Legge 8 marzo 2000, n. 53
"Disposizioni per il sostegno della maternità e
della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il
coordinamento dei tempi delle città"
(Pubblicata nella Gazzetta Ordinaria del 13 marzo 2000, n.
60)
Attenzione, si vedano anche:
- la circolare INPS - 6 giugno 2000, n. 109
- "Congedi parentali. Legge 8 marzo 2000, n. 53. "Disposizioni
per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e
alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città"
- la circolare INPS - 17 luglio 2000, n. 133 -"Benefici
a favore delle persone handicappate. Legge 8 marzo 2000, n. 53. Art. 33, commi 1, 2, 3 e 6 della legge n. 104/92"
- il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 "Testo unico delle disposizioni legislative in materia
di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo
15 della legge 8 marzo 2000, n. 53"
Ù
CAPO I
PRINCÍPI GENERALI
Art. 1.
(Finalità)
1. La presente
legge promuove un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di
relazione, mediante:
a)
l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno ai
genitori di soggetti portatori di handicap;
b)
l'istituzione del congedo per la formazione continua e l'estensione dei
congedi per la formazione;
c) il coordinamento dei tempi
di funzionamento delle città e la promozione dell'uso del tempo per fini di
solidarietà sociale.
Art. 2.
(Campagne informative)
1. Al fine di diffondere la
conoscenza delle disposizioni della presente legge, il Ministro per la
solidarietà sociale è autorizzato a predisporre, di concerto con il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, apposite campagne informative, nei
limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio destinati allo scopo.
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CAPO II
CONGEDI PARENTALI, FAMILIARI E FORMATIVI
Art. 3.
(Congedi dei genitori)
1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, dopo il terzo comma è inserito il seguente:
"Il
diritto di astenersi dal lavoro di cui all'articolo 7, ed il relativo
trattamento economico, sono riconosciuti anche se l'altro genitore non ne ha
diritto. Le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 e al comma 2
dell'articolo 15 sono estese alle lavoratrici di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, madri di bambini nati a decorrere dal 1º gennaio 2000. Alle
predette lavoratrici i diritti previsti dal comma 1 dell'articolo 7 e dal
comma 2 dell'articolo 15 spettano limitatamente ad un periodo di tre mesi,
entro il primo anno di vita del bambino".
2. L'articolo 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è sostituito dal seguente:
"Art. 7. -
1. Nei primi otto anni di vita del bambino ciascun genitore ha diritto di
astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. Le
astensioni dal lavoro dei genitori non possono complessivamente eccedere il
limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente
articolo. Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro
compete:
a) alla madre lavoratrice,
trascorso il periodo di astensione obbligatoria di cui all'articolo 4, primo
comma, lettera c), della presente legge, per un periodo continuativo o
frazionato non superiore a sei mesi;
b) al padre
lavoratore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei
mesi;
c) qualora vi
sia un solo genitore, per un periodo continuativo o frazionato non superiore
a dieci mesi.
2. Qualora il
padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo
non inferiore a tre mesi, il limite di cui alla lettera b) del comma 1 è
elevato a sette mesi e il limite complessivo delle astensioni dal lavoro dei
genitori di cui al medesimo comma è conseguentemente elevato a undici mesi.
3. Ai fini dell'esercizio del
diritto di cui al comma 1, il genitore è tenuto, salvo casi di oggettiva
impossibilità, a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i
criteri definiti dai contratti collettivi, e comunque con un periodo di
preavviso non inferiore a quindici giorni.
4. Entrambi i genitori,
alternativamente, hanno diritto, altresì, di astenersi dal lavoro durante le
malattie del bambino di età inferiore a otto anni ovvero di età compresa fra
tre e otto anni, in quest'ultimo caso nel limite di cinque giorni lavorativi all'anno
per ciascun genitore, dietro presentazione di certificato rilasciato da un
medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato.
La malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe il
decorso del periodo di ferie in godimento da parte del genitore.
5. I periodi di
astensione dal lavoro di cui ai commi 1 e 4 sono computati nell'anzianità di
servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima
mensilità o alla gratifica natalizia. Ai fini della fruizione del congedo di
cui al comma 4, la lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una
dichiarazione rilasciata ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'altro genitore non sia in astensione dal
lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo".
3. All'articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Ai periodi di riposo di
cui al presente articolo si applicano le disposizioni in materia di
contribuzione figurativa, nonché di riscatto ovvero di versamento dei
relativi contributi previsti dal comma 2, lettera b), dell'articolo 15. In
caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e le ore
aggiuntive rispetto a quelle previste dal primo comma del presente articolo
possono essere utilizzate anche dal padre".
4. L'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è sostituito dal seguente:
"Art. 15. - 1. Le
lavoratrici hanno diritto ad un'indennità giornaliera pari all'80 per cento
della retribuzione per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro
stabilita dagli articoli 4 e 5 della presente legge. Tale indennità è
comprensiva di ogni altra indennità spettante per malattia.
2. Per i periodi di
astensione facoltativa di cui all'articolo 7, comma 1, ai lavoratori e alle
lavoratrici è dovuta:
a) fino al
terzo anno di vita del bambino, un'indennità pari al 30 per cento della
retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi; il
relativo periodo, entro il limite predetto, è coperto da contribuzione
figurativa;
b) fuori dei
casi di cui alla lettera a), fino al compimento dell'ottavo anno di vita del
bambino, e comunque per il restante periodo di astensione facoltativa,
un'indennità pari al 30 per cento della retribuzione, nell'ipotesi in cui il
reddito individuale dell'interessato sia inferiore a 2,5 volte l'importo del
trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale
obbligatoria; il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa,
attribuendo come valore retributivo per tale periodo il 200 per cento del
valore massimo dell'assegno sociale, proporzionato ai periodi di riferimento,
salva la facoltà di integrazione da parte dell'interessato, con riscatto ai
sensi dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, ovvero con versamento dei relativi contributi secondo i
criteri e le modalità della prosecuzione volontaria.
3. Per i
periodi di astensione per malattia del bambino di cui all'articolo 7, comma
4, è dovuta:
a) fino al
compimento del terzo anno di vita del bambino, la contribuzione figurativa;
b)
successivamente al terzo anno di vita del bambino e fino al compimento
dell'ottavo anno, la copertura contributiva calcolata con le modalità
previste dal comma 2, lettera b).
4. Il reddito
individuale di cui al comma 2, lettera b), è determinato secondo i criteri
previsti in materia di limiti reddituali per l'integrazione al minimo.
5. Le indennità
di cui al presente articolo sono corrisposte con gli stessi criteri previsti
per l'erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le
malattie dall'ente assicuratore della malattia presso il quale la lavoratrice
o il lavoratore è assicurato e non sono subordinate a particolari requisiti
contributivi o di anzianità assicurativa".
5. Le disposizioni del
presente articolo trovano applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi
o affidatari. Qualora, all'atto dell'adozione o dell'affidamento, il minore
abbia un'età compresa fra sei e dodici anni, il diritto di astenersi dal
lavoro, ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo, può essere esercitato
nei primi tre anni dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. Nei
confronti delle lavoratrici a domicilio e delle addette ai servizi domestici
e familiari, le disposizioni dell'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204,
come sostituito dal comma 4 del presente articolo, si applicano limitatamente
al comma 1.
Art. 4.
(Congedi per eventi e cause particolari)
1. La
lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre
giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave
infermità del coniuge od un parente entro il secondo grado o del convivente,
purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da
certificazione anagrafica. In alternativa, nei casi di documentata grave
infermità, il lavoratore e la lavoratrice possono concordare con il datore di
lavoro diverse modalità di espletamento dell'attività lavorativa.
2. I dipendenti
di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e
documentati motivi familiari, fra i quali le patologie individuate ai sensi
del comma 4, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore
a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro,
non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività
lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini
previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento
dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione
volontaria.
3. I contratti
collettivi disciplinano le modalità di partecipazione agli eventuali corsi di
formazione del personale che riprende l'attività lavorativa dopo la
sospensione di cui al comma 2.
4. Entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il
Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, di concerto con i
Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale e per le pari
opportunità, provvede alla definizione dei criteri per la fruizione dei
congedi di cui al presente articolo, all'individuazione delle patologie
specifiche ai sensi del comma 2, nonché alla individuazione dei criteri per
la verifica periodica relativa alla sussistenza delle condizioni di grave
infermità dei soggetti di cui al comma 1. (1)
4.bis. La
lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, o,
dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o delle sorelle conviventi di
soggetto con handicap in situazione di gravità di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge
medesima da almeno cinque anni e che abbiano titolo a fruire dei benefici di
cui all'articolo 33, commi 1, 2 e 3, della predetta legge n. 104 del 1992 per l'assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del
congedo di cui al comma 2 del presente articolo entro sessanta giorni dalla
richiesta. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a
percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo
medesimo è coperto da contribuzione figurativa; l'indennità e la
contribuzione figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo di
lire 70 milioni annue per il congedo di durata annuale. Detto importo è
rivalutato annualmente, a decorrere dall'anno 2002, sulla base della
variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai
e impiegati. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le
modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di
maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva,
detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi
previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente. Per i dipendenti dei
predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista
l'assicurazione per le prestazioni di maternità, l'indennità di cui al
presente comma è corrisposta con le modalità di cui all'articolo 1 del
decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33. Il
congedo fruito ai sensi del presente comma alternativamente da entrambi i
genitori, anche adottivi, non può superare la durata complessiva di due anni;
durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire dei
benefici di cui all'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fatte salve le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 del
medesimo articolo. (2)
(1) si veda il
Decreto del Ministro della Solidarietà, 21 luglio 2000, n. 278.
(2) Comma
aggiunto dall'articolo 80 comma 2 della Legge 23 dicembre 2000, n. 388
Art. 5.
(Congedi per la formazione)
1. Ferme
restando le vigenti disposizioni relative al diritto allo studio di cui all'articolo 10 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che
abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda
o amministrazione, possono richiedere una sospensione del rapporto di lavoro
per congedi per la formazione per un periodo non superiore ad undici mesi,
continuativo o frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa.
2. Per
"congedo per la formazione" si intende quello finalizzato al
completamento della scuola dell'obbligo, al conseguimento del titolo di
studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla
partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o
finanziate dal datore di lavoro.
3. Durante il periodo di congedo
per la formazione il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto
alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio
e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi. Una
grave e documentata infermità, individuata sulla base dei criteri stabiliti
dal medesimo decreto di cui all'articolo 4, comma 4, intervenuta durante il
periodo di congedo, di cui sia data comunicazione scritta al datore di
lavoro, dà luogo ad interruzione del congedo medesimo.
4. Il datore di
lavoro può non accogliere la richiesta di congedo per la formazione ovvero
può differirne l'accoglimento nel caso di comprovate esigenze organizzative.
I contratti collettivi prevedono le modalità di fruizione del congedo stesso,
individuano le percentuali massime dei lavoratori che possono avvalersene,
disciplinano le ipotesi di differimento o di diniego all'esercizio di tale
facoltà e fissano i termini del preavviso, che comunque non può essere
inferiore a trenta giorni.
5. Il lavoratore
può procedere al riscatto del periodo di cui al presente articolo, ovvero al
versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della
prosecuzione volontaria.
Art. 6.
(Congedi per la formazione continua)
1. I
lavoratori, occupati e non occupati, hanno diritto di proseguire i percorsi
di formazione per tutto l'arco della vita, per accrescere conoscenze e
competenze professionali. Lo Stato, le regioni e gli enti locali assicurano
un'offerta formativa articolata sul territorio e, ove necessario, integrata,
accreditata secondo le disposizioni dell'articolo 17 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, e del relativo regolamento di attuazione.
L'offerta formativa deve consentire percorsi personalizzati, certificati e
riconosciuti come crediti formativi in ambito nazionale ed europeo. La
formazione può corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore ovvero essere
predisposta dall'azienda, attraverso i piani formativi aziendali o
territoriali concordati tra le parti sociali in coerenza con quanto previsto
dal citato articolo 17 della legge n. 196 del 1997, e successive modificazioni.
2. La
contrattazione collettiva di categoria, nazionale e decentrata, definisce il
monte ore da destinare ai congedi di cui al presente articolo, i criteri per
l'individuazione dei lavoratori e le modalità di orario e retribuzione
connesse alla partecipazione ai percorsi di formazione.
3. Gli
interventi formativi che rientrano nei piani aziendali o territoriali di cui
al comma 1 possono essere finanziati attraverso il fondo interprofessionale
per la formazione continua, di cui al regolamento di attuazione del citato articolo 17 della legge n. 196 del 1997.
4. Le regioni possono
finanziare progetti di formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi
contrattuali, prevedano quote di riduzione dell'orario di lavoro, nonché
progetti di formazione presentati direttamente dai lavoratori. Per le
finalità del presente comma è riservata una quota, pari a lire 30 miliardi
annue, del Fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del
decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Il Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, provvede annualmente, con proprio
decreto, a ripartire fra le regioni la predetta quota, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
Art. 7.
(Anticipazione del trattamento di fine rapporto)
1. Oltre che
nelle ipotesi di cui all'articolo 2120, ottavo comma, del codice civile, il
trattamento di fine rapporto può essere anticipato ai fini delle spese da
sostenere durante i periodi di fruizione dei congedi di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come sostituito dall'articolo 3, comma 2, della presente
legge, e di cui agli articoli 5 e 6 della presente legge. L'anticipazione è
corrisposta unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data
di inizio del congedo. Le medesime disposizioni si applicano anche alle
domande di anticipazioni per indennità equipollenti al trattamento di fine
rapporto, comunque denominate, spettanti a lavoratori dipendenti di datori di
lavoro pubblici e privati.
2. Gli statuti delle forme pensionistiche
complementari di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e
successive modificazioni, possono prevedere la possibilità di conseguire, ai
sensi dell'articolo 7, comma 4, del citato decreto legislativo n. 124 del 1993,
un'anticipazione delle prestazioni per le spese da sostenere durante i
periodi di fruizione dei congedi di cui agli articoli 5 e 6 della presente
legge.
3. Con decreto
del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza
sociale e per la solidarietà sociale, sono definite le modalità applicative
delle disposizioni del comma 1 in riferimento ai dipendenti delle pubbliche
amministrazioni.
Art. 8.
(Prolungamento dell'età pensionabile)
1. I soggetti
che usufruiscono dei congedi previsti dall'articolo 5, comma 1, possono, a
richiesta, prolungare il rapporto di lavoro di un periodo corrispondente,
anche in deroga alle disposizioni concernenti l'età di pensionamento
obbligatoria. La richiesta deve essere comunicata al datore di lavoro con un
preavviso non inferiore a sei mesi rispetto alla data prevista per il
pensionamento.
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CAPO III
FLESSIBILITÁ DI ORARIO
Art. 9.
(Misure a sostegno della flessibilità di orario)
1. Al fine di promuovere
e incentivare forme di articolazione della prestazione lavorativa volte a
conciliare tempo di vita e di lavoro, nell'ambito del Fondo per l'occupazione
di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio 1993, n. 236, è destinata una quota fino a
lire 40 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, al fine di erogare
contributi, di cui almeno il 50 per cento destinato ad imprese fino a
cinquanta dipendenti, in favore di aziende che applichino accordi
contrattuali che prevedono azioni positive per la flessibilità, ed in
particolare:
a) progetti
articolati per consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche
quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando abbiano in
affidamento o in adozione un minore, di usufruire di particolari forme di
flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part-time
reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in entrata o
in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato, con
priorità per i genitori che abbiano bambini fino ad otto anni di età o fino a
dodici anni, in caso di affidamento o di adozione;
b) programmi di
formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo;
c) progetti che consentano la
sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefici
del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro
imprenditore o lavoratore autonomo.
2. Con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri per la solidarietà sociale e per le pari opportunità, sono definiti
i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al comma 1.
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CAPO IV
ULTERIORI DISPOSIZIONI A SOSTEGNO DELLA MATERNITÁ E DELLA PATERNITÁ
Art. 10.
(Sostituzione di lavoratori in astensione)
1. L'assunzione di lavoratori
a tempo determinato in sostituzione di lavoratori in astensione obbligatoria
o facoltativa dal lavoro ai sensi della legge 30
dicembre 1971, n. 1204, come modificata dalla presente
legge, può avvenire anche con anticipo fino ad un mese rispetto al periodo di
inizio dell'astensione, salvo periodi superiori previsti dalla contrattazione
collettiva.
2. Nelle
aziende con meno di venti dipendenti, per i contributi a carico del datore di
lavoro che assume lavoratori con contratto a tempo determinato in
sostituzione di lavoratori in astensione ai sensi degli articoli 4, 5 e 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, come modificati dalla presente legge, è concesso uno
sgravio contributivo del 50 per cento. Le disposizioni del presente comma
trovano applicazione fino al compimento di un anno di età del figlio della
lavoratrice o del lavoratore in astensione e per un anno dall'accoglienza del
minore adottato o in affidamento.
3. Nelle
aziende in cui operano lavoratrici autonome di cui alla legge 29 dicembre 1987, n. 546, è possibile procedere, in caso di maternità delle suddette
lavoratrici, e comunque entro il primo anno di età del bambino o nel primo
anno di accoglienza del minore adottato o in affidamento, all'assunzione di
un lavoratore a tempo determinato, per un periodo massimo di dodici mesi, con
le medesime agevolazioni di cui al comma 2.
Art. 11.
(Parti prematuri)
1. All'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"Qualora il parto
avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, i giorni non goduti di
astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di
astensione obbligatoria dopo il parto. La lavoratrice è tenuta a presentare,
entro trenta giorni, il certificato attestante la data del parto".
Art. 12.
(Flessibilità dell'astensione obbligatoria)
1. Dopo l'articolo 4 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è
inserito il seguente:
"Art. 4-
bis. - 1. Ferma restando la durata complessiva dell'astensione dal lavoro, le
lavoratrici hanno la facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese
precedente la data presunta del parto e nei quattro mesi successivi al parto,
a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con
esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela
della salute nei luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi
pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro".
2. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della
sanità e per la solidarietà sociale, sentite le parti sociali, definisce, con
proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, l'elenco dei lavori ai quali non si applicano le
disposizioni dell'articolo 4 - bis della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, introdotto dal comma 1 del presente articolo.
3. Il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri della
sanità e per la solidarietà sociale, provvede, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, ad aggiornare l'elenco dei lavori
pericolosi, faticosi ed insalubri di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre
1976, n. 1026.
Art. 13.
(Astensione dal lavoro del padre lavoratore)
1. Dopo l'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, sono inseriti i seguenti:
"Art. 6-
bis. - 1. Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro nei primi
tre mesi dalla nascita del figlio, in caso di morte o di grave infermità
della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del
bambino al padre.
2. Il padre
lavoratore che intenda avvalersi del diritto di cui al comma 1 presenta al
datore di lavoro la certificazione relativa alle condizioni ivi previste. In
caso di abbandono, il padre lavoratore ne rende dichiarazione ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15.
3. Si applicano
al padre lavoratore le disposizioni di cui agli articoli 6 e 15, commi 1 e 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni.
4. Al padre
lavoratore si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, per il periodo di astensione
dal lavoro di cui al comma 1 del presente articolo e fino al compimento di un
anno di età del bambino.
Art. 6- ter. -
1. I periodi di riposo di cui all'articolo 10 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, e i relativi trattamenti
economici sono riconosciuti al padre lavoratore:
a) nel caso in
cui i figli siano affidati al solo padre;
b) in
alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
c) nel caso in
cui la madre non sia lavoratrice dipendente".
Art. 14.
(Estensione di norme a specifiche categorie di lavoratrici
madri)
1. I benefici
previsti dal primo periodo del comma 1 dell'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono estesi, dalla data di entrata in vigore della
presente legge, anche alle lavoratrici madri appartenenti ai corpi di polizia
municipale.
Art. 15.
(Testo unico)
1. Al fine di
conferire organicità e sistematicità alle norme in materia di tutela e sostegno
della maternità e della paternità, entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge, il Governo è delegato ad emanare un decreto
legislativo recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in
materia, nel rispetto dei seguenti princípi e criteri direttivi:
a) puntuale
individuazione del testo vigente delle norme;
b) esplicita
indicazione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive
disposizioni;
c)
coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei
limiti di detto coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la
coerenza logica e sistematica della normativa, anche al fine di adeguare e
semplificare il linguaggio normativo;
d) esplicita
indicazione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano
comunque in vigore;
e) esplicita abrogazione di
tutte le rimanenti disposizioni, non richiamate, con espressa indicazione
delle stesse in apposito allegato al testo unico;
f) esplicita
abrogazione delle norme secondarie incompatibili con le disposizioni
legislative raccolte nel testo unico.
2. Lo schema
del decreto legislativo di cui al comma 1 è deliberato dal Consiglio dei
ministri ed è trasmesso, con apposita relazione cui è allegato il parere del
Consiglio di Stato, alle competenti Commissioni parlamentari permanenti, che
esprimono il parere entro quarantacinque giorni dall'assegnazione.
3. Entro un
anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma
1 possono essere emanate, nel rispetto dei princípi e criteri direttivi di
cui al medesimo comma 1 e con le modalità di cui al comma 2, disposizioni
correttive del testo unico. (3)
(3) Si veda il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 "Testo unico delle disposizioni legislative in
materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma
dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53"
Art. 16.
(Statistiche ufficiali sui tempi di vita)
1. L'Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) assicura un flusso informativo quinquennale
sull'organizzazione dei tempi di vita della popolazione attraverso la
rilevazione sull'uso del tempo, disaggregando le informazioni per sesso e per
età.
Art. 17.
(Disposizioni diverse)
1. Nei casi di
astensione dal lavoro disciplinati dalla presente legge, la lavoratrice e il
lavoratore hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro e, salvo che
espressamente vi rinuncino, al rientro nella stessa unità produttiva ove
erano occupati al momento della richiesta di astensione o di congedo o in
altra ubicata nel medesimo comune; hanno altresì diritto di essere adibiti
alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti.
2. All'articolo 2 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, è
aggiunto, in fine, il seguente comma:
"Al
termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4 della
presente legge le lavoratrici hanno diritto, salvo che espressamente vi
rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate
all'inizio del periodo di gestazione o in altra ubicata nel medesimo comune,
e di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno
altresì diritto di essere adibite alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni
equivalenti".
3. I contratti
collettivi di lavoro possono prevedere condizioni di maggior favore rispetto
a quelle previste dalla presente legge.
4. Sono
abrogate le disposizioni legislative incompatibili con la presente legge ed
in particolare l'articolo 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.
Art. 18.
(Disposizioni in materia di recesso)
1. Il
licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo di cui agli
articoli 3, 4, 5, 6 e 13 della presente legge è nullo.
2. La richiesta
di dimissioni presentata dalla lavoratrice o dal lavoratore durante il primo
anno di vita del bambino o nel primo anno di accoglienza del minore adottato
o in affidamento deve essere convalidata dal Servizio ispezione della
direzione provinciale del lavoro.
Ù
CAPO V
MODIFICHE ALLA LEGGE 5 FEBBRAIO 1992, N. 104
Art. 19.
(Permessi per l'assistenza a portatori di handicap)
1. All'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3,
dopo le parole: "permesso mensile" sono inserite le seguenti: "coperti
da contribuzione figurativa";
b) al comma 5,
le parole ", con lui convivente," sono soppresse;
c) al comma 6,
dopo le parole: "può usufruire " è inserita la seguente: "alternativamente".
(1)
(1) si veda
anche la circolare INPS - 17 luglio 2000, n. 133
Art. 20.
(Estensione delle agevolazioni per l'assistenza a portatori
di handicap)
1. Le
disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si
applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai
genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o
privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un
affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente. (4)
(4) si veda anche
la circolare INPS - 17 luglio 2000, n. 133 e la circolare INPS 10 luglio
2001, n. 138
Ù
CAPO VI
NORME FINANZIARIE
Art. 21.
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'attuazione
delle disposizioni degli articoli da 3 a 20, esclusi gli articoli 6 e 9,
della presente legge, valutato in lire 298 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, si provvede, quanto a lire 273 miliardi annue a decorrere
dall'anno 2000, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di
spesa di cui all'articolo 3 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo
1998, n. 52, concernente il Fondo per l'occupazione; quanto
a lire 25 miliardi annue a decorrere dall'anno 2000, mediante corrispondente
riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 28 agosto 1997, n. 285.
2. Il Ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad
apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Ù
CAPO VII
TEMPI DELLE CITTÁ
Art. 22.
(Compiti delle regioni)
1. Entro sei
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le regioni
definiscono, con proprie leggi, ai sensi dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, qualora non vi abbiano già
provveduto, norme per il coordinamento da parte dei comuni degli orari degli
esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici periferici delle
amministrazioni pubbliche, nonché per la promozione dell'uso del tempo per
fini di solidarietà sociale, secondo i princípi del presente capo.
2. Le regioni
prevedono incentivi finanziari per i comuni, anche attraverso l'utilizzo
delle risorse del Fondo di cui all'articolo 28, ai fini della predisposizione
e dell'attuazione dei piani territoriali degli orari di cui all'articolo 24 e
della costituzione delle banche dei tempi di cui all'articolo 27.
3. Le regioni
possono istituire comitati tecnici, composti da esperti in materia di
progettazione urbana, di analisi sociale, di comunicazione sociale e di
gestione organizzativa, con compiti consultivi in ordine al coordinamento
degli orari delle città e per la valutazione degli effetti sulle comunità
locali dei piani territoriali degli orari.
4. Nell'ambito
delle proprie competenze in materia di formazione professionale, le regioni
promuovono corsi di qualificazione e riqualificazione del personale impiegato
nella progettazione dei piani territoriali degli orari e nei progetti di
riorganizzazione dei servizi.
5. Le leggi
regionali di cui al comma 1 indicano:
a) criteri
generali di amministrazione e coordinamento degli orari di apertura al pubblico
dei servizi pubblici e privati, degli uffici della pubblica amministrazione,
dei pubblici esercizi commerciali e turistici, delle attività culturali e
dello spettacolo, dei trasporti;
b) i criteri
per l'adozione dei piani territoriali degli orari;
c) criteri e modalità per la
concessione a i comuni di finanziamenti per l'adozione dei piani territoriali
degli orari e per la costituzione di banche dei tempi, con priorità per le
iniziative congiunte dei comuni con popolazione non superiore a 30.000 abitanti.
6. Le regioni a
statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono
secondo le rispettive competenze.
Art. 23.
(Compiti dei comuni)
1. I comuni con
popolazione superiore a 30.000 abitanti attuano, singolarmente o in forma
associata, le disposizioni dell'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite
dal presente capo, nei tempi indicati dalle leggi regionali di cui
all'articolo 22, comma 1, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata
in vigore della presente legge.
2. In caso di inadempimento
dell'obbligo di cui al comma 1, il presidente della giunta regionale nomina
un commissario ad acta.
3. I comuni con
popolazione non superiore a 30.000 abitanti possono attuare le disposizioni
del presente capo in forma associata.
Art. 24.
(Piano territoriale degli orari)
1. Il piano
territoriale degli orari, di seguito denominato "piano", realizza
le finalità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), ed è strumento
unitario per finalità ed indirizzi, articolato in progetti, anche
sperimentali, relativi al funzionamento dei diversi sistemi orari dei servizi
urbani e alla loro graduale armonizzazione e coordinamento.
2. I comuni con
popolazione superiore a 30.000 abitanti sono tenuti ad individuare un
responsabile cui è assegnata la competenza in materia di tempi ed orari e che
partecipa alla conferenza dei dirigenti, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e
successive modificazioni.
3. I comuni con popolazione
non superiore a 30.000 abitanti possono istituire l'ufficio di cui al comma 2
in forma associata.
4. Il sindaco
elabora le linee guida del piano. A tale fine attua forme di consultazione
con le amministrazioni pubbliche, le parti sociali, nonché le associazioni
previste dall'articolo 6 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, e le associazioni delle
famiglie.
5.
Nell'elaborazione del piano si tiene conto degli effetti sul traffico,
sull'inquinamento e sulla qualità della vita cittadina degli orari di lavoro
pubblici e privati, degli orari di apertura al pubblico dei servizi pubblici
e privati, degli uffici periferici delle amministrazioni pubbliche, delle
attività commerciali, ferme restando le disposizioni degli articoli da 11 a 13 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, nonché delle istituzioni formative, culturali e del tempo
libero.
6. Il piano è approvato
dal consiglio comunale su proposta del sindaco ed è vincolante per
l'amministrazione comunale, che deve adeguare l'azione dei singoli
assessorati alle scelte in esso contenute. Il piano è attuato con ordinanze
del sindaco.
Art. 25
(Tavolo di concertazione)
1. Per l'attuazione e la
verifica dei progetti contenuti nel piano di cui all'articolo 24, il sindaco
istituisce un tavolo di concertazione, cui partecipano:
a) il sindaco stesso
o, per suo incarico, il responsabile di cui all'articolo 24, comma 2;
b) il prefetto
o un suo rappresentante;
c) il
presidente della provincia o un suo rappresentante;
d) i presidenti
delle comunità montane o loro rappresentanti;
e) un dirigente
per ciascuna delle pubbliche amministrazioni non statali coinvolte nel piano;
f)
rappresentanti sindacali degli imprenditori della grande, media e piccola
impresa, del commercio, dei servizi, dell'artigianato e dell'agricoltura;
g)
rappresentanti sindacali dei lavoratori;
h) il
provveditore agli studi ed i rappresentanti delle università presenti nel
territorio;
i) i presidenti
delle aziende dei trasporti urbani ed extraurbani, nonché i rappresentanti
delle aziende ferroviarie.
2. Per
l'attuazione del piano di cui all'articolo 24, il sindaco promuove accordi
con i soggetti pubblici e privati di cui al comma 1.
3. In caso di
emergenze o di straordinarie necessità dell'utenza o di gravi problemi
connessi al traffico e all'inquinamento, il sindaco può emettere ordinanze
che prevedano modificazioni degli orari.
4. Le
amministrazioni pubbliche, anche territoriali, sono tenute ad adeguare gli
orari di funzionamento degli uffici alle ordinanze di cui al comma 3.
5. I comuni
capoluogo di provincia sono tenuti a concertare con i comuni limitrofi,
attraverso la conferenza dei sindaci, la riorganizzazione territoriale degli
orari. Alla conferenza partecipa un rappresentante del presidente della
provincia.
Art. 26.
(Orari della pubblica amministrazione)
1. Le articolazioni
e le scansioni degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica
amministrazione devono tenere conto delle esigenze dei cittadini che
risiedono, lavorano ed utilizzano il territorio di riferimento.
2. Il piano di cui all'articolo 24, ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,
e successive modificazioni, può prevedere modalità ed articolazioni
differenziate degli orari di apertura al pubblico dei servizi della pubblica
amministrazione.
3. Le pubbliche
amministrazioni, attraverso l'informatizzazione dei relativi servizi, possono
garantire prestazioni di informazione anche durante gli orari di chiusura dei
servizi medesimi e, attraverso la semplificazione delle procedure, possono
consentire agli utenti tempi di attesa più brevi e percorsi più semplici per
l'accesso ai servizi.
Art. 27.
(Banche dei tempi)
1. Per favorire
lo scambio di servizi di vicinato, per facilitare l'utilizzo dei servizi
della città e il rapporto con le pubbliche amministrazioni, per favorire
l'estensione della solidarietà nelle comunità locali e per incentivare le
iniziative di singoli e gruppi di cittadini, associazioni, organizzazioni ed
enti che intendano scambiare parte del proprio tempo per impieghi di
reciproca solidarietà e interesse, gli enti locali possono sostenere e
promuovere la costituzione di associazioni denominate "banche dei
tempi".
2. Gli enti
locali, per favorire e sostenere le banche dei tempi, possono disporre a loro
favore l'utilizzo di locali e di servizi e organizzare attività di
promozione, formazione e informazione. Possono altresì aderire alle banche
dei tempi e stipulare con esse accordi che prevedano scambi di tempo da
destinare a prestazioni di mutuo aiuto a favore di singoli cittadini o della
comunità locale. Tali prestazioni devono essere compatibili con gli scopi
statutari delle banche dei tempi e non devono costituire modalità di
esercizio delle attività istituzionali degli enti locali.
Art. 28.
(Fondo per l'armonizzazione dei tempi delle città)
1. Nell'elaborare le linee
guida del piano di cui all'articolo 24, il sindaco prevede misure per
l'armonizzazione degli orari che contribuiscano, in linea con le politiche e le
misure nazionali, alla riduzione delle emissioni di gas inquinanti nel
settore dei trasporti. Dopo l'approvazione da parte del consigli o comunale,
i piani sono comunicati alle regioni, che li trasmettono al Comitato
interministeriale per la programmazione economica (CIPE) indicandone, ai soli
fini del presente articolo, l'ordine di priorità.
2. Per le
finalità del presente articolo è istituito un Fondo per l'armonizzazione dei
tempi delle città, nel limite massimo di lire 15 miliardi annue a decorrere dall'anno
2001. Alla ripartizione delle predette risorse provvede il CIPE, sentita la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decret o legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
3. Le regioni
iscrivono le somme loro attribuite in un apposito capitolo di bilancio, nel
quale confluiscono altresì eventuali risorse proprie, da utilizzare per spese
destinate ad agevolare l'attuazione dei progetti inclusi nel piano di cui
all'articolo 24 e degli interventi di cui all'articolo 27.
4. I contributi
di cui al comma 3 sono concessi prioritariamente per:
a) associazioni
di comuni;
b) progetti
presentati da comuni che abbiano attivato forme di coordinamento e
cooperazione con altri enti locali per l'attuazione di specifici piani di
armonizzazione degli orari dei servizi con vasti bacini d i utenza;
c) interventi
attuativi degli accordi di cui all'articolo 25, comma 2.
5. La
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è convocata ogni anno, entro il mese di febbraio, per
l'esame dei risultati conseguiti attraverso l'impiego delle risorse del Fondo
di cui al comma 2 e per la definizione delle linee di intervento futuro. Alle
relative riunioni sono invitati i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale, per la solidarietà sociale, per la funzione pubblica, dei trasporti
e della navigazione e dell'ambiente, il presidente della società Ferrovie
dello Stato spa, nonché i rappresentanti delle associazioni ambientaliste e
del volontariato, delle organizzazioni sindacali e di categoria.
6. Il Governo,
entro il mese di luglio di ogni anno e sulla base dei lavori della Conferenza
di cui al comma 5, presenta al Parlamento una relazione sui progetti di
riorganizzazione dei tempi e degli orari delle città.
7. All'onere
derivante dall'istituzione del Fondo di cui al comma 2 si provvede mediante utilizzazione
delle risorse di cui all'articolo 8, comma 10, lettera f), della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
Ù
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