e
notificargli alcun atto di licenziamento.
Art. 117. (art. 4 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Il concorso è indetto per posti
d'insegnante straordinario ogni due anni dal provveditore con avviso pubblicato
nel mese di febbraio: il termine di presentazione della domanda e dei documenti
scade il 31 marzo.
I comuni, che conservano
l'amministrazione delle scuole, bandiscono il concorso per posti d'insegnante
straordinario; quelli; che si siano avvalsi della facoltà di cui all'articolo
138, lo bandiscono per posti d'insegnante in sopranumero. In ogni caso, il
numero dei posti è determinato in relazione alle vacanze verificatesi nei tre
anni precedenti. Qualora i tre quarti dei vincitori del precedente concorso
abbiano ottenuto la nomina, il comune apre un nuovo concorso con le stesse
modalità, tenendo conto, nella previsione dei posti, del numero dei vincitori
del precedente concorso ancora in attesa di nomina.
Se il comune, quando siasi
verificata la condizione di cui al comma precedente, non bandisce il concorso,
vi si sostituisce il provveditore entro il termine di un mese dal giorno della
accertata inadempienza.
In ogni caso, tra la data di
pubblicazione dell'avviso di concorso ed il termine per la presentazione della
domanda e dei documenti debbono trascorrere non meno di trenta giorni.
Per essere ammessi al concorso i
candidati debbono pagare la tassa stabilita nell'annessa tabella e. I
certificati di servizio sono soggetti alla tassa indicata nella stessa tabella.
Art. 118. (art. 3 r. Decreto 17 febbraio 1927, n. 211).
Per esigenze di servizio il
ministro per la pubblica istruzione ha facoltà di limitare con suo decreto, su
proposta del provveditore agli studi che bandisce il concorso, l'ammissione ai
concorsi magistrali, nelle regioni che comprendono nuove provincie, ai soli
maestri nativi della regione o delle regioni finitime o che, pur senza essere
nativi del luogo, comprovino di conoscerne i costumi ed il dialetto.
Della limitazione, come del
decreto che la dispone, deve essere fatta menzione nell'avviso di concorso.
Art. 119. (art. 124 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il concorso si svolge nella città
di sede del regio provveditorato o nel comune, che ha bandito il concorso. Può
però, il regio provveditore, nei concorsi indetti per le scuole da lui
amministrate, tenuto conto del numero dei concorrenti e della loro provenienza,
disporre che l'esame scritto sia tenuto anche negli altri capoluoghi di
provincia, compresi nell'ambito del provveditorato, alle condizioni e con le
garanzie stabilite dal regolamento.
Art. 120. (art. 125 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I comuni possono delegare al regio
provveditore la pubblicazione del bando e lo svolgimento del concorso per le
scuole da essi amministrate.
Nel caso previsto dal comma precedente
e nei casi di sostituzione del regio provveditore al comune, i concorsi per le
scuole comunali sono giudicati dalla stessa commissione di concorso per le
scuole dipendenti dal regio provveditorato, a meno che non sia stato bandito
nell'anno concorso regionale o avuto riguardo al numero e alla ubicazione dei
comuni deleganti o inadempienti, il regio provveditore non creda di costituire
commissioni apposite per ogni comune o per gruppi di comuni. In questo caso di
commissioni per gruppi di comuni, i concorsi si svolgono in determinate sedi,
indicate dal regio provveditore.
In ogni caso, le spese per lo
svolgimento di questi concorsi sono ripartite fra i comuni in ragione del
numero dei concorrenti.
Art. 121. (art. 126 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Gli esami di concorso consistono:
A) nello svolgimento scritto di un
tema di pedagogia;
B) in un esame orale.
Alle prove orali sono ammessi
soltanto i candidati approvati nell'esame scritto. La valutazione dei titoli ha
luogo nei riguardi dei soli concorrenti che hanno superato la prova orale.
Speciale valutazione viene data al servizio militare prestato in reparti
combattenti.
Il regolamento determina le
materie degli esami orali, il minimo di voti per l'approvazione alle prove
scritte e orali, i titoli valutabili nonché le norme per tale valutazione e
tutte le altre relative alle operazioni di concorso.
Art. 122. (art. 127 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 8. R. Decreto-legge 1 maggio 1925, n. 736).
Non possono partecipare ai
concorsi:
A) le persone non fornite della
legale abilitazione all'ufficio d'insegnante e non provviste di un attestato di
moralità da rilasciarsi, dopo dichiarazione del fine per cui è chiesto, dal
podestà o dai podestà dei comuni, nei quali il candidato abbia dimorato negli
ultimi due anni anteriori a quello in cui il concorso è bandito;
B) le giovani e i giovani che non
abbiano rispettivamente compiuto il 17/a e il 18/a anno di età o che non lo
compiano col 31 dicembre dell'anno in cui è bandito il concorso;
C) coloro che alla data del bando
di concorso abbiano compiuto l'età di 35 anni. Questa disposizione non si
applica ai maestri delle scuole non classificate, ai concorrenti di cui
all'art. 248, a coloro che facciano già parte del personale di ruolo dipendente
dallo stato, da comuni e da amministrazioni scolastiche, ai maestri
ex-combattenti ed alle maestre congiunte di caduti, mutilati ed invalidi di
guerra, a quelli che abbiano conseguito in precedenti concorsi magistrali per
titoli ed esami una votazione complessiva pari o equivalente a punti 105 su
150, e a quelli compresi nelle graduatorie, la cui efficacia fu dichiarata
cessata dall'art. 6. Comma 2/a, del r. Decreto 11 marzo 1923, n. 635;
D) coloro che siano stati
dispensati dal servizio per inettitudine didattica sopravvenuta in seguito ad
infermità, a meno che essi non dimostrino con speciale certificato medico
legalizzato che quella causa sia venuta a cessare;
E) coloro che siano stati
temporaneamente interdetti, durante il periodo di durata della interdizione;
F) coloro che siano stati
condannati alla pena della reclusione o della detenzione per un tempo non
inferiore a tre anni o ad una pena qualunque per reato contro il buon costume e
l'ordine delle famiglie.
Art. 123. (art. 128 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 5 r. Decreto-legge 1 maggio 1925, n. 736).
La commissione giudicatrice è
nominata, a norma del regolamento, dal regio provveditore agli studi o dal
podestà secondo che trattisi di concorsi banditi per le scuole regionali o
comunali, entro un mese dalla data di scadenza del concorso.
Ai membri delle commissioni
giudicatrici dei concorsi banditi dal regio provveditore è corrisposto, per la
prova scritta, un compenso di l. 2 per ogni candidato ammesso alla prova
stessa, fino a 500 e, in aggiunta, un compenso di l. 1.50 per ogni candidato
oltre i 500 fino a 1000 e di l. 1 per ogni candidato oltre i 1000.
A ciascun commissario è inoltre
assegnato per le prove orali, la valutazione dei titoli e la compilazione della
graduatoria, un ulteriore compenso di l. 1.50 per ogni candidato esaminato alla
prova orale fino a 500 e di l. 1 per ogni candidato oltre i 500.
A ciascuno dei membri delle
commissioni di vigilanza, compreso il presidente, durante la prova scritta, è
assegnato un compenso di l. 25.
Ai commissari scelti fuori dal
comune sede del provveditorato sono dovute le diarie e indennità di viaggio
stabilite dalle leggi vigenti.
Ai membri delle commissioni
giudicatrici dei concorsi banditi dai comuni sono corrisposti i compensi e le
indennità nella misura fissata dal regolamento comunale o con speciale
deliberazione del podestà.
Art. 124. (art. 129 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 6, 1/a comma, r. Decreto-legge 1 maggio 1925, n. 736; art. 4 r. Decreto 17
febbraio 1927, n. 211).
Le graduatorie di concorso sono
approvate dal regio provveditore agli studi.
Nel procedere a tale approvazione
il regio provveditore rettifica le graduatorie, di ufficio o sui reclami
eventualmente pervenutigli.
Le graduatorie dei concorsi
banditi dal regio provveditore agli studi per le scuole da esso amministrate
hanno efficacia per un biennio e per tutti i posti che si rendono vacanti dal 1
agosto dell'anno in cui il concorso è bandito fino al 31 luglio dell'anno in
cui la graduatoria cessa di aver vigore.
Con le graduatorie stesse debbono
essere coperti anche i posti resisi vacanti anteriormente al 1 agosto, quando
ai medesimi non siasi potuto provvedere con le graduatorie del concorso
precedente.
Quando al 31 dicembre del secondo
anno di validità della graduatoria siano stati nominati a posti vacanti nella
regione meno di un terzo di vincitori del concorso, il provveditore, sentito il
consiglio scolastico, può chiedere al ministro che la validità della
graduatoria sia prorogata di un biennio. L'accoglimento della richiesta importa
che per il biennio di proroga non si bandisca altro concorso.
Se con la graduatoria di concorso
non si possono coprire tutti i posti, si provvede, nelle forme e alle
condizioni stabilite dal regolamento, con nomine di concorrenti che siano compresi
nelle graduatorie di concorsi banditi da altri regi provveditorati e ne
facciano domanda.
Art. 125. (articolo unico r. Decreto-legge 9 gennaio 1927,
n. 66),
È data facoltà al ministro per la
pubblica istruzione di sospendere con suo motivato decreto, quando ne ravvisi
la opportunità, l'applicazione in alcuni dei regi provveditorati agli studi del
regno delle disposizioni dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Art. 126. (art. 6, 2/a comma, r. Decreto 1 maggio 1925, n.
736)
Le graduatorie dei concorsi
banditi dai comuni che conservano l'amministrazione delle scuole elementari
hanno efficacia fino a che siano con le stesse coperti tutti i posti messi a
concorso.
I vincitori del nuovo concorso
possono ottenere la nomina solo quando siano stati collocati tutti i vincitori
del concorso precedente.
Capo II la nomina e sua durata.
Art. 127. (art. 131 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 5 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
La nomina dei maestri delle scuole
amministrate dal regio provveditorato e la loro assegnazione alle singole sedi
è fatta dal regio provveditore agli studi, secondo l'ordine della graduatoria
di concorso e tenendo conto delle esigenze della scuola e delle indicazioni
degli stessi maestri, entro la seconda quindicina di settembre, conformemente
alle norme del regolamento.
I maestri dei comuni che
conservano l'amministrazione delle scuole sono nominati, entro lo stesso
termine, dal podestà il quale procede alle nomine, secondo l'ordine di merito
della graduatoria. Tali nomine non sono esecutive se non dopo l'approvazione
del regio provveditore, il quale procede direttamente alle nomine stesse, ove
il comune non vi abbia provveduto nel termine.
Quando la nomina avviene in corso
d'anno scolastico, l'assegnazione della sede ha carattere provvisorio. Ha pure
tale carattere l'assegnazione del maestro a sede di nuova istituzione o resasi
vacante dopo la pubblicazione dell'elenco, di cui all'art. 146 del presente
testo unico. L'assegnazione definitiva ha luogo dopo attuati i trasferimenti .
Gli insegnanti sono, quindi,
inscritti nei ruoli costituiti a norma dell'art. 130.
Art. 128. (art. 130 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ai mutilati e agli invalidi di
guerra, dei quali è prescritta dalle norme vigenti l'assunzione obbligatoria
nelle pubbliche amministrazioni, è conferito, quando siano riusciti vincitori
nei concorsi magistrali,
Oltre ai posti loro spettanti in
via normale per effetto della loro classificazione in graduatoria, il decimo
dei posti che a norma del regolamento possono essere attribuiti ai maestri e
che si devono coprire per il periodo di efficacia della graduatoria. A questo
effetto su ogni dieci nomine ai posti suddetti, la decima spetta al mutilato o
invalido che segua nella graduatoria l'ultimo dei concorrenti nominato.
Qualora però la nomina ad uno dei
posti anzidetti spetti ad un mutilato o invalido di guerra per effetto della
graduatoria secondo l'ordine di merito, non si fa luogo nei riguardi di quel
posto all'applicazione del comma precedente.
Art. 129. (art. 27 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722).
Il decimo delle nomine a posti di
scuole femminili vacanti nei comuni autonomi è attribuito, con le norme
dell'articolo precedente, alle vincitrici dei concorsi magistrali
indipendentemente dall'ordine di graduatoria, le quali abbiano compiuto almeno
un quinquennio di lodevole servizio in istituzioni sussidiarie o integrative
della scuola, gestite dal comune che bandisce il concorso o dal patronato
scolastico in esso esistente.
Art. 130. (art. 132 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 6 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
I ruoli dei maestri dipendenti dai
regi provveditorati sono distinti in due gradi: di maestri straordinari e di
maestri ordinari. Quest'ultimo grado è distinto in classi secondo la misura
dello stipendio.
I ruoli sono pubblicati entro il
mese di dicembre di ciascun anno, con la situazione dei maestri al 1 ottobre
precedente.
Le stesse disposizioni si
applicano ai comuni che amministrano direttamente le scuole, i quali hanno facoltà
di disciplinare in modo diverso con apposite norme regolamentari la carriera
dei maestri, purchè assegnino a questi stipendi iniziali e aumenti superiori di
un decimo almeno a quelli legali.
Art. 131. (art. 133 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
La nomina dell'insegnante
straordinario ha la durata di un triennio a titolo di prova. Compiuto il
triennio, acquista carattere di stabilità, salvo che il maestro sia stato,
prima della scadenza del triennio, licenziato per ragioni didattiche. La deliberazione
di licenziamento deve essere notificata giudizialmente al maestro.
Il licenziamento dei maestri dei
comuni autonomi deve essere preceduto dal parere conforme del regio
provveditore agli studi, e la deliberazione deve contenere, a pena di nullità,
questo parere motivato.
In tutti i casi, finché non siasi
avuta una decisione definitiva sul ricorso gerarchico eventualmente proposto
dal maestro contro il suo licenziamento, oppure non siano trascorsi i termini
per proporlo, non si può provvedere al posto che in via provvisoria.
Art. 132. (art. 134 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 1 r. Decreto-legge 26 gennaio 1928, n. 199).
Il regio provveditore ed il comune
possono in qualunque tempo, con deliberazione motivata, dispensare dal servizio
l'insegnante per inettitudine didattica sopravvenuta in seguito ad infermità o
per insufficienza didattica comprovata da rapporti informativi delle autorità
ispettive e direttive, relativi all'ultimo triennio.
Il ministro della pubblica
istruzione ha facoltà di dispensare dal servizio gli insegnanti delle pubbliche
scuole elementari, con suo decreto, contro cui è ammesso soltanto ricorso al
consiglio di stato per incompetenza o per violazione di legge, qualora il
provvedimento sia necessario nell'interesse del servizio.
La dispensa, di cui al precedente
comma, è decretata previo parere della prima commissione per i ricorsi dei
maestri elementari. Per gli insegnanti dei comuni autonomi e del governatorato
di Roma, sarà inteso anche il parere rispettivamente del podestà e del
governatore.
Art. 133. (art. 2 r. Decreto-legge 7 aprile 1927, n. 641).
È dispensato dal servizio
l'insegnante che per manifestazioni compiute nella scuola o fuori di essa non
dia piena garanzia di un fedele adempimento dei suoi doveri o si ponga in
condizioni di incompatibilità con le generali direttive politiche del governo.
All'insegnante proposto per la
dispensa del servizio è fissato un termine per presentare, ove creda, le sue
deduzioni.
La dispensa è deliberata, tanto
per gli insegnanti dei ruoli regionali quanto per quelli dei ruoli comunali,
dal regio provveditore agli studi, sentito il parere del prefetto.
Per gli insegnanti dipendenti dal
governatorato di roma, provvede il governatore.
Il titolo della dispensa deve
risultare dalla relativa deliberazione, nella quale si deve inoltre far cenno
del parere del prefetto.
Art. 134. (art. 135 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Gli insegnanti, i quali abbiano
compiuto il 45/a anno di servizio e il 65/a anno di età, cessano di far parte del
personale di ruolo e sono ammessi a liquidare quanto loro compete a norma delle
disposizioni vigenti.
Indipendentemente dalla
disposizione del comma precedente, i maestri, che abbiano compiuto 40 anni di
servizio ovvero 65 anni di età e 25 di servizio, possono essere collocati a
riposo di ufficio quando dai rapporti informativi risulti che non prestano
opera efficace nella scuola.
Le stesse norme valgono per i
direttori comunali.
Capo III congedi, aspettative e missioni.
Art. 135. (art. 136 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 5 r. Decreto 7 aprile 1927, n. 640).
Gli insegnanti elementari possono
ottenere per giustificati motivi congedi per non oltre 15 giorni in ciascun
anno scolastico.
Il congedo è accordato dal
direttore o dal podestà, secondo che trattasi di maestri del ruolo regionale o
comunale.
Decorsi i 15 giorni, l'insegnante
può chiedere di essere collocato in aspettativa per giustificati motivi di
famiglia.
L'aspettativa è concessa dal regio
provveditore o dal podestà e non può durare più di un anno. Essa non dà diritto
allo stipendio e non è computabile agli effetti della anzianità di servizio.
Art. 136. (art. 137 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 7 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125; art. 6 r. Decreto 7 aprile 1927, n.
640).
L'insegnante può ottenere, per
ragioni di salute, congedi per non oltre due mesi in ciascun anno scolastico.
Se l'assenza dalla scuola si
prolunga per oltre 10 giorni l'insegnante è tenuto ad esibire certificato
medico.
Durante l'assenza per ragioni di salute
il maestro ha diritto allo stipendio intero.
Decorsi i due mesi di assenza,
l'insegnante che non è in grado di riprendere servizio, può far domanda di
essere collocato in aspettativa per motivi di salute. L'aspettativa non può
eccedere i due anni; cessa col cessare della causa.
All'aspettativa per motivi di
salute, quando sia stata concessa per la durata massima, non può seguire
l'aspettativa per motivi di famiglia a meno che non concorrano circostanze
gravi ed eccezionali, delle quali è giudice insindacabile l'autorità
competente. Due periodi di aspettativa per motivi di salute o di famiglia,
interrotti da un periodo di servizio attivo non superiore a tre mesi, si
sommano agli effetti della determinazione del limite massimo di durata dell'una
o dell'altra aspettativa.
Durante l'aspettativa il maestro
ha diritto a metà dello stipendio.
Durante l'assenza o l'aspettativa
l'autorità scolastica governativa o comunale può accertare, sempre che creda,
la sussistenza del male mediante visita fiscale.
Salvo i casi di assoluta
necessità, il maestro non può assentarsi dalla scuola prima di aver ottenuto il
congedo o l'aspettativa.
Il congedo è accordato dal
direttore o dal podestà secondo che trattasi di maestri del ruolo regionale o
comunale; l'aspettativa è concessa dal r. Provveditore o dal podestà.
Art. 137. (art. 8. R. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Alla continuità dell'insegnamento,
nei casi di assenza del maestro per congedo o per aspettativa, si provvede per
mezzo di supplenti, da nominarsi a norma del regolamento.
Art. 138. (art. 139 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I comuni autonomi provvedono alle
supplenze in modo analogo a quello indicato all'articolo precedente. Essi,
però, hanno facoltà di provvedere alle supplenze mediante un corpo di insegnanti
in soprannumero, i quali possono anche essere adibiti ad altri servizi
scolastici, e devono essere nominati per concorso, a norma dell'art. 116.
I maestri in soprannumero sono
nominati titolari per anzianità senza demeriti, di mano in mano che si rendano
vacanti i posti relativi, rimanendo in ogni caso assegnati alla categoria dei
titolari di prima nomina secondo gli organici comunali, o, in difetto di
organici, ai posti di grado inferiore delle frazioni o borgate.
Art. 139. (art. 140 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
I supplenti sono retribuiti, in
proporzione del servizio prestato, a decimi dello stipendio spettante al
maestro straordinario.
Nella stessa misura sono
retribuiti i maestri provvisori.
Art. 140. (art. 141 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Presso gli istituti superiori di
magistero può essere tenuto per un biennio, in missione, un certo numero di
maestri non superiori a quaranta, i quali conservano lo stipendio e la sede.
Per la scelta di tali membri il
ministero bandisce ogni anno un concorso per titoli. Nel bando saranno
contenute le norme del concorso. Sino all'anno scolastico 1929-30 ai maestri
nati nelle nuove provincie è riservato un quarto dei posti di cui al comma
precedente.
Capo IV. Trasferimenti e promozioni.
Art. 141. (art. 142 e 143 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.
432; art. 9 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
I maestri dipendenti dal r.
Provveditorato possono essere trasferiti da uno ad altro ruolo regionale su
loro domanda, col consenso del regio provveditore da cui dipendono.
Il maestro trasferito non perde i
diritti acquisiti, anche se si trova nel triennio di prova. Salvo che vi si
oppongano esigenze di servizio, deve essere accolta la domanda dell'insegnante,
che abbia espresso il desiderio di trasferirsi nella località di nascita o di
residenza
Della famiglia o ad essa vicina,
quando a tale sede non aspirino anche altri insegnanti, applicandosi in tal
caso l'art. 144.
Per i trasferimenti, di cui al
presente articolo, viene riservato un quinto dei posti vacanti.
Art. 142. (art. 144 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Gli insegnanti possono essere
trasferiti da una ad altra sede di scuole amministrate dallo stesso regio
provveditore su domanda motivata da giustificate ragioni personali o di famiglia,
i per motivi di servizio da indicarsi nel provvedimento. In quest'ultimo caso,
quando il trasferimento avvenga in corso d'anno, l'assegnazione della sede ha
carattere provvisorio; l'assegnazione della sede definitiva avrà luogo nel
termine normale dei trasferimenti.
Gli insegnanti dei ruoli regionali
possono, su loro domanda, essere trasferiti a posti vacanti nei comuni che
conservano l'amministrazione delle scuole, purchè vi consentano il comune
presso cui chiedono di essere trasferiti ed il regio provveditore da cui
dipendono.
Art. 143. (art. 5 r. Decreto 17 febbraio 1927, n. 211).
È data facoltà al ministro per la
pubblica istruzione di trasferire per motivi di servizio ad altra regione i
maestri dei ruoli regionali.
L'assegnazione della sede è fatta
dal provveditore, alle cui dipendenze il maestro è trasferito, ed ha carattere
definitivo anche se deliberata in corso d'anno scolastico. I posti così
assegnati vanno in diminuzione di quelli riservati ai trasferimenti dall'ultimo
comma dell'art. 141.
Art. 144. (art. 10 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Quando ad una stessa sede aspirano
più insegnanti, della stessa o di diversa amministrazione, il provveditore, nel
disporre il trasferimento, tiene conto dei seguenti elementi in ordine di
preferenza: ragioni di famiglia, ragioni di salute, anzianità di ruolo e
qualità del servizio. A quest'ordine può il provveditore derogare quando
concorrano eccezionali circostanze, che debbono risultare dal provvedimento.
L'insegnante, che debba essere
destinato ad altra sede per soppressione di scuola, ha diritto alla preferenza,
a meno che alla sede da lui richiesta aspirino altri maestri per gravi motivi
di famiglia o di salute.
È considerata come motivata da
ragioni di famiglia la domanda di trasferimento presentata da un insegnante che
appartenga ad associazioni o comunità religiose, per la sede nella quale
l'associazione o la comunità svolga, per suo particolare compito, apprezzabile
opera nel campo dell'assistenza scolastica, delle opere integrative della scuola
e della beneficenza in genere.
I comuni, che conservano
l'amministrazione delle scuole, stabiliscono nel proprio regolamento i criteri,
in base ai quali debbono essere deliberati, nel caso che intendano di
procedervi e nel
Limite di cui all'ultimo comma
dell'art. 141, i trasferimenti di maestri da altri comuni o dai ruoli delle
amministrazioni scolastiche regionali.
Di regola non possono ottenere il
trasferimento i maestri che, nell'ultimo triennio, abbiano riportato anche una
sola qualifica del servizio inferiore al buono o ai quali sia stata inflitta,
nello stesso periodo di tempo, una punizione superiore alla censura.
Art. 145. (art. 146 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
Gli insegnanti elementari dei
comuni che hanno l'amministrazione delle scuole non possono, di regola, essere
trasferiti da una scuola ad altra situata in edificio diverso dello stesso
comune, se non per loro domanda o col loro consenso.
Al trasferimento da una scuola
all'altra del centro o di una stessa frazione o borgata può tuttavia
provvedersi di ufficio per deliberazione del podestà soltanto per specificate
ragioni di servizio, le quali devono comunicarsi all'interessato.
Le deliberazioni di trasferimento
d'ufficio devono essere approvate dal regio provveditore.
Gli insegnanti dei comuni autonomi
possono essere trasferiti, col consenso del comune e del regio provveditore,
nei ruoli regionali. Essi sono iscritti in conformità della tabella allegato f
nella classe di ruolo corrispondente al numero di anni di servizio prestati.
Art. 146. (art. 147, e 1/a e 2/a comma, Testo Unico 22
gennaio 1925, n. 432)
Prima di procedere ai
trasferimenti, il regio provveditore deve pubblicare l'elenco delle sedi
vacanti, comprendendovi quelle coperte in via provvisoria, ai sensi dell'ultimo
comma dell'art. 116, dell'art. 127, comma 3/a, e dell'art. 142, comma 1/a.
Di regola, non si fa luogo a
trasferimento di insegnanti, che non abbiano compiuto almeno un biennio di
insegnamento nella sede in cui si trovano.
Art. 147. (art. 147, 3/a comma, Testo Unico 22 gennaio 1925,
n. 132)
Salvo i casi di motivi di
servizio, tutti i trasferimenti preveduti negli articoli precedenti debbono
essere deliberati e partecipati agli interessati entro il mese di agosto, prima
che si sia proceduto alle nomine di nuovi insegnanti.
Art. 148. (art. 148 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
Da una classe di ruolo all'altra i
maestri dipendenti dal regio provveditore sono promossi per anzianità senza
demeriti.
La promozione può essere ritardata
di un anno per scarso rendimento o per condotta morale censurabile o per
punizioni inflitte, con deliberazione che ha carattere definitivo, presa dal
regio provveditore, sentito il consiglio scolastico.
Nei comuni aventi la diretta
amministrazione delle scuole e sprovvisti di proprio regolamento, la
deliberazione è presa dal Podestà ed è definitiva quando sia approvato dal
consiglio scolastico.
Art. 149. (art. 150 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
Al maestro, che non abbia
insegnato almeno 140 giorni con orario completo, viene computato solamente
mezzo anno di servizio, ai soli effetti dell'anzianità.
Capo V. Punizioni disciplinari.
Art. 150. (art. 151 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art.11 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Contro i maestri incolpati di
negligenza abituale, di trasgressione dei doveri che loro sono imposti dalle
leggi e dai regolamenti scolastici, di fatti onde sia gravemente compromessa la
loro reputazione e la loro moralità come cittadini o come insegnanti o di aver
fatto propaganda di principi contrari all'ordine morale e alle istituzioni
dello stato, possono secondo la gravità dei casi, essere pronunciate le
seguenti pene:
1/a la censura, che consiste in
una dichiarazione formale della mancanza commessa e del biasimo incorso;
2/a la sospensione dallo stipendio
fino a 10 giorni;
3/a la sospensione dall'ufficio,
la quale consiste nel divieto fatto al maestro di esercitare le sue funzioni e
non può essere maggiore di 6 mesi. Essa trae seco, pel tempo in cui dura, la
privazione dello stipendio; e oltre a ciò questo tempo non è computato degli
anni di servizio;
4/a il licenziamento, il quale
importa la perdita di tutti i diritti derivanti dalla nomina.
5/a la interdizione scolastica, la
quale importa, oltre gli effetti del licenziamento, la privazione di tutti i
diritti e di tutti i vantaggi che derivano al maestro dal suo diploma. Essa è
temporanea o perpetua: se temporanea non può essere minore di tre mesi.
In casi di lieve mancanza il
direttore o il podestà, secondo che si tratti di maestri dei ruoli regionali o
comunali, o qualunque altra autorità scolastica superiore, possono infliggere
ai maestri l'avvertimento per iscritto con esortazione a non più ricadere nella
mancanza. Dell'avvertimento non si tiene nota nello stato di servizio del
maestro e contro di esso non è ammesso alcun ricorso.
Nei casi di punizione per assenze
arbitrarie e indipendentemente dalla punizione stessa, il maestro è tenuto a
rimborsare la spesa per la supplenza e quella eventuale di visita fiscale.
Art. 151. (art. 4 r. Decreto-legge 7 aprile 1927, n. 641).
Le punizioni disciplinari indicate
ai numeri 1/a e 2/a dell'articolo precedente sono inflitte dal provveditore o
dal podestà secondo
Che trattisi di maestri dei ruoli
regionali o comunali, previa contestazione degli addebiti e udite le difese
dell'insegnante.
Art. 152. (art. 152 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le punizioni disciplinari diverse
da quelle indicate nell'articolo precedente sono inflitte, previo giudizio
istituito innanzi al consiglio di disciplina, nei modi e con le formalità
stabilite dal regolamento.
Le dimissioni dell'incolpato,
tuttochè accettate, non impediscono né interrompono i procedimenti iniziati o
da iniziarsi contro di lui per fatti che possono dar luogo all'applicazione
delle pene del licenziamento o della interdizione.
Art. 153. (art. 153 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
In caso di urgenza il provveditore
o il podestà d'accordo con l'ispettorato, secondo che si tratti di maestri dei
ruoli regionali o comunali, può sospendere dall'esercizio delle sue funzioni
quel maestro che non potrebbe senza grave inconveniente continuarlo o che, per
cause a lui imputabili, sia divenuto occasione di scandalo o di disordine nel
comune ove insegna.
Capo VI. Stipendi - retribuzioni - pensioni.
Art. 154. (art. 156 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 1 r. Decreto-legge 31 marzo 1925, n. 360)
Gli stipendi ed il supplemento di
servizio attivo degli insegnanti delle scuole elementari sono stabiliti dalla
tabella allegato f.
Per il supplemento di servizio
attivo valgono le disposizioni dell'art. 5, comma 2/a del r. Decreto 11
novembre 1923, n. 2395.
Art. 155. (art. 158 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432)
Ai maestri ai quali sia affidato,
in orario alternato, l'insegnamento di due sezioni della stessa classe o di due
classi diverse è corrisposta annualmente, oltre lo stipendio, la somma di l.
800.
Art. 156. (art. 159 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il maestro in soprannumero è
considerato, agli effetti dello stipendio, come straordinario e non consegue la
nomina ad ordinario se non dopo un triennio dalla titolarità.
Art. 157. (art. 160 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Al maestro che abbia precedente
servizio d'insegnante è computato, agli effetti della iscrizione nel ruolo, il
servizio precedente per intero, se trattasi di servizio di titolare o di
maestro in soprannumero, e per un terzo se trattasi di servizio di supplente o
provvisorio, sempre che il servizio sia stato prestato in scuole elementari
pubbliche dipendenti dallo stato, dalle provincie, dai comuni o da
corporazioni, associazioni ed enti morali che mantengono scuole riconosciute a
sgravio.
Questa norma si applica anche nel
caso di maestri trasferiti da altro comune.
Il computo del precedente servizio
viene fatto sempre in base alla tabella allegato f.
Art. 158. (art. 1 e 2 r. Decreto 14 ottobre 1926, n. 1924).
Con decorrenza dal 1 luglio 1926
sono estese ai maestri elementari delle scuole amministrate dai regi
provveditori agli studi le disposizioni degli articoli 43, 44, 45 e 46 del r.
Decreto 30 settembre 1922, n. 1290, 13 del r decreto 8 maggio 1924, n. 843, e
relative modificazioni complementari riguardanti il computo del servizio in
reparti combattenti per gli effetti del collocamento nei quadri di classificazione
degli stipendi e le abbreviazioni ai medesimi effetti.
Con la stessa decorrenza sono
altresì estese ai maestri, di cui al comma precedente, le disposizioni
dell'art. 13, ultimo comma, del r. Decreto-legge 17 maggio 1923, n. 1284,
concernente il computo del servizio militare nelle colonie italiane, e
dell'art. 16 del medesimo decreto concernente il computo del servizio prestato
in qualità di militari od assimilati nelle località e nei periodi indicati
nell'art. 15 dello stesso decreto.
Per i maestri delle scuole
amministrate dai comuni valgono le norme del r. Decreto 24 settembre 1923, n.
2073, con la decorrenza ivi stabilita.
Art. 159. (art. 161 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nei comuni che conservano la
diretta amministrazione delle scuole l'esattore comunale o consorziale è
obbligato a pagare puntualmente alla scadenza gli stipendi ai maestri
elementari.
La mancanza di fondi in cassa non
esonera l'esattore dal predetto obbligo. In tal caso egli deve anticipare le
somme necessarie e ne percepisce, a carico del comune, l'interesse del 5 per
cento dalla data dei pagamenti.
Le prime riscossioni di
sovrimposte, di tasse o di entrate comunali, successive ai pagamenti delle
somme anticipate dall'esattore, s'intendono fatte in sconto di tale suo
credito, sino alla concorrenza del medesimo e dei relativi interessi.
Art. 160. (art. 162 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nei comuni di cui all'articolo
precedente, considerati dalla legge 15 luglio 1906, n. 383, quando il pagamento
degli stipendi ai maestri elementari e ai direttori didattici sia ritardato
dall'esattore, salvo per questo tutte le sanzioni stabilite dalle leggi
vigenti, il prefetto, su domanda del maestro, ordina al tesoriere della
provincia di fare il pagamento del mandato.
La provincia ripete dal comune il
rimborso, insieme all'interesse fissato dalle leggi vigenti, a mezzo di mandato
di ufficio della giunta provinciale amministrativa, e dà notificazione
dell'eseguito pagamento al ministero della pubblica istruzione.
A garanzia del credito della
provincia, il ministero sospende il pagamento al comune dei rimborsi per l'anno
in corso, e per i successivi, fino alla completa estinzione del credito
provinciale.
Art. 161. (art. 163 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ai comuni che conservano la
diretta amministrazione delle scuole ed hanno un proprio regolamento scolastico
per l'assegnazione delle pensioni, sono devolute le ritenute e le quote di
controllo versate alle casse pensioni governative e comunali, per
gl'insegnamenti elementari e i direttori didattici in servizio nelle scuole da
essi amministrate, che ne facciano domanda.
Art. 162. (art. 164 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I comuni di cui all'articolo
precedente applicheranno ai maestri e ai direttori per tutti gli anni di
servizio utili, comunque prestati alle dipendenze dei comuni o dello stato,
quello dei propri regolamenti scolastici sulle pensioni che è più favorevole.
Art. 163. (art. 165 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I comuni possono stabilire sugli
stipendi e sulle pensioni dei maestri e dei direttori, di cui all'art. 161, una
ritenuta mensile straordinaria per il rimborso delle maggiori somme, che questi
avrebbero dovuto versare per le pensioni secondo regolamenti comunali.
Capo VII. Ricorsi.
Art. 164. (art. 154, commi da 1 a 5, Testo Unico 22 gennaio
1925, n. 432; art. 4 r. Decreto-legge 7 aprile 1927, n. 641).
I provvedimenti dell'autorità
scolastica riguardanti le nomine provvisorie e le supplenze, i congedi e le
aspettative, le assegnazioni di classi e i certificati di servizio dei maestri
elementari sono definitivi.
Contro ogni altro provvedimento
della stessa autorità scolastica, riguardante lo stato giuridico ed economico
dei maestri elementari, è ammesso, entro il termine di 30 giorni, il ricorso al
ministro della pubblica istruzione.
Sui ricorsi contro i trasferimenti
d'ufficio, i licenziamenti, le dispense dal servizio, le decadenze dal posto, e
contro le punizioni disciplinari del licenziamento e della interdizione, la
decisione del ministro deve essere preceduta dal parere della commissione di
cui all'art. 168.
Contro i provvedimenti
disciplinari portanti pena diversa dal licenziamento e dalla interdizione e
contro le punizioni inflitte dal podestà a norma dell'art. 151 è ammesso
ricorso solo per motivi di violazione di legge, incompetenza od eccesso di
potere.
Spetta al ministro di pronunciare
senz'altro la irricevibilità o inammissibilità di ricorsi prodotti fuori
termine o senza l'osservanza delle forme prescritte.
Art. 165. (art. 155 Testo Unico 22 gennaio 1925 n. 432).
Il termine per la presentazione
del ricorso decorre, per le persone e per gli enti direttamente interessati,
dal giorno della notificazione, ad essi fatta in forma amministrativa, della
deliberazione dell'autorità scolastica; in tutti gli altri casi, dal giorno
dell'affissione all'albo, la quale si compie mediante il deposito dell'atto per
15 giorni nell'ufficio scolastico a disposizione degli interessati e mediante
la simultanea pubblicazione di un avviso all'albo dell'ufficio stesso.
Il ricorso deve essere presentato
al regio provveditore agli studi, e sarà depositato e pubblicato nell'albo nei
modi indicati nel comma precedente per l'affissione delle deliberazioni.
Il deposito e la pubblicazione
all'albo hanno, a tutti gli effetti di legge, valore di notificazione agli
interessati.
Ai ricorsi che pervengono
direttamente al ministero non deve essere dato alcun seguito.
Art. 166. (art. 15 r. Decreto 10 giugno 1926 n. 1125).
Contro i provvedimenti del
consiglio scolastico e del provveditore diversi da quelli contemplati dall'art.
164, quando non sia altrimenti stabilito, è ammesso ricorso al ministro della
pubblica istruzione, nel termine e nelle forme di cui agli articoli 164 e 165.
Art. 167.
Le disposizioni degli articoli
precedenti valgono anche per i ricorsi contro gli atti del governatore di Roma,
intendendosi a tali effetti sostituito al regio provveditore agli studi il
governatore e, quanto all'affissione, l'albo del governatorato a quello
dell'ufficio scolastico.
Art. 168. (art. 1 r. Decreto 12 agosto 1927, n. 1740).
La prima commissione per i ricorsi
dei maestri elementari è composta di sette membri nominati dal ministro per la
pubblica istruzione come segue:
A) due professori scelti tra
quelli universitari della facoltà di giurisprudenza e tra quelli degli istituti
superiori di magistero.
B) un magistrato di grado non
inferiore a consigliere di appello, nominato con l'assenso del ministro per la
giustizia;
C) un avvocato erariale;
D) due funzionari dell'amministrazione
centrale della pubblica istruzione;
E) un direttore didattico comunale
o un maestro elementare.
Il presidente della commissione è
scelto dal ministro tra i membri. Per la validità delle deliberazioni della
commissione si richiede la presenza di almeno cinque componenti.
Art. 169. (art. 2 e 3 r. Decreto 12 agosto 1927, n. 1740).
Il presidente ed i membri della
commissione restano in ufficio per quattro anni e possono essere riconfermati.
Qualora per dimissioni o per altre
cause uno dei componenti venga a mancare nel corso del quadriennio, la persona
nominata in sostituzione dura in carica per il rimanente periodo del
quadriennio.
Ai componenti della commissione
sono dovute le indennità di viaggio, le diarie ed i gettoni di presenza nei
casi e nella misura di cui ai regi decreti 11 novembre 1923, numero 2395, 8
maggio 1924, n. 843, e 19 luglio 1924, n. 1368.
Art. 170. (art. 154, ultimo capoverso, Testo Unico 22
gennaio 1925, n. 432; art. 4 r. Decreto 6 luglio 1923, n. 1753).
Indipendentemente dalla
presentazione dei ricorsi, può il ministro in qualunque tempo, d'ufficio o su
denunzia, annullare provvedimenti dell'autorità scolastica locale e del
governatore di roma, contrari alle leggi ed ai regolamenti.
Titolo V. Obbligo scolastico, esami, libri di testo e
biblioteche scolastiche.
Capo I. Dell'obbligo scolastico.
Dell'obbligo
in genere.
Art. 171. (art. 166 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'istruzione dei fanciulli dal
sesto al quattordicesimo anno di età è obbligatoria.
Nessuno può essere iscritto alla
prima classe elementare in qualità di allievo regolare, se non ha raggiunto
l'età di sei anni.
Art. 172. (art. 12 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
L'obbligo scolastico si adempie
frequentando le scuole elementari classificate, non classificate, o sussidiate,
esistenti nella località in cui l'obbligo è domiciliato o residente.
Qualora, con frequenza delle
scuole di cui al comma precedente, il fanciullo non abbia raggiunto il 14/a
anno, per tutto il tempo fino al compimento dell'età dell'obbligo è tenuto a
frequentare corsi, esercitazioni e simili di istruzione elementare, tenuti
nella località da istituzioni di educazione e di cultura. In mancanza, è
consentito all'obbligato di continuare a frequentare l'ultima classe elementare
esistente fino al raggiungimento del 14/a anno.
Art. 173. (art. 168 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Rispondono dell'adempimento
dell'obbligo scolastico i genitori o chiunque a qualsiasi titolo ne faccia le
veci, e i datori di lavoro.
Per gli esposti e gli altri
fanciulli senza famiglia, accolti negli istituti di beneficienza, rispondono i
direttori degli istituti medesimi, e, quando questi fanciulli siano affidati
alle cure di private persone, il capo famiglia, che riceve il fanciullo
dall'istituto.
Art. 174. (art. 169 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I genitori o chi ne fa le veci
possono provvedere per proprio conto all'istruzione dell'obbligato, ma in tal
caso debbono provare con documenti la propria capacità tecnica od economica a
provvedervi. Gli obbligati che non frequentino pubbliche scuole devono, al 14/a
anno, provare d'aver sostenuto l'esame di licenza dalla scuola complementare o
da altra scuola post-elementare di egual numero di anni, e sono tenuti a
ripetere detto esame finché non abbiano conseguito l'approvazione.
Dopo quattro sessioni di esame il
candidato che non sia riuscito ad ottenere l'approvazione rimane esonerato
dall'obbligo.
$t .2. - dell'istruzione dei
ciechi e sordomuti.
Art. 175. (art. 170 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'obbligo scolastico è esteso ai
ciechi e ai sordomuti, i quali non presentino altra anormalità che impedisca
loro di ottemperarvi. Per i sordomuti è esteso fino al 16/a anno di età.
Art. 176. (art. 171 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Con decreti reali di concerto tra
il ministro della pubblica istruzione e il ministro dell'interno sarà
determinato quali degli istituti che provvedono all'educazione dei ciechi e dei
sordomuti debbano accogliere gli scolari obbligati in virtù dell'articolo precedente,
la misura dei contributi che lo stato pagherà agli istituti privati che
assumono tale cura, le trasformazioni da apportarsi agli statuti dei singoli
istituti ed all'ordinamento didattico di essi, perché possano rispondere ai
nuovi compiti loro assegnati dalla legge.
Agli istituti di cui al comma
precedente possono essere annessi speciali giardini d'infanzia.
Art. 177. (art. 172 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nel caso che i genitori provvedano
privatamente all'istruzione dei ciechi e sordomuti obbligati, questi devono al
14/a e rispettivamente al 16/a anno di età sostenere un esame presso uno degli
istituti riconosciuti a norma dell'articolo precedente.
Art. 178. (art. 173 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nessuno può essere nominato
all'ufficio di direttore, di insegnante o di assistente nelle scuole previste
dall'art. 176 ove non sia provveduto dello speciale titolo di abilitazione
rilasciato da scuole all'uopo istituite.
Art. 179. (art. 174 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Agli effetti dell'articolo
precedente è istituita una scuola per insegnanti e maestri istitutori dei
ciechi il cui ordinamento è stabilito per decreto reale.
I posti necessari al
funzionamento della scuola di metodo per la preparazione dei maestri dei sordomuti
presso il regio istituto dei sordomuti di Milano continuano ad essere conferiti
mediante incarico con la retribuzione prevista nella tabella allegato g.
Art. 180. (art. 175 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ferme restando nello stato di previsione
della spesa del ministero della pubblica istruzione le assegnazioni a favore
degli istituti per i sordomuti, è assegnata annualmente, a cominciare dal 1
luglio 1924, la somma di due milioni di lire per gli scopi di cui appresso:
A) istituzione e mantenimento
della regia scuola per insegnanti e assistenti dei ciechi;
B) istituzione e mantenimento dei
giardini d'infanzia per ciechi e sordomuti;
C) adattamento e miglioramento dei
locali degli istituti dei ciechi e sordomuti;
D) acquisto di arredi e materiale
scolastico per le scuole e giardini suddetti;
E) borse di studio a favore dei
sordomuti;
F) per qualsiasi altra provvidenza
a favore dell'istruzione e dell'educazione dei ciechi e sordomuti.
Con decreto del ministro per le
finanze su richiesta del ministro per la pubblica istruzione sarà provveduto
alla iscrizione in bilancio della somma suddetta ed alla sua ripartizione.
Art. 181. (art. 176 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I consigli di amministrazione dei
singoli regi istituti dei sordomuti hanno facoltà di provvedere, con personale
incaricato, alla assistenza religiosa e sanitaria degli alunni, agli
insegnamenti di educazione fisica e di arti e mestieri ed alle altre forme di
educazione che, a giudizio del ministero, siano ritenute indispensabili per
l'adempimento degli obblighi derivanti dal presente titolo.
DELLA
VIGILANZA SULL'OBBLIGO E DELLE SANZIONI PER L'INADEMPIENZA.
Art. 182. (art. 177 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il podestà ha l'obbligo di
trasmettere ogni anno, almeno un mese prima della riapertura delle scuole, al
regio ispettore scolastico della circoscrizione l'elenco dei fanciulli che per
ragione di età hanno obbligo scolastico, con l'indicazione del centro
scolastico che presumibilmente deve accoglierli e il nome dei genitori o di chi
ne tiene luogo.
L'ispettore promuove l'iscrizione
degli obbligati e, iniziatosi l'anno scolastico, riscontra questo elenco col
registro dei fanciulli iscritti nelle scuole, accertando chi siano gli
inadempienti.
L'elenco degli inadempienti viene,
su richiesta dell'autorità scolastica, affisso nell'albo pretorio per la durata
di un mese.
Art. 183. (art. 178 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Trascorso il mese dall'affissione
di cui all'articolo precedente, il podestà ammonisce la persona responsabile a
norma dell'art. 173, invitandola ad ottemperare alla legge.
Ove essa non provi di procurare
altrimenti l'istruzione degli obbligati o non giustifichi con motivi di salute,
o con altri impedimenti gravi, l'assenza dei fanciulli dalla scuola pubblica, o
non ve li presenti entro una settimana dall'ammonizione, incorre nell'ammenda
stabilita dal successivo articolo 185.
Art. 184. (art. 179 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Durante il corso dell'anno
scolastico, constatata l'assenza ingiustificata di fanciulli obbligati, i
direttori o i maestri spediscono avvisi individuali raccomandati alle persone
di cui all'art. 173.
Se l'avviso non avrà efficacia ne
avvertiranno entro dieci giorni il podestà che applicherà senz'altro indugio le
disposizioni dell'articolo seguente.
Art. 185. (art. 180 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I responsabili di inadempienza
all'obbligo scolastico sono soggetti ad un'ammenda su ordinanza del podestà.
L'ammenda è di l. 2; ma, applicata
inutilmente due volte, può essere elevata fino al massimo di lire 50. L'ammenda
può essere applicata in tutti i suoi gradi nel corso dell'anno scolastico.
Il contravventore è sempre ammesso
a fare l'oblazione ai termini della legge comunale vigente. In caso diverso a
contravvenzione è denunziata al pretore, che procede nelle vie ordinarie.
Art. 186. (art. 181 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I datori di lavoro sono soggetti
ad una ammenda doppia di quella stabilita nell'articolo precedente per ogni
fanciullo inadempiente all'obbligo scolastico, che sia occupato nella loro
azienda.
Art. 187. (art. 182 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per tutti i nati dopo il 1885 la
concessione del permesso d'armi è sottoposta alla condizione che il richiedente
stenda di suo pugno la domanda e apponga alla presenza del funzionario di
pubblica sicurezza, che certificherà il fatto, la propria firma e le
indicazioni del proprio stato e domicilio in calce alla domanda e al foglio del
permesso rilasciatogli.
Alla stessa condizione è
sottoposta la concessione della licenza di esercizio e rivendita per i nati
dopo il 1890.
Ai nati dopo il 1917, che non
abbiano soddisfatto all'obbligo scolastico secondo il disposto del presente
testo unico, è inoltre vietata l'ammissione in qualità di salariati agli uffici
di pubbliche amministrazioni, o di enti morali.
Le assunzioni o concessioni fatte
in contravvenzione al presente articolo devono essere revocate a semplice
richiesta del regio provveditore.
Art. 188. (art. 7 r. Decreto 7 aprile 1927, 640).
Le attribuzioni demandate dagli
articoli precedenti all'ispettore scolastico, ai direttori ed ai maestri sono,
rispettivamente, attribuite, per quanto riguarda l'osservanza dell'obbligo
scolastico da parte dei fanciulli che debbono frequentare le scuole non
classificate, al personale incaricato a norma dell'art. 77 dei servizi di
organizzazione e direzione delle scuole stesse ed ai maestri che vi insegnano.
Al personale medesimo incaricato
dell'organizzazione e direzione delle scuole non classificate esistenti nelle
nuove provincie, spettano tutti i poteri che le leggi della cessata monarchia
austro-ungarica attribuivano, nelle provincie stesse, agli ispettori scolastici
in materia di vigilanza sull'adempimento dell'obbligo scolastico e relative sanzioni.
Capo II. Gli esami.
Art. 189. (art. 13 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Alle classi seconda, terza,
quinta, ed alle classi intermedie del corso integrativo gli alunni sono
promossi mediante scrutinio: sono invece promossi alle classi quarta e sesta e
prosciolti dall'obbligo mediante esami che hanno luogo nelle forme ed alle
condizioni fissate dal regolamento.
Gli alunni, che nello scrutinio o
negli esami non abbiano ottenuto la promozione, per aver dato insufficiente
prova in non più di due materie, sono ammessi a sostenere su tali materie una
nuova prova all'inizio del successivo anno scolastico, secondo le norme dettate
dal regolamento.
Art. 190. (art. 184 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le pubbliche scuole elementari
rilasciano i seguenti certificati:
Certificato di promozione e di
ammissione alle varie classi;
Certificato di studi elementari
inferiori alla fine della terza classe;
Certificato di compimento alla
fine della quinta classe;
Certificato di adempimento
dell'obbligo scolastico e di speciale idoneità al lavoro, dopo l'ultimo anno di
frequenza scolastica
Prescritta, con buon profitto
negli esercizi di avviamento professionale.
Art. 191. (articolo unico, 1/a e 2/a comma, r. Decreto 31
marzo 1927, n. 623).
Gli alunni provenienti da scuola
privata o paterna, per il conseguimento dei certificati di studi elementari
inferiori, di compimento o di adempimento dell'obbligo scolastico, oltre che
per l'ammissione alle classi intermedie dei due gradi al corso elementare ed a
quelle del corso integrativo di avviamento professionale, sono ammessi ad una
prova d'esame che può essere integrata all'inizio del successivo anno
scolastico alle condizioni e con le modalità previste dal secondo comma
dell'art. 189.
Per il conseguimento del certificato
di compimento e di quello di adempimento dell'obbligo scolastico non è
richiesto il possesso del certificato di studi rispettivamente inferiore.
Art. 192.
Coloro che abbiano superato i 14
anni possono chiedere il riconoscimento del loro grado di cultura nelle forme e
alle condizioni prescritte dal regolamento.
Capo III. Pagella scolastica.
Art. 193. (art. 1 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
I fanciulli che intendono
frequentare le pubbliche scuole elementari o presentarsi agli esami come
privatisti debbono fornirsi della pagella scolastica.
La pagella scolastica è annuale e
serve ad attestare la frequenza, il profitto durante l'anno scolastico e il
risultato degli esami.
Art. 194. (art. 2 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
Nessun fanciullo proveniente da
scuola pubblica può essere inscritto ad una classe superiore alla prima se non
esibisca, insieme con la pagella per il nuovo anno scolastico, anche quella
relativa all'anno precedente.
Art. 195. (art. 3 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
La pagella scolastica è fornita
dal provveditorato generale dello stato in tipo unico secondo il modello
stabilito dal ministero della pubblica istruzione. Essa è posta in vendita la
prezzo di l. 5 presso le rivendite di generi di privativa.
Art. 196. (art. 4 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
Il maestro per ogni anno
scolastico tiene nota nel giornale della scuola delle pagelle presentate e
degli alunni inscritti o che si sono presentati agli esami come privatisti per
gli opportuni controlli da parte del direttore didattico.
Art. 197. (art. 5 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
Gli alunni di scuola privata o
paterna, nel presentarsi alla inscrizione o agli esami presso le pubbliche
scuole, debbono esibire la pagella in bianco per l'anno in corso e le pagelle
degli anni precedenti o, in mancanza di queste, una dichiarazione dell'ufficio
di registro che attesti il versamento di una somma corrispondente a titolo di
pagella scolastica.
Art. 198. (art. 6 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
La pagella scolastica debitamente
redatta e firmata ha lo stesso valore, a tutti gli effetti di legge, dei
certificati corrispondenti, previsti dall'art. 190.
Art. 199. (art. 7 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
Tra gli scopi del patronato
scolastico è anche quello di fornire gratuitamente o a prezzo ridotto le
pagelle scolastiche ai fanciulli più bisognosi. In ogni caso i patronati
avranno speciale riguardo alla condizione degli alunni che in numero superiore
a due appartengono alla stessa famiglia.
Art. 200. (art. 8 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
La pagella scolastica è ritirata
dal maestro all'atto della inscrizione dell'alunno e conservata a disposizione
delle famiglie che possono chiederla per visione o in caso di trasferimento
dell'alunno ad altra scuola. Chiuso il periodo degli esami la pagella,
debitamente riempita con le notizie riguardanti gli esami stessi, è
riconsegnata all'interessato.
Art. 201. (art. 9 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n. 1615).
In caso di smarrimento della
pagella, l'interessato potrà richiedere al maestro dell'ultima classe da lui
frequentata o a quella della classe da cui fu promosso, se privatista, un
certificato in carta libera da cui risulti la sua regolare inscrizione alla
classe stessa o la sua regolare promozione.
Art. 202. (art. 10 r. Decreto-legge 20 agosto 1926, n.
1615).
La violazione delle norme
prescritte dagli articoli precedenti che risulti imputabile a colpa del
direttore o del maestro è punibile disciplinarmente come mancanza grave ai
doveri d'ufficio.
Capo IV. Libri di testo.
Art. 203. (art. 186 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 1 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
Nelle scuole elementari,
pubbliche e private, compresi i corsi integrativi di avviamento professionale,
non possono essere adottati libri di testo che non siano inclusi nell’elenco
ufficiale dei libri di testo o nei supplementi periodici all'elenco medesimo,
che, a cura del ministero della pubblica istruzione, vengono pubblicati nel
bollettino ufficiale.
Art. 204. (art. 3 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
Gli editori e gli autori, che
intendono introdurre i loro libri nelle scuole elementari e nei corsi
integrativi, debbono fare domanda in carta legale al ministero della pubblica
istruzione.
Il termine utile per la
presentazione di detta domanda è fissato dal ministero.
Alla domanda devono essere unite:
A) cinque copie a stampa o in
bozze di stampa, corredate delle eventuali illustrazioni, e nitidamente impresse,
di ciascun volume, sul quale deve essere l'indicazione precisa del prezzo di
vendita;
B) la quietanza del versamento di
una tassa di l. 120 per ogni volume.
Art. 205. (art. 189 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Non sono presi in esame dalla commissione
di cui all'articolo seguente:
A) i volumi destinati a singole
classi compilati da un gruppo d'insegnanti o direttori didattici o ispettori;
B) i libri di cui l'autore sia
anonimo o pseudonimo;
C) i libri editi da qualsiasi
associazione di autori, che appartengono, tutti o parte, all'insegnamento o
alle amministrazioni scolastiche.
Possono, tuttavia, essere ammessi
all'esame i libri di premio e quelli compilati a cura di enti morali che ne
facciano gratuita distribuzione fra gli alunni delle loro scuole, da chiunque
compilati o editi ed anche se anonimi o pseudonimi.
Art. 206. (art. 4 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
L'approvazione dei libri di testo
è deferita al ministro per la pubblica istruzione sulla proposta di apposita
commissione centrale, di cui la nomina, la composizione ed il funzionamento
sono stabiliti dal regolamento.
Contro la decisione del ministro è
ammesso ricorso al consiglio di stato in sede giurisdizionale per i motivi di
violazione di legge ed eccesso di potere.
Art. 207. (art. 5 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
La commissione formula il giudizio
di approvazione o di non approvazione per ciascun libro di testo, motivando il
giudizio medesimo con una breve relazione critica. Le relazioni critiche
riguardanti i testi approvati vengono pubblicate dal ministero della pubblica
istruzione, e quelle per i testi non approvati sono comunicate all'autore o
all'editore firmatario della domanda di cui all'art. 204.
Art. 208. (art. 191 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il giudizio, di cui al precedente
articolo, è valido per l'adozione del libro di testo di tutte le scuole
elementari del regno, quando non si tratti di testi destinati alle scuole di
una sola regione.
Art. 209. (art. 6 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
Una copia di tutti i libri di
testo compresi nell'elenco ufficiale dei libri approvati deve essere, entro il
mese di settembre, depositata dagli editori o dagli autori presso i regi
provveditori agli studi in modo che sia sempre possibili controllare se i testi
messi in vendita corrispondono a quelli sottoposti al giudizio della
commissione.
Il prezzo di vendita di ciascun
libro di testo approvato non può essere modificato nel periodo di tempo in cui
dura l'adozione.
Art. 210. (art. 7 r. Decreto-legge 7 gennaio 1926, n. 209).
Tra i componenti della
commissione, i quali partecipano ai lavori, si ripartisce, quale compenso, la
somma di l. 70 per ogni volume esaminato.
Il compenso spetta a tutti i
membri, appartengano essi o no all'amministrazione dello stato.
Ai commissari, i quali non
risiedono a roma, sono, inoltre, corrisposte le diarie e le spese di viaggio.
Art. 211. (art. 195 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
È fatto divieto ai maestri, ai
direttori didattici governativi o comunali, agli ispettori scolastici ed, in
genere, a tutti i funzionari preposti ai servizi dell'istruzione elementare di
esercitare il commercio dei libri di testo.
Nei riguardi dei contravventori
sarà provveduto in via disciplinare.
Art. 212. (art. 196 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Qualora sia comprovato che, per
l'adozione dei libri di testo, si sia fatto uso di indebite pressioni sul corpo
insegnante o su insegnanti singoli e di mezzi illeciti di propaganda, i libri
di testo in questione possono essere, con decisione motivata del ministro,
radiati dall'elenco dei libri approvati. La radiazione può essere temporanea o
definitiva.
Contro la decisione anzidetta e
nel termine di trenta giorni dalla comunicazione di essa, è ammesso ricorso
allo stesso ministro che decide sentito il consiglio superiore della pubblica
istruzione.
Art. 213. (art. 197 e 198 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.
432).
Ai sensi del precedente articolo è
considerato come uso di indebite pressioni e di mezzi illeciti di propaganda da
parte di un produttore o commerciante di libri di testo l'impiego retribuito di
persone aventi funzioni d'insegnamento, direttive o ispettive nelle scuole
elementari o che, comunque, siano addette ai servizi dell'istruzione
elementare.
La corresponsione di un compenso o
di una percentuale agli autori di libri non è considerata quale retribuzione ai
sensi del comma precedente.
Capo V. Biblioteche scolastiche.
Art. 214. (art. 1 decreto-legge luogotenenziale 2 settembre
1917, n. 1521).
Ogni classe elementare, esclusa la
prima, avrà una biblioteca scolastica per uso degli alunni.
La biblioteca scolastica è di
proprietà del comune ed è posta sotto la diretta sorveglianza e responsabilità
di ciascun maestro.
Il servizio della biblioteca è
obbligatorio per i maestri, secondo le disposizioni che saranno date dalle
competenti autorità scolastiche.
Art. 215. (art. 2 decreto-legge luogotenenziale 2 settembre
1917, n. 1521).
Per la istruzione, il mantenimento
e l'incremento delle dette biblioteche, gli alunni di ciascuna classe saranno
uniti in associazione e pagheranno, esclusi i poveri, un contributo di 10
centesimi per ogni mese di scuola nei comuni urbani, e di 5 centesimi nei
comuni rurali.
Questi contributi, raccolti dal
maestro della classe, saranno erogati esclusivamente in acquisto di libri o di
altro materiale per la biblioteca, esclusi i mobili.
I libri da acquistare dovranno
essere preventivamente approvati dal regio ispettore scolastico.
Art. 216. (art. 3 decreto-legge luogotenenziale 2 settembre
1917, n. 1521).
Un armadio o scaffale per la
biblioteca scolastica fa parte del mobilio scolastico obbligatorio per il
comune.
Un solo scaffale potrà tuttavia
servire per la biblioteca di più classi.
La lettura dei libri potrà essere
fatta in sede, quando vi siano locali e mobili adatti, o mediante prestito a
domicilio, semprechè i genitori o tutori degli alunni prendano impegno scritto
di restituire i libri in buono stato o di pagarne il valore, in caso di
smarrimento o deterioramento.
La dichiarazione scritta di cui
sopra è esente da bollo.
Art. 217. (art. 4 decreto-legge luogotenenziale 2 settembre
1917, n. 1521).
Al mantenimento e all'incremento
delle biblioteche scolastiche si provvederà:
A) con l'accennato contributo
degli alunni delle pubbliche scuole elementari;
B) con sussidi sul bilancio dello
stato, delle provincie, dei comuni e di altri enti locali;
C) con doni e legati, in danaro o
in libri, fatti ai comuni per le dette biblioteche;
D) col prodotto di sottoscrizioni
e collette fatte a profitto di esse.
Titolo VI. Assistenza e previdenza scolastica.
Capo I. Il patronato scolastico.
Art. 218. (art. 199 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 14 r. Decreto 10 giugno 1926, n. 1125).
Per provvedere al servizio
dell'assistenza scolastica a favore degli alunni iscritti nelle pubbliche
scuole elementari è istituito in ogni comune il patronato scolastico. Nelle
grandi città il patronato può essere diviso in sezioni rionali.
All'assistenza il patronato
provvede nelle forme più pronte e più pratiche per assicurare l'istruzione e la
frequenza degli alunni nella scuola, e preferibilmente con la istituzione della
refezione scolastica, con la concessione di sussidi per vesti e calzature, con
la distribuzione di libri, quaderni ed altri oggetti scolastici.
Inoltre il patronato viene in
aiuto all'istruzione popolare col dotarla di mezzi meccanici di illustrazione
didattica a norma dell'art. 32, col promuovere la fondazione di giardini ed
asili d'infanzia, di biblioteche scolastiche e popolari, di ricreatori ed
educatori, con l'istituire scuole speciali per la emigrazione e per altri
bisogni locali, e con tutti gli altri mezzi ritenuti efficaci, secondo le
condizioni dei luoghi, a completare l'opera della scuola.
Ai fini indicati dal suo statuto
ogni patronato aggiungerà quello della propaganda per l'adempimento
dell'obbligo scolastico.
Art. 219. (art. 200 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il patronato scolastico è ente
morale. Esso è costituito di soci fondatori, benemeriti e annuali, ed è
amministrato da un consiglio composto di cinque membri scelti secondo le norme
stabilite dal proprio statuto.
Lo statuto stabilisce altresì le
norme per il funzionamento dell'istituto.
Il comune provvede all'ordinamento
delle istruzioni ausiliare della scuola elementare ed alle nomine del personale
addettovi su parere conforme del consiglio del patronato scolastico.
Art. 220. (art. 201 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Lo statuto del patronato
scolastico, proposto dal podestà del comune, ed ogni modificazione di esso sono
sottoposti all'approvazione del regio provveditore agli studi.
Art. 221. (art. 202 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il patronato adempie ai suoi fini:
1/a con i contributi dei soci;
2/a con i sussidi dello stato;
3/a con le somme che ai fini
dell'assistenza scolastica sono stanziate nei bilanci del comune, della
provincia e di altri enti, specialmente degli istituti di beneficienza;
4/a con doni, legati ed altri
eventuali proventi.
Le somme di cui al n. 3 sono
versate all'amministrazione del patronato nei modi e nei termini stabiliti dal
regolamento.
Art. 222. (art. 203 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I comuni hanno facoltà di
iscrivere in bilancio un fondo per sovvenire gli alunni appartenenti a famiglie
povere, sia con la refezione scolastica, sia con la distribuzione di indumenti,
di libri di testo e d'altro occorrente per l'istruzione, semprechè a tali
bisogni non si provveda sufficientemente da enti di pubblica beneficienza.
I comuni possono deliberare tali
spese anche se eccedono il limite legale della sovrimposta.
Le autorità di vigilanza e di
tutela sui comuni curano che le spese di cui nel presente articolo siano
preferite ad ogni altra spesa facoltativa, che non abbia per iscopo la pubblica
sanità ed incolumità, salvi gl'impegni contrattuali esistenti.
Art. 223. (art. 204 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'autorità tutoria non deve
approvare qualsiasi nuova spesa facoltativa o aumento di spesa facoltativa
ordinaria o straordinaria in confronto a quelle inscritte nei bilanci al 31
dicembre 1923, salvo che non abbia per iscopo la sanità ed incolumità pubblica,
quando in relazione alla medesima non sia aumentato del 5 per cento della spesa
stessa il fondo destinato al patronato scolastico.
Le somme stanziate nei bilanci dei
comuni e delle provincie al 2 febbraio 1924 per l'assistenza scolastica e per
sussidi ad istituzioni scolastiche di qualsiasi natura non possono essere
diminuite.
Art. 224. (art. 205 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il bilancio preventivo e il conto
consuntivo del patronato sono soggetti all'approvazione del consiglio
scolastico.
Capo II. Economato scolastico, mutualità, assistenza
ad anormali.
Art. 225. (art. 206 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ogni direttore didattico
governativo ha facoltà di promuovere presso il locale patronato la fondazione
di un economato avente il
Compito di facilitare alle
famiglie e alle scuole del circolo didattico l'acquisto del materiale, dei
libri e dei generi di cancelleria.
Art. 226. (art. 207 Testo Unico 22 gennaio 1925 n. 432).
In ogni circolo di direzione
didattica è creato un circolo di mutualità scolastica per l'educazione alla
previdenza e alla reciproca assistenza degli scolari appartenenti alle scuole
del circolo.
L'amministrazione delle istituzioni
mutualistiche è affidata a volontari dell'assistenza scolastica scelti dal
direttore fra i più meritevoli dei maestri che offrano la loro opera allo scopo
predetto.
All'amministrazione della
mutualità possono essere chiamati anche padri di soci, capaci e volenterosi.
Art. 227. (art. 208 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per raggiungere i fini previsti
dall'articolo precedente, ogni circolo di mutualità scolastica provvede:
A) a dare aiuto ai soci malati e
cure preventive ai soci gracili e predisposti;
B) a promuovere l'educazione
fisica, l'assistenza intellettuale e le ricreazioni istruttive;
C) alla iscrizione dei soci alla
cassa nazionale per le assicurazioni sociali, ai sensi della legge 17 luglio
1910, numero 521, e del r. Decreto 30 dicembre 1923, n. 3184.
Art. 228. (art. 20. Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per i fini indicati alle lettere
a) e b) del precedente articolo la mutualità ha carattere esclusivamente locale
e si esercita secondo i modi più opportuni ed adatti alle condizioni
dell'ambiente. Ove le soddisfatte esigenze locali lo consentano possono i
circoli di mutualità concorrere anche ad opere di carattere nazionale che
rientrino nei fini stessi della istituzione. A tale uopo i circoli di mutualità
dei grandi comuni e di una provincia possono riunirsi in federazioni comunali o
provinciali di mutualità scolastica, le quali possono anche costituirsi in ente
morale per la mutualità scolastica.
Ai circoli di mutualità spetta il
contributo di cui all'articolo 3 della legge 17 luglio 1910, n. 521, ed ai soci
dei circoli di mutualità, iscritti alla cassa nazionale per le assicurazioni
sociali, è assegnata la quota di concorso di cui all'articolo 2, ultimo comma,
della legge stessa.
Art. 229. (art. 210 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il regolamento detta le norme per
la iscrizione alla mutualità, la costituzione dei circoli, delle federazioni,
le contribuzioni, la erogazione dei sussidi, la gestione delle singole opere di
assistenza, il controllo delle spese.
Il ministero della pubblica
istruzione può assegnare ogni anno, su proposta dei regi provveditori agli
studi, 30 medaglie al merito della assistenza scolastica, di cui 5 d'oro, 10
d'argento e 15 di bronzo, ai volontari più benemeriti della mutualità
scolastica.
Art. 230. (art. 211 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 22 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n. 1722).
Ad una delle facoltà mediche del
regno è affidato con decreto reale il compito di promuovere gli studi relativi
alla morfologia, fisiologia e psicologia delle varie costituzioni umane in
rapporto alle anomalie della crescenza infantile.
L'incarico suddetto ha la durata
di tre anni ed è confermabile.
La facoltà di cui al 1/a comma
propone al ministero dell'istruzione le norme per l'assistenza ai fanciulli anormali
e la organizzazione delle classi differenziali; dà parere sulle domande di
sussidio; controlla, mediante tecnici di sua scelta, le scuole differenziali
per anormali.
Resta in facoltà del ministero
della pubblica istruzione di concedere sussidi ad istituzioni esistenti al 14
ottobre 1925, che prestino opera per l'educazione e l'istruzione degli
anormali.
Per le spese di assistenza
educativa agli anormali nello stato di previsione della spesa del ministero
della pubblica istruzione è stanziata annualmente la somma di l. 500,000.
I comuni versano allo stesso fine,
ai patronati scolastici, una somma annua di l. 100 per ogni alunno che
presenti, a giudizio tecnico, anormalità di sviluppo, suscettibile di
correzione e miglioramento mediante speciale assistenza educativa.
Tale somma può essere aumentata in
rapporto a speciali inderogabili convenzioni da stipulare fra patronato e
comune.
Art. 231. (art. 212 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Ciascun insegnante o direttore
didattico versa alla cassa dei depositi e prestiti la somma annua
corrispondente a una giornata di stipendio al netto maturato al 1 gennaio.
Il prodotto è impiegato a rendere
più larga e proficua la educazione e l'istruzione degli orfani e delle orfane
degl'insegnanti elementari nei modi stabiliti con apposita legge.
Con decreto reale sarà disposto il
censimento periodico degli orfani dei maestri e dei direttori didattici, aventi
l'età da sei ai diciotto anni, e saranno dettate le norme per provvedere alle
varie forme di assistenza in rapporto alla diversa condizione degli orfani e
delle loro famiglie.
Capo III. Ispettori onorari per le opere integrative.
Art. 232. (art. 213 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Nei vari comuni del regno sono
nominati con regio decreto ispettori onorari per le opere integrative della
scuola.
Essi restano in ufficio un
triennio, ma possono essere confermati.
Art. 233. (art. 214 e 215 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.
432).
L'ispettore onorario ha le
seguenti attribuzioni:
1/a presta il suo concorso morale
in vantaggio delle opere integrative della scuola nelle zone in cui esse
abbiano minore efficienza;
2/a coordina le varie opere
integrative, che mirano a fini analoghi, in modo che i mezzi della beneficienza
pubblica ed i sussidi dello stato e degli altri enti siano ripartiti fra le
istituzioni più meritevoli;
3/a esegue, per incarico delle
autorità scolastiche, inchieste sulle condizioni e il valore delle varie
iniziative nel campo delle istituzioni prescolastiche, complementari o
postscolastiche;
4/a promuove la compilazione di
speciali guide tecniche per i maestri e di pubblicazioni adatte a collegare
intimamente tutti gli altri sforzi diretti a mantenere e a consolidare
l'efficacia educativa della scuola nazionale.
Gli ispettori onorari possono essere
riuniti in gruppi tecnici distrettuali o nazionali, secondo la tabella allegato
h.
Art. 234. (art. 216 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'ufficio e l'opera degli
ispettori delle opere integrative della scuola non sono retribuiti né da
indennità né da gettoni di presenza.
Titolo VII. Disposizioni speciali per le nuove provincie.
Art. 235. (art. 225 e 226 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.
432).
L'amministrazione scolastica per
tutti i comuni, eccettuati i capoluoghi di provincia, è affidata al regio
provveditorato.
Oltre i comuni capoluoghi di
provincia possono assumere la diretta gestione delle proprie scuole anche quei
comuni che, ad insindacabile giudizio del ministro per la pubblica istruzione,
risultino in tutto idonei ad amministrarle.
Art. 236. (art. 227 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
La quota di contributo, da
consolidarsi a carico dei comuni dei territori annessi di cui agli articoli 3
della legge 26 settembre 1920, n. 1322, e 2 della legge 19 dicembre 1920, n.
1778, i quali hanno le scuole elementari amministrate dal regio provveditore
agli studi, è fissata nella misura di l. 2 per ogni abitante secondo la
popolazione risultante dai dati del censimento del 1921. Detto contributo sarà
versato a cominciare dal 1 gennaio 1924 da ciascun comune con le modalità ed
entro i termini prescritti dalle leggi e dai regolamenti vigenti.
In tale contributo non sono
comprese le somme dovute dai comuni per effetto delle lettere b) e c) dell'art.
55 del presente testo unico.
Art. 237. (art. 237 e 229, 1/a comma, Testo Unico 22 gennaio
1925, n. 432; art. 2, 1/a comma, r. Decreto-legge 22 novembre 1925, n. 2191).
L'attestato di abilitazione,
conseguito secondo gli ordinamenti del cessato regime, è equipollente, agli
effetti giuridici, all'abilitazione all'insegnamento elementare conseguita
secondo gli ordinamenti del regno.
I maestri che ottennero
l'abilitazione all'insegnamento elementare in una lingua diversa dall'italiana
non possono insegnare se non possiedono anche l'abilitazione all'insegnamento
in lingua italiana. Essi possono conseguire questa abilitazione superando i
relativi esami che saranno indetti alla fine di ciascun anno scolastico con
ordinanza del ministro per la pubblica istruzione.
Ai fini dell'attribuzione dello
stipendio i maestri forniti dell'attestato di abilitazione, conseguito secondo
gli ordinamenti del cessato regime, dopo due anni dell'attestato di maturità si
considerano come se avessero iniziato la carriera con la qualifica di ordinari.
Art. 238. (art. 236 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'attestato di maturità,
conseguito presso un istituto magistrale secondo gli ordinamenti della cessata
monarchia austro-ungarica, è sufficiente soltanto per l'insegnamento a titolo
provvisorio, salvo il disposto dell'articolo seguente.
Art. 239. (art. 2, 1/a comma, r. Decreto 22 febbraio 1925,
n. 428).
L'attestato di maturità,
conseguito dagli insegnanti elementari delle scuole della città di fiume,
secondo gli ordinamenti del regno di Ungheria, è considerato equipollente all'abilitazione
all'insegnamento elementare, conseguita secondo gli ordinamenti del regno.
Art. 240. (art. 3 r. Decreto-legge 22 novembre 1925,
n.2191).
Per l'assegnazione alle scuole dei
comuni in cui si parla abitualmente una lingua diversa dall'italiana, saranno
preferiti quei maestri che dimostrino di possedere una conoscenza sufficiente
della lingua del paese.
Art. 241. (art. 240, 1/a comma, Testo Unico 22 gennaio 1925,
n. 432).
I benefici concessi a favore dei
maestri combattenti nel regio esercito e nella regia marina non si applicano ai
maestri, che abbiano prestato servizio nell'esercito austriaco e nella marina
austriaca, agli effetti della carriera.
Art. 242. (art. 242 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.432).
Nel conferimento dei posti di maestro
nel territorio di confine delle nuove provincie, a parità di condizioni, è
titolo di preferenza l'aver prestato servizio magistrale nelle nuove provincie
e l'aver risieduto per almeno cinque anni nei territori annessi.
Art. 243. (art. 243 Testo Unico 22 gennaio 1925, n.432).
Nulla è innovato per quanto
concerne il trattamento economico agli insegnanti di religione.
Art. 244. (art. 245 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Il servizio prestato nelle nuove
provincie anteriormente all'annessione è computato per intero.
Art. 245. (art. 1 r. Decreto-legge 26 agosto 1926, n. 1794).
Per provvedere al funzionamento
delle scuole elementari nella provincia dell'istria è autorizzata la
costruzione a cura del ministero della pubblica istruzione di edifici scolastici,
che saranno dati ai comuni in uso con l'obbligo della custodia e manutenzione,
secondo le norme vigenti per i locali scolastici.
Negli edifici per le scuole rurali
in località ove difettino case di abitazione civile, sarà obbligatoria anche la
costruzione dell'alloggio per l'insegnante, il quale sarà tenuto al pagamento
del canone, che verrà determinato dal ministero della pubblica istruzione.
Titolo VIII. Disposizioni finali e transitorie.
Capo I. Disposizioni finali.
Art. 246. (art. 248, 2/a e 3/a comma, Testo Unico 22 gennaio
1925, n.432).
È data facoltà al governo del re
di modificare le disposizioni anteriori al 31 dicembre 1923 sulle tasse di
iscrizione, di frequenza, di esami e di diplomi nelle scuole di metodo per
l'educazione materna e nei corsi estivi, proporzionando o mettendo in relazione
le tasse stesse con quelle stabilite dal r. Decreto 6 maggio 1923, n. 1054, per
gli alunni di scuole medie similari.
Tali disposizioni sono estese alle
scuole di metodo per la istruzione dei ciechi e dei sordomuti.
Art. 247. (art. 251 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
L'indennità mensile, corrisposta
agli insegnanti elementari in base al decreto-legge luogotenenziale 14
settembre 1918, n. 1314, ed alle successive disposizioni di estensione e di
proroga, è ridotta di l. 780 annue.
L'indennità di residenza, di cui
al decreto-legge luogotenenziale 6 luglio 1919, n. 1239, e alla legge 20 agosto
1921, n. 1080 ,è soppressa.
Capo II. Disposizioni transitorie.
Grado
preparatorio dell'istruzione elementare.
Art. 248. (art. 253 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Le maestre in servizio al 30
gennaio 1924 in scuole materne, comunque denominate e mantenute, possono, se
non munite del titolo di abilitazione all'insegnamento elementare, partecipare ai
concorsi magistrali indetti dai comuni o dai regi provveditori agli studi senza
che sia tenuto conto dei limiti di età.
Art. 249. (art. 254 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 16 r. Decreto 10 giugno 1926, n.1125).
Il personale sfornito del titolo
legale, in servizio al 30 gennaio 1924 in scuole materne, comunque denominate o
mantenute, è conservato nel posto che occupa, se abbia prestato opera lodevole
da un decennio.
Coloro che abbiano un servizio di
durata inferiore sono tenuti a fornirsi del titolo richiesto entro un
quinquennio dal 30 gennaio 1924.
Durante un quinquennio dal 2
dicembre 1924 potranno essere ammesse all'esame nelle scuole di metodo o nelle
scuole di cui alla lettera c) dell'art. 39, per conseguire il titolo legale di
abilitazione all'insegnamento del grado preparatorio, le maestre di asilo
previste dal 2/a comma del presente articolo, le quali da più di tre anni
prestino lodevole servizio se pure sprovviste del titolo richiesto per
l'iscrizione nelle scuole di metodo sopradette.
Entro lo stesso termine del
quinquennio possono essere ammesse all'esame per il conseguimento del titolo
legale, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma precedente, coloro
che abbiano superato l'età di 23 anni.
Art. 250. (art. 4 r. Decreto-legge 4 febbraio 1926, n. 208).
Per un quinquennio, a decorrere
dal 1 febbraio 1926, potranno essere ammessi alle prove finali per conseguire
il titolo di abilitazione di cui all'art. 49 tutti coloro che si trovino nelle
condizioni previste dall'art. 47, anche se non siano stati iscritti ai corsi o
non li abbiano frequentati.
NORME
RELATIVE ALLE SCUOLE NON CLASSIFICATE.
Art. 251. (art. 5 r. Decreto 20 agosto 1926, n. 1667).
La trasformazione di scuole
classificate in non classificate, senza distinzione di scuole urbane e rurali,
avverrà in ragione della metà dei posti di ruolo che si rendano comunque
disponibili ogni anno, tanto nei ruoli delle amministrazioni scolastiche
regionali quanto in quelli dei comuni autonomi.
A tali posti verranno trasferiti i
maestri di ruolo delle suddette scuole uniche: coloro fra questi che non
abbiano fatto domanda per l'assegnazione ad una sede determinata verranno
trasferiti per servizio. Alla trasformazione si procederà dando la precedenza a
quelle scuole uniche che hanno minor numero di frequentanti.
Art. 252. (art. 6 r. Decreto 20 agosto 1926, n. 1667).
I professori di scuole medie che
al 23 ottobre 1926 erano comandati presso gli enti delegati possono continuare
nel loro incarico sempre che per ragioni di servizio il loro comando non venga
revocato.
Art. 253. (art. 7 r. Decreto 20 agosto 1926 n. 1667).
Per il primo quinquennio dal
1926-27, gli enti di cultura delegati che per la gestione delle scuole non
classificate eserciteranno la loro azione nei territori per ciascuno di essi
indicati, sono i seguenti:
1/a la società umanitaria, per il
veneto e la Venezia Giulia;
2/a l'opera nazionale per l'Italia
redenta, per la Venezia Tridentina;
3/a il gruppo di azione per le
scuole del popolo, per la Lombardia;
4/a il gruppo di azione per le
scuole rurali, per il Piemonte;
5/a il comitato ligure per
l'educazione del popolo, per la Liguria;
6/a l'ente nazionale di cultura,
per la toscana e l'Emilia;
7/a le scuole per i contadini
dell'agro romano e delle paludi Pontine, per il Lazio, gli Abruzzi, l'Umbria,
le Marche;
8/a il consorzio nazionale
emigrazione e lavoro, per la Campania e il Molise;
9/a l'associazione nazionale per
gli interessi del mezzogiorno d'Italia, per la Calabria, la Basilicata, la
Sicilia e la Sardegna;
10/a l'ente pugliese di cultura,
per le Puglie.
NORME SUI
CONTI CONSUNTIVI DELLE CESSATE AMMINISTRAZIONI SCOLASTICHE PROVINCIALI.
Art. 254. (art. 1 r. Decreto-legge 14 novembre 1926, n.
2113).
Le amministrazioni scolastiche
provinciali, per le gestioni tenute fino all'esercizio 1922-23 incluso, si
intendono discaricate, ai soli effetti contabili, in base ai rendiconti
compilati ed approvati dai rispettivi consigli scolastici provinciali, sui
quali non sia sorta contestazione, né abbiano avuto luogo riserve.
Rimangono impregiudicate le
responsabilità di qualsiasi genere che, per fatti inerenti alle gestioni
stesse, siano emerse o possano emergere, anche in seguito ai riscontri,
indagini e verifiche di cui al successivo art. 257.
Resta fermo l'obbligo della resa
del conto giudiziale da parte del tesoriere nei riguardi dei fondi gestiti per
conto delle amministrazioni scolastiche provinciali.
Art. 255. (art. 2 r. Decreto-legge 14 novembre 1926, n.
2113).
In luogo dei conti consuntivi non
presentati dalle cessate amministrazioni provinciali scolastiche, alla data del
22 dicembre 1926,
I provveditorati agli studi
regionali formeranno per ciascun ufficio scolastico soppresso un rendiconto
unico cumulativo sino al 30 giugno 1923, tenendo distinti i risultati dei
singoli esercizi.
Tale conto sarà sottoposto
all'approvazione del consiglio scolastico regionale, agli effetti di cui al
precedente articolo.
Art. 256. (art. 3 r. Decreto-legge 14 novembre 1926. N.
2113).
I rendiconti di cui ai precedenti
articoli ed i relativi documenti saranno conservati a cura del ministero
dell'istruzione per un periodo di almeno dieci anni dalla fine dell'esercizio
cui si riferiscono. Il ministro per l'istruzione, di concerto con quello per le
finanze, sentita la corte dei conti, determinerà quali documenti debbano essere
conservati per un maggior numero di anni.
Art. 257. (art. 4 r. Decreto-legge 14 novembre 1926, n.
2113).
Il ministro per la pubblica
istruzione, di concerto con quello per le finanze, determinerà, sentita la corte
dei conti, per quali delle contabilità relative alle gestioni di cui ai
precedenti articoli debba essere effettuato il riscontro della corte stessa ai
termini di legge.
Lo stesso ministro, di concerto
con quello per le finanze, disporrà inoltre tutte le indagini e verifiche che
riterrà del caso.
L'iniziativa delle indagini può
essere presa anche dal ministro per le finanze.
NORME
RELATIVE ALL'EDILIZIA SCOLASTICA.
Art. 258. (art. 120 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Per lo svolgimento del programma
di costruzioni di cui agli articoli dal 107 al 113 le somme stanziate nello
stato di previsione della spesa del ministero della pubblica istruzione a
titolo di concorso dello stato per il pagamento degli interessi relativi ai
mutui per la costruzione degli edifici scolastici, sono per dieci anni, a
decorrere dal 1 luglio 1924, progressivamente aumentate della somma costante di
lire 1,000,000 in ciascun anno.
Art. 259. (art. 1 r. Decreto-legge 2 dicembre 1926, n.
2204).
Nel bilancio del ministero della
pubblica istruzione sarà stanziata, a far tempo dall'esercizio finanziario
1926-27 e progressivamente per i successivi esercizi finanziari 1927-28 e
1928-29, la somma annua di l. 200,000 quale concorso dello stato per il
pagamento degli interessi sui mutui da accordarsi per la costruzione degli
edifici scolastici a completamento delle concessioni fatte ai sensi della legge
4 giugno 1911, n. 487, del decreto luogotenenziale 6 aprile 1919 n. 846, e del
r. Decreto-legge 19 novembre 1921, n. 1704.
Art. 260. (art. 2 r.decreto-legge 2 dicembre 1926, n. 2204).
I mutui suppletivi di cui al
precedente articolo saranno accordati per opera di completamento e di
sistemazione di edifici scolastici in corso di costruzione o per edifici
scolastici da iniziare e per i quali già siano stati concessi mutui col
concorso dello stato nel pagamento degli interessi.
Art. 261. (art. 2 r. Decreto-legge 7 luglio 1925, n. 1173).
Sono attribuiti al ministero dei
lavori pubblici, per la parte riguardante il mezzogiorno e le isole, i servizi
dipendenti dal ministero della pubblica istruzione, diretti a facilitare la
costruzione di edifici scolastici.
Il ministero della pubblica
istruzione comanda presso quello dei lavori pubblici il necessario personale
tecnico e amministrativo.
Art. 262. (art. 2 r. Decreto-legge 26 agosto 1926, n. 1794).
Per provvedere alle spese
necessarie per la compilazione dei progetti, l'acquisto e la occupazione delle
aree, la direzione dei lavori, i sopraluoghi per la sorveglianza ed il
controllo, la costruzione e l'arredamento principale (banchi e cattedre) delle
aule scolastiche, di cui all'art. 245, è autorizzata sul bilancio del ministero
della pubblica istruzione l'assegnazione di l. 1,250,000 all'anno per otto
esercizi finanziari a decorrere da quello 1926-27.
NORME
RELATIVE AL PERSONALE ISPETTIVO, DIRETTIVO ED INSEGNANTE.
Art. 263. (art. 18, 3/a comma, Testo Unico 22 gennaio 1925,
n. 432).
Agli effetti dell'ammissione ai
concorsi per i posti di ispettore scolastico è riconosciuto il titolo di abilitazione
all'ispettorato a coloro fra gli attuali direttori didattici governativi, che
abbiano tenuto l'ufficio ispettivo in dipendenza del decreto-legge
luogotenenziale 27 aprile 1919, n. 771.
Art. 264. (art. 17 r. Decreto 10 giugno 1926, n.1125).
Nel primo quinquennio dal 6 luglio
1926 sono ammessi ai concorsi per i posti di ispettore scolastico anche i
direttori governativi e comunali sprovvisti del titolo di abilitazione
all'ispettorato, purchè alla data del bando abbiano almeno cinque anni di lodevole
servizio di direzione.
Il limite di età per questi
concorrenti è elevato a cinquant'anni.
Art. 265. (art. 2 legge 21 gennaio 1926, n. 98).
Nel primo concorso a posti di
ispettore scolastico sarà considerato come insegnamento elementare precedentemente
prestato il servizio reso in qualsiasi ufficio dipendente dal ministero della
pubblica istruzione.
Art. 266. (art. 1 e 3 del r. Decreto-legge 30 ottobre 1924,
n. 1820).
Il diploma di abilitazione alla
direzione didattica si consegue, oltre che a norma della lettera c) dell'art. 2
del r. Decreto 13 marzo 1923, n. 736, anche per i titoli ed esame speciale in
apposite sessioni di esame indette transitoriamente dal ministero della
pubblica istruzione fra gl'insegnanti elementari con cinque anni di servizio
alle condizioni indicate nel bilancio.
Le sessioni d'esame anzidette
saranno due e verranno indette in sede di concorsi a posti di direttore
didattico governativo.
Gli aspiranti che conseguano il
voto che sarà indicato nel bando potranno ottenere anche la nomina di direttore
alle condizioni stabilite nel bando stesso.
Il rilascio del diploma per coloro
che superino l'esame è soggetto alla tassa di l. 50.
Art. 267. (art. 2 r. Decreto-legge 30 ottobre 1924, n.
1820).
La commissione giudicatrice degli
esami di cui all'articolo precedente è quella stessa che giudica il concorso a
posti di direttore didattico governativo; ai componenti di essa si applicano le
disposizioni dell'art. 18 del presente testo unico, anche per i candidati che
aspirano al conseguimento del diploma di abilitazione alla direzione didattica.
Art. 268. (art. 257 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
I maestri elementari che, per
effetto della riduzione di posti, attuata in dipendenza dell'applicazione del
r. Decreto 27 maggio 1923, n. 1177, furono esonerati dal servizio, e, a norma
dell'art. 2 del r. Decreto 15 luglio 1923, n. 1738, collocati in disponibilità
senza stipendio, saranno riassunti in servizio di mano in mano che si faranno
vacanze, con lo stipendio e l'anzianità che avevano al tempo in cui furono
messi in disponibilità.
NORME
RELATIVE AL PERSONALE DEGLI ISTITUTI PER CIECHI E SORDOMUTI.
Art. 269. (art. 28 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722).
I direttori di istituti di ciechi
di cui all'art. 176, i quali al 14 ottobre 1925 esercitavano lodevolmente in
detti istituti da almeno sette anni l'ufficio di direttori didattici, saranno
riconosciuti idonei a tale ufficio.
Quelli che l'ufficio di direttori
didattici non esercitavano da almeno sette anni, dovranno essere coadiuvati da
un insegnante fornito del titolo speciale di abilitazione, o provvedersi essi
medesimi del titolo suddetto.
Art. 270. (art. 29 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722).
Gli insegnanti e gli assistenti,
di cui all'art. 178, i quali al 14 ottobre 1925 erano in servizio presso
gl'istituti dei ciechi da almeno sette anni, sono provvisoriamente conservati
in ufficio e potranno essere confermati in via definitiva, anche senza titolo
speciale, se dopo un triennio di prova risulti, dalle relazioni dei direttori
degli istituti ed in seguito ad eventuali ispezioni, che abbiano lodevolmente
applicati i nuovi programmi.
Gli altri insegnanti ed
assistenti, che alla stessa data avevano meno di sette anni di servizio, ma più
di uno, purchè forniti del diploma di maestro elementare, sono conservati in
ufficio per un triennio, durante il quale devono fornirsi del titolo speciale.
Art. 271. (art. 30 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722)
I direttori, gli insegnanti e gli
assistenti degli istituti dei sordomuti prescelti ai sensi dell'art. 176, che,
sprovvisti di titoli, al 14 ottobre
1925 avessero prestato da più di 5
anni lodevole servizio e fossero in condizione di poterlo validamente prestare,
saranno conservati nelle rispettive funzioni per altri tre anni, dopo il quale
periodo in seguito ai risultati favorevoli di apposita ispezione, si
intenderanno definitivamente confermati.
I direttori, gli insegnanti e gli
assistenti sprovvisti di titolo che non avessero alla data predetta compiuto 5
anni di lodevole servizio, sono mantenuti ai loro posti per un quinquennio,
durante il quale potranno fornirsi del titolo richiesto.
NORME PER
LE NUOVE PROVINCIE.
Art. 272. (art. 260 e 229, 2/a comma, Testo Unico 22 gennaio
1925, n. 432).
A cominciare dall'anno scolastico
1923-24, in tutte le prime classi delle scuole elementari alloglotte
l'insegnamento è impartito in lingua italiana.
Nell'anno scolastico 1924-25,
anche nelle seconde classi di dette scuole si insegnerà in italiano.
Negli anni scolastici successivi,
si procederà analogamente per le tre classi fino a che, in un numero di anni
uguale a quello dell'intero corso, in tutte le classi si insegnerà in italiano.
Fino a che sia avvenuta la
sostituzione della lingua di insegnamento a norma dei commi precedenti, nessun
maestro, salvo casi di necessità, può insegnare in lingua diversa dall'italiana
se non sia ad essa regolarmente abilitato.
Art. 273. (articolo unico r. Decreto-legge 7 gennaio 1926,
n. 71).
Nelle scuole elementari che non
siano state ancora trasformate a norma dell'articolo precedente la promozione
alla classe superiore non si consegue se non superando una prova di lingua
italiana.
A tal uopo verranno impartite
entro l'orario normale non meno di cinque ore settimanali di insegnamento di
lingua italiana, secondo le modalità fissate dal regio provveditore agli studi.
Questi, ove non sia possibile
provvedere altrimenti, avrà facoltà di assumere per lo scopo anzidetto maestri
provvisori, ai quali può affidare tale insegnamento anche in più scuole di
diverse località.
Agli insegnanti di cui al comma
precedente il cui servizio sia riconosciuto lodevole, è assegnata la
retribuzione stabilita dall'art. 155, oltre il rimborso delle spese di viaggio
o dell'indennità chilometrica su strada ordinaria qualora l'insegnamento sia
prestato fuori loro sede scolastica.
Art. 274. (art. 232 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432).
Sono mantenuti come insegnanti
nelle scuole civiche, comunque trasformate, i maestri specializzati forniti
della abilitazione di gruppo, conseguita secondo le norme del cessato regime.
Art. 275. (art. 264 Testo Unico 22 gennaio 1925, n. 432;
art. 2 r. Decreto 20 agosto 1926, n. 1667).
Fino a contraria disposizione
continuano ad aver vigore nelle Venezie Tridentina e Giulia e a Zara le norme
della cessata monarchia austro-ungarica riguardanti la determinazione e
l'applicazione delle penalità per le violazioni dell'obbligo scolastico,
restando tuttavia salva la esclusiva competenza della autorità giudiziaria per
quanto concerne ogni esecuzione coercitiva delle penalità medesime.
Nella procedura, relativa alle
dette penalità, ai dirigenti scolastici ed ai consigli scolastici distrettuali,
si intenderanno sostituiti rispettivamente i direttori didattici e gli
ispettori scolastici.
Art. 276. (art. 33 r. Decreto-legge 4 settembre 1925, n.
1722).
Per il periodo di un quinquennio,
a far data dal 1 luglio 1925, il titolo di abilitazione all'insegnamento del
grado preparatorio nelle nuove provincie potrà essere conseguito in speciali
corsi di preparazione organizzati da enti morali a ciò autorizzati dal
ministero.
Tali corsi di preparazione avranno
una durata non minore di due anni e si svolgeranno per un periodo non minore di
tre mesi in ciascun anno di studio.
Essi saranno organizzati come i
corsi estivi di cui alla lettera b) dell'art. 39 del presente testo unico,
salvo speciali insegnamenti determinati dalle peculiari condizioni linguistiche
e di ambiente delle nuove provincie.
Ai corsi potranno essere ammesse,
oltre che le insegnanti elementari regolarmente abilitate e le persone fornite
dei titoli di cui all'art. 43, anche le maestre giardiniere abilitate secondo
la legislazione del cessato regime e cioè fornite del titolo conseguito in
conformità delle norme dello statuto di organizzazione degli istituti
magistrali, approvato con l'ordinanza ministeriale austro-ungarica 31 luglio
1886, n. 6031 (art. 8,