Presidenza del Consiglio dei
Ministri
DIPARTIMENTO
DELLA FUNZIONE PUBBLICA
UFFICIO
PERSONALE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
SERVIZIO
TRATTAMENTO PERSONALE
20 ottobre
2008
CIRCOLARE
N. 10
Decreto legge n. 112 del 2008 -
"Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria" - art. 72 - "Personale dipendente prossimo al compimento
dei limiti di età per il collocamento a riposo".
Con il decreto legge n.
112 del 2008, convertito con modifiche in legge n. 133 del
2008, nell'ambito delle misure intese alla stabilizzazione della
finanza pubblica ed in relazione al disegno di riorganizzazione e di
razionalizzazione delle pubbliche amministrazioni nonché di progressiva
riduzione del numero dei dipendenti pubblici. è stato introdotto il nuovo
istituto dell'esonero dal servizio. sono state previste importanti innovazioni
in materia di trattenimento in servizio dei pubblici dipendenti ed è stata
disciplinata la risoluzione del contratto di lavoro per i dipendenti che
abbiano maturato 40 anni di anzianità contributiva. Le norme rilevanti sono
contenute nell'art. 72 del
decreto.
Considerata la complessità e la
delicatezza delle innovazioni, si ritiene opportuno fornire alcuni indirizzi
applicativi, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, per
favorire condotte omogenee da parte delle pubbliche amministrazioni.
Le innovazioni contenute nel
predetto articolo, come anticipato, possono essere distinte in tre parti:
1. le
disposizioni relative all'esonero dal servizio (commi da 1 a 6);
2. le disposizioni relative al trattenimento in servizio per un
biennio (commi da 7 a 10);
3. le
disposizioni relative alla risoluzione del rapporto di lavoro per coloro che
hanno raggiunto l'anzianità contributiva di 40 anni (comma 11).
1. Disposizioni relative
all'esonero dal servizio (commi da 1 a 6).
Ambito di applicazione e soggetti
legittimati.
Il comma 1 dell'art. 72 prevede
che per gli anni 2009, 2010 e 2011 il personale in servizio presso le
amministrazioni dello Stato. anche ad ordinamento autonomo, le agenzie fiscali.
la Presidenza del Consiglio dei ministri. gli enti pubblici non economici. le
università. le istituzioni ed enti di ricerca nonché gli enti di cui all'art. 70, comma
4, del decreto legislativo 30 marzo 2001. n. 165, può
chiedere di essere esonerato dal servizio nel corso del quinquennio antecedente
la data di maturazione dell’anzianità massima contributiva di 40 anni.
Le amministrazioni che possono
fare applicazione dell’istituto sono soltanto quelle specificamente indicate
dalle legge. Inoltre, come risulta dall’ultimo periodo del comma 1, la
disposizione non trova applicazione nei confronti del personale della scuola.
Ai sensi del primo periodo del
comma 1 il collocamento in posizione di esonero può essere chiesto da parte del
dipendente nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione
dell’anzianità massima contributiva di 40 anni. Nel medesimo comma viene
altresì specificato che la domanda di collocamento nella posizione di esonero
va presentata dal dipendente entro il 1° marzo di ciascun anno, a condizione che
nell’anno di presentazione della domanda medesima egli raggiunga il “requisito
minimo di anzianità contributivo richiesto”. Tale requisito minimo va
individuato nel regime previdenziale di iscrizione del dipendente ed è pari a
35 anni per conseguire la pensione di anzianità (art. 1, comma 2,
lettera a, della legge n. 247 del 2007). Sulla base di questa
condizione la data iniziale del periodo di esonero non può essere antecedente a
quella del raggiungimento del requisito minimo. Quindi, l’amministrazione deve
verificare la sussistenza del requisito sia per le domande presentate dai
dipendenti che dichiarano di averlo già maturato sia per quelle presentate dai
dipendenti che dichiarano di maturarlo nel corso dell’anno di presentazione.
Procedura per il collocamento
nella posizione di esonero - la discrezionalità dell’amministrazione.
Il collocamento in posizione di
esonero non rappresenta una fattispecie a regime ma un istituto che può essere
utilizzato dalle amministrazioni, ai fini della progressiva riduzione del
personale in servizio, solo per gli anni 2009, 2010 e 2011 e, a seconda dei
requisiti e della domanda del soggetto interessato, può essere disposto per la
durata massima di un quinquennio.
Come viene specificato nel comma 1
dell’art. 72, il
collocamento in posizione di esonero viene disposto dall’amministrazione previa
istanza del dipendente interessato, da presentare entro il 1° marzo di ciascun
anno. La domanda è irrevocabile.
La previsione di tale termine
deriva dalla circostanza che l’accoglimento della domanda non è automatico ma
richiede una valutazione da parte dell’amministrazione che potrà o meno
accogliere la richiesta sulla base delle proprie esigenze funzionali ed
organizzative.
Come specificato dal comma 2,
nella valutazione delle domande l’amministrazione dovrà tenere in evidenza
prioritaria:
- i soggetti interessati da processi
di riorganizzazione della rete centrale e periferica e di razionalizzazione
delle strutture (quali, ad esempio, quelli previsti dagli articoli 26 e 74 del
medesimo decreto legge) che comportano una riduzione di personale dirigenziale
e non;
- i dipendenti appartenenti a
posizioni per le quali, in relazione alla nuova classificazione professionale
ed all’individuazione dei relativi profili, improntata a principi di maggiore
flessibilità nell’utilizzo delle risorse e nell’assolvimento delle rispettive
mansioni, si prevede un diverso fabbisogno funzionale ed una conseguente
riduzione dei posti in pianta organica.
Tenuto conto di ciò
l’amministrazione nell’esame della domanda non può prescindere da una
valutazione e programmazione complessiva dei fabbisogni di personale che deve
essere operata in ragione:
1) delle
proprie esigenze organizzative connesse con gli interventi di
razionalizzazione;
2) delle strategie e delle
politiche che intende attuare in materia di reclutamento e sviluppo delle
risorse umane;
3) delle
risorse finanziarie disponibili per nuove assunzioni;
4) dal numero delle domande e
dall’esito delle valutazioni relative alle richieste di trattenimento in
servizio di cui al successivo comma 7;
5) dei criteri da applicare
sull’eventuale collocamento a riposo dei dipendenti che abbiano compiuto i 40
anni di anzianità contributiva di cui al comma 11.
Anche in relazione a tali esigenze
programmatorie, è prevista l’irrevocabilità della domanda del dipendente.
L’amministrazione, sulla base dell’istruttoria complessiva delle domande e
delle esigenze sopra evidenziate, potrà o meno concedere l’esonero. Nel
compiere le valutazioni sarà opportuno tenere in debita considerazione il
parere del responsabile della struttura nella quale il richiedente è inserito.
In ordine al termine del periodo
di esonero, si ritiene che - ferma restando la sua durata massima quinquennale
- l’amministrazione, nell’assentire all’istanza, debba regolare la decorrenza
dell’esonero tenendo conto della data di decorrenza della pensione, in modo da
evitare soluzioni di continuità tra la corresponsione del trattamento
retributivo di esonero e la corresponsione del trattamento di pensione. In base
alla normativa vigente, infatti, la decorrenza della pensione può risultare successiva
a quella di maturazione del diritto.
Configurazione giuridica della
posizione di esonero – compatibilità con prestazioni di lavoro autonomo.
La posizione di esonero non si
configura come una cessazione dal servizio, ma come una sospensione del rapporto
di impiego o di lavoro di durata variabile, fino ad un massimo di cinque anni,
in cui il soggetto interessato non è tenuto ad effettuare la prestazione
lavorativa presso l’amministrazione, ma percepisce un trattamento economico
temporaneo (pari al 50% di quello complessivamente goduto per competenze fisse
ed accessorie al momento del collocamento nella posizione di esonero) e matura
i contributi in misura intera.
L’esonero dal servizio non
consente l’instaurazione di rapporti di lavoro dipendente con soggetti privati
o pubblici. Conseguentemente, viene esclusa la possibilità di cumulo di
impieghi.
Durante tale periodo invece, ai
sensi del comma 5, il dipendente può svolgere prestazioni di lavoro autonomo
con carattere di occasionalità, continuatività e professionalità purché non a
favore di amministrazioni pubbliche o società e consorzi dalle stesse
partecipati. Tale disposizione è intesa ad evitare che il soggetto, una volta
collocato in posizione di esonero, venga utilizzato con contratti di consulenza
o di lavoro autonomo dalla stessa amministrazione di appartenenza e, più in
generale, da parte di altre amministrazioni o da parte di organismi a
partecipazione pubblica con possibile accrescimento degli oneri. Al fine di
evitare elusioni della normativa, deve ritenersi precluso pure lo svolgimento
di prestazioni tramite soggetti diversi dalle persone fisiche, come ad esempio
tramite le società di consulenza e le associazioni.
E’ consentito - ed anzi
incentivato - lo svolgimento dell’attività di volontariato.
Il comma 5 dell’articolo in esame
prevede inoltre che “in ogni caso non è consentito l'esercizio di
prestazioni lavorative da cui possa derivare un pregiudizio all'amministrazione
di appartenenza.”.
Dall’esame complessivo delle
disposizioni risulta che i vincoli di incompatibilità tipici del rapporto di
impiego e di lavoro con le pubbliche amministrazioni durante il periodo di
esonero non vengono meno, ma sono soltanto attenuati e che permane in capo
all’amministrazione il dovere di verificare la compatibilità tra la perdurante
vigenza del rapporto e l’attività che il dipendente intende svolgere o svolge.
Pertanto, all’atto della richiesta di esonero, sarà onere dell’interessato
comunicare in maniera compiuta all’amministrazione il tipo di attività che lo
stesso intende svolgere, dovendosi ritenere preclusa la possibilità di
assentire all’istanza nel caso in cui l’attività - per la natura del rapporto o
per il suo oggetto - risulti incompatibile con la posizione di esonero o con
l’attività istituzionale dell’amministrazione. Analoga comunicazione dovrà
essere effettuata dal dipendente nel caso di inizio o mutamento di attività nel
corso del periodo di esonero.
Trattamento economico del
personale in posizione di esonero.
Il comma 3 dell’articolo in esame
disciplina il trattamento economico spettante durante il periodo di esonero,
che consiste in “un trattamento temporaneo pari al cinquanta per cento di
quello complessivamente goduto, per competenze fisse ed accessorie, al momento
del collocamento nella nuova posizione.”.
Si precisa che il trattamento
economico temporaneo di cui al comma 3, una volta determinato, resta fissato
nella misura spettante per tutto il periodo di esonero, senza subire
rivalutazioni per effetto dei rinnovi contrattuali relativi a periodi
successivi al momento di collocamento in posizione di esonero. Sono fatte salve
le rivalutazioni derivanti da rinnovi contrattuali per periodi antecedenti alla
data di collocamento in esonero, che abbiano cioè effetti retroattivi
comportanti la corresponsione di arretrati.
Quanto alle voci retributive, si
precisa che il riferimento al “trattamento complessivamente goduto per
competenze fisse ed accessorie” implica che siano considerate nella base di
calcolo tutte le componenti salariali in godimento, con esclusione di
quelle direttamente collegate alla prestazione lavorativa (es.: lavoro
straordinario, compensi per turno, oneri, rischi, e disagio, trattamento
accessorio all’estero ecc.) o spettanti una tantum (es.: incentivi alla
mobilità, indennità di trasferimento ecc.). Oltre alle voci costituite da
stipendio ed indennità fisse (es.: nel comparto ministeri, indennità di
amministrazione e, per i dirigenti dell’area I, retribuzione di posizione fissa
e variabile) vanno considerate altresì eventuali componenti legate alla
produttività ed ai risultati. Le voci di retribuzione accessoria da considerare
sono quelle riferite all’anno solare precedente quello del collocamento in
esonero e vanno considerate nella misura, rapportata a mese, riconosciuta a
consuntivo. Ciò anche se la liquidazione del compenso avviene in data
successiva a quella del collocamento in posizione di esonero.
Si precisa infine che la quota
parte della retribuzione prevista nel periodo di esonero eventualmente posta a
carico dei fondi unici di amministrazione (es.: passaggi orizzontali, posizioni
organizzative ecc.) o altri fondi comunque denominati, resta congelata nella
misura corrispondentemente riconosciuta al dipendente fino alla cessazione
definitiva dal servizio del personale interessato.
Come detto, è contemplata la
possibilità di svolgere attività di volontariato. Infatti, il comma 3 della
disposizione prevede che: “Ove durante tale periodo il dipendente svolga in
modo continuativo ed esclusivo attività di volontariato, opportunamente
documentata e certificata, presso organizzazioni non lucrative di utilità
sociale, associazioni di promozione sociale, organizzazioni non governative che
operano nel campo della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, ed altri
soggetti da individuare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze
da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, la misura del predetto trattamento economico temporaneo è elevata dal
cinquanta al settanta per cento.”.
L’attività considerata dalla norma
deve essere svolta presso i soggetti ivi indicati e presso quelli che saranno
individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (in corso di
adozione). In tale caso la misura del trattamento economico temporaneo è
elevata dal 50% al 70% nel presupposto che l’attività svolta sia prestata a
titolo gratuito. Tale circostanza dovrà naturalmente risultare dalla
documentazione prodotta dal dipendente interessato al momento della produzione
della domanda di esonero o nel corso dell’esonero stesso (se si intende
iniziare l’attività successivamente).
Poiché il periodo di esonero, ai sensi del comma 4, è
utile ai fini della pensione nonché del trattamento di fine servizio, durante
tale periodo il versamento dei contributi agli enti previdenziali deve essere
effettuato sulle retribuzioni che ciascun dipendente avrebbe percepito, per le
voci in godimento, se avesse continuato a svolgere la propria attività
lavorativa. Pertanto, dovranno essere aggiornate le basi di calcolo delle voci
fisse e continuative negli importi rideterminati per effetto dei rinnovi
contrattuali o dei miglioramenti retributivi nel frattempo intervenuti, mentre
per la retribuzione accessoria variabile, in assenza di prestazione di servizio,
non potrà che farsi riferimento agli importi presi in considerazione per la
determinazione del trattamento temporaneo spettante nel periodo di esonero dal
servizio secondo i criteri indicati nel presente paragrafo.
Trattamento previdenziale
spettante al termine del periodo di esonero.
In base al comma 4 dell’art. 72, all’atto
del collocamento a riposo per raggiunti limiti di età il dipendente ha diritto
al trattamento di quiescenza e previdenza che sarebbe spettato se fosse rimasto
in servizio.
La disposizione va coordinata con
le previsioni di cui al comma 1 e al comma 11 del medesimo art. 72 e deve
comunque essere inquadrata nell’ambito più ampio della disciplina generale sui
pensionamenti.
Come detto, il citato comma 1
prevede, quale unica condizione per ottenere l’esonero dal servizio, la
sussistenza del requisito contributivo dei 35 anni, senza richiedere anche
l’ulteriore requisito dell’età. La norma stabilisce poi che la richiesta di
esonero non è revocabile; ciò significa che, una volta effettuata la domanda,
l’interessato non ha il potere di revocarla, ma rimane vincolato alla volontà
espressa; inoltre, una volta che l’esonero è stato disposto, l’amministrazione
non può consentire che il soggetto ritorni in servizio per riprendere
l’attività eventualmente al fine di raggiungere il limite di età anche perché
ciò sarebbe in contrasto con le finalità della nuova normativa.
Il comma 11 poi prevede la possibilità per l’amministrazione
di risolvere il contratto una volta che il dipendente ha raggiunto il requisito
dell’anzianità contributiva di 40 anni, fermo restando quanto previsto dalla
disciplina vigente in materia di decorrenze dei trattamenti pensionistici. Ciò
in linea con la disciplina generale sui pensionamenti che consente al
dipendente di conseguire il trattamento di pensione al raggiungimento
dell’anzianità contributiva di 40 anni.
Ciò premesso, la portata del
citato comma 4 deve essere estesa, nel senso che sia il dipendente che al
termine del periodo di esonero raggiunge il limite di età sia il dipendente che
al termine del periodo di esonero raggiunge il requisito contributivo ma non il
limite di età hanno diritto al trattamento pensionistico che sarebbe spettato
se fossero rimasti in servizio.
In conclusione, al termine del
periodo di esonero il dipendente consegue il trattamento di pensione spettante
o per raggiunti limiti di età – da individuare nelle disposizioni che
disciplinano il suo rapporto di lavoro o di impiego – o in presenza
dell’anzianità contributiva di 40 anni, in base alla quale è possibile
conseguire il trattamento di pensione indipendentemente dall’età anagrafica (art. 1, comma
59, lettera b, della legge n. 449 del 1997). Fermo
restando il diritto a pensione, va stabilita la sua decorrenza (finestre), ai
sensi dell’art. 1, comma 5,
lettere a) e b), della l. n. 247 del 2007.
Le facoltà assunzionali delle
amministrazioni in relazione all’utilizzo del collocamento in posizione di
esonero.
Il comma 6 dell’art. 72 detta
disposizioni in materia di assunzioni da parte delle amministrazioni in
relazione alle economie conseguenti al collocamento in posizione di esonero del
personale.
E’ da evidenziare che la norma ha
come scopo primario quello della riduzione del personale in servizio. E’
facoltà, tuttavia, delle amministrazioni interessate, fermo restando che
l’applicazione della disposizione non può determinare in nessun caso oneri
aggiuntivi, fare le proprie valutazioni circa l’utilizzo delle suddette economie.
Il dipendente in posizione di
esonero non viene considerato come cessato dal servizio, sia da un punto di
vista giuridico (in quanto il dipendente verrà collocato in quiescenza al
momento della cessazione della posizione di esonero), sia da un punto di vista
economico (in quanto l’amministrazione continua ad erogargli un trattamento
economico). Pertanto, ai fini assunzionali le amministrazioni non potranno
equiparare le eventuali sospensioni del rapporto di lavoro per esonero dal
servizio alle cessazioni utili per il calcolo dei risparmi di spesa che
finanziano le nuove assunzioni ai sensi delle disposizioni sul turn over
previste dall’art. 66 del d.l.
112 del 2008.
Il predetto comma 6 prevede che,
in relazione alle economie effettivamente derivanti dal collocamento in
posizione di esonero dal servizio, come certificate dai competenti organi di
controllo (trattamento economico complessivo al lordo degli oneri previdenziali
precedentemente percepito detratto il trattamento economico temporaneo
attribuito al dipendente del 50% o 70% e gli oneri previdenziali calcolati in
misura intera nei termini innanzi evidenziati), le amministrazioni interessate
possono procedere ad assunzioni di personale in via anticipata rispetto a
quelle consentite dalla normativa vigente nell’anno di cessazione dal
servizio del dipendente collocato in posizione di esonero. In sostanza, il
regime del turn over applicabile va riferito non all’anno in cui viene
concesso l’esonero ma all’anno in cui è previsto il collocamento a riposo del
soggetto esonerato. Le eventuali assunzioni verranno autorizzate dalla
Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica,
di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della
Ragioneria generale dello Stato ai sensi dell’art. 66, comma
10, del d.l. n. 112 del 2008, secondo le indicazioni che
verranno successivamente fornite con apposita circolare. Le risorse finanziarie
utilizzate per queste assunzioni vengono detratte da quelle disponibili
nell’anno in cui avverrà concretamente il collocamento in pensione del
dipendente collocato precedentemente in esonero, come si desume dalla legge (“Tali
assunzioni vengono scomputate da quelle consentite nell’anno in cui è previsto
il collocamento a riposo”).
2. Disposizioni relative al
trattenimento in servizio (commi da 7 a 10).
La modifica del regime del
trattenimento in servizio.
I commi da 7 a 10 dell’art. 72 del d.l.
n. 112 hanno innovato la disciplina di cui all’art. 16 comma 1
del d.lgs. n. 503 del 1992, modificando il regime dei
trattenimenti in servizio.
L’art. 16 comma 1
del citato decreto, come modificato, prevede: “È in facoltà dei dipendenti
civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in
servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre
1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti
di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso è data
facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e
funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza
professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti ed in
funzione dell'efficiente andamento dei servizi. La domanda di trattenimento va
presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi
precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo
previsto dal proprio ordinamento.”
Mentre secondo la disciplina
previgente, in caso di domanda, l’amministrazione non era titolare di
discrezionalità nel disporre il trattenimento, dovendolo in ogni caso
accordare, in base al nuovo regime l’istanza di trattenimento è soggetta a
valutazione discrezionale e quindi può non essere accolta dal datore di lavoro.
La valutazione deve tener conto di alcune condizioni oggettive: le esigenze
organizzative e funzionali dell’amministrazione, la particolare esperienza
professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e
l’efficiente andamento dei servizi. In proposito, è opportuno che ciascuna amministrazione
adotti preventivamente dei criteri generali per regolare i trattenimenti in
servizio, tenendo conto delle proprie peculiarità, in modo da evitare condotte
contraddittorie o incoerenti. Tali criteri si configurano quale atto di
indirizzo generale e quindi, in linea con quanto previsto dall’art. 4, comma 1,
lett. a) e b), del d.lgs. n. 165 del 2001 dovrebbero
essere contenuti nell’atto di programmazione dei fabbisogni professionali o
adottati dall’autorità politica o dagli organi di indirizzo. Nel compiere le
valutazioni, che dovranno trovare riscontro nella motivazione dell’atto, sarà
opportuno tenere in debita considerazione il parere del responsabile della struttura
nella quale il richiedente è inserito.
Considerato che, in base alla
normativa vigente, il trattenimento in servizio viene disposto in relazione
alle esigenze dell’amministrazione e che il citato art. 16 stabilisce che esso
può avere la durata massima di un biennio, lo stesso può essere motivatamente
accordato anche per un periodo inferiore al biennio.
La nuova disposizione fissa poi
dei termini per la presentazione dell’istanza da parte dell’interessato e,
cioè, dai 24 ai 12 mesi antecedenti il compimento del limite di età per il
collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento. La previsione di tali
termini è funzionale alle esigenze organizzative dell’amministrazione, che deve
poter compiere una valutazione a medio termine nell’ambito della programmazione
dei fabbisogni professionali. In tale contesto si spiegano anche le norme di
cui ai commi 9 e 10, che prevedono interventi di riesame di fattispecie già
concesse, in quanto riferite a trattenimenti in servizio con decorrenze
spostate nel tempo, che quindi devono essere rivalutate anche al fine di
rendere reale ed immediata l’efficacia del nuovo regime.
La fase transitoria.
Una volta enunciata la disciplina
di regime nel comma 7, i commi da 8 a 10 dettano le regole da applicare per
gestire la fase transitoria.
In particolare, il comma 9 dispone
che: “Le amministrazioni di cui al comma 7 riconsiderano, con provvedimento
motivato, tenuto conto di quanto ivi previsto, i provvedimenti di trattenimento
in servizio già adottati con decorrenza dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009.”
Il successivo comma 10 prevede
invece che: “I trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a
decorrere dal 1° gennaio 2010 decadono ed i dipendenti interessati al
trattenimento sono tenuti a presentare una nuova istanza nei termini di cui al
comma 7.”.
Il comma 8, come risultante dalle
modifiche apportate in sede di conversione, recita: “Sono fatti salvi i
trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente
decreto e quelli disposti con riferimento alle domande di trattenimento
presentate nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente
decreto.”.
L’interpretazione del comma 8
citato va compiuta tenendo conto della complessiva disciplina e, quindi, la
disposizione deve essere considerata in relazione a quanto previsto dal
precedente comma 7 e dai successivi commi 9 e 10.
Ciò premesso, la modifica del
comma operata in sede di conversione innanzi tutto consente di superare una
lacuna che presentava il testo originario del decreto legge in riferimento
all’ipotesi di istanza di trattenimento presentata da coloro i quali avrebbero
compiuto il limite di età per il collocamento a riposo prima di 12 mesi dopo
l’entrata in vigore del decreto legge (25 giugno 2008), termine fissato dal
terzo periodo dell’art. 16 comma 1
come modificato dal d.l. n. 112.
Infatti, in base a quanto previsto
dal vigente comma 8 dell’art. 72, anche
coloro che compiono il limite massimo di età prima del 25 giugno 2009, se non
hanno già provveduto in precedenza a presentare la relativa domanda, possono
produrre istanza di trattenimento.
In sostanza, i dipendenti che
compiono il limite massimo di età entro il 25 giugno 2009 e che intendono
chiedere il trattenimento in servizio debbono presentare la relativa domanda
all’amministrazione di appartenenza entro il 27 dicembre 2008. Si tratta di
casi in cui il periodo di trattenimento in servizio può iniziare a decorrere
nell’anno 2008 o nell’anno 2009.
Peraltro, la disciplina relativa
alla gestione della fase transitoria di cui al comma 8 dell’art. 72 rende
possibile la presentazione della domanda di trattenimento entro il termine del
27 dicembre 2008 anche a coloro che compiranno il limite massimo di età entro
il 27 dicembre 2009 che non hanno provveduto alla presentazione della stessa
rispettando il termine dei 12 mesi. Se, ad esempio, un soggetto dovesse
compiere il limite massimo di età il 1° agosto 2009 e non avesse già provveduto
a presentare la domanda di trattenimento, ha facoltà di farlo entro il 27 dicembre
2008, in quanto la norma prevede espressamente la deroga, durante la fase
transitoria, al rispetto dei termini di cui al comma 7.
Resta inteso che coloro che
compiranno il limite massimo di età successivamente al 27 dicembre 2009 saranno
tenuti al rispetto dei termini di cui al comma 7 dell’art.72. Inoltre,
in base alla nuova norma, sono fatte salve le eventuali istanze presentate
prima del 25 giugno 2008 che ancora non fossero state esaminate
dall’amministrazione.
Occorre precisare poi che le domande presentate entro la
predetta data del 27 dicembre 2008 sono soggette ad un regime differenziato a
seconda che la decorrenza del trattenimento sia precedente o successiva al 1
gennaio 2009. Infatti, il comma 8 in esame deve essere letto in connessione con
il successivo comma 9, il quale, come visto, prescrive alle amministrazioni di
riconsiderare i trattenimenti già disposti con decorrenza 1 gennaio 2009 alla
luce della nuova disciplina (di cui al comma 7). In tale contesto, il regime
applicabile alle domande di trattenimento con medesima decorrenza deve essere
analogo.
Quindi, le domande presentate nel
periodo antecedente all’entrata in vigore del decreto legge non ancora evase
dall’amministrazione e quelle presentate entro i 6 mesi successivi l’entrata in
vigore del decreto stesso debbono essere valutate a seconda della data di
decorrenza del trattenimento:
·
se la decorrenza del trattenimento è precedente al 31
dicembre 2008, l’istanza dell’interessato deve essere accolta e il
trattenimento deve essere disposto; in tal caso, infatti, trova applicazione il
precedente regime, di cui all’art. 16 del
d.lgs. n. 503 del 1992 prima della modifica operata con
il d.l. n. 112, secondo il
quale l’amministrazione non aveva discrezionalità nel concedere il
trattenimento;
·
se invece la decorrenza del trattenimento è successiva al 31
dicembre 2008, allora la domanda di trattenimento va valutata in base a quanto
previsto dall’art. 16 comma 1
del d.lgs. n. 503 del 1992 come modificato dal comma 7 dell’art. 72 del d.l.
112 e, conseguentemente, la decisione sul trattenimento deve
essere il frutto di una ponderazione discrezionale da parte
dell’amministrazione alla luce dei parametri individuati dalla norma (esigenze
organizzative e funzionali dell’amministrazione, particolare esperienza
professionale acquisita dal richiedente in determinati o specifici ambiti e
l’efficiente andamento dei servizi).
Da quanto esposto risulta chiaro
che la norma contenuta nel comma 8 dell’art. 72 in esame
non consente di per sé di far salvi i trattenimenti che hanno decorrenza
successiva al 1 gennaio 2009, poiché questi sono assoggettati al nuovo regime,
con la conseguenza che l’accoglimento dell’istanza è subordinato alla
valutazione discrezionale positiva dell’amministrazione stessa.
Resta inteso che, secondo quanto
previsto dal citato comma 8, rimangono comunque salvi i trattenimenti già in
corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
Inoltre, in base alla previsione
del comma 10, i trattenimenti già disposti con decorrenza 1 gennaio 2010
decadono automaticamente e le relative domande debbono essere ripresentate nei
termini di cui al novellato art. 16 comma 1
del d.lgs. n. 503 del 1992.
Il raccordo con le previsioni di
cui al comma 11 dell’art. 72.
Occorre evidenziare che
l’applicazione delle norme ora esaminate deve essere raccordata con la nuova
disciplina sulla risoluzione del contratto di lavoro contenuta nel comma 11
dell’art. 72 in
riferimento a quei dipendenti che hanno maturato il requisito dell’anzianità
contributiva di 40 anni, secondo quanto si dirà nel paragrafo 3.
Trattenimento in servizio del
dipendente privo dei requisiti contributivi minimi per il diritto a pensione.
Si segnala infine che, in linea
con i principi enunciati dalla Corte costituzionale, in caso di domanda,
l’amministrazione è comunque tenuta a disporre il trattenimento in servizio per
quei dipendenti che non hanno ancora raggiunto il requisito di contribuzione
minimo per la maturazione del diritto a pensione (Corte
costituzionale, n. 282 del 1991, nella quale si afferma che: “Il
principio (…) secondo cui non può essere preclusa, senza violare l’art. 38, secondo
comma della Costituzione, la possibilità per il personale
(…) che al compimento del sessantacinquesimo anno – quale che sia la data di
assunzione – non abbia ancora maturato il diritto a pensione, di derogare a
tale limite per il collocamento a riposo, al solo scopo di completare il
periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per il conseguimento di tale diritto,
non può che avere (…) valenza generale.”.
3. Disposizioni relative alla
risoluzione del contratto di lavoro per coloro che hanno raggiunto l’anzianità
contributiva di 40 anni (comma 11).
Il comma 11 dell’art. 72 prevede
che: “Nel caso di compimento dell'anzianità massima contributiva di 40 anni
del personale dipendente, le pubbliche amministrazioni di cui all' articolo 1,
comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 possono
risolvere, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia
di decorrenze dei trattamenti pensionistici, il rapporto di lavoro con un preavviso
di sei mesi. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da
emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, previa delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri dell’interno, della difesa e
degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalità
applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma
relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo
conto delle rispettive peculiarietà ordinamentali. Le disposizioni di cui al
presente comma non si applicano a magistrati e professori universitari.”.
Essa accorda all’amministrazione una facoltà di
risoluzione del contratto di lavoro, nel rispetto del termine di preavviso di 6
mesi, dopo che il dipendente ha raggiunto l’anzianità massima contributiva di
40 anni.
Ambito di applicazione.
La norma riguarda il personale
dipendente di tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2,
del d.lgs. n. 165 del 2001, sia dirigenziale che non
dirigenziale.
Per chiara previsione di legge,
essa non si applica ai magistrati e ai professori universitari. Inoltre, per il
personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, al fine di tener conto
delle peculiarità ordinamentali, la disposizione si applicherà in base alle
modalità e ai criteri che verranno stabiliti negli appositi d.P.C.m., la cui
istruttoria è in corso.
Criteri per la risoluzione.
La norma non stabilisce criteri o
limiti per la facoltà di risoluzione, ponendo quali uniche condizioni il
requisito del compimento dell’anzianità contributiva e la necessità di
rispettare il termine di preavviso di 6 mesi.
E’ comunque auspicabile che
ciascuna amministrazione, prima di procedere all’applicazione della disciplina,
adotti dei criteri generali, calibrati a seconda delle proprie esigenze, in
modo da seguire una linea di condotta coerente e da evitare comportamenti che
conducano a scelte contraddittorie. Analogamente a quanto detto a proposito dei
trattenimenti in servizio, tali criteri si configurano quale atto di indirizzo
generale e quindi dovrebbero essere contenuti nell’atto di programmazione dei
fabbisogni professionali o comunque adottati dall’autorità politica. Tra questi
criteri possono ad esempio considerarsi l’esigenza di riorganizzazione di
strutture in relazione a progetti di innovazione tecnologica e ammodernamento
anche con riferimento all’utilizzo di nuove professionalità, la
rideterminazione dei fabbisogni di personale, la razionalizzazione degli
assetti organizzativi e le eventuali situazioni di esubero che potrebbero
crearsi, pure in relazione a specifiche professionalità, a seguito di processi
di riorganizzazione o di razionalizzazione anche in applicazione dell’art. 74 del d.l.
n. 112 del 2008.
La disposizione statuisce che
rimane fermo “quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di
decorrenze dei trattamenti pensionistici”. Ciò significa che la risoluzione
del contratto di lavoro non incide sulla prefissata decorrenza legale della
pensione anticipandola, ma tale decorrenza rimane ferma, con la conseguenza che
l’amministrazione – nel caso in cui abbia deciso di farlo – deve esercitare la
facoltà tenendo conto di tale decorrenza evitando che, cessato il rapporto di lavoro
per effetto della scelta datoriale, il dipendente possa trovarsi privo del
trattamento retributivo e di quello previdenziale.
Immediata applicabilità della
disposizione.
Considerato che la legge non ha
previsto un regime transitorio, la disposizione è immediatamente applicabile.
Pertanto, nel rispetto del termine di preavviso di 6
mesi, le amministrazioni possono procedere a risolvere il contratto di lavoro
nei confronti di quei dipendenti, dirigenti o non dirigenti, che al momento
dell’entrata in vigore del decreto legge (25 giugno 2008) hanno già maturato la
prescritta anzianità contributiva e nei confronti di coloro che la matureranno
successivamente.
Incarichi dirigenziali.
Per quanto riguarda il personale
dirigenziale, le amministrazioni dovranno tener conto delle nuove disposizioni
al momento in cui conferiscono l’incarico a favore di dirigenti prossimi alla
maturazione del requisito. Quindi, se l’amministrazione intende conservare la
facoltà di avvalersi della risoluzione del rapporto di lavoro al momento del
raggiungimento dei 40 anni di contributi, deve evidenziarlo in apposita
disposizione nell’ambito del provvedimento di attribuzione dell’incarico. Ciò
significa che - per tale ipotesi - il provvedimento deve far salvo quanto
previsto dall’art. 72, comma
11, del d.l. n. 112 in ordine alla possibilità di risolvere il rapporto
di lavoro una volta che il requisito contributivo si è maturato. In mancanza di
tale specificazione, nel rispetto dei principi della buona fede e della
correttezza, l’amministrazione dovrà astenersi dall’esercitare la facoltà di
risoluzione per l’intera durata dell’incarico. Naturalmente, resta ferma
l’osservanza della disciplina vigente sui limiti massimi di età.
La perdurante facoltà
dell’amministrazione.
Una volta che il requisito
contributivo si è maturato, la risoluzione può essere operata durante l’intero
corso del rapporto; in sostanza, la norma non accorda un potere che si esaurisce
una tantum al momento del compimento dei 40 anni di contributi, ma una facoltà
che può essere esercitata una volta che la condizione legale si è realizzata,
sempre - naturalmente - nel rispetto del termine di preavviso (e delle
disposizioni contenute nel provvedimento di incarico dirigenziale e nel
contratto accessivo se si tratta di dirigente).
Appare peraltro opportuno che le
scelte delle amministrazioni siano ponderate in modo tale che i relativi
effetti delineino un orizzonte di continuità amministrativa sufficientemente
ampio, con riferimento alle esigenze funzionali da soddisfare. Più
precisamente, in caso di mancato esercizio da parte delle amministrazioni della
facoltà di cui al comma 11 nei confronti di un dipendente in possesso dei
prescritti requisiti, la successiva eventuale applicazione del predetto
disposto legislativo potrà essere ragionevolmente operata al sopraggiungere di
nuove e oggettive esigenze organizzative.
Il raccordo con la disciplina sui
trattenimenti in servizio.
Come detto, la norma deve essere
raccordata con quanto previsto dai commi da 7 a 10 del medesimo art. 72.
Considerata la mancanza di una disposizione transitoria, il comma 11 è immediatamente
operante sia nei casi in cui per il dipendente è stato già disposto il
trattenimento in servizio al momento dell'entrata in vigore del decreto legge
sia nei casi in cui questo viene disposto con decorrenza entro l'anno 3008: sia
in riferimento alle ipotesi in cui il trattenimento viene concesso in base alla
nuova disciplina. E' chiaro che le amministrazioni debbono evitare di porre in
essere comportamenti incoerenti o contraddittori che facilmente possono
generare contenzioso.
Pertanto, se il dipendente
prossimo al compimento dell'età pensionabile presenta domanda di trattenimento,
nel caso in cui l'amministrazione intendesse risolvere il contratto al momento
del compimento del requisito contributivo, dovrebbe accordare il trattenimento
per il tempo mancante al compimento dei 40 ami. Le amministrazioni, cioè,
debbono evitare di concedere il trattenimento per un certo periodo e
successivamente esercitare la facoltà di risolvere il contratto poiché ciò
evidenzierebbe una condotta incoerente, contraria ai principi della buona fede
e della correttezza, suscettibile di essere censurata in sede giudiziale.
4. Personale del comparto scuola.
Si rammenta che, in base a quanto
previsto dall'ultimo periodo del comma I dell'art. 72, la
disciplina sull'esonero dal servizio non si applica al personale della scuola.
Inoltre. relativamente alla
disciplina sui trattenimenti in servizio: ferma restando l'applicazione del
nuovo regime in ordine alla valutazione discrezionale dell'amministrazione
nell'accogliere la domanda di trattenimento, per quanto riguarda il termine di
presentazione dell'istanza rimane ferma la previsione dell'art. 1 del
d.P.R. n. 351 del 1998, il quale rinvia ad apposito
termine stabilito con decreto del Ministro della pubblica istruzione.
IL MINISTRO
DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
E
INNOVAZIONE
Renato
Brunetta