DIRETTIVA 28 luglio 2010 N. 65
Linee
guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli istituti professionali a
norma dell'articolo 8, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica
15 marzo 2010, n. 87
(GU n.
222 del 22-9-2010 - Suppl. Ordinario n.222)
ALLEGATI
IL
MINISTRO DELL'ISTRUZIONE,
DELL'UNIVERSITÀ
E DELLA RICERCA
Visto il decreto del
Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, recante
norme per il riordino degli istituti professionali a norma dell'art. 64,
comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con
modificazioni, dalla legge 6 agosto
2008, n. 133;
Visto il decreto del
Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, recante
norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;
Visto il decreto del
Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122,
relativo al coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli
alunni;
Visto il decreto del
Ministro della pubblica istruzione 22 agosto 2007, n. 139,
relativo al regolamento recante norme in materia di adempimento dell'obbligo
di istruzione;
Visto il proprio decreto 27
gennaio 2010, n. 9, con il quale è stato adottato, ai sensi dell'art. 4, comma
3, del citato decreto del Ministro della pubblica istruzione 22 agosto 2007,
n. 139, il modello di certificazione dei saperi e delle
competenze acquisiti dagli studenti nell'assolvimento dell'obbligo di
istruzione;
Considerato che l'art. 8, comma
6, del citato decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87, prevede
ai fini del passaggio al nuovo ordinamento la definizione di linee guida a
sostegno dell'autonomia organizzativa e didattica delle istituzioni
scolastiche, anche per quanto concerne l'articolazione in competenze, abilità
e conoscenze dei risultati di apprendimento di cui agli allegati B e C del
predetto decreto;
Viste le proposte contenute nel
documento tecnico predisposto, ai fini di cui sopra, dal Gruppo di lavoro
costituito con decreto 17 febbraio 2009, n. 12, dal Capo dipartimento per
l'istruzione a conclusione dei seminari di studio e dell'interlocuzione in
presenza e a distanza con i dirigenti scolastici e i docenti degli istituti
professionali nonchè del confronto con le parti sociali, le associazioni
professionali e disciplinari, i cui risultati sono stati presentati al
Consiglio nazionale della pubblica istruzione nella seduta del 9 giugno 2010;
E m a n a
la
seguente direttiva:
Art. 1
Oggetto
1. Le linee guida di cui
all'unito documento tecnico, parte integrante della presente direttiva, sono
definite, in relazione al primo biennio, ai sensi dell'art. 8, comma
6, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87,
con l'obiettivo di sostenere il passaggio al nuovo ordinamento degli istituti
professionali a partire dalle prime classi funzionanti nell'anno scolastico
2010/2011, con particolare riferimento alle indicazioni nazionali per
l'adempimento dell'obbligo di istruzione di cui al regolamento emanato con decreto del
Ministro della pubblica istruzione n. 139/2007 e ai
risultati di apprendimento di cui agli allegati B) e C) al regolamento n.
87/2010 sopra richiamato.
Art. 2
Monitoraggio
1. Il Dipartimento per
l'istruzione di questo Ministero effettua il periodico monitoraggio
sull'attuazione delle linee guida di cui all'art. 1 avvalendosi della
collaborazione dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia
scolastica (A.N.S.A.S) e dell'Istituto nazionale per la valutazione del
sistema educativo di istruzione e formazione (I.N.VAL.SI).
Roma, 28 luglio 2010
Il
Ministro: Gelmini
Allegato
ISTITUTI
PROFESSIONALI
LINEE
GUIDA PER IL PASSAGGIO AL NUOVO ORDINAMENTO
(d.P.R. 15
marzo 2010, n. 87, articolo 8, comma 6)
INDICE
Premessa
1. Azioni per
il passaggio al nuovo ordinamento
1.1.Rendere riconoscibile l'identità degli istituti professionali
1.1.1 Il Quadro di riferimento dell'Unione europea 1.1.2
L'identità degli istituti professionali
1.1.3 Il profilo educativo, culturale e professionale
(PECUP)
1.2 Innovare l'organizzazione scolastica
1.2.1 Autonomia e flessibilità 1.2.2 I dipartimenti
1.2.3 Il comitato tecnico scientifico
1.2.4 L'ufficio tecnico
1.3 Motivare gli studenti a costruire il proprio progetto di vita e di
lavoro
1.4 Realizzare “alleanze formative” sul territorio con il mondo del
lavoro, delle professioni e della ricerca
1.5 Progettare e valutare per competenze
1.5.1 Insegnare per sviluppare competenze
1.5.2 Operare per progetti
1.5.3 Valutare le competenze sviluppate
2.Orientamenti
per l'organizzazione del curricolo
2.1 Profili generali
2.1.1 Il raccordo tra l' area di istruzione generale e
l'area di indirizzo
2.1.2 Curricolo e filiere produttive
2.1.3 Il laboratorio come metodologia di apprendimento
2.2 Aspetti trasversali
2.2.1 Legalità, cittadinanza e Costituzione
2.2.2 La conoscenza dell'ambiente e del territorio
2.2.3 La formazione per la sicurezza
2.3 Aspetti specifici
2.3.1 Laboratori tecnologici ed esercitazioni
2.3.2 Scienze motorie
ALLEGATO A) :
declinazione dei risultati di apprendimento in conoscenze e abilità per il
primo biennio
A.1 Settore
servizi
A.2 Settore
industria e artigianato
ALLEGATO B) : glossario
PREMESSA
Le linee guida definiscono il
passaggio al nuovo ordinamento degli istituti professionali a norma dell'articolo 8,
comma 6, del regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica
15 marzo 2010, n.87, di seguito denominato “Regolamento”,
con riferimento al documento “Persona, tecnologie e professionalità: gli
istituti tecnici e gli istituti professionali come scuole
dell'innovazione”(1), predisposto dalla Commissione nazionale costituita il
14 dicembre 2007 dal Ministro della Pubblica istruzione pro tempore e
confermata nell'attuale legislatura sino alla conclusione dei suoi lavori.
(1) I lavori istruttori della
Commissione e il documento finale sono pubblicati in “Studi e Documenti degli
Annali della Pubblica istruzione”, nn 115 -116/2006 e 120 - 121/2007- Le
Monnier, Firenze.
Le linee guida sono state
redatte sulla base delle proposte del Gruppo tecnico nazionale operante
presso il Dipartimento per l'Istruzione che, in continuità con il lavoro
svolto dalla citata Commissione, ha raccolto riflessioni e indicazioni
attraverso il dialogo con docenti e dirigenti scolastici di centinaia di
istituti professionali coinvolti in presenza e a distanza attraverso il sito
dell'ANSAS “http://nuoviprofessionali.indire.it” e nel confronto con le
associazioni professionali e disciplinari e le parti sociali.
In questo documento sono
presentati riferimenti e orientamenti a sostegno dell'autonomia delle
istituzioni scolastiche, ai fini della definizione del piano dell'offerta
formativa e dell'organizzazione del curricolo ivi compresa, per il primo
biennio, l'articolazione in competenze, abilità e conoscenze dei risultati di
apprendimento di cui agli allegati B) e C) al Regolamento. Parte integrante
del documento è anche un breve glossario per rendere più comprensibile il
linguaggio utilizzato.
Nell'ulteriore fase che si
aprirà dopo la pubblicazione delle linee guida, un programma di misure
nazionali, finalizzate soprattutto all'aggiornamento dei docenti e dei
dirigenti scolastici, ne accompagnerà l'attuazione.
Come previsto dal d.P.R. n.
87/2010, “gli istituti professionali possono svolgere, in
regime di sussidiarietà e nel rispetto delle competenze esclusive delle
Regioni in materia, un ruolo integrativo e complementare rispetto al sistema
di istruzione e formazione professionale di cui al Capo III del
decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, ai fini
del conseguimento, anche nell'esercizio dell'apprendistato, di qualifiche e
diplomi professionali previsti all'articolo 17, comma 1, lettere a) e b),
inclusi nel repertorio nazionale previsto all'articolo 13 del decreto legge
31 gennaio 2007, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 2 aprile
2007, n. 40, secondo le linee guida adottate ai sensi del comma
1-quinquies dell'articolo medesimo”.
Con le predette linee guida di
cui all'articolo 13
della legge n. 40/07, saranno definiti i raccordi
tra i percorsi degli istituti professionali e i percorsi di istruzione e
formazione professionale finalizzati al conseguimento di qualifiche e diplomi
professionali, di competenza esclusiva delle Regioni, di cui all'articolo 17,
comma 1, lettere a) e b) del Capo III del decreto legislativo n. 226/05.
Nella fase transitoria, il decreto 15 giugno
2010, adottato dal Ministro dell'Istruzione, dell'Università e
della Ricerca di concerto con il Ministro del Lavoro e della Politiche
sociali, ha recepito l'accordo in
sede di Conferenza Stato-Regioni 29 aprile 2010,
riguardante il primo anno di attuazione 2010-2011 dei percorsi di istruzione
e formazione professionale a norma dell'articolo 27,
comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 con la
definizione di 21 qualifiche professionali, di durata triennale, e di 21
diplomi professionali di durata quadriennale.
Nel richiamato accordo sono
contenuti impegni per l'immediata definizione delle citate linee guida, che
consentiranno la realizzazione di un'offerta coordinata di istruzione e
formazione professionale sul territorio, coerente con le scelte compiute
dalle singole Regioni nell'esercizio delle loro competenze costituzionali.
1. AZIONI PER IL PASSAGGIO AL
NUOVO ORDINAMENTO
1.1. Rendere riconoscibile
l'identità degli istituti professionali
1.1.1 Il Quadro di riferimento
dell'Unione europea
Il Regolamento sul riordino
degli istituti professionali esplicita il nesso tra l'identità degli Istituti
professionali e gli indirizzi dell'Ue nel richiamare la Raccomandazione del
Parlamento e del Consiglio d'Europa 18 dicembre 2006 sulle “Competenze chiave
per l'apprendimento permanente” e la Raccomandazione 23 aprile 2008 sulla costituzione
del “Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente” (EQF).
Il rinnovamento degli istituti
professionali va inquadrato, quindi, all'interno della cooperazione europea
per la costituzione di un sistema condiviso di istruzione e formazione
tecnico-professionale (Vocational Education and Training - VET) e, più in
generale, in coerenza con gli impegni assunti dal nostro Paese a seguito del
Consiglio di Lisbona del 2000, nell'ambito del “nuovo slancio” dato alle
quattro priorità del quadro strategico per il settore dell'istruzione e della
formazione fino al 2020: formazione permanente e mobilità, qualità ed
efficienza, equità e cittadinanza attiva, innovazione, creatività e
imprenditorialità.(Comunicazione della Commissione del 9 giugno 2010
[COM(2010) 296 def.]
Il Quadro europeo delle
qualifiche per l'apprendimento permanente (EQF) consente, in particolare, di
mettere in relazione e posizionare, in una struttura a otto livelli, i
diversi titoli (qualifiche, diplomi, certificazioni, ecc.) rilasciati nei
Paesi membri. Il confronto si basa sui risultati dell'apprendimento (learning
outcomes) e risponde all'esigenza di raggiungere diversi obiettivi, tra cui
quello di favorire la mobilità e l'apprendimento permanente attraverso la
messa in trasparenza di titoli di studio, qualifiche e competenze. La
Raccomandazione sull' EQF indica, nel 2012, il termine per l'adozione, da
parte degli Stati membri, di sistemi nazionali per la comparazione dei titoli
e delle qualifiche.
L'attenzione è rivolta ai
risultati di apprendimento (outcome-based approach), piuttosto che alla
durata degli studi (numero di anni), alle modalità o alle situazioni di
apprendimento (formale, informale, non-formale) o alle modalità di
insegnamento (input-based approach). Al centro è posta, quindi, la persona
che apprende, indipendentemente dal tipo di percorso seguito per apprendere.
All'adozione del Quadro europeo
sono seguite misure di supporto e l'attivazione di strumenti ulteriori per
rendere più agevole il percorso verso gli scopi dell'EQF, cui i nuovi
ordinamenti degli istituti professionali si riferiscono, quali:
- il “Quadro europeo di
riferimento per l'assicurazione della qualità dell'IFP” (The European Quality
Assurance Reference framework for Vocational Education and Training -EQARF),
che punta sulla condivisione di criteri qualitativi, descrittori e indicatori
comuni per migliorare la qualità dei sistemi educativi d'istruzione e
formazione e costruire una comune cultura della valutazione e della qualità;
- il “Sistema Europeo per il
Trasferimento dei Crediti per l'Istruzione e la Formazione Professionale”
(The European Credit system for Vocational Education and Training - ECVET),
che stabilisce un sistema di crediti che favorisca il reciproco
riconoscimento degli apprendimenti tra i paesi europei, stimoli la mobilità
dei cittadini e lavoratori e promuova la flessibilità dei percorsi formativi
al fine di conseguire una qualificazione professionale.
Si richiamano, infine, i
seguenti documenti:
- la Conclusione del Consiglio
del 12/5/2009 (2009/C 119/02) “Education and Training 2020” che offre un
quadro aggiornato delle strategie europee in materia di istruzione e
formazione. Tale documento - ripreso per il nostro Paese da “Italia 2020” -
indica l'insieme delle competenze 'strategichè da promuovere che sono, in
buona misura, competenze di cittadinanza attiva, già proposte nella
Raccomandazione Ue del 18 dicembre 2006 (2006/962/CE);
- la Comunicazione della
Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e
sociale europeo e al Comitato delle regioni del 25/11/2009 [COM (2009) 640]
su “Competenze chiave per un mondo in trasformazione 25/11/2009”, che
evidenzia il riflesso avuto dalle politiche europee sulle riforme dei
programmi scolastici dei Paesi membri, con un giudizio positivo sulla
diffusione di approcci interdisciplinari nell'insegnamento e sul maggiore
peso assegnato nei nuovi programmi scolastici alle competenze trasversali,
alla diffusione delle TIC (Tecnologie dell'informazione e della comunicazione),
al raccordo più stretto della scuola con il mondo del lavoro. In particolare,
per quanto concerne l'istruzione e la formazione professionale, viene
ribadita la necessità di rinnovare i programmi di istruzione professionale
nel rispetto delle competenze chiave, la cui applicazione, da una parte,
garantisce ai giovani un livello di qualità e coinvolgimento più elevato e,
dall'altra, consente di soddisfare in maniera più efficace le nuove richieste
del mondo della produzione con la creazione di nuove figure professionali,
essenziali per l'iniziativa europea “Nuove competenze per nuovi lavori”
[COM(2008) 868], tesa a ridurre il mismatch tra la domanda e l'offerta di
competenze nel mercato del lavoro.
- la Comunicazione della
Commissione Ue (COM 2010/2020) “Europa 2020.
Una strategia per una crescita
intelligente, sostenibile e inclusiva”, adottata dal Consiglio europeo il 17
Giugno 2010, che promuove la conoscenza e l'innovazione come motori dello
sviluppo, soprattutto attraverso il miglioramento della qualità
dell'istruzione, il potenziamento della ricerca, l'utilizzazione ottimale
delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, in modo che le idee
innovative si trasformino in nuovi prodotti e servizi tali da stimolare la
crescita e favorire l'occupazione.
Con riferimento agli indirizzi
contenuti nei citati documenti, è necessario sviluppare, attraverso il
contributo dell'istruzione secondaria, il pensiero critico, le competenze per
“imparare ad imparare” e le metodologie dell'apprendimento attivo, aperto al
rapporto con il mondo del lavoro, anche ai fini di favorire il rientro nei
processi dell'istruzione di giovani e adulti che ne sono stati precocemente
espulsi o non ne hanno affatto fruito. Questo impegno richiede che tutti gli
istituti di istruzione secondaria superiore e, in particolare, gli istituti
dell'ordine tecnico e professionale, progettino e realizzino programmi di
studio con modalità didattiche e di frequenza più flessibili e idonee a
riconoscere anche i saperi e le competenze comunque già acquisiti dagli
studenti.
1.1.2 L'identità degli istituti
professionali
Il riordino degli istituti
professionali risponde all'esigenza di organizzare percorsi formativi
quinquennali, finalizzati al conseguimento di un titolo di studio, fondati su
una solida base di istruzione generale e tecnico-professionale riferita a
filiere produttive di rilevanza nazionale che a livello locale possono
assumere connotazioni specifiche.
I nuovi istituti professionali
sono caratterizzati da un riferimento prioritario ai grandi settori in cui si
articola il sistema economico nazionale, contraddistinti da applicazioni
tecnologiche e organizzative che, in relazione alla filiera di riferimento,
possono essere declinate in base alla vocazione del territorio, ai progetti di
sviluppo locale e ai relativi fabbisogni formativi.
Gli elementi distintivi che
caratterizzano gli indirizzi dell'istruzione professionale all'interno del
sistema dell'istruzione secondaria superiore si basano, dunque, sull'uso di
tecnologie e metodologie tipiche dei diversi contesti applicativi; sulla
capacità di rispondere efficacemente alla crescente domanda di
personalizzazione dei prodotti e dei servizi, che è alla base del successo di
molte piccole e medie imprese del made in Italy; su una cultura del lavoro
che si fonda sull'interazione con i sistemi produttivi territoriali e che
richiede l'acquisizione di una base di apprendimento polivalente,
scientifica, tecnologica ed economica.
L'integrazione con il territorio
e il mondo produttivo non è solo un metodo di lavoro, è un fattore
imprescindibile per l'elaborazione del piano dell'offerta formativa degli
istituti professionali. Gli strumenti per intrecciare la progettazione
didattica della scuola con i piani di sviluppo locali e le esigenze formative
degli studenti sono quelli offerti dall'autonomia didattica e organizzativa,
arricchiti dalle opportunità messe a disposizione delle scuole dal
regolamento sul riordino.
Tre parole-chiave possono
aiutare a sintetizzare i riferimenti progettuali per articolare l'offerta
formativa in modo da rispondere ad una pluralità di bisogni: menti d'opera,
professionalità e laboratorialità.
L'immagine delle menti d'opera
richiama, da un lato, la straordinaria tradizione di iniziativa e
intelligenza dell'“impresa molecolare” italiana, dall'altro il principio
dell'equivalenza formativa di tutti i percorsi dei nuovi ordinamenti del
secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione. Essa si fonda
su una concezione culturale che intende superare gli stereotipi di una
interpretazione sequenziale del rapporto tra teoria e pratica e del primato
dei saperi teorici, promuovendo una chiave di lettura che valorizza i diversi
stili di apprendimento degli studenti e offre risposte articolate alle
domande del mondo del lavoro e delle professioni.
Nella progettazione dei
percorsi, per esempio, tale approccio sollecita l'attenzione dei docenti a
correlare la solida base di istruzione generale e tecnico-professionale con
gli interessi e le motivazioni degli studenti, affinchè i saperi appresi
siano percepiti come utili, significativi e riscontrabili nel reale.
La professionalità propone una
valorizzazione della cultura del lavoro, intesa nella sua accezione più
ampia: l'insieme di operazioni, procedure, simboli, linguaggi e valori, ma
anche identità e senso di appartenenza ad una comunità professionale, che
riflettono una visione etica della realtà, un modo di agire per scopi
positivi in relazione ad esigenze non solo personali ma comuni.
Con il concetto di
laboratorialità il valore del lavoro si estende allo scopo del percorso di
studi (imparare a lavorare), al metodo privilegiato che consente di
apprendere in modo attivo, coinvolgente, significativo ed efficace ( imparare
lavorando).
Per corrispondere a questa
visione e diventare vere “scuole dell'innovazione territoriale”, gli istituti
professionali sono chiamati ad operare scelte orientate permanentemente al
cambiamento e, allo stesso tempo, a favorire attitudini
all'auto-apprendimento, al lavoro di gruppo e alla formazione continua. Nei
loro percorsi appare decisivo valorizzare l'apporto scientifico e tecnologico
alla costruzione del sapere, che abituano al rigore, all'onestà
intellettuale, alla libertà di pensiero, alla creatività, alla
collaborazione, in quanto valori fondamentali per la costruzione di una
società aperta e democratica. Valori che, insieme ai principi ispiratori
della Costituzione, stanno alla base della convivenza civile.
In questo quadro, orientato al
raggiungimento delle competenze richieste dal mondo del lavoro e delle
professioni, le discipline mantengono la loro specificità e sono volte a far
acquisire agli studenti i risultati di apprendimento indicati dal
Regolamento, ma è molto importante che i docenti scelgano metodologie
didattiche coerenti con l'impostazione culturale dell'istruzione
professionale e capaci di realizzare il coinvolgimento e la motivazione
all'apprendimento degli studenti. Sono assai opportuni, quindi, l'utilizzo di
metodi induttivi, di metodologie partecipative, un'intensa e diffusa didattica
di laboratorio, da estendere anche alle discipline dell'area di istruzione
generale. In particolare, è utile l'uso diffuso delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione, il ricorso a metodologie progettuali
e alle opportunità offerte dall'alternanza scuola-lavoro per sviluppare il
rapporto col territorio e utilizzare a fini formativi le risorse disponibili.
Ogni nuovo impianto di studi non
può prescindere, infine, da una visione che accomuni studenti e docenti. Gli
istituti professionali sono, come gli istituti tecnici, un'articolazione
dell'area dell'istruzione tecnico-professionale considerata, nel suo
complesso, come un laboratorio di innovazione e di costruzione del futuro,
soprattutto a servizio delle comunità locali, capace di trasmettere ai
giovani la curiosità, il fascino dell'immaginazione e il gusto della ricerca,
del costruire insieme dei prodotti, di proiettare nel futuro il proprio
impegno professionale per una piena realizzazione sul piano culturale, umano
e sociale. In un mondo sempre più complesso e in continua trasformazione,
l'immaginazione è il valore aggiunto per quanti vogliono creare qualcosa di
nuovo, di proprio, di distintivo; qualcosa che dia significato alla propria
storia, alle proprie scelte, ad un progetto di una società più giusta e
solidale.
1.1.3 Il profilo educativo,
culturale e professionale (PECUP) Il secondo ciclo di istruzione e formazione
ha come riferimento unitario il profilo educativo, culturale e professionale
definito dal decreto
legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, allegato A).
Esso è finalizzato a:
a) la crescita educativa,
culturale e professionale dei giovani, per trasformare la molteplicità dei
saperi in un sapere unitario, dotato di senso, ricco di motivazioni;
b) lo sviluppo dell'autonoma
capacità di giudizio;
c) l'esercizio della
responsabilità personale e sociale.
Il Profilo sottolinea, in
continuità con il primo ciclo, la dimensione trasversale ai differenti percorsi
di istruzione e di formazione frequentati dallo studente, evidenziando che le
conoscenze disciplinari e interdisciplinari (il sapere) e le abilità
operative apprese (il fare consapevole), nonchè l'insieme delle azioni e
delle relazioni interpersonali intessute (l'agire) siano la condizione per
maturare le competenze che arricchiscono la personalità dello studente e lo
rendono autonomo costruttore di se stesso in tutti i campi della esperienza
umana, sociale e professionale.
Nel secondo ciclo, gli studenti
sono tenuti ad assolvere al diritto-dovere all'istruzione e alla formazione
sino al conseguimento di un titolo di studio di durata quinquennale o almeno
di una qualifica di durata triennale entro il diciottesimo anno di età.
Allo scopo di garantire il più
possibile che “nessuno resti escluso” e che “ognuno venga valorizzato”, il
secondo ciclo è articolato nei percorsi dell'istruzione secondaria superiore
(licei, istituti tecnici, istituti professionali) e nei percorsi del sistema
dell'istruzione e della formazione professionale di competenza regionale,
presidiati dai livelli essenziali delle prestazioni definiti a livello
nazionale. In questo ambito gli studenti completano anche l'obbligo di
istruzione di cui al regolamento emanato con decreto del
Ministro della pubblica istruzione 22 agosto 2007, n. 139.
I percorsi degli istituti
professionali si caratterizzano per l'integrazione tra una solida base di
istruzione generale e la cultura professionale che consente agli studenti di
sviluppare i saperi e le competenze necessari ad assumere ruoli tecnici
operativi nei settori produttivi e di servizio di riferimento, considerati
nella loro dimensione sistemica.
Nella progettazione dei percorsi
assumono particolare importanza le metodologie che valorizzano, a fini
orientativi e formativi, le esperienze di raccordo tra scuola e mondo del
lavoro, quali visite aziendali, stage, tirocini, alternanza scuola lavoro.
Tali attività permettono di sperimentare una pluralità di soluzioni
didattiche per facilitare il collegamento con il territorio e personalizzare
l'apprendimento mediante l'inserimento degli studenti in contesti operativi
reali.
L'esigenza di evitare la
sovrapposizione con i percorsi degli altri ordini dell'istruzione secondaria
superiore ha ricondotto l'insieme delle proposte formative degli istituti
professionali a due settori e sei indirizzi, che fanno riferimento a filiere
produttive di rilevanza nazionale.
Le discipline dell'area di indirizzo,
presenti in misura consistente fin dal primo biennio, si fondano su
metodologie laboratoriali che favoriscono l'acquisizione di strumenti
concettuali e di procedure funzionali a preparare ad una maggiore interazione
con il mondo del lavoro e delle professioni da sviluppare nel triennio.
L'acquisizione delle competenze chiave di cittadinanza previste a conclusione
dell'obbligo di istruzione consentono di arricchire la cultura di base dello
studente e di accrescere il suo valore anche in termini di occupabilità.
Nel successivo triennio sarà
possibile articolare ulteriormente gli indirizzi in opzioni per rispondere
alle esigenze di una formazione mirata a specifiche richieste del tessuto
produttivo locale.
I percorsi degli istituti
professionali sono definiti, infine, rispetto ai percorsi dei licei, in modo
da garantire uno “zoccolo comune”, caratterizzato da saperi e competenze
riferiti soprattutto agli insegnamenti di lingua e letteratura italiana,
lingua inglese, matematica, storia e scienze, che hanno già trovato un primo
consolidamento degli aspetti comuni nelle indicazioni nazionali riguardanti
l'obbligo di istruzione (D.M. n.139/07).
1.2 Innovare l'organizzazione
scolastica
1.2.1
Autonomia e flessibilità
Il rilancio dell'istruzione
professionale si basa, sul piano organizzativo e analogamente all'istruzione
tecnica, su due strumenti, l'autonomia e la flessibilità, che consentono di
declinare l'offerta formativa per rispondere efficacemente alla molteplicità
degli interessi e delle aspirazioni dei giovani e alle esigenze del
territorio, del mondo produttivo e delle professioni.
Gli istituti professionali
possono utilizzare, quindi, nell'organizzazione didattica dei percorsi 1) la
quota di autonomia del 20% dei curricoli, sia per potenziare gli insegnamenti
obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività
di laboratorio, sia per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al
raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell'offerta formativa;
2) gli spazi di flessibilità,
intesi come possibilità di articolare le aree di indirizzo in opzioni, per
offrire risposte efficaci e mirate alle esigenze del territorio e ai
fabbisogni formativi espressi dal mondo del lavoro e delle professioni.
Questo strumento va ricondotto, tuttavia, ad un quadro di criteri generali
definiti a livello nazionale per prevenire il rischio del ritorno ad una
frammentazione e disarticolazione dell'offerta formativa.
Ci sono, dunque, considerevoli
differenze tra autonomia e flessibilità.
La quota di autonomia può essere
utilizzata, nei limiti del contingente di organico annualmente assegnato alle
istituzioni scolastiche e senza determinare situazioni di soprannumerarietà,
in base all'orario complessivo delle lezioni previsto per il primo biennio e
per il complessivo triennio. L'autonomia consente di modificare i curricoli,
tenendo conto delle richieste degli studenti e delle famiglie, entro il
limite del 20% del monte ore delle lezioni, o per rafforzare alcuni
insegnamenti, oppure per introdurre nuovi insegnamenti che concorrono a
realizzare gli obiettivi educativi individuati nel piano dell'offerta
formativa della scuola.
Al fine di preservare l'identità
degli istituti professionali, è necessario che le attività e gli insegnamenti
scelti autonomamente dalle istituzioni scolastiche siano coerenti con il
profilo educativo, culturale e professionale dello studente definito in
relazione al percorso di studi prescelto. L'orario di ciascuna disciplina non
può essere ridotto oltre il 20% rispetto al quadro orario previsto
dall'indirizzo di riferimento. Gli studenti sono tenuti alla frequenza delle
attività e degli insegnamenti facoltativi prescelti. La valutazione dei
risultati di apprendimento delle materie facoltative concorre alla
valutazione complessiva. Le richieste sono formulate all'atto delle
iscrizioni alle classi.
Per sostenere l'autonomia delle
scuole, il Regolamento dispone che, nell'ambito delle dotazioni organiche del
personale docente determinate annualmente con il decreto adottato dal
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con
il Ministero dell'economia e delle finanze, sia prevista la possibilità di
assegnare, previa verifica della sussistenza di economie aggiuntive, un
contingente potenziato di organico alle singole scuole e/o di renderlo
disponibile attraverso gli accordi di rete.
Gli spazi di flessibilità,
invece, sono riservati esclusivamente alle aree di indirizzo; si possono
aggiungere alle quote di autonomia ed hanno un duplice ruolo:
- nel primo biennio e nel terzo
anno, gli istituti professionali possono utilizzarli per una quota
dell'orario annuale delle lezioni non superiore rispettivamente al 25% per i
primi due anni e del 35% nel terzo anno per svolgere, sulla base delle scelte
compiute dalle Regioni nell'esercizio della loro competenza esclusiva in
materia, una funzione integrativa e complementare rispetto al sistema
dell'istruzione e della formazione professionale;
- nel secondo biennio e nel
quinto anno, gli istituti professionali possono utilizzarli, rispettivamente,
per una quota del 35% e del 40% dell'orario annuale delle lezioni per
articolare ulteriormente le aree di indirizzo, con l'obiettivo di
corrispondere alle esigenze del territorio e ai fabbisogni formativi espressi
dal mondo del lavoro, anche in relazione a particolari settori produttivi. Le
opzioni possono essere scelte nell'ambito di un elenco nazionale contenente
anche l'indicazione delle classi di concorso dei docenti che possono essere
utilizzate per gli insegnamenti ivi previsti. L'elenco nazionale è adottato
con un apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della
ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ed è
periodicamente aggiornato sulla base degli esiti del monitoraggio e della
valutazione condotti a livello nazionale.
Nel diploma rilasciato a
conclusione degli esami di Stato sono certificate le competenze acquisite
dallo studente anche con riferimento alle eventuali opzioni seguite.
La flessibilità non può
determinare comunque esuberi di personale, perciò va utilizzata nei limiti
delle dotazioni organiche assegnate.
Inoltre, per arricchire
l'offerta formativa della scuola e disporre di competenze specialistiche non presenti
nell'istituto, le scuole possono stipulare contratti d'opera con esperti del
mondo del lavoro e delle professioni, che abbiano una specifica e documentata
esperienza professionale maturata nel settore di riferimento, nei limiti
degli spazi di flessibilità previsti dal regolamento sul riordino degli
istituti professionali e delle risorse iscritte nel programma annuale di
ciascuna istituzione scolastica.
1.2.2 I dipartimenti
La progettazione formativa delle
istituzioni scolastiche è lo strumento per rispondere alle esigenze degli
studenti, del contesto socio-culturale e ai fabbisogni del territorio e del
mondo del lavoro e delle professioni; essa valorizza la funzione dei docenti
che programmano le proprie attività sulla base degli obiettivi indicati nel
piano dell'offerta formativa di ciascun istituto.
L'impianto dei nuovi ordinamenti
degli istituti professionali richiede che la progettazione formativa sia
sostenuta da forme organizzative che pongano, al centro delle strategie
didattiche collegiali, il laboratorio e la didattica laboratoriale, la
costruzione dei percorsi di insegnamento/apprendimento in contesti reali,
quali l'alternanza scuola-lavoro, il raccordo con le altre istituzioni
scolastiche (reti) e con gli enti locali (convenzioni), anche per realizzare
progetti condivisi.
A questo fine, come già avviene
in molti casi, è utile che gli istituti professionali si dotino, nella loro
autonomia, di dipartimenti quali articolazioni funzionali del collegio dei
docenti, di supporto alla didattica e alla progettazione (art. 5, comma 3,
punto d) del Regolamento). Essi possono costituire un efficace modello
organizzativo per favorire un maggior raccordo tra i vari ambiti disciplinari
e per realizzare interventi sistematici in relazione alla didattica per
competenze, all'orientamento e alla valutazione degli apprendimenti.
L'istituzione dei dipartimenti
assume, pertanto, valenza strategica per valorizzare la dimensione collegiale
e co-operativa dei docenti, strumento prioritario per innalzare la qualità del
processo di insegnamento-apprendimento.
I dipartimenti, quale possibile
articolazione interna del collegio dei docenti, possono presidiare la
continuità verticale e la coerenza interna del curricolo, vigilare sui
processi di apprendimento per lo sviluppo dei saperi e delle competenze
previste nei profili dei vari indirizzi, la cui attuazione è facilitata da
una progettualità condivisa e un'articolazione flessibile.
Le tipologie di attività che i
dipartimenti possono svolgere sono strettamente correlate alle esperienze
realizzate dalla scuola e agli obiettivi di sviluppo e di miglioramento che
si intendono perseguire.
In particolare, nel primo
biennio, i dipartimenti possono svolgere una funzione strategica per il
consolidamento, con il concorso di tutte le discipline, delle competenze di
base per la lingua italiana, la lingua straniera e la matematica, per il
raccordo tra i saperi disciplinari e gli assi culturali previsti dall'obbligo
di istruzione e tra l'area di istruzione generale e le aree di indirizzo.
In generale, i dipartimenti
possono individuare i bisogni formativi e definire i piani di aggiornamento
del personale, promuovere e sostenere la condivisione degli obiettivi
educativi e la diffusione delle metodologie più efficaci per migliorare i
risultati di apprendimento degli studenti.
Gli istituti professionali
definiscono, nella loro autonomia e nel rispetto delle tutele contrattuali in
materia di organizzazione del lavoro, le modalità di costituzione dei
dipartimenti e le regole per il loro funzionamento. Possono essere previste
anche forme molto flessibili e poco strutturate, con forme di comunicazione
in presenza e in rete tra i docenti e gli altri soggetti interessati. Si
ritiene comunque opportuno che ad essi vada riservato anche uno spazio fisico
dedicato.
1.2.3 Il comitato tecnico
scientifico
Gli istituti professionali, in
base all'art. 5, comma 3 punto e) del Regolamento, possono dotarsi di un
comitato tecnico scientifico (CTS) composto da docenti e da esperti del mondo
del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica.
Il CTS costituisce un elemento
che può favorire l'innovazione dell'organizzazione degli istituti
professionali; è un organismo con funzioni consultive e propositive per
l'organizzazione delle aree di indirizzo e l'utilizzazione degli spazi di
autonomia e flessibilità; è lo strumento per consolidare i rapporti della
scuola con il mondo del lavoro e delle professioni e sviluppare le alleanze
formative di cui al par. 1.4.
Pur non essendovi una specifica
regolamentazione in materia, la costituzione del CTS non può che essere
formalizzata con apposite delibere degli organi collegiali della scuola nel
rispetto dei ruoli istituzionali di ciascun organo. Per esigenze di
trasparenza e correttezza istituzionale, costituiscono parti integranti di
tali delibere l' atto costitutivo e il regolamento di funzionamento che ne
definiscono la composizione anche in ordine alle competenze dei propri membri
(coerenti con le caratteristiche dell'istituto e le finalità del CTS), le funzioni,
le modalità organizzative e forme di comunicazione e di cooperazione con gli
organi collegiali dell'istituto, nel rispetto delle loro specifiche
competenze.
Al fine di garantire un efficace
funzionamento del CTS, è opportuno prevedere un congruo numero di riunioni
annuali, con cadenza almeno trimestrale. Per assicurare continuità alle
azioni programmate dalle istituzioni scolastiche nella loro autonomia, anche
ai fini del monitoraggio, valutazione dei risultati e controllo di qualità
dei processi attivati, è opportuno, altresì, che il CTS duri in carica almeno
per un triennio.
1.2.4 L'uficio tecnico
Gli istituti professionali per
gli indirizzi del settore industria e artigianato sono dotati di un ufficio
tecnico con il compito di “sostenere la migliore organizzazione e
funzionalità dei laboratori a fini didattici e il loro adeguamento in
relazione alle esigenze poste dall'innovazione tecnologica, nonchè per la
sicurezza delle persone e dell'ambiente”.
L'ufficio tecnico riprende e
potenzia il tradizionale compito di collaborazione con la direzione
dell'istituto, di raccordo con gli insegnanti impegnati nello svolgimento
delle esercitazioni pratiche e con il personale A.T.A., per l'individuazione,
lo sviluppo e il funzionamento ottimale delle attrezzature tecnologiche e
delle strumentazioni necessarie a supporto della didattica; assume un ruolo
rilevante in una scuola che considera la didattica di laboratorio come una
delle sue caratteristiche distintive ai fini dell'acquisizione delle
competenze da parte degli studenti.
L'ufficio tecnico può estendere
il suo campo d'azione a tutte le aree disciplinari attraverso la
predisposizione di un piano di attività per l'uso programmato degli spazi e
delle attrezzature, la ricerca delle soluzioni logistiche e organizzative più
funzionali alla didattica ed anche per la condivisione in rete delle risorse
umane, professionali e tecnologiche disponibili.
Sulla base delle autonome scelte
organizzative dei singoli istituti, l'ufficio tecnico può divenire una
risorsa per lo sviluppo qualitativo delle competenze organizzative della
scuola, soprattutto raccordandosi con tutte le strutture (per esempio, i
dipartimenti) previste per la gestione e la realizzazione di progetti
didattici condivisi. Anche per questo, è importante che i responsabili
dell'ufficio tecnico provvedano ad assicurare una adeguata gestione
dell'archiviazione e della documentazione ai fini della piena fruibilità
delle conoscenze esistenti e di quelle accumulate nel tempo.
Per soddisfare le esigenze di
manutenzione e adeguamento continuo delle risorse tecniche necessarie
all'attività didattica e al funzionamento generale dell'istituto, è utile che
l'ufficio tecnico sviluppi una progettazione che parta dalla rilevazione
delle necessità evidenziate dai responsabili dei dipartimenti e dei
laboratori e dall'individuazione di categorie di beni o di servizi da
approvvigionare; interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria da
mettere in atto; possibili integrazioni di risorse disponibili sul territorio
anche in rete con altri istituti.
Il funzionamento e la gestione
dell'ufficio tecnico è descritto nel regolamento di istituto, che indica, con
trasparenza, le procedure e le modalità operative adottate per rispondere
agli obiettivi che l'istituzione scolastica si è data per innalzare la
qualità delle attività didattiche.
Il Regolamento, per i posti da
assegnare all'ufficio tecnico, fa riferimento a quelli già previsti, secondo
il previgente ordinamento, dai decreti istitutivi degli istituti
professionali confluiti nel settore industria e artigianato in base alle
indicazioni riportate nella tabella di cui all'Allegato D) al Regolamento
medesimo.
1.3. Motivare gli studenti a
costruire il proprio progetto di vita e di lavoro
Motivare gli studenti richiede
un particolare impegno negli istituti professionali per prevenire e
contrastare gli elevati tassi di dispersione scolastica e di abbandono.
È necessario, quindi, che gli
istituti medesimi progettino e realizzino, nella loro autonomia, interventi
didattici in grado di:
- assicurare la migliore
continuità possibile tra il primo e il secondo ciclo di istruzione;
- orientare gli studenti per
tutta la durata del primo biennio in relazione alle loro attitudini e
vocazioni;
- valorizzare le diverse
identità, differenze culturali, stili di apprendimento e abilità dello
studente.
La continuità
Il sistema educativo di
istruzione e formazione nazionale presenta oggi due distinti modelli
organizzativi, che, in relazione al primo e al secondo ciclo, vanno resi
progressivamente coerenti, anche attraverso la valorizzazione delle buone
pratiche.
Si pone, quindi, il problema di
garantire il diritto dello studente ad un percorso formativo organico e
completo, che miri a promuovere uno sviluppo articolato e multidimensionale
della sua persona.
Una corretta azione educativa
richiede che il progetto formativo accompagni lo studente con continuità
nell'acquisizione graduale dei risultati di apprendimento attesi in termini
di conoscenze, abilità e competenze a conclusione del quinquennio, in modo da
prevenire le difficoltà e le situazioni di criticità riscontrate nei passaggi
tra i due gradi di scuola che sono, di solito, la causa principale
dell'elevata dispersione scolastica ancora perdurante soprattutto nel primo
biennio dell'istruzione secondaria superiore.
La continuità diviene, quindi,
un obiettivo prioritario per educare lo studente a riorganizzare i saperi, le
competenze e le esperienze acquisite. Continuità del processo educativo
significa, pertanto, considerare il percorso formativo secondo una logica di
sviluppo coerente che, da una parte, valorizzi quello che lo studente sa e sa
fare e, dall'altra, riconosca la specificità degli interventi e del profilo
educativo culturale e professionale al termine di ogni ciclo scolastico.
È molto importante che gli
insegnanti conoscano i risultati di apprendimento che lo studente ha
conseguito effettivamente prima del suo ingresso nel secondo ciclo, anche
allo scopo di consentire loro di programmare e attuare eventuali azioni di
recupero e di orientamento ispirate ai principi della continuità verticale e
dell'integrazione tra i sistemi.
A questo fine, il modello della
rete territoriale tra scuole medie, scuole secondarie superiori, uffici
scolastici provinciali, enti locali, associazioni e altri soggetti si è
rivelato finora il più efficace per coinvolgere un'ampia fascia di
destinatari, con interessi e aspettative diversi.
Le reti facilitano, infatti, i
contatti con le famiglie sia nella fase di informazione e sensibilizzazione
precedente alle iscrizioni al secondo ciclo del sistema di istruzione e
formazione, sia nelle successive attività di orientamento o ri-orientamento.
Grazie alla loro capacità di
“fare sistema”, infatti, le reti favoriscono l'inclusione; riducono gli
insuccessi e le uscite precoci dai percorsi scolastici e formativi;
facilitano eventuali passaggi tra i percorsi educativi; accrescono il numero
dei diplomati e i livelli di istruzione anche degli adulti.
L'orientamento
Come sopra accennato, la
collaborazione tra le scuole e gli altri soggetti del territorio, a partire
dal raccordo con le scuole del primo ciclo, è molto importante anche per
realizzare iniziative e percorsi capaci di motivare gli studenti a costruire
progressivamente il proprio progetto di vita e di lavoro.
I giovani incontrano oggi
maggiori difficoltà a disegnare il proprio futuro professionale e a definire
le strategie per realizzarlo. Il mondo non solo è radicalmente mutato, ma
continua a cambiare con una velocità sconosciuta alle generazioni che li
hanno preceduti. Le scelte diventano più difficili e complesse; il percorso
di orientamento va costruito per tutta la durata della scuola secondaria
superiore, cogliendo tutte le opportunità per valorizzare attitudini e
talenti personali.
Diventa essenziale sviluppare, pertanto,
una cultura dell'orientamento che, privilegiando la dimensione formativa e
operativa piuttosto che quella informativa, accolga gli studenti fin dal loro
ingresso nella scuola secondaria e li accompagni lungo l'intero percorso di
studi, motivandoli verso le professioni tecniche, con un'approfondita
conoscenza del settore di riferimento e delle sue prospettive evolutive,
affinchè ogni giovane si senta protagonista del proprio processo di
formazione e orgoglioso del contributo professionale che può dare allo
sviluppo del Paese.
Sotto il profilo metodologico,
nella definizione degli interventi didattici da realizzare, è importante che
gli istituti professionali prevedano azioni di orientamento degli studenti
sin dal primo biennio come parte integrante del percorso formativo, anche ai
fini dell'eventuale prosecuzione della loro formazione in percorsi di
apprendistato; è auspicabile che gli studenti imparino il prima possibile ad
elaborare le acquisizioni che la scuola propone loro attraverso lo studio delle
discipline, arricchendole e integrandole con esperienze che li mettano in
grado di confrontarsi, con crescente autonomia, con le richieste dal mondo
del lavoro e delle professioni.
A questo fine, sono molto
importanti progetti di stage, tirocinio e di alternanza, che possano proporre
agli studenti attività coinvolgenti, con il diffuso utilizzo di metodologie
attive ed esperienze in contesti applicativi.
La valorizzazione delle identità
Tutte le diverse identità e
competenze degli studenti sono un valore e una risorsa da far emergere per la
loro crescita educativa globale.
In tale prospettiva, le
problematiche interculturali assumono, negli istituti professionali, una
rilevanza particolare, in quanto sono molto numerosi gli studenti stranieri
che li frequentano.
Costruire una dimensione
interculturale nella scuola, come indicato nei relativi documenti nazionali
(2), ha il fine di coniugare la capacità di conoscere e apprezzare le
differenze tra le persone e le culture con la ricerca di una coesione sociale
aperta al contesto culturale del territorio, secondo una visione della
“cittadinanza” coerente con i valori della Costituzione.
(2) C.M. n. 24 del
1/3/2006, Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione
degli alunni stranieri;
D.M. del
6/12/2006, costitutivo dell'Osservatorio nazionale per
l'integrazione degli alunni stranieri e l'educazione interculturale.
Educativi più intimamente
connessi con la dimensione della progettualità personale, in funzione di una
facilitazione delle scelte degli studenti.
Per questo è indispensabile la
promozione delle competenze chiave di cittadinanza, a partire dalla lingua
italiana. La conoscenza della lingua italiana è spesso uno dei primi scogli
da superare per gli studenti stranieri. L'insegnamento dell'italiano come
seconda lingua è essenziale per il processo di integrazione, condizione di
base per capire ed essere capiti, per studiare e avere successo scolastico,
per sentirsi parte della società civile.
Nel rispetto dell'autonomia
organizzativa e didattica di ciascuna istituzione scolastica, è auspicabile
che l'impegno degli istituti si concentri prevalentemente su principi che
sviluppino gli aspetti Per svolgere questo delicato compito e raccogliere
questa sfida, la scuola non può agire da sola, ma ha bisogno di fare
riferimento ad una rete di relazioni con il territorio che coinvolge gli enti
locali, le imprese, l'associazionismo, il volontariato, le organizzazioni
sociali e professionali.
1.4. Realizzare “alleanze
formative” sul territorio con il mondo del lavoro, delle professioni e della
ricerca Lo stretto raccordo degli istituti professionali con il mondo del
lavoro e il contesto territoriale rappresenta un
patrimonio storico e culturale significativo che va ripreso e rilanciato per
rafforzare il ruolo che questi istituti hanno svolto e svolgono a livello
educativo, sociale ed economico. Si tratta di una caratterizzazione “glocale”
oggi particolarmente adatta ad affrontare le sfide delle globalizzazione.
La competitività economica,
infatti, si gioca sempre più sul terreno della “competizione intellettuale”,
che intreccia profondamente conoscenza, innovazione e internazionalizzazione.
Per mantenere elevati livelli di occupazione occorre puntare su livelli di
istruzione più elevati, ma anche sull'apertura a esperienze e linguaggi
diversi: contenuti specialistici e suddivisioni disciplinari tendono ad una
crescente interdipendenza e contaminazione tra i saperi.
In questo contesto sono sempre
più necessari l'interazione e il dialogo, in forme non episodiche, tra le
imprese, che per sopravvivere e svilupparsi devono divenire “fabbriche di
conoscenza”, e le scuole, tradizionali “fabbriche della conoscenza e della
cittadinanza”.
Primi beneficiari potenziali di
questa alleanza formativa tra scuola, mondo del lavoro e territorio sono gli
studenti, soprattutto quelli degli istituti professionali. A fronte di una
pluralità di modi di acquisizione di saperi e competenze, infatti, è
necessario diversificare i percorsi formativi in base alle caratteristiche
personali degli studenti che provengono da contesti sociali molto
diversificati, spesso da altri Paesi.
Se il processo di
personalizzazione si fonda sull'idea che ogni studente ha propri tempi e
modalità di apprendimento, oltre che attitudini personali e propensioni da
sviluppare, è proprio in queste nuove “alleanze formative” che la scuola può
trovare le opportunità per sostenere l'orientamento dei propri utenti e lo
sviluppo delle loro capacità di costruire progetti personali di studio e di
lavoro, sostenendo l'apprendimento con tutte le risorse didattiche e
organizzative disponibili, sia all'interno che all'esterno.
Questa collaborazione facilita
inoltre uno scambio di informazioni continuamente aggiornato sui fabbisogni
professionali e formativi delle imprese, sulle competenze specifiche
richieste e sulle concrete possibilità di inserimento nel mercato del lavoro,
sulle prospettive di sviluppo delle professioni. In tal senso essa può
aiutare a definire anche le condizioni migliori per organizzare efficacemente
gli spazi di autonomia e di flessibilità che tali scuole hanno a
disposizione.
Una comunicazione organica tra
gli istituti professionali e il mondo del lavoro e delle professioni,
inoltre, contribuisce concretamente alla costruzione dell'offerta formativa
perchè favorisce la partecipazione attiva delle imprese alla realizzazione di
esperienze formative personalizzate attraverso visite aziendali, stage,
tirocini formativi, alternanza scuola lavoro.
Il piano “Italia 2020”, tra le
misure utili per promuovere l'occupabilità dei giovani, propone azioni
specifiche molto vicine alle consolidate esperienze che gli istituti
professionali hanno sviluppato. Tali indicazioni sono importanti in
particolare per valorizzare il ruolo dell'alternanza, non solo per superare
la separazione tra momento formativo e applicativo, ma soprattutto per
accrescere la motivazione allo studio e per aiutare i giovani nella scoperta
delle vocazioni personali e nella sperimentazione “sul campo” della vastità e
dell'interconnessione delle conoscenze e delle competenze necessarie per
avere successo nell'attuale situazione storica.
I nuovi istituti professionali,
possono esercitare un ruolo strategico per la crescita delle persone e del
Paese quanto più riescono a raccordare la propria offerta formativa sul
territorio con le altre offerte che concorrono a comporre il sistema
educativo di istruzione e di istruzione e formazione professionale, sulla
base di alleanze stabili tra organismi formativi, governo locale e soggetti
economico sociali attivi nell'ambito di riferimento, a partire dalle Camere
di commercio, alle Associazioni imprenditoriali, agli Ordini professionali,
agli Enti di ricerca.
Le modalità di raccordo tra
istituti professionali e territorio possono infine assumere forme diverse,
con differenti figure giuridiche che identificano la corresponsabilità dei
vari soggetti circa la qualità dell'offerta formativa in una logica di
sussidiarietà.
Un esempio è il modello delle
reti delineato dal Regolamento per l'autonomia delle istituzioni scolastiche
(d.P.R. 275/99,
art.7), che le prospetta come sedi naturali per promuovere la
cooperazione tra scuole e altri soggetti per realizzare la ricerca educativa,
l'orientamento scolastico e professionale, la formazione del personale. Si
tratta di un modello organizzativo già ampiamente diffuso a livello nazionale,
che consente di sperimentare innovative forme di coordinamento tra le scuole,
anche di diverso ordine e grado, e altri soggetti al fine di migliorare la
qualità dei servizi e delle politiche formative, valorizzando il contributo
degli operatori scolastici, degli enti locali, delle istituzioni culturali,
sociali ed economiche, delle associazioni e delle agenzie operanti sul
territorio che intendono dare il loro apporto alla realizzazione di specifici
progetti educativi o, più in generale, partecipare al miglioramento della
qualità dell'offerta formativa rivolta ai giovani e agli adulti.
Un altro modello organizzativo
innovativo, finalizzato a promuovere in modo stabile la collaborazione tra
scuole e imprese per sostenere la diffusione della cultura tecnica e
scientifica è quello dei poli tecnico-professionali che potranno essere
costituiti a norma dell'art. 13, comma
2, della legge n. 40/07, nel rispetto delle competenze
esclusive delle regioni in materia di programmazione dell'offerta formativa,
tra istituti professionali e istituti tecnici, strutture della formazione
professionale accreditate, strutture che operano nel sistema dell'istruzione
e formazione tecnica superiore, compresi gli istituti tecnici superiori,
centri di ricerca, università e altri soggetti interessati.
La costruzione dei poli
formativi, in cui si concentra una filiera che va dall'uscita dopo la scuola
secondaria di primo grado al sistema delle imprese, è la base per lo sviluppo
di forme di partenariato interessanti per una valorizzazione degli istituti
professionali, funzionale anche a organizzare recuperi e passaggi tra diversi
percorsi formativi, garantendo la possibilità di ridurre le disuguaglianze sociali,
nonchè di favorire processi reali di mobilità sociale e professionale non
solo per i giovani, ma anche per gli adulti e i lavoratori.
1.5. Progettare e valutare per
competenze
1.5.1 Insegnare per sviluppare
competenze
L'impianto del sistema degli istituti
professionali è diretto alla promozione di un insieme di competenze descritte
nel profilo educativo, culturale e professionale sia generale, sia relativo
ai singoli indirizzi. Per quanto riguarda il biennio iniziale, vengono
assunte, per la parte comune, le competenze incluse nell'impianto normativo
riferibile all'obbligo di istruzione. Tale quadro di riferimento sollecita la
progettazione e l'attuazione progressiva di una coerente pratica didattica. A
questo fine vengono proposti alcuni criteri di riferimento, in particolare
per quanto riguarda il primo biennio.
La normativa relativa
all'obbligo di istruzione elenca otto competenze chiave di cittadinanza e
quattro assi culturali a cui fare riferimento nell'impostare l'attività
formativa del primo biennio del secondo ciclo. Dal momento che l'impianto
europeo relativo alle competenze chiave da sviluppare lungo tutto l'arco
della vita le definisce come “la comprovata capacità di usare conoscenze,
abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di
lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale”, precisando
che “sono descritte in termine di responsabilità e autonomia”, esse debbono
essere collegate alle risorse interne (conoscenze, abilità, altre qualità
personali) che ne sono a fondamento. Di conseguenza, anche la loro
valutazione implica, secondo un'efficace formula, “accertare non ciò che lo
studente sa, ma ciò che sa fare consapevolmente con ciò che sa”.
Sono di seguito presentate
alcune considerazioni che possono orientare i docenti ad insegnare per
sviluppare competenze:
a. una competenza sia generale,
sia di studio, sia di lavoro si sviluppa in un contesto nel quale lo studente
è coinvolto, personalmente o collettivamente, nell'affrontare situazioni, nel
portare a termine compiti, nel realizzare prodotti, nel risolvere problemi,
che implicano l'attivazione e il coordinamento operativo di quanto sa, sa
fare, sa essere o sa collaborare con gli altri. Ciò vale sia nel caso delle
competenze legate allo sviluppo della padronanza della lingua italiana, della
lingua straniera, della matematica e delle scienze, sia alla progressiva
padronanza delle tecnologie e tecniche di progettazione, realizzazione e
controllo di qualità nel settore di produzione di beni e/o servizi caratterizzanti
il proprio indirizzo, sia per quanto riguarda quelle che, nel documento
sull'obbligo di istruzione, sono chiamate competenze di cittadinanza. Un
ruolo centrale, come risulta dalla stessa definizione europea di competenza,
è svolto dalla qualità delle conoscenze e delle abilità sviluppate nei vari
ambiti di studio. Esse infatti devono essere non solo acquisite a un buon
livello di comprensione e di stabilità, ma devono anche rimanere aperte a una
loro mobilizzazione e valorizzazione nel contesto di ogni attività di studio,
di lavoro o di una vita sociale;
b. la progettazione di
un'attività formativa diretta allo sviluppo di competenze, dunque, non può
non tener conto della necessità che le conoscenze fondamentali da questa
implicate siano acquisite in maniera significativa, cioè comprese e
padroneggiate in modo adeguato, che le abilità richieste siano disponibili a
un livello confacente di correttezza e di consapevolezza di quando e come
utilizzarle, che si sostenga il desiderio di acquisire conoscenze e
sviluppare abilità nell'affrontare compiti e attività che ne esigono
l'attivazione e l'integrazione. Per questo è necessaria, da una parte,
l'individuazione chiara delle conoscenze e abilità fondamentali che le varie
competenze implicano e del livello di profondità e padronanza da raggiungere
e, dall'altra, l'effettuazione di un bilancio delle conoscenze, delle abilità
già acquisite ed evidenziate da parte dello studente (o, eventualmente, delle
competenze da lui già raggiunte). Dal confronto tra questi due riferimenti è
possibile elaborare un progetto formativo coerente.
Ciò è abbastanza evidente nel
caso delle competenze riferibili allo scrivere, al leggere e alla matematica,
competenze che condizionano non poco lo sviluppo di qualsiasi altra competenza;
c. la consapevolezza, che tutti
gli insegnanti dovrebbero raggiungere circa il ruolo degli apporti delle loro
discipline allo sviluppo delle competenze intese, favorisce la presenza di un
ambiente educativo nel quale studenti e docenti collaborano in tale
direzione.
Si tratta di promuovere una
pratica formativa segnata dall'esigenza di favorire un'acquisizione di
conoscenze e abilità del cui valore, ai fini dello sviluppo personale,
culturale e professionale indicate nelle competenze finali da raggiungere,
siano consapevoli sia i docenti, sia gli studenti. Ciò implica l'uso di
metodi che coinvolgono l'attività degli studenti nell'affrontare questioni e
problemi di natura applicativa (alla propria vita, alle altre discipline,
alla vita sociale e lavorativa) sia nell'introdurre i nuclei fondamentali
delle conoscenze e abilità, sia nel progressivo padroneggiarli. Un ambiente
di lavoro nel quale si realizzano individualmente o collettivamente prodotti
che richiedono un utilizzo intelligente di quanto studiato o sollecitano un
suo approfondimento è la chiave di volta metodologica. Naturalmente nei primi
due anni si tratta di prodotti non particolarmente impegnativi, come le
sintesi scritte di testi studiati, alle quali si possono accostare
riflessioni personali, esempi di applicazioni pratiche, le argomentazioni
critiche o i risultati di discussioni di gruppo (eventualmente in lingua
straniera); la ricerca di applicazioni di concetti e principi matematici e/o
scientifici a casi di vita quotidiana e/o tecnici; l'individuazione di
fondamenti concettuali che fanno da supporto a procedure e tecniche
presentate nelle attività di indirizzo; l'impostazione e la realizzazione di
piccoli progetti che implichino l'applicazione di quanto studiato; la
progettazione di protocolli di laboratorio o di semplici ricerche
sperimentali;
d. l'ambiente nel quale si
svolgono i percorsi dovrebbe assumere sempre più le caratteristiche di un
laboratorio nel quale si opera individualmente o in gruppo al fine di
acquisire e controllare la qualità delle conoscenze e abilità
progressivamente affrontate, mentre se ne verifica la spendibilità
nell'affrontare esercizi e problemi sempre più impegnativi sotto la guida dei
docenti. Si tratta di promuovere una metodologia di insegnamento e apprendimento
di tipo laboratoriale, alla quale si potrà accostare con ancor maggior
profitto l'utilizzo delle previste attività da svolgere nei laboratori. Ad
esempio, si può immaginare un laboratorio di scrittura in italiano, sostenuto
dall'uso personale e/o collettivo di tecnologie digitali, nel quale si
possano anche redigere relazioni su quanto esplorato nelle scienze o nelle
tecnologie, oltre che commenti alle proprie letture; un laboratorio di
introduzione e di applicazione dei concetti e dei procedimenti matematici,
mediante la soluzione di problemi anche ispirati allo studio parallelo delle
scienze o delle tecnologie; esercitazioni nella lingua straniera,
valorizzando, se ci sono, quanti ne manifestano una maggiore padronanza o
mediante la lettura e/o ascolto collettivo di testi tecnici in inglese;
e. infine, occorre ribadire che
nella promozione delle varie competenze previste, anche a livello di biennio
iniziale, va curata con particolare attenzione l'integrazione tra quanto
sviluppato nell'area generale, comune a tutti gli indirizzi e quanto oggetto
di insegnamento nell'area specifica di ciascun indirizzo. In particolare, nel
promuovere le competenze di natura tecnica proprie di ciascun indirizzo,
occorre evidenziare i collegamenti esistenti con le conoscenze e le abilità
introdotte negli assi matematico e scientifico-tecnologico e, viceversa,
facilitare l'applicazione dei concetti, principi e procedimenti degli assi
matematico e scientifico-tecnologico per la costruzione delle competenze
tecniche e tecnologiche. Questa impostazione implica una particolare cura
nella progettazione didattica dei vari insegnamenti e nella loro
realizzazione, cercando in primo luogo una sistematica collaborazione tra i
docenti delle varie discipline coinvolte e, in secondo luogo, favorendo una
costante verifica della capacità di collegamento da parte degli studenti tra
quanto appreso nell'area comune e quanto affrontato nell'area di indirizzo e
viceversa. In sede di progettazione collegiale, è molto opportuno indicare
anche come ciascuna disciplina intende concorrere al raggiungimento dei
risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi (punto 2.1 dell'allegato
A) al Regolamento per gli istituti professionali), declinandoli in termini di
abilità misurabili.
Con riferimento alle indicazioni
di natura metodologica sopra esposte, si suggerisce, in particolare, che i
dipartimenti assumano compiti collaborativi in ordine alla progettazione,
realizzazione e valutazione dei percorsi formativi, anche selezionando e/o
producendo materiali a supporto delle didattica e predisponendo opportuni
strumenti di valutazione dei progressi dei singoli studenti. In particolare,
per il primo biennio, si ritiene molto utile la costituzione di strutture
dipartimentali in relazione alla progettazione e valutazione di attività di
consolidamento delle competenze di padronanza della lingua italiana, della
matematica e della lingua straniera e d'integrazione tra gli insegnamenti che
concorrono alla promozione delle competenze proprie dell'area di indirizzo.
1.5.2 Operare per progetti
In generale, la pedagogia del
progetto è una pratica educativa che coinvolge gli studenti nel lavorare
intorno a un compito condiviso che abbia una sua rilevanza, non solo
all'interno dell'attività scolastica, bensì anche fuori di essa. Ad esempio,
si può proporre agli studenti di impegnarsi nella produzione di uno
spettacolo, nella pubblicazione di un giornale, nel preparare un viaggio o
un'escursione, scrivere una novella, redigere una guida turistica che
descriva un luogo o un oggetto d'arte, preparare una esposizione, girare un
film o un video, progettare e realizzare un sito informatico, partecipare a
un'azione umanitaria, ecc. È nel contesto di tali attività che essi saranno
stimolati a mettere in moto, ad acquisire significativamente, a coordinare
efficacemente conoscenze e abilità, ad arricchire e irrobustire le loro
disposizioni interne stabili (valori, atteggiamenti, interessi, ecc.). Il
grande vantaggio di questo approccio sta nel favorire l'interiorizzazione del
senso di quello che si apprende, cioè del fatto che conoscenze e abilità
fatte proprie o ancora da ancora acquisire hanno un ruolo e un significato,
possono servire per raggiungere uno scopo più vasto.
Lavorare per progetti induce la
conoscenza di una metodologia di lavoro di grande rilievo sul piano
dell'agire, la sensibilità verso di essa e la capacità di utilizzarla in vari
contesti. Il progetto, infatti, è un fattore di motivazione, in quanto ciò
che viene imparato in questo contesto prende immediatamente, agli occhi degli
studenti, la figura di strumenti per comprendere la realtà e agire su di
essa.
Per questa ragione, la pedagogia
del progetto è utile all'acquisizione di competenze complesse, perchè dà agli
allievi l'abitudine di vedere i procedimenti appresi a scuola come strumenti
per raggiungere degli scopi che possono percepire e che stanno loro a cuore,
anche nella vita extra scolastica.
Sul piano operativo, si parte
sempre da un momento di natura progettuale. Si tratta di tutto il lavoro che
precede l' azione concreta, ma che ne fornisce i fondamenti e i riferimenti
generali e particolari. È il momento ideativo. Esso comporta l'elaborazione
del progetto sia nel suo risultato finale o prodotto, sia nel modo di
raggiungerlo o processo di produzione. In esso vengono anche esplicitati
tempi, luoghi, persone, risorse implicate nella sua realizzazione. Spesso
assume un ruolo importante la capacità di interpretare le linee e le
indicazioni progettuali per adattarle alle specifiche circostanze che giorno
per giorno si evidenziano. In questa fase entrano in gioco complesse
competenze di gestione delle relazioni interpersonali e istituzionali.
Accanto all'evidenziarsi delle
capacità tecniche realizzatrici, è opportuno prevedere un vero e proprio
processo di valutazione continua, un controllo della qualità della
realizzazione del progetto, sia quanto al risultato sul piano del prodotto,
sia quanto alle modalità con le quali esso viene conseguito. Vengono messi in
risalto gli scarti esistenti tra progetto e sua realizzazione, ne vengono
studiati l'origine e il significato e quindi si interviene o modificando il
progetto stesso, o migliorando la sua realizzazione concreta. L'esperienza
diretta di un lavoro per progetti porta a esaminare e interpretare il mondo
produttivo e professionale, secondo categorie di lettura che consentono
attribuzioni di significato e valutazioni di congruenza.
1.5.3 Valutare le competenze
sviluppate
Problematiche connesse con la
valutazione delle competenze In ogni programma educativo diretto allo
sviluppo di competenze è cruciale la scelta della modalità di valutazione che
i responsabili della progettazione e conduzione di tale programma debbono
fare, sia per quanto riguarda le competenze iniziali, già validamente e
stabilmente possedute, sia per quanto concerne il costituirsi progressivo di
quelle oggetto di apprendimento. Occorre anche aggiungere che intrinseca al
processo stesso è la promozione di un'adeguata capacità di autovalutazione
del livello di competenza raggiunto. Ciò per varie ragioni: in primo luogo,
perchè occorre sollecitare e sostenere lo sviluppo di competenze
autoregolative del proprio apprendimento; in secondo luogo, perchè la
constatazione dei progressi ottenuti è una delle maggiori forze motivanti
all'apprendimento.
Una competenza si manifesta
quando uno studente è in grado di affrontare un compito o realizzare un
prodotto a lui assegnato, mettendo in gioco le sue risorse personali e
quelle, se disponibili, esterne utili o necessarie. Naturalmente la natura
del compito o del prodotto caratterizza la tipologia e il livello di
competenza che si intende rilevare. Questo può essere più direttamente
collegato con uno o più insegnamenti, oppure riferirsi più direttamente a
un'attività tecnica e/o professionale. Comunque, esso deve poter sollecitare
la valorizzazione delle conoscenze, delle abilità apprese e delle altre
caratteristiche personali in maniera non ripetitiva e banale. Il livello di
complessità e di novità del compito proposto rispetto alla pratica già
consolidata determina poi la qualità e il livello della competenza posseduta.
Occorre anche aggiungere che non
è possibile decidere se uno studente possieda o meno una competenza sulla
base di una sola prestazione. Per poterne cogliere la presenza, non solo
genericamente, bensì anche specificatamente e qualitativamente, si deve poter
disporre di una famiglia o insieme di sue manifestazioni o prestazioni
particolari. Queste assumono il ruolo di base informativa e documentaria
utile a ipotizzarne l'esistenza e il livello raggiunto. Infatti, secondo
molti studiosi, una competenza effettivamente posseduta non è direttamente
rilevabile, bensì è solo inferibile a partire dalle sue manifestazioni. Di
qui l'importanza di costruire un repertorio di strumenti e metodologie di
valutazione, che tengano conto di una pluralità di fonti informative e di
strumenti rilevativi.
È inoltre opportuno ricordare
che in un processo valutativo un conto è la raccolta di elementi informativi,
di dati, relativi alle manifestazioni di competenza, un altro conto è la loro
lettura e interpretazione al fine di elaborare un giudizio comprensivo.
Ambedue gli aspetti del processo valutativo esigono particolare attenzione.
Quanto alla raccolta di
informazioni, occorre che queste siano pertinenti (cioè si riferiscano
effettivamente a ciò che si deve valutare) e affidabili (cioè degne di
fiducia, in quanto non distorte o mal raccolte). Ma la loro lettura,
interpretazione e valutazione, esigono che preventivamente siano stati
definiti i criteri in base ai quali ciò viene fatto, deve cioè essere
indicato a che cosa si presta attenzione e si attribuisce valore e seguire
effettivamente e validamente in tale apprezzamento i criteri determinati.
L'elaborazione di un giudizio
che tenga conto dell'insieme delle manifestazioni di competenza, anche da un
punto di vista evolutivo, non può basarsi su calcoli di tipo statistico, alla
ricerca di medie: assume invece il carattere di un accertamento di presenza e
di livello, che deve essere sostenuto da elementi di prova (le informazioni
raccolte) e da consenso (da parte di altri). Si tratta, infatti, di un
giudizio che risulti il più possibile degno di fiducia, sia per la
metodologia valutativa adottata, sia per le qualità personali e professionali
dei valutatori.
Il ruolo della valutazione delle
conoscenze, delle abilità e degli atteggiamenti
Allo scopo di costruire
progressivamente una reale pratica valutativa delle competenze, un primo
passo spesso consiste nella valutazione della qualità delle conoscenze e
delle abilità che risultano componenti essenziali delle competenze.
Occorre però ricordare che le
conoscenze, per poter essere valorizzate nello sviluppo di una competenza,
devono manifestare tre caratteristiche: significatività, stabilità e
fruibilità. Occorre che gli elementi conoscitivi siano effettivamente
compresi a un adeguato livello di profondità, tenuto conto dell'età e del
percorso formativo seguito. Forme d'acquisizione solamente ripetitive, non
sufficientemente dominate, rimangono rigide e non facilmente collegabili a
situazioni diverse da quelle nelle quali sono state acquisite. La
costituzione di una base conoscitiva stabile e ben organizzata, che permetta
un facile accesso ai concetti e ai quadri concettuali richiesti, deve fornire
principi organizzatori adeguati. Un concetto, o un quadro concettuale, deve
infine poter essere utilizzato per interpretare situazioni e compiti diversi
da quelli nei quali esso è stato costruito.
Analoghe caratteristiche
dovrebbero presentare le abilità apprese.
Una abilità deve poter essere
utilizzata in maniera fluida e corretta, sapendo collegarla a quelle che sono
denominate conoscenze condizionali; cioè, di fronte a una questione o un
compito lo studente dovrà essere in grado di attivare quelle abilità che sono
richieste e farlo in maniera adeguata e consapevole. Tra le abilità rivestono
particolare importanza quelle collegate con la capacità di controllare e
gestire in proprio un processo di apprendimento.
Un accenno, infine, alle
componenti critiche di natura affettiva e motivazionale. Purtroppo spesso si
trascura questa dimensione delle competenze, ma basta osservare uno studente
per cogliere come all'origine di scarsi risultati in termini di apprendimento
siano presenti disposizioni interiori negative sul piano affettivo, motivazionale
e volitivo. Un atteggiamento negativo verso un insegnamento o un insegnante,
la fragilità della capacità di concentrazione, l'incapacità o debolezza nel
superare le frustrazioni di fronte alle difficoltà o agli insuccessi, la
scarsa tenuta e perseveranza nello svolgere un compito un pò impegnativo,
pregiudicano sia l'acquisizione, sia la manifestazione di competenze.
Le principali fonti informative
su cui basare un giudizio di competenza Per quanto riguarda, in generale, le
fonti informative sulla base delle quali esprimere un giudizio di competenza,
possono essere classificate secondo tre grandi ambiti specifici: quello
relativo ai risultati ottenuti nello svolgimento di un compito o nella
realizzazione del prodotto; quello relativo a come lo studente è giunto a
conseguire tali risultati; quello relativo alla percezione che lo studente ha
del suo lavoro.
Il primo ambito riguarda i
compiti che devono essere svolti dallo studente e/o i prodotti che questi
deve realizzare. Essi devono esigere la messa in moto non solo delle
conoscenze e delle abilità possedute, ma anche una loro valorizzazione in
contesti e ambiti di riferimento moderatamente diversi da quelli ormai già
resi famigliari dalla pratica didattica. Occorre che lo studente evidenzi la
capacità di sapersi muovere in maniera sufficientemente agevole e valida al
di fuori dei confini della ripetizione e della familiarità, individuando, in
primo luogo, proprio le esigenze di adattamento e di flessibilità che la
situazione proposta implica; una previa definizione esplicita di criteri di
qualità favorisce la valutazione dei risultati ottenuti dai singoli studenti.
Il secondo ambito implica una
osservazione sistematica del comportamento dello studente mentre svolge il
compito; ciò comporta una previa definizione delle categorie osservative,
cioè di quegli aspetti specifici che caratterizzano una prestazione e sui
quali concentrare l'attenzione per poter decidere se una certa competenza sia
stata raggiunta o meno. Anche in questo caso non è possibile risalire
dall'osservazione di un'unica prestazione alla constatazione di
un'acquisizione effettiva di una competenza sufficientemente complessa.
Il terzo ambito evoca una
qualche forma di narrazione di sè da parte dello studente, sia come
descrizione del come e perchè ha svolto il compito assegnato in quella
maniera, sia come valutazione del risultato ottenuto. Ciò coinvolge una
capacità di raccontare, giustificandole, le scelte operative fatte; di
descrivere la successione delle operazioni compiute per portare a termine il
compito assegnato, evidenziando, eventualmente, gli errori più frequenti e i
possibili miglioramenti; di indicare la qualità non solo del prodotto,
risultato del suo intervento, ma anche del processo produttivo adottato.
La raccolta sistematica delle
informazioni e la loro lettura e interpretazione permettono di inferire se lo
studente abbia raggiunto un certo livello di competenza in un ambito di
attività specifico.
In questo modo, i docenti
possono disporre di evidenze utili ai fini della valutazione finale da
effettuare secondo quanto previsto dalla normativa vigente, ivi compresa
quella relativa alla certificazione delle competenze per l'adempimento
dell'obbligo di istruzione, il cui modello è stato adottato con il decreto
ministeriale n. 9 del 27 gennaio 2010.
2. ORIENTAMENTI PER
L'ORGANIZZAZIONE DEL CURRICOLO
2.1 Profili generali
2.1.1 Il raccordo tra l'area di
istruzione generale e l'area di indirizzo
L'identità degli istituti
professionali, così come esplicitato nel Regolamento, è connotata, in linea
con le indicazioni dell'Unione europea di cui al paragrafo 1.1, da una solida
base culturale a carattere scientifico e tecnologico, acquisita attraverso
saperi e competenze sia dell'area di istruzione generale sia dell'area di
indirizzo.
L'area di istruzione generale
comune a tutti i percorsi ha l'obiettivo di fornire ai giovani - a partire
dal rafforzamento degli assi culturali che caratterizzano l'obbligo
d'istruzione - una preparazione adeguata su cui innestare conoscenze teoriche
e applicative nonchè abilità cognitive proprie dell'area di indirizzo.
Per comprendere il rapporto fra
area di istruzione generale e area di indirizzo occorre aver presente,
anzitutto, che tali aree non sono nettamente separabili, pur avendo una loro
specificità, per le seguenti motivazioni:
- la cultura generale,
necessaria alla formazione delle persone e dei cittadini, include una forte
attenzione ai temi del lavoro e delle tecnologie;
- una moderna concezione della
professionalità richiede, oltre al possesso delle competenze tecniche,
competenze comunicative e relazionali e di saper collegare la cultura tecnica
alle altre culture, saper riflettere sulla natura del proprio lavoro, saper
valutare il valore e le conseguenze dell'uso delle tecnologie nella società.
Il peso dell'area di istruzione
generale è maggiore nel primo biennio ove, in raccordo con l'area di
indirizzo, esplica una funzione orientativa in vista delle scelte future,
mentre decresce nel secondo biennio e nel quinto anno, dove svolge una
funzione formativa, più legata a contesti specialistici, per consentire,
nell'ultimo anno, una scelta responsabile per l'inserimento nel mondo del
lavoro o il prosieguo degli studi.
Nel primo biennio, i risultati
di apprendimento dell'area di istruzione generale sono in linea di continuità
con gli assi culturali (dei linguaggi, matematico, scientifico-tecnologico e
storico-sociale) dell'obbligo di istruzione e si caratterizzano per il
collegamento con le discipline di indirizzo. La presenza di saperi
scientifici e tecnologici, tra loro interagenti, permette, infatti, un più
solido rapporto, nel metodo e nei contenuti, tra scienza, tecnologia e
cultura umanistica.
Le competenze
linguistico-comunicative, proprie dell'asse dei linguaggi, sono patrimonio
comune a tutti i contesti di apprendimento e costituiscono l'obiettivo dei
saperi afferenti sia ai quattro assi culturali, sia all'area di indirizzo. Le
discipline scientifiche e tecniche favoriscono, l'allargamento dell'uso della
lingua nel loro contesto. A questo fine si possono prendere in considerazione
anche le prove di comprensione della lettura delle indagini OCSE-PISA, in
quanto propongono, in modo sistematico, testi “multilinguaggio” che integrano
la scrittura di testi “continui” e “discontinui” (come tabelle, grafici
ecc.).
L'asse matematico garantisce
l'acquisizione di saperi e competenze che pongono lo studente nelle
condizioni di possedere una corretta capacità di giudizio e di sapersi
orientare consapevolmente nei diversi contesti del mondo contemporaneo. Al
termine dell'obbligo d'istruzione, gli studenti acquisiscono le abilità
necessarie per applicare i principi ed i processi matematici di base nel
contesto quotidiano della sfera domestica, nonchè per seguire e vagliare la
coerenza logica delle argomentazioni proprie ed altrui L'asse storico-sociale
contribuisce alla comprensione critica della dimensione culturale
dell'evoluzione scientifico-tecnologica e sviluppa il rapporto fra discipline
tecniche e l'insegnamento della storia. In questo insegnamento, il ruolo
dello sviluppo delle tecniche e il lavoro sono un elemento indispensabile
perchè tutti gli studenti comprendano come si è sviluppata la storia
dell'umanità. È evidente che se il lavoro dell'insegnante di storia è
sorretto da quello delle discipline tecniche, i docenti di materie di
indirizzo possono non solo rispondere a domande specifiche relative alla loro
disciplina, ma anche introdurre, nel proprio insegnamento, elementi di storicità
che aiutano a comprendere meglio le dinamiche interne di sviluppo delle
tecniche.
A tal fine, le attività e gli
insegnamenti relativi a “Cittadinanza e Costituzione” di cui alla legge n. 169/08 possono
sviluppare organici raccordi tra le due aree e sviluppare le competenze
chiave per l'apprendimento permanente indicate dall'Unione europea.
Sul piano metodologico, il
laboratorio, le esperienze svolte in contesti reali e l'alternanza scuola- lavoro
sono strumenti indispensabili per la connessione tra l'area di istruzione
generale e l'area di indirizzo; sono luoghi formativi in cui si sviluppa e si
comprende la teoria e si connettono competenze disciplinari diverse; sono
ambienti di apprendimento che facilitano la ricomposizione dei saperi e
coinvolgono, in maniera integrata, i linguaggi del corpo e della mente, il
linguaggio della scuola e della realtà socio-economica.
In un quadro di coinvolgimento
degli studenti, tali strumenti implicano, inoltre, la partecipazione creativa
e critica ai processi di ricerca e di soluzione dei problemi, stimolano la
propensione ad operare per obiettivi e progetti, abituano al lavoro
cooperativo e di gruppo e ad assumere atteggiamenti responsabili ed
affidabili nei confronti del territorio, dell'ambiente e della sicurezza nei
luoghi di vita e di lavoro.
Sul piano organizzativo, il
dipartimento - come illustrato nel paragrafo 2.2 - può essere la struttura
più idonea a sostenere l'integrazione tra le discipline afferenti alle due
aree; esso può avere un ruolo di facilitazione del lavoro collegiale dei
docenti, soprattutto al fine di collegare organicamente i quattro assi
culturali che caratterizzano l'obbligo di istruzione con i risultati di
apprendimento relativi ai diversi indirizzi.
Le istituzioni scolastiche,
utilizzando la quota prevista dall'autonomia scolastica, possono progettare,
nel primo biennio, percorsi didattici pluridisciplinari in termini di
apprendimento per competenze, da articolare in forme coerenti con le scelte
generali del piano dell'offerta formativa e con le indicazioni del curricolo
del primo ciclo di istruzione.
L'asse scientifico-tecnologico
contribuisce a rendere gli studenti consapevoli dei legami tra scienza e
tecnologia, della loro correlazione con il contesto culturale e sociale, con
i modelli di sviluppo e la salvaguardia dell'ambiente. L'insegnamento della
scienza e della tecnologia si colloca, quindi, entro un orizzonte generale in
cui i saperi si ricompongono per offrire ai giovani strumenti culturali ed
applicativi per porsi con atteggiamento razionale, critico e creativo di
fronte alla realtà e ai suoi problemi anche ai fini dell'apprendimento
permanente.
Il raggiungimento di tali
risultati richiede la progettazione di percorsi congiunti in cui si integrano
conoscenze e competenze diverse, metodologie didattiche innovative, idonei
strumenti e strategie anche ai fini dell'orientamento.
La consapevolezza
dell'interdipendenza tra evoluzione della scienza e della tecnologia ed
implicazioni etiche, sociali ed ambientali assume particolare rilievo per
l'integrazione tra le due aree.
Sul piano culturale, al fine di
collegare organicamente i saperi, è essenziale che la ricerca disciplinare
diventi il riferimento culturale per la connessione tra competenze generali e
scientifico-tecnologiche e per l'individuazione di concetti guida nella
comprensione della realtà.
L'integrazione delle scienze
Le scienze integrate non vanno
intese come una nuova disciplina, nella quale si fondono discipline diverse,
ma come l'ambito di sviluppo e di applicazione di una comune metodologia di
insegnamento delle scienze. Essenziale al riguardo è la ricerca e l'adozione
di un linguaggio scientifico omogeneo, di modelli comparabili, nonchè di temi
e concetti che abbiano una valenza unificante.
Integrare non significa
affidarsi ad accostamenti improvvisati, quanto piuttosto impegnarsi in
un'operazione di alto profilo culturale, che richiede consapevolezza,
apertura mentale e grande padronanza del sapere scientifico, non disgiunto
dalla volontà e dalla propensione al lavoro di equipe.
Nel primo biennio,
l'integrazione delle scienze, pur non disperdendo la specificità degli
apporti disciplinari, mira a potenziare e sviluppare l'intima connessione del
sapere scientifico di base, a partire da quanto acquisito nella scuola
secondaria di primo grado e in vista di orientare progressivamente gli
studenti alla scelta degli studi successivi a livello post-secondario.
L'integrazione non è tuttavia affidata all'unicità dell'insegnante; gli
insegnanti possono essere diversi per le diverse discipline. Essa si realizza
nell'attività di progetto che muove dall'individuazione di elementi comuni
che uniformano prospettive, visioni e metodi. Esige un lavoro in team dei
docenti di tutto il consiglio di classe nella programmazione dell'attività
didattica: nella progettazione, nella previsione dei momenti di confronto tra
i docenti interessati su metodi e contenuti, nella preparazione di prove di
verifica dell'apprendimento e nella valutazione dei risultati. Potrà essere
utile costituire nella singola istituzione scolastica un dipartimento
specifico e ricorrere anche ad altre forme di aggregazione territoriale, ad
esempio per i laboratori e per le attività di rilevazione, di supporto e di
controllo.
2.1.2 Curricolo e filiere
produttive
Le filiere produttive
costituiscono gli ambienti di riferimento per i percorsi formativi degli
istituti professionali, che ne caratterizzano la loro identità culturale in
relazione alla scienza, alle tecnologie e all'economia integrate nei processi
tecnologici e organizzativi della produzione, a livello nazionale e
territoriale.
La polivalenza dell'istruzione
professionale è un aspetto che ne ha connotato storicamente l'ordinamento e
ha molto contribuito alla diffusione degli istituti, al loro radicamento
territoriale anche nelle aree economicamente più svantaggiate; questa
peculiarità è un fattore di successo che, nei percorsi quinquennali, è
opportuno conservare e migliorare.
Il nuovo ordinamento introduce
modalità molto flessibili che ne consentono una gestione adattabile ai
fabbisogni locali. Con riferimento alla filiera come integrazione dei
processi produttivi e di servizio a livello settoriale, è possibile
approfondire e specificare ulteriormente i risultati di apprendimento attesi
dagli studenti a conclusione del quinquennio, soprattutto ai fini
dell'inserimento nel mondo del lavoro.
La realizzazione di una
didattica ambientata nelle filiere produttive richiede una specifica
progettazione curricolare, che è opportuno definire in relazione alle
indicazioni del comitato tecnico scientifico, ove costituito.
Il contesto di filiera introduce
argomenti di grande complessità per i rapidi e continui mutamenti del mondo
del lavoro e dei contesti di riferimento. L'organizzazione secondo tale
approccio può dipendere, per esempio, dal settore economico considerato, da
situazioni locali e ambientali e può anche mutare per fattori contingenti.
Gli studenti, inizialmente
attratti da percorsi formativi molto specifici, possono incontrare difficoltà
a comprendere la complessità delle filiere.
È opportuno, quindi, che lo
studio della filiera produttiva si realizzi con misurata gradualità fin dal
primo biennio, avendo a riferimento l'intero percorso quinquennale. È
necessario che i percorsi riferiti alle filiere produttive siano
costantemente monitorati, verificati e confrontati con i soggetti del mondo
del lavoro e del territorio. Ciò richiede che, a livello di singolo istituto,
siano considerate le seguenti azioni:
- programmare in modo coordinato
i risultati di apprendimento con i contesti esterni, nei quali gli studenti
utilizzeranno le conoscenze, abilità e competenze acquisite;
- rivedere periodicamente gli
insegnamenti/apprendimenti tecnici in relazione alle innovazioni delle tecnologie
e dei processi produttivi;
- aggiornare permanentemente i
contenuti e i metodi di valutazione degli apprendimenti. 2.1.3 Il laboratorio
come metodologia di apprendimento Il laboratorio è concepito, nei nuovi
ordinamenti dell'istruzione professionale, non solo come il luogo nel quale
gli studenti mettono in pratica quanto hanno appreso a livello teorico
attraverso la sperimentazione di protocolli standardizzati, tipici delle
discipline scientifiche, ma soprattutto come una metodologia didattica che coinvolge
tutte le discipline, in quanto facilita la personalizzazione del processo di
insegnamento/apprendimento e consente agli studenti di acquisire il “sapere”
attraverso il “fare”, dando forza all'idea che la scuola è il posto in cui si
“impara ad imparare” per tutta la vita. Tutte le discipline possono, quindi,
giovarsi di momenti laboratoriali, in quanto tutte le aule possono diventare
laboratori.
Il lavoro in laboratorio e le
attività ad esso connesse sono particolarmente importanti perchè consentono di
attivare processi didattici in cui gli allievi diventano protagonisti e
superano l'atteggiamento di passività e di estraneità che caratterizza spesso
il loro atteggiamento di fronte alle lezioni frontali.
L'impianto generale dei nuovi
ordinamenti richiede che l'attività laboratoriale venga integrata nelle
discipline sulla base di progetti didattici multidisciplinari orientati
all'acquisizione di competenze.
I nuovi ordinamenti degli
istituti professionali possono offrire, quindi, occasioni per valorizzare i
diversi stili cognitivi, in una rinnovata relazione tra discipline teoriche
ed attività di laboratorio che aiuti lo studente, attraverso un processo
induttivo, a connettere il sapere acquisito in contesti applicativi al sapere
astratto basato su concetti generali e riproducibile nella più ampia
generalità dei contesti.
I docenti, attraverso il
laboratorio, hanno la possibilità di guidare l'azione didattica per
“situazioni-problema” e di utilizzare strumenti per orientare e negoziare il
progetto formativo individuale con gli studenti, che consente loro di
acquisire consapevolezza dei propri punti di forza e debolezza.
Il processo sistematico di
acquisizione e di trasferimento di conoscenze/abilità/competenze che
caratterizza l'apprendimento dello studente può esprimersi, in modo
individuale o collegiale, in un'attività osservabile che si configuri come un
risultato valutabile. Il laboratorio, quindi, rappresenta la modalità
trasversale che può caratterizzare tutta la didattica disciplinare e
interdisciplinare per promuovere nello studente una preparazione completa e
capace di continuo rinnovamento.
Oltre all'utilizzo delle diverse
strumentazioni, delle potenzialità offerte dall'informatica e della
telematica, si può far ricorso alle simulazioni, alla creazione di oggetti
complessi che richiedono l'apporto sia di più studenti, sia di diverse
discipline. In questo caso, l'attività di laboratorio si intreccia con
l'attività di progetto e diventa un'occasione particolarmente significativa
per aiutare lo studente a misurarsi con la realtà. Tirocini, stage ed
esperienze condotte con la metodologia dell'“impresa formativa simulata” sono
strumenti molto importanti per far acquisire allo studente competenze utili
per l'orientamento e per l'occupabilità.
Collegato al laboratorio e alla
laboratorialità, il rapporto con il lavoro costituisce un pilastro essenziale
del riordino dei professionali. Le attività di stage e i tirocini formativi,
opportunamente progettati, offrono agli studenti la possibilità di osservare
personalmente la realtà lavorativa del territorio, traendo informazioni e
imparando ad elaborare il proprio progetto di vita.
2.2 Aspetti trasversali
2.2.1 Legalità, cittadinanza e
Costituzione
La decisione n. 1904/2006/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 ha istituito il
programma "Europa per i cittadini" mirante a promuovere la
cittadinanza europea attiva e a sviluppare l'appartenenza ad una società
fondata sui principi di libertà, democrazia e rispetto dei diritti dell'uomo,
diversità culturale, tolleranza e solidarietà, in conformità della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata il 7 dicembre 2007.
Educare alla legalità significa
elaborare e diffondere un'autentica cultura dei valori civili, cultura che
intende il diritto come espressione del patto sociale, indispensabile per
costruire relazioni consapevoli tra i cittadini e tra questi ultimi e le
istituzioni.
Consente, cioè, l'acquisizione
di una nozione più profonda ed estesa dei diritti di cittadinanza, a partire
dalla reciprocità fra soggetti dotati della stessa dignità; aiuta a
comprendere come l'organizzazione della vita personale e sociale si fondi su
un sistema di relazioni giuridiche; sviluppa la consapevolezza che condizioni
quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possano considerarsi come
acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate,
protette.
I risultati di apprendimento
comuni a tutti i percorsi dell'istruzione professionale contribuiscono a
fornire agli studenti un sistema di valori coerenti con i principi della
Costituzione. Le attività e gli insegnamenti relativi a “Cittadinanza e
Costituzione” coinvolgono pertanto tutti gli ambiti disciplinari
dell'istruzione professionale e si sviluppano, in particolare, in quelli di
interesse storico-sociale e giuridico-economico; interessano, però, anche le
esperienze di vita e, nel triennio, le attività di alternanza scuola- lavoro,
con la conseguente valorizzazione dell'etica del lavoro.
In questa prospettiva, il
bagaglio culturale dei giovani è frutto della interazione tra apprendimenti
formali e non formali; la cultura della cittadinanza e della legalità è il
risultato dell'esperienze e delle conoscenze acquisite anche fuori della
scuola, e, contemporaneamente, evidenzia come l'educazione alla democrazia ed
alla legalità trova nel protagonismo degli studenti e delle studentesse un
ambito privilegiato; i diritti-doveri di cittadinanza si esplicano nel
rispetto delle regole e nella partecipazione di tutti i cittadini alla vita
civile, sociale, politica ed economica.
È un orientamento
tendenzialmente finalizzato a prevenire il diffuso malessere dei giovani
nella scuola e nella società, che si esprime in molteplici forme e dimensioni
come l'abbandono precoce, lo scarso rendimento scolastico, le difficoltà di
apprendimento, la fuga dalle regole del vivere civile e sociale.
A riguardo, particolare
importanza riveste la dimensione dell'accoglienza quale strumento con il
quale la scuola, nell'accogliere, conosce e valorizza tutti gli apporti dei
singoli alunni, anche quelli di diversa cultura ed abilità e cura - nella
propria autonomia - la comunicazione, dando adeguato spazio ad attività in
cui ciascuno possa esprimersi liberamente utilizzando le competenze informali
e non formali possedute, molto spesso non adeguatamente valorizzate, per
assumere compiti e funzioni utili per la collettività scolastica.
Già nel primo biennio dei
percorsi di istruzione professionale, il superamento dei tradizionali
programmi di Educazione civica avviene, quindi, sulla base di una concreta
prospettiva di lavoro che incardina Cittadinanza e Costituzione nel
curricolo, perchè è concepita non come discorso aperto a tutte le
prospettive, ma come un orizzonte di senso trasversale e come un organico
impianto culturale diretto a conferire particolare rilievo al concetto di
“cittadinanza attiva”; esso diviene, come tale, elemento catalizzatore della
valenza educativa di tutte le discipline. Il richiamo alla “cittadinanza
attiva” è basato sugli orientamenti europei in materia di apprendimento
permanente, recepiti nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del
Consiglio del 18/12/2006, relativa, appunto, alle competenze chiave per
l'apprendimento permanente (2006/962/CE), assunte come riferimento a livello nazionale,
dal Decreto
ministeriale 22/8/2007, n. 139 (Regolamento recante norme in
materia di adempimento dell'obbligo di istruzione).
Nell'insegnamento di
“Cittadinanza e Costituzione”, è molto importante focalizzare lo studio sulla
Costituzione italiana, a partire dall'Assemblea Costituente, e fare in modo
che diventi, attraverso l'impegno dei docenti, parte fondante delle coscienze
e dei comportamenti dei giovani in rapporto a diritti e doveri
costituzionalmente sanciti.
Gli istituti professionali
attuano l'insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” con prevalente
riferimento a principi e valori afferenti l'asse scientifico-tecnologico che
li caratterizza e ai risultati di apprendimento previsti per l'area di
istruzione generale e per le aree di indirizzo. Tra essi particolare
rilevanza assumono le questioni concernenti la possibilità di collocare
l'esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco
riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della
persona, della collettività e dell'ambiente, come espressamente indicato
nell'obbligo di istruzione.
Tale obiettivo si consegue più
puntualmente nel primo biennio attraverso lo studio della Costituzione Italiana
(principi, libertà, diritti e doveri), dell'Unione europea e delle grandi
organizzazioni internazionali, nonchè dei concetti di norma giuridica e fonti
del diritto e della loro codificazione. A tale studio concorrono
prioritariamente storia, diritto ed economia. È opportuno, inoltre, che i
docenti di storia che insegnano nei percorsi degli istituti professionali
affrontino tali aspetti anche in una prospettiva geografica.
Anche il tema dell'educazione
finanziaria e del relativo grado di “alfabetizzazione” dei cittadini
(financial literacy) è di grande rilevanza all'interno della prospettiva qui
considerata, poichè le scelte finanziarie hanno conseguenze determinanti
sulla qualità e sullo stile di vita dei cittadini e sulla legalità della
collettività. Per questo è necessario dotare gli studenti di strumenti utili
a comprendere benefici e rischi collegati ad un corretto utilizzo di beni e
servizi finanziari quale utile contributo per la cittadinanza consapevole.
La stessa prospettiva
curricolare in cui si colloca “Cittadinanza e Costituzione” favorisce il
coinvolgimento e valorizza infine la progettazione collegiale e l'attività
laboratoriale di tutti i docenti che, proprio in rapporto alla specificità
culturale dell'istruzione professionale, sono chiamati ad affrontare con gli
studenti aspetti e problemi di rilevante importanza come la sicurezza,
l'igiene e la salubrità dei luoghi di produzione e di lavoro, anche nel corso
di stage e percorsi di alternanza scuola-lavoro.
2.2.2 La conoscenza
dell'ambiente e del territorio
I risultati di apprendimento
relativi al profilo culturale, educativo e professionale degli istituti
professionali contengono espliciti riferimenti alla dimensione geografica dei
saperi. La geografia, infatti quale scienza che studia processi, segni e
fenomeni, derivanti dall'umanizzazione del nostro pianeta, sviluppa
competenze che riguardano sia l'area di istruzione generale sia quelle più
specifiche di indirizzo.
Tale insegnamento, trattando
tematiche relative alla sfera dell'uomo e della natura, può essere concepito,
simultaneamente e/o alternativamente, come "umanistico" e come
“scientifico”, configurandosi come ponte e snodo tra i diversi saperi e mappa
di riferimento per l'acquisizione di competenze linguistiche, storiche,
economiche, sociali e tecnologiche.
La consapevolezza delle
connessioni tra aspetti geografici e strutture demografiche, economiche,
sociali e culturali, il confronto tra le tradizioni culturali locali e
internazionali, l'uso di strumenti tecnologici a tutela dell'ambiente e del
territorio, rafforzano la cultura dello studente, lo pongono nelle condizioni
di inserirsi nei contesti professionali con autonomia e responsabilità e
favoriscono la mobilità anche in contesti globali. Il discorso geografico
s'inquadra fondamentalmente in una visione sistemica e d'insieme, nella quale
confluiscono varie componenti che afferiscono a discipline diverse.
La grande varietà di competenze
geografiche può essere proposta agli alunni e didatticamente tradotta in più
modi e in più forme a scuola, costituendo un momento didatticamente
propulsivo. Infatti, l'oggetto della geografia è radicato nella realtà stessa
del mondo in cui viviamo: da qui l'aiuto sostanzioso che lo studente può
ricevere, sia per avere il "senso" degli avvenimenti correnti sia
per formulare valutazioni informate su problemi demografici, economici,
socio-culturali, politici, ambientali.
D'altra parte, però, le
possibilità di comunicazione e di informazione sono legate alla
disponibilità, alla varietà e alla qualità delle fonti. Le informazioni vanno
attentamente vagliate; a scuola è necessario fornire gli alunni di valide
chiavi di interpretazione, che consentano una valutazione seria delle fonti
(alle quali bisogna "reagire" in modo attivo e partecipe). Un tipo
di approccio interdisciplinare agevola, comunque, la diversificazione delle
fonti da utilizzare. Questa metodologia aiuta, tra l'altro, l'insegnante a
proporre confronti critici che sono necessari all'alunno per guardare la
realtà da diverse prospettive e per giungere ad una migliore comprensione,
interpretazione e valutazione dei problemi da affrontare.
L'interdipendenza tra discipline
storiche e geografiche costituisce un binomio per percorsi di approfondimento
geo-storici di tipo interdisciplinare. La cartografia non può prescindere,
infatti, da operazioni matematico-geometriche, il linguaggio della
geo-graficità contribuisce alla competenza linguistica più generale.
Nel primo biennio, in
particolare, gli aspetti geografici forniscono i concetti di base sull'organizzazione
territoriale, sulla comprensione del significato dell'ambiente naturale e
artificiale, sull'utilizzo corretto delle fonti (atlanti, carte geografiche,
ecc.), sulla specificità del linguaggio cartografico anche in vista del
prosieguo degli studi.
Luogo privilegiato per affinare
ed integrare le competenze geografiche è anche in questo caso il laboratorio
che si configura come centro di documentazione, sul territorio e nel
territorio, che favorisce il dialogo con il mondo esterno, anche attraverso attività
mirate e consente l'utilizzo dei vari linguaggi (grafico, numerico, visivo
spaziale, sociale, ecc.) in una ricomposizione unitaria dei saperi.
Per quanto riguarda la scelta
delle tematiche e delle conoscenze specifiche dell'educazione geografica, sul
sito dell'ANSAS è proposto un repertorio di esemplificazioni, dal quale le
istituzioni scolastiche interessate possono attingere, nella loro autonomia,
per percorsi di approfondimento, riguardanti le seguenti discipline:
italiano, matematica, storia, scienze, lingua inglese, diritto ed economia,
disegno tecnico, informatica, storia e scienze.
2.2.3 La formazione per la
sicurezza
Il riordino degli istituti
professionali, nel riconfigurare gli indirizzi e ridisegnare il profilo
educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo
ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, pone particolare
attenzione al corredo culturale ed etico legato alla sicurezza in tutte le
sue accezioni e all'effettivo collegamento tra scuola e mondo del lavoro, ove
tale tematica, insieme con la salvaguardia dell'ambiente, emerge con
particolare criticità.
Lo studio della sicurezza,
svolto in continuità e coerenza con le competenze chiave di cittadinanza,
promuove, inoltre, comportamenti generali adeguati e stili di vita sani e
sicuri.
In relazione all'assolvimento
dell'obbligo di istruzione, gli argomenti che riguardano la sicurezza trovano
corrispondenze nei saperi e nelle competenze riguardanti gli assi
scientifico-tecnologico e storico-sociale; gli strumenti per affinarne lo
studio si possono acquisire anche attraverso i saperi e le competenze
relativi all'asse dei linguaggi e all'asse matematico.
Gli approfondimenti disciplinari
sulla sicurezza assumono un carattere specifico negli istituti professionali
essendo riferiti alla loro identità, esplicitata dai risultati di
apprendimento delle aree di istruzione generale e di indirizzo, come si
evince dal Regolamento (d.P.R. 15
marzo 2010, n. 87, allegato A, punto 2.1). A conclusione dei
percorsi degli istituti professionali, gli studenti sono in grado di
padroneggiare l'uso di strumenti tecnologici, con particolare attenzione alla
sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro, alla tutela della persona,
dell'ambiente e del territorio.
Questo implica che, in tutti i
percorsi dell'istruzione professionale, la sicurezza è un valore da
perseguire attivamente, attraverso le attività di progettazione, produzione,
costruzione, gestione e organizzazione, svolte nel rispetto di criteri,
regole e leggi dello Stato, secondo il principio che la sicurezza è un valore
intrinseco e non complementare o addizionale ad ogni attività.
Il riferimento a tale principio
può avere effetti di grande efficacia, specialmente se viene introdotto fin
dalla fase dell'obbligo di istruzione, che si compie nel primo biennio, nel
quale gli apprendimenti tecnici vengono fondati e sviluppati insieme con la
dimensione etica del comportamento. Particolare valore formativo assume la
contestualizzazione delle esperienze dello studente attraverso il rapporto
col territorio, l'analisi e l'interpretazione di casi, dati e testimonianze,
per riconoscere e riconoscersi nel sistema di regole a tutela della Persona,
della collettività e dell'ambiente, fondate sulla Costituzione.
Sul piano organizzativo della
didattica, si osservi come le tematiche della sicurezza siano
multidisciplinari e coinvolgano tutti i docenti, negli aspetti generali e
nella specificità culturale dell'istruzione professionale. È quindi opportuno
che tutti concorrano in maniera cooperativa alla progettazione e
realizzazione degli esiti di apprendimento convenuti, con attività
laboratoriali e prioritariamente attraverso la concreta applicazione dei
principi della sicurezza nei contesti specifici ambientali e di apprendimento
(T.U. 81/2008). Per l'approfondimento delle tematiche nei contesti esterni
alla scuola, potranno essere proficuamente realizzati stage e percorsi di
alternanza scuola/ lavoro.
Nel prosieguo del percorso, le
competenze specifiche sulla sicurezza indicate nei risultati di apprendimento
si caratterizzeranno per una maggiore complessità e per una correlazione più
specifica agli aspetti peculiari di ogni settore, relativi sia
all'operatività (strumenti, sostanze, procedure e dispositivi) che alle
interazioni con l'ambiente e al relativo impatto.
Tutte le discipline concorrono,
quindi, a sviluppare e a potenziare le competenze degli studenti in fatto di
sicurezza, per arricchirne i profili con i riferimenti culturali ed etici
indispensabili perchè essi divengano lavoratori capaci di assumere
comportamenti professionalmente responsabili.
2.3 Aspetti specifici
2.3.1. Laboratori tecnologici ed
esercitazioni
La finalità del nuovo
insegnamento
La disciplina “Laboratori
tecnologici ed esercitazioni” è prevista nei seguenti indirizzi: “Servizi per
l'agricoltura e lo sviluppo rurale”, “Produzioni industriali e artigianali” e
“Manutenzione e assistenza tecnica”.
La denominazione della
disciplina è formulata in modo generale sia per consentire agli istituti
professionali di interpretarla sia per renderne esplicita l'attività
operativa, incentrata sul laboratorio e sulle esercitazioni pratiche, con
riferimento alle filiere produttive di interesse. Le sue caratterizzazioni sono,
però, strettamente correlate ai processi produttivi studiati negli indirizzi,
da cui attinge contenuti, metodi e profili organizzativi.
Si rimette, in tal modo, al
centro della preparazione alla professione il valore formativo e umanistico
del lavoro, della manualità, dello stretto e fondamentale rapporto tra
conoscenze teoriche ed applicazioni pratiche assumendo, in modo essenziale
nella progettazione didattica, il riferimento ai contesti reali del
territorio e, in generale, al settore produttivo e alla filiera di
appartenenza.
Il preciso riferimento al reale
contesto produttivo d'interesse permette di:
- padroneggiare l'uso degli
strumenti, delle tecniche e dei linguaggi caratteristici delle filiere,
- affrontarne e risolverne
gradualmente le problematiche principali,
- analizzarne i processi
produttivi/organizzativi e realizzare oggetti tecnici o intervenire su di
essi o sulla relativa produzione,
Queste caratteristiche “glocal”,
di particolare complessità, pongono la disciplina in una particolare relazione
con tutti gli altri insegnamenti, sia con quelli dell'area di indirizzo, in
qualche misura affini per contenuti e metodi, sia con quelli dell'area
generale, con i quali sono condivisi, in modo essenziale, anche i risultati
di apprendimento. Per questo è necessario che la progettazione didattica del
Consiglio di classe miri a ricercare temi, oggetti e prodotti attraverso i
quali lo studente possa continuamente verificare che le discipline gli
offrono strumenti di approccio e rapporto con la realtà del lavoro.
Si realizza così un contesto
educativo teso a reintrodurre, nell'istruzione, una autentica cultura del
lavoro, fatta di professionalità e laboratorialità, dove si “impara lavorando
e facendo”, ci si introduce alla costruzione di prodotti ed alla organizzazione
di servizi portatori di “valore” e tali da saperli consegnare a chi li deve
saper apprezzare.
Con riferimento ai risultati di
apprendimento previsti dalle indicazioni nazionali riguardanti l'obbligo di
istruzione, i docenti possono stabilire, nell'insegnamento della disciplina,
utili correlazioni, soprattutto con l'asse scientifico-tecnologico, nel quale
si collocano prevalentemente le tematiche di “Laboratori tecnologici ed
esercitazioni”, e con l'asse storico-sociale, ove sono collocati gli argomenti
dell'economia, dei profili giuridici del lavoro e dell'evoluzione sociale dei
processi produttivi. Da tali molteplici correlazioni possono derivare
altrettante opportunità di coordinamento didattico fra i contenuti di
discipline diverse nel campo della tecnologia quale, ad esempio,
l'integrazione delle leggi di fisica e di chimica con le normative tecniche
concernenti la sicurezza di prodotti, impianti e processi sotto il profilo
della salute delle persone e della salvaguardia ambientale.
La declinazione della disciplina
negli indirizzi
Nel quadro comune delle finalità
sopra citate, la disciplina è finalizzata al conseguimento degli esiti di
apprendimento, generali e specifici, previsti negli allegati B) e C) del
Regolamento.
In relazione alle competenze di
base previste dalle indicazioni nazionali relative all'obbligo di istruzione,
che si completa col primo biennio dell'istruzione secondaria superiore,
l'azione didattica della disciplina concorre prioritariamente a mettere in
grado lo studente di:
- osservare, descrivere ed
analizzare fenomeni appartenenti alla realtà naturale e artificiale e
riconoscere, nelle varie forme, i concetti di sistema e di complessità;
- essere consapevole delle
potenzialità e dei limiti dei materiali, degli strumenti e delle tecnologie
nel contesto culturale e sociale in cui vengono applicate;
- analizzare qualitativamente e
quantitativamente fenomeni legati alle trasformazioni di energia ed
all'utilizzo di materiali a partire dall'esperienza.
- realizzare progetti che riassumano
ed aiutino il percorso di trasformazione delle conoscenze in realizzazione di
prodotti e servizi caratteristici del settore di riferimento.
È opportuno che tali risultati
di apprendimento siano collegati con quelli specifici di indirizzo, che acquistano
maggiore spessore e rilevanza, gradualmente, con riferimento alle discipline
che caratterizzano, nello sviluppo del curricolo, il percorso quinquennale.
Nel settore “Servizi”, in
relazione all'indirizzo “Servizi per l'agricoltura e lo sviluppo rurale”, la
disciplina “Laboratori tecnologici ed esercitazioni” concorre
all'acquisizione di competenze specialistiche in esito al quinquennio che,
fin dall'inizio del percorso, si fondano sulla conoscenza approfondita delle
specie vegetali e del territorio, sotto i variegati profili delle tipicità
fisico-meccaniche dei suoli in ordine alle coltivazioni possibili e dei
parametri ambientali ed agronomici in ordine alle produzioni impiantabili.
È utile che gli apprendimenti
privilegino l'uso di strumenti, mezzi e metodi di analisi, rappresentazione,
visualizzazione e interpretazione della realtà che, per la loro generalità,
possono essere proficuamente impiegati anche in altri contesti.
Nel settore “Industria e
artigianato”, la disciplina, collocata nelle due articolazioni dell'indirizzo
“Produzioni industriali e artigianali” e nell'indirizzo “Manutenzione e
assistenza tecnica”, presenta differenti esiti di apprendimento negli
indirizzi, in quanto assume connotazioni diverse nei vari contesti operativi,
caratteristici, rispettivamente, dell'organizzazione industriale, artigianale
o della manutenzione, che rimane pur sempre un servizio alla clientela, anche
quando questa venga individuata nell'ambito del “sistema di qualita”.
La disciplina “Laboratori
tecnologici ed esercitazioni” concorre all'acquisizione di competenze
specialistiche in esito al quinquennio che, fin dall'inizio dei percorsi, si
fondano su abilità e conoscenze fondamentali da correlare con le competenze
di base nei contesti organizzativi di riferimento. Infatti, la natura
dell'impresa, industriale o artigianale, non si può configurare in astratto a
prescindere dal carattere prevalente della filiera produttiva di interesse.
Ne consegue che, fin dalla fase
progettuale dei percorsi e nell'organizzazione della didattica, il percorso
di insegnamento/apprendimento va riferito alla realtà delle imprese
effettivamente presenti sul territorio. A riguardo possono costituire
strumenti molto importanti:
- la realizzazione di prodotti e
servizi a carattere esemplare e sempre più complessi lungo il quinquennio, in
relazione ad esigenze sempre più concrete di committenza esterna,
particolarmente significativa per il percorso formativo, - la metodologia
dell'alternanza e della scuola-bottega,
- lo studio di casi, delle
tecniche di progettazione, degli strumenti di realizzazione, dei principali
impianti di settore, delle diverse forme di organizzazione produttiva e
manutentiva;
- la simulazione di impresa in
stretta collaborazione con soggetti economici esterni.
2.3.2. Scienze
motorie e sportive
L'insegnamento di scienze
motorie e sportive negli istituti professionali fa riferimento a quanto
previsto dall'art. 2, comma 2, del Regolamento. Esso costituisce un ambito
essenziale per favorire negli studenti il perseguimento di un equilibrato
sviluppo e un consapevole benessere psico-fisico.
Non a caso è previsto che tale
insegnamento concorra a far conseguire allo studente, al termine del percorso
quinquennale, risultati di apprendimento che lo mettano in grado di avere
consapevolezza dell'importanza che riveste la pratica dell'attività motoria -
sportiva per il benessere individuale e collettivo e di saperla esercitare in
modo efficace. Si tratta di una prospettiva finalizzata a valorizzare la
funzione educativa e non meramente addestrativa delle scienze motorie e
sportive.
Tenuto conto che nell'obbligo di
istruzione non sono indicate specifiche competenze al riguardo, può essere
opportuno segnalare, nel rispetto dell'autonomia scolastica e didattica,
alcune concrete conoscenze e abilità perseguibili al termine del primo
biennio.
Esse riguardano non solo aspetti
collegati alla pratica motoria e sportiva, come ad esempio quelli relativi
all'esecuzione di corrette azioni motorie, all'uso di test motori appropriati
o ai principi di valutazione dell'efficienza fisica, ma anche quelli relativi
alla consapevolezza del ruolo culturale ed espressivo della propria
corporeità in collegamento con gli altri linguaggi.
Inoltre, in questo insegnamento
assume speciale rilevanza la dimensione delle competenze sociali o
trasversali, in particolare quelle collegabili all'educazione alla
cittadinanza attiva, tra cui si possono prevedere fin nel primo biennio le
seguenti:
- utilizzare le regole sportive
come strumento di convivenza civile, - partecipare alle gare scolastiche,
collaborando all'organizzazione dell'attività sportiva anche in compiti di
arbitraggio e di giuria, - riconoscere comportamenti di base funzionali al
mantenimento della propria salute,
- riconoscere e osservare le
regole di base per la prevenzione degli infortuni adottando comportamenti
adeguati in campo motorio e sportivo.
Sul piano metodologico, il
percorso didattico - in coerenza con queste valenze educative - è finalizzato
a colmare eventuali lacune nella formazione di base, ma soprattutto a
valorizzare le potenzialità di ogni studente in ordine alla integralità del
proprio sviluppo.
Allegato
A)
Declinazione
dei risultati di apprendimento in conoscenze e abilità per il primo biennio
A.1 Settore
Servizi
A.2 Settore
Industria e Artigianato
Il presente allegato è stato
redatto con riferimento alle indicazioni nazionali per l'adempimento
dell'obbligo di istruzione di cui al regolamento emanato con decreto del
Ministro della Pubblica istruzione n. 139/2007 e ai
risultati di apprendimento - allegati B) e C) del regolamento
d.P.R. n. 87/2010.
Allegato
A.1
SETTORE
SERVIZI
Primo
biennio
Indirizzi:
- “Servizi per l'agricoltura e
lo sviluppo rurale”
- “Servizi socio-sanitari”
- “Servizi per l'enogastronomia
e l'ospitalità alberghiera”
- “Servizi commerciali”
PREMESSA
Il settore “Servizi” comprende
quattro ampi indirizzi, riferiti ad aree produttive molto diffuse, articolate
e interessate da profonda innovazione: servizi per l'agricoltura e lo
sviluppo rurale, servizi socio-sanitari, servizi per l'enogastronomia e
l'ospitalità alberghiera, servizi commerciali(1).
(1) Sistema Informativo
Excelsior - Rapporto Unioncamere 2010:
L'economia reale dal punto di
osservazione delle Camere di Commercio.
A cura del Centro Studi
Unioncamere, 30 aprile 2010.
Gli indirizzi e le loro articolazioni,
pur nella diversità delle filiere di riferimento, sono connotati da elementi
comuni che riguardano, principalmente, l'evoluzione dei bisogni e le
innovazioni in atto nel settore; la valorizzazione dell'ambiente e del
territorio; l'ottimizzazione delle nuove tecnologie nell'erogazione e
gestione dei servizi; un'ampia flessibilità per l'integrazione con i soggetti
pubblici e privati operanti sul territorio.
I risultati di apprendimento
attesi dagli studenti a conclusione dei percorsi quinquennali del settore
sono coerenti con l'obiettivo di consentire al diplomato di agire con
autonomia e responsabilità e di assumere ruoli operativi nei processi
produttivi relativi alle citate filiere. È molto importante, quindi, che i
curricoli siano orientati a facilitare l'acquisizione di apprendimenti più
efficaci e stabili nel tempo mediante approcci fondati sull'osservazione del
reale e su esperienze in contesti lavorativi, indispensabili per affrontare
le problematiche professionali in una prospettiva dinamica.
Le discipline di indirizzo sono
presenti nel percorso, fin dal primo biennio, in funzione orientativa e
concorrono a far acquisire agli studenti i saperi e le competenze relativi
all'obbligo di istruzione; si sviluppano, nel secondo biennio e quinto anno, con
gli approfondimenti necessari per sostenere gli studenti nelle loro
successive scelte di studio e di lavoro.
Le competenze acquisite dagli
studenti nell'intero percorso di studio sono configurate a partire dal quadro
unitario definito dagli assi culturali dell'obbligo di istruzione, che ne
risulta progressivamente potenziato. Le discipline di indirizzo concorrono,
in particolare, in linea con le indicazioni dell'Unione europea, ad educare
all'imprenditorialità e consentono agli studenti di sviluppare una visione
orientata al cambiamento, all'iniziativa, alla creatività, alla mobilità
geografica e professionale, nonchè all'assunzione di comportamenti
socialmente responsabili, che li mettano in grado di organizzare il proprio
progetto di vita e di lavoro.
Allegato
A.2
SETTORE
INDUSTRIA E ARTIGIANATO
Primo
biennio
Indirizzi:
- “Produzioni industriali e
artigianali”
- “Manutenzione e assistenza
tecnica”
PREMESSA
Il settore “Industria e
artigianato” comprende due ampi indirizzi riferiti rispettivamente alle
produzioni industriali e artigianali e alla manutenzione e assistenza
tecnica.
Gli indirizzi e le loro
articolazioni, pur nella diversità delle filiere di riferimento, sono
connotati da elementi comuni che riguardano esigenze generali, principalmente
l'adeguamento all'evoluzione dei bisogni ed alle innovazioni tecnologiche ed
organizzative delle produzioni, la tutela dell'ambiente, la sicurezza dei
luoghi di vita e di lavoro, l'integrazione con il mondo del lavoro e con
istituzioni, soggetti pubblici e privati operanti sul territorio.
I risultati di apprendimento
attesi dagli studenti a conclusione dei percorsi quinquennali del settore
sono coerenti con l'obiettivo di consentire al diplomato di agire con
autonomia e responsabilità nei processi produttivi e di assumere ruoli
operativi nei processi produttivi relativi alle citate filiere.
Lo studente affronta, nel primo
biennio, lo studio di alcune discipline obbligatorie che, anche attraverso
una articolata didattica laboratoriale, favoriscono l'orientamento verso la
scelta effettiva dell'indirizzo. Queste discipline - “Tecnologie e tecniche
di rappresentazione grafica”, ”Scienze integrate (Fisica)” e “Scienze
integrate (Chimica)”, “Tecnologie dell'informazione e della comunicazione”-
comuni a tutto il settore, si caratterizzano in modo peculiare in relazione
agli specifici risultati di apprendimento d'indirizzo e si complementano
nella progettazione didattica. Esse costituiscono, di fatto, il nucleo
contenutistico-metodologico dei successivi apprendimenti di indirizzo ( nelle
diverse articolazioni) che vengono gradualmente introdotti con la disciplina
“Laboratori tecnologici ed esercitazioni”, le cui attività laboratoriali, in
questa fase, hanno ancora funzioni prevalentemente orientative.
Nel secondo biennio e nel quinto
anno i risultati di apprendimento dei due indirizzi sono riferiti alle
relative competenze specialistiche per tener conto dei peculiari processi
produttivi dell'industria e dell'artigianato e per sostenere gli studenti
nelle loro successive scelte di studio e di lavoro.
Le competenze acquisite dagli
studenti nell'intero percorso di studio sono configurate a partire dal quadro
unitario definito dagli assi culturali dell'obbligo di istruzione, che ne
risulta progressivamente potenziato. Le discipline di indirizzo concorrono,
in particolare, in linea con le indicazioni dell'Unione europea, ad educare
all'imprenditorialità e consentono agli studenti di sviluppare una visione
orientata al cambiamento, all'iniziativa, alla creatività, alla mobilità
geografica e professionale, nonchè all'assunzione di comportamenti
socialmente responsabili, che li mettano in grado di organizzare il proprio
progetto di vita e di lavoro.
ALLEGATI
Discipline
Istituti Professionali
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