Parlamento Italiano
Legge 14 febbraio 2003, n. 30
"Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del
lavoro”
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 47 del 26
Febbraio 2003
Art. 1.
(Delega al Governo per la revisione della disciplina dei servizi
pubblici e privati per l’impiego, nonché in materia di intermediazione e
interposizione privata nella somministrazione di lavoro)
1. Allo scopo di realizzare un sistema efficace e coerente di
strumenti intesi a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro
e a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di
quanti sono in cerca di una prima occupazione, con particolare riguardo alle
donne e ai giovani, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le
pari opportunità ed entro il termine di un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a
stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di
tutela e sicurezza del lavoro dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali
dell’Unione europea in materia di occupabilità, i princìpi fondamentali in
materia di disciplina dei servizi per l’impiego, con particolare riferimento
al sistema del collocamento, pubblico e privato, e di somministrazione di
manodopera.
a) snellimento e semplificazione delle
procedure di incontro tra domanda e offerta di lavoro;
b) modernizzazione e razionalizzazione
del sistema del collocamento pubblico, al fine di renderlo maggiormente efficiente
e competitivo, secondo una disciplina incentrata su:
1) rispetto delle competenze previste dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, con particolare riferimento alle competenze riconosciute alle
regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano;
2) sostegno e sviluppo dell’attività lavorativa femminile e
giovanile, nonché sostegno al reinserimento dei lavoratori anziani;
3) abrogazione di tutte le norme incompatibili con la nuova
regolamentazione del collocamento, ivi inclusa la legge 29 aprile 1949, n. 264, fermo
restando il regime di autorizzazione o accreditamento per gli operatori
privati ai sensi di quanto disposto dalla lettera l) e stabilendo, in
materia di collocamento pubblico, un nuovo apparato sanzionatorio, con
previsione di sanzioni amministrative per il mancato adempimento degli
obblighi di legge;
4) mantenimento da parte dello Stato delle competenze in materia
di conduzione coordinata ed integrata del sistema informativo lavoro;
c) mantenimento da parte dello Stato
delle funzioni amministrative relative alla conciliazione delle controversie
di lavoro individuali e plurime, nonché alla risoluzione delle controversie
collettive di rilevanza pluriregionale;
d) mantenimento da parte dello Stato
delle funzioni amministrative relative alla vigilanza in materia di lavoro,
alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori non appartenenti
all’Unione europea, all’autorizzazione per attività lavorative all’estero;
e) mantenimento da parte delle province
delle funzioni amministrative attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
f) incentivazione delle forme di
coordinamento e raccordo tra operatori privati e operatori pubblici, ai fini
di un migliore g) ridefinizione del regime del trattamento dei dati
relativi all’incontro tra domanda e offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, al fine di
evitare oneri aggiuntivi e ingiustificati rispetto alle esigenze di
monitoraggio statistico; prevenzione delle forme di esclusione sociale e
vigilanza sugli operatori, con previsione del divieto assoluto per gli
operatori privati e pubblici di qualsivoglia indagine o comunque trattamento
di dati ovvero di preselezione dei lavoratori, anche con il loro consenso, in
base all’affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso,
all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale, o di famiglia, o di
gravidanza, nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro.
È altresì fatto divieto di raccogliere, memorizzare o diffondere informazioni
sui lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini
professionali e al loro inserimento lavorativo;
h) coordinamento delle disposizioni
sull’incontro tra domanda e offerta di lavoro con la disciplina in materia di
lavoro dei cittadini non comunitari, nel rispetto della normativa vigente in
modo da prevenire l’adozione di forme di lavoro irregolare, anche minorile, e
sommerso e al fine di semplificare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni al lavoro;
i) eliminazione del vincolo dell’oggetto
sociale esclusivo per le imprese di fornitura di prestazioni di lavoro
temporaneo di cui all’articolo 2 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e per i soggetti di cui all’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni, garantendo un periodo transitorio
di graduale adeguamento per le società già autorizzate;
l) identificazione di un unico regime
autorizzatorio o di accreditamento per gli intermediari pubblici, con
particolare riferimento agli enti locali, e privati, che abbiano adeguati
requisiti giuridici e finanziari, differenziato in funzione del tipo di
attività svolta, comprensivo delle ipotesi di trasferimento della
autorizzazione e modulato in relazione alla natura giuridica dell’intermediario,
con particolare riferimento alle associazioni non riconosciute ovvero a enti
o organismi bilaterali costituiti da associazioni dei datori di lavoro e dei
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale
o territoriale, ai consulenti del lavoro di cui alla legge 11 gennaio 1979, n. 12, nonché alle
università e agli istituti di scuola secondaria di secondo grado, prevedendo,
altresì, che non vi siano oneri o spese a carico dei lavoratori, fatto salvo
quanto previsto dall’articolo 7 della Convenzione dell’Organizzazione
Internazionale del Lavoro (OIL) del 19 giugno 1997, n. 181, ratificata
dall’Italia in data 1º febbraio 2000;
m) abrogazione della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e sua sostituzione con una nuova disciplina basata sui seguenti
criteri direttivi:
1) autorizzazione della somministrazione di manodopera, solo da
parte dei soggetti identificati ai sensi della lettera l);
2) ammissibilità della somministrazione di manodopera, anche a
tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo
od organizzativo, individuate dalla legge o dai contratti collettivi
nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di
lavoro comparativamente più rappresentative;
3) chiarificazione dei criteri di distinzione tra appalto e
interposizione, ridefinendo contestualmente i casi di comando e distacco,
nonché di interposizione illecita laddove manchi una ragione tecnica,
organizzativa o produttiva ovvero si verifichi o possa verificarsi la lesione
di diritti inderogabili di legge o di contratto collettivo applicato al prestatore
di lavoro;
4) garanzia del regime della solidarietà tra fornitore e
utilizzatore in caso di somministrazione di lavoro altrui;
5) trattamento assicurato ai lavoratori coinvolti nell’attività
di somministrazione di manodopera non inferiore a quello a cui hanno diritto
i dipendenti di pari livello dell’impresa utilizzatrice;
6) conferma del regime sanzionatorio civilistico e penalistico
previsto per i casi di violazione della disciplina della mediazione privata
nei rapporti di lavoro, prevedendo altresì specifiche sanzioni penali per le
ipotesi di esercizio abusivo di intermediazione privata nonché un regime
sanzionatorio più incisivo nel caso di sfruttamento del lavoro minorile;
7) utilizzazione del meccanismo certificatorio di cui
all’articolo 5 ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita
e appalto genuino, sulla base di indici e codici di comportamento elaborati
in sede amministrativa che tengano conto della rigorosa verifica della reale
organizzazione dei mezzi e dell’assunzione effettiva del rischio di impresa
da parte dell’appaltatore;
n) attribuzione della facoltà ai gruppi
di impresa, individuati ai sensi dell’articolo 2359
del codice civile nonché ai sensi del decreto legislativo 2 aprile 2002, n. 74, di delegare lo svolgimento degli adempimenti di cui all’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, alla società capogruppo per tutte le società controllate e
collegate, ferma restando la titolarità delle obbligazioni contrattuali e
legislative in capo alle singole società datrici di lavoro;
o) abrogazione espressa di tutte le
normative, anche se non espressamente indicate nelle lettere da a) a n),
che sono direttamente o indirettamente incompatibili con i decreti
legislativi emanati ai sensi del presente articolo;
p) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 18, che ha modificato l’articolo 2112
del codice civile in tema di trasferimento d’azienda, al
fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella presente delega,
basata sui seguenti criteri direttivi:
1) completo adeguamento della disciplina vigente alla normativa
comunitaria, anche alla luce del necessario coordinamento con la legge 1º marzo 2002, n. 39, che dispone
il recepimento della direttiva
2001/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di
trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di
stabilimenti;
2) previsione del requisito dell’autonomia funzionale del ramo
di azienda nel momento del suo trasferimento;
3) previsione di un regime particolare di solidarietà tra
appaltante e appaltatore, nei limiti di cui all’articolo 1676
del codice civile, per le ipotesi in cui il contratto di
appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda;
q) redazione, entro ventiquattro mesi dalla
data di entrata in vigore della presente legge, di uno o più testi unici
delle normative e delle disposizioni in materia di mercato del lavoro e
incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Art. 2.
(Delega al Governo in materia di riordino dei contratti a
contenuto formativo e di tirocinio)
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunità, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro
per gli affari regionali, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a
stabilire, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni in materia di
tutela e sicurezza del lavoro dalla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi indicati dagli orientamenti annuali dell’Unione
europea in materia di occupazione, la revisione e la razionalizzazione dei
rapporti di lavoro con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti
princìpi e criteri direttivi:
b) attuazione degli obiettivi e rispetto
dei criteri di cui all’articolo 16, comma 5, della legge 24 giugno 1997, n. 196, al fine di riordinare gli speciali rapporti di lavoro con
contenuti formativi, così da valorizzare l’attività formativa svolta in
azienda, confermando l’apprendistato come strumento formativo anche nella
prospettiva di una formazione superiore in alternanza tale da garantire il
raccordo tra i sistemi della istruzione e della formazione, nonché il
passaggio da un sistema all’altro e, riconoscendo nel contempo agli enti
bilaterali e alle strutture pubbliche designate competenze autorizzatorie in
materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di
realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato del lavoratore in azienda;
c) individuazione di misure idonee a
favorire forme di apprendistato e di tirocinio di impresa al fine del
subentro nella attività di impresa;
d) revisione delle misure di inserimento
al lavoro, non costituenti rapporto di lavoro, mirate alla conoscenza diretta
del mondo del lavoro con valorizzazione dello strumento convenzionale fra le
pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il sistema formativo e le imprese, secondo modalità coerenti
con quanto previsto dagli articoli 17 e 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, prevedendo una durata variabile fra uno e dodici mesi ovvero
fino a ventiquattro mesi per i soggetti disabili, in relazione al livello di
istruzione, alle caratteristiche della attività lavorativa e al territorio di
appartenenza nonché, con riferimento ai soggetti disabili, anche in base alla
natura della menomazione e all’incidenza della stessa sull’allungamento dei
tempi di apprendimento in relazione alle specifiche mansioni in cui vengono
inseriti, e prevedendo altresì la eventuale corresponsione di un sussidio in
un quadro di razionalizzazione delle misure di inserimento non costituenti
rapporti di lavoro;
e) orientamento degli strumenti definiti
ai sensi dei princìpi e dei criteri direttivi di cui alle lettere b), c)
e d), nel senso di valorizzare l’inserimento o il reinserimento al
lavoro delle donne, particolarmente di quelle uscite dal mercato del lavoro
per l’adempimento di compiti familiari e che desiderino rientrarvi, al fine
di superare il differenziale occupazionale tra uomini e donne;
f) semplificazione e snellimento delle
procedure di riconoscimento e di attribuzione degli incentivi connessi ai
contratti a contenuto formativo, tenendo conto del tasso di occupazione
femminile e prevedendo anche criteri di automaticità;
g) rafforzamento dei meccanismi e degli
strumenti di monitoraggio e di valutazione dei risultati conseguiti, anche in
relazione all’impatto sui livelli di occupazione femminile e sul tasso di
occupazione in generale, per effetto della ridefinizione degli interventi di
cui al presente articolo da parte delle amministrazioni competenti e tenuto
conto dei criteri che saranno determinati dai provvedimenti attuativi, in
materia di mercato del lavoro, della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
h) sperimentazione di orientamenti,
linee-guida e codici di comportamento, al fine di determinare i contenuti
dell’attività formativa, concordati da associazioni dei datori e prestatori
di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e
territoriale, anche all’interno di enti bilaterali, ovvero, in difetto di
accordo, determinati con atti delle regioni, d’intesa con il Ministro del
lavoro e delle politiche sociali;
i) rinvio ai contratti collettivi
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative, a livello nazionale, territoriale e aziendale, per la
determinazione, anche all’interno degli enti bilaterali, delle modalità di
attuazione dell’attività formativa in azienda.
Art. 3.
(Delega al Governo in materia di riforma della disciplina del
lavoro a tempo parziale)
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro per le pari
opportunità, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o più decreti legislativi, con esclusione dei
rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, recanti
norme per promuovere il ricorso a prestazioni di lavoro a tempo parziale,
quale tipologia contrattuale idonea a favorire l’incremento del tasso di
occupazione e, in particolare, del tasso di partecipazione delle donne, dei
giovani e dei lavoratori con età superiore ai 55 anni, al mercato del lavoro,
nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) agevolazione del ricorso a prestazioni
di lavoro supplementare nelle ipotesi di lavoro a tempo parziale cosiddetto
orizzontale, nei casi e secondo le modalità previsti da contratti collettivi
stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente
più rappresentative su scala nazionale o territoriale, anche sulla base del
consenso del lavoratore interessato in carenza dei predetti contratti collettivi;
b) agevolazione del ricorso a forme
flessibili ed elastiche di lavoro a tempo parziale nelle ipotesi di lavoro a
tempo parziale cosiddetto verticale e misto, anche sulla base del consenso
del lavoratore interessato in carenza dei contratti collettivi di cui alla
lettera a), e comunque a fronte di una maggiorazione
retributiva da riconoscere al lavoratore;
c) estensione delle forme flessibili ed
elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato;
d) previsione di norme, anche di natura previdenziale,
che agevolino l’utilizzo di contratti a tempo parziale da parte dei
lavoratori anziani al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione
giovanile anche attraverso il ricorso a tale tipologia contrattuale;
e) abrogazione o integrazione di ogni
disposizione in contrasto con l’obiettivo della incentivazione del lavoro a
tempo parziale, fermo restando il rispetto dei princìpi e delle regole
contenute nella direttiva
97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997;
f) affermazione della computabilità pro
rata temporis in proporzione dell’orario svolto dal lavoratore a tempo
parziale, in relazione all’applicazione di tutte le norme legislative e
clausole contrattuali a loro volta collegate alla dimensione aziendale intesa
come numero dei dipendenti occupati in ogni unità produttiva;
g) integrale estensione al settore
agricolo del lavoro a tempo parziale.
Art. 4.
(Delega al Governo in materia di disciplina delle tipologie di
lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo, occasionale,
accessorio e a prestazioni ripartite)
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi
recanti disposizioni volte alla disciplina o alla razionalizzazione delle
tipologie di lavoro a chiamata, temporaneo, coordinato e continuativo,
occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite, nel rispetto dei seguenti
princìpi e criteri direttivi:
a) riconoscimento di una congrua
indennità cosiddetta di disponibilità a favore del lavoratore che garantisca
nei confronti del datore di lavoro la propria disponibilità allo svolgimento
di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, così come
individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative su scala nazionale
o territoriale o, in via provvisoriamente sostitutiva, per decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed in ogni caso prevedendosi
la possibilità di sperimentazione di detta tipologia contrattuale anche per
prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni
di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi
dal ciclo produttivo in funzione di processi di riduzione o trasformazione di
attività o di lavoro e iscritti alle liste di mobilità e di collocamento;
eventuale non obbligatorietà per il prestatore di rispondere alla chiamata
del datore di lavoro, non avendo quindi titolo a percepire la predetta
indennità ma con diritto di godere di una retribuzione proporzionale al
lavoro effettivamente svolto;
b) con riferimento alle prestazioni di
lavoro temporaneo, completa estensione al settore agricolo del lavoro
temporaneo tramite agenzia, con conseguente applicabilità degli oneri
contributivi di questo settore;
c) con riferimento alle collaborazioni
coordinate e continuative:
1) previsione della stipulazione dei relativi contratti mediante
un atto scritto da cui risultino la durata, determinata o determinabile,
della collaborazione, la riconducibilità di questa a uno o più progetti o
programmi di lavoro o fasi di esso, resi con lavoro prevalentemente proprio e
senza vincolo di subordinazione, nonché l’indicazione di un corrispettivo,
che deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro;
2) differenziazione rispetto ai rapporti di lavoro meramente
occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non
superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso
committente, salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della
prestazione sia superiore a 5.000 euro;
3) riconduzione della fattispecie a uno o più progetti o
programmi di lavoro o fasi di esso;
4) previsione di tutele fondamentali a presidio della dignità e
della sicurezza dei collaboratori, con particolare riferimento a maternità,
malattia e infortunio, nonché alla sicurezza nei luoghi di lavoro, anche nel
quadro di intese collettive;
5) previsione di un adeguato sistema sanzionatorio nei casi di
inosservanza delle disposizioni di legge;
6) ricorso, ai sensi dell’articolo 5, ad adeguati meccanismi di
certificazione della volontà delle parti contraenti;
d) ammissibilità di prestazioni di lavoro
occasionale e accessorio, in generale e con particolare riferimento a
opportunità di assistenza sociale, rese a favore di famiglie e di enti senza
fini di lucro, da disoccupati di lungo periodo, altri soggetti a rischio di
esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro,
ovvero in procinto di uscirne, regolarizzabili attraverso la tecnica di buoni
corrispondenti a un certo ammontare di attività lavorativa, ricorrendo, ai
sensi dell’articolo 5, ad adeguati meccanismi di certificazione;
e) ammissibilità di prestazioni ripartite
fra due o più lavoratori, obbligati in solido nei confronti di un datore di
lavoro, per l’esecuzione di un’unica prestazione lavorativa.
f) configurazione specifica come
prestazioni che esulano dal mercato del lavoro e dagli obblighi connessi
delle prestazioni svolte in modo occasionale o ricorrente di breve periodo, a
titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di
compensi, salve le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori, e con
particolare riguardo alle attività agricole.
Art. 5.
(Delega al Governo in materia di certificazione dei rapporti di
lavoro)
1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di
qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di lavoro
alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo è delegato ad
adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni in materia di
certificazione del relativo contratto stipulato tra le parti, nel rispetto
dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) carattere volontario e sperimentale
della procedura di certificazione;
b) individuazione dell’organo preposto
alla certificazione del rapporto di lavoro in enti bilaterali costituiti a
iniziativa di associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative, ovvero presso strutture pubbliche
aventi competenze in materia, o anche università;
c) definizione delle modalità di
organizzazione delle sedi di certificazione e di tenuta della relativa
documentazione;
d) indicazione del contenuto e della
procedura di certificazione;
e) attribuzione di piena forza legale al
contratto certificato ai sensi della procedura di cui alla lettera d),
con esclusione della possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di
erronea qualificazione del programma negoziale da parte dell’organo preposto
alla certificazione e di difformità tra il programma negoziale effettivamente
realizzato dalle parti e il programma negoziale concordato dalle parti in
sede di certificazione;
f) previsione di espletare il tentativo
obbligatorio di conciliazione previsto dall’articolo 410
del codice di procedura civile innanzi all’organo
preposto alla certificazione quando si intenda impugnare l’erronea
qualificazione dello stesso o la difformità tra il programma negoziale certificato
e la sua successiva attuazione, prevedendo che gli effetti dell’accertamento
svolto dall’organo preposto alla certificazione permangano fino al momento in
cui venga provata l’erronea qualificazione del programma negoziale o la
difformità tra il programma negoziale concordato dalle parti in sede di
certificazione e il programma attuato. In caso di ricorso in giudizio,
introduzione dell’obbligo in capo all’autorità giudiziaria competente di
accertare anche le dichiarazioni e il comportamento tenuto dalle parti
davanti all’organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro;
g) attribuzione agli enti bilaterali
della competenza a certificare non solo la qualificazione del contratto di
lavoro e il programma negoziale concordato dalle parti, ma anche le rinunzie
e transazioni di cui all’articolo 2113
del codice civile a conferma della volontà abdicativa o
transattiva delle parti stesse;
h) estensione della procedura di
certificazione all’atto di deposito del regolamento interno riguardante la
tipologia dei rapporti attuati da una cooperativa ai sensi dell’articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e successive modificazioni;
i) verifica dell’attuazione delle
disposizioni, dopo ventiquattro mesi dalla data della loro entrata in vigore,
da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentite le
organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Art. 6.
(Esclusione)
1. Le disposizioni degli articoli da 1 a 5 non si applicano al
personale delle pubbliche amministrazioni ove non siano espressamente
richiamate.
Art. 7.
(Disposizioni concernenti l’esercizio delle deleghe di cui agli
articoli da 1 a 5)
1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli da 1
a 5, deliberati dal Consiglio dei ministri e corredati da una apposita
relazione cui è allegato il parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative dei datori e prestatori di lavoro, sono trasmessi alle Camere
per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni
parlamentari permanenti entro la scadenza del termine previsto per
l’esercizio della relativa delega.
2. In caso di mancato rispetto del termine per la trasmissione,
il Governo decade dall’esercizio della delega. Le competenti Commissioni
parlamentari esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di
trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra
inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.
3. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni
parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine
per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di
sessanta giorni.
4. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare eventuali
disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità e nel
rispetto dei medesimi criteri e princìpi direttivi.
5. Dall’attuazione delle disposizioni degli articoli da 1 a 5
non devono derivare oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
Art. 8.
(Delega al Governo per la razionalizzazione delle funzioni ispettive
in materia di previdenza sociale e di lavoro)
1. Allo scopo di definire un sistema organico e coerente di
tutela del lavoro con interventi omogenei, il Governo è delegato ad adottare,
nel rispetto delle competenze affidate alle regioni, su proposta del Ministro
del lavoro delle politiche sociali ed entro il termine di un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per
il riassetto della disciplina vigente sulle ispezioni in materia di
previdenza sociale e di lavoro, nonché per la definizione di un quadro
regolatorio finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di
lavoro in sede conciliativa, ispirato a criteri di equità ed efficienza.
2. La delega di cui al comma 1 è esercitata nel rispetto dei
seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) improntare il sistema delle ispezioni
alla prevenzione e promozione dell’osservanza della disciplina degli obblighi
previdenziali, del rapporto di lavoro, del trattamento economico e normativo
minimo e dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale, anche valorizzando l’attività di consulenza degli ispettori nei
confronti dei destinatari della citata disciplina;
b) definizione di un raccordo efficace fra
la funzione di ispezione del lavoro e quella di conciliazione delle
controversie individuali;
c) ridefinizione dell’istituto della
prescrizione e diffida propri della direzione provinciale del lavoro;
d) semplificazione dei procedimenti
sanzionatori amministrativi e possibilità di ricorrere alla direzione
regionale del lavoro;
e) semplificazione della procedura per la
soddisfazione dei crediti di lavoro correlata alla promozione di soluzioni
conciliative in sede pubblica;
f) riorganizzazione dell’attività
ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di
previdenza sociale e di lavoro con l’istituzione di una direzione generale
con compiti di direzione e coordinamento delle strutture periferiche del
Ministero ai fini dell’esercizio unitario della predetta funzione ispettiva,
tenendo altresì conto della specifica funzione di polizia giudiziaria
dell’ispettore del lavoro;
g) razionalizzazione degli interventi
ispettivi di tutti gli organi di vigilanza, compresi quelli degli istituti
previdenziali, con attribuzione della direzione e del coordinamento operativo
alle direzioni regionali e provinciali del lavoro sulla base delle direttive
adottate dalla direzione generale di cui alla lettera f).
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono
trasmessi alle Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti
Commissioni parlamentari permanenti entro la scadenza del termine previsto
per l’esercizio della delega. Le competenti Commissioni parlamentari
esprimono il parere entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Qualora
il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti
legislativi possono essere comunque adottati.
4. Qualora il termine previsto per il parere delle Commissioni
parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine
per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di
sessanta giorni.
5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei
decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare eventuali
disposizioni modificative e correttive con le medesime modalità di cui ai
commi 3 e 4, attenendosi ai princìpi e ai criteri direttivi indicati al comma
2.
6. L’attuazione della delega di cui al presente articolo non
deve comportare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Art. 9.
(Modifiche alla legge 3 aprile 2001, n. 142)
1. Alla legge 3 aprile
2001, n. 142, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 3, primo periodo,
le parole: «e distinto» sono soppresse;
b) all’articolo 2, comma 1, dopo il primo
periodo, è inserito il seguente: «L’esercizio dei diritti di cui al titolo III della citata legge n. 300 del 1970 trova applicazione compatibilmente con lo stato di socio
lavoratore, secondo quanto determinato da accordi collettivi tra associazioni
nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni sindacali dei lavoratori
comparativamente più rappresentative»;
c) all’articolo 3, dopo il comma 2, è
aggiunto il seguente:
«2-bis. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, le
cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250,
possono corrispondere ai propri soci lavoratori un compenso proporzionato
all’entità del pescato, secondo criteri e parametri stabiliti dal regolamento
interno previsto dall’articolo 6»;
d) all’articolo 5, il comma 2 è sostituito
dal seguente:
«2. Il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o
l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e
in conformità con gli articoli 2526
e 2527 del codice civile. Le controversie tra
socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di competenza
del tribunale ordinario»;
e) all’articolo 6, comma 1, le parole:
«Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» sono sostituite
dalle seguenti: «Entro il 31 dicembre 2003»;
f) all’articolo 6, comma 2, dopo le
parole: «del comma 1», sono inserite le seguenti: «nonchè all’articolo 3,
comma 2-bis» e le parole: «ai trattamenti retributivi ed alle
condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali di cui
all’articolo 3» sono sostituite dalle seguenti: «al solo trattamento
economico minimo di cui all’articolo 3, comma 1»;
g) all’articolo 6 è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
«2-bis. Le cooperative di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b), della legge 8 novembre 1991, n.
381, possono definire accordi territoriali con le
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative per rendere
compatibile l’applicazione del contratto collettivo di lavoro nazionale di
riferimento all’attività svolta. Tale accordo deve essere depositato presso
la direzione provinciale del lavoro competente per territorio».
Art. 10.
(Modifica dell’articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n.
71)
1. L’articolo 3 del decreto-legge 22 marzo 1993, n. 71,
convertito dalla legge 20 maggio 1993, n. 151, è sostituito dal seguente:
«Art. 3. - (Benefici alle imprese artigiane, commerciali e
del turismo). – 1. Per le imprese artigiane, commerciali e del turismo
rientranti nella sfera di applicazione degli accordi e contratti collettivi
nazionali, regionali e territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, il riconoscimento
di benefici normativi e contributivi è subordinato all’integrale rispetto
degli accordi e contratti citati, stipulati dalle organizzazioni sindacali
dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale».
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