LEGGE 05/02/1992
Num. 104
(in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff. n. 39 del 17
febbraio)
Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale e i diritti delle persone handicappate. (HANDICAPPATI)
Preambolo
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato; Il Presidente della
Repubblica: Promulga la seguente
legge:
Art. 1. Finalità.
1. La
Repubblica: a) garantisce il pieno
rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della
persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella
scuola, nel lavoro e nella società;
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo
sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia
possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della
collettività, nonchè la realizzazione dei diritti civili, politici e
patrimoniali; c) persegue il
recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche,
psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la
prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonchè la tutela
giuridica ed economica della persona handicappata; d) predispone interventi volti a superare stati di
emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.
Art. 2. Princìpi generali.
1. La presente legge
detta i princìpi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e
assistenza della persona handicappata. Essa costituisce inoltre riforma
economico-sociale della Repubblica, ai sensi dell'art. 4 dello Statuto speciale
per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5.
Art. 3. Soggetti aventi diritto.
1. é persona
handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale,
stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di
relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di
svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo
favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla
capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie
riabilitative. 3. Qualora la
minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata
all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente,
continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la
situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di
gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi
pubblici. 4. La presente legge si
applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi
stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono
corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o
da accordi internazionali.
Art. 4. Accertamento dell'handicap.
1. Gli accertamenti
relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento
assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di
cui all'art. 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le
commissioni mediche di cui all'art. 1 della
legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto
nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.
Art. 5. Princìpi generali per i diritti della
persona handicappata.
1. La rimozione
delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione
dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi: a)sviluppare la ricerca scientifica,
genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante
programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in
particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle
ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona
handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli
della ricerca; b)assicurare la
prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e
la ricerca sistematica delle loro cause;
c)garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e
riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze
scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della
persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e
partecipazione alla vita sociale;
d)assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di
carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento, anche
in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona
handicappata nella società;
e)assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi
socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona
handicappata, attivandone le potenziali capacità; f)assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le
fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare
o constatare tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e
superare i danni della minorazione sopraggiunta; g)attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli
interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona
handicappata, assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri
servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'art. 27 della
legge 8 giugno 1990, n. 142; h)garantire alla
persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e
psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi
tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo
indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli
obiettivi di cui al presente articolo;
i)promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni,
iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione,
per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento
sociale di chi ne è colpito;
l)garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche
al di fuori della circoscrizione territoriale; m)promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e
di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla
presente legge.
Art. 6. Prevenzione e diagnosi precoce.
1. Gli interventi
per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle minorazioni si
attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cui agli articoli 53 e 55
della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni. 2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni
di cui alla legge 8 giugno
1990, n. 142,
e alla legge 23
dicembre 1978, n. 833
e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge:
a)l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause
e sulle conseguenze dell'handicap, nonchè sulla prevenzione in fase
preconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle
varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi che svolgono tali
funzioni; b)l'effettuazione del
parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della
partoriente e del nascituro;
c)l'individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro,
dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni congenite e
patologie invalidanti; d)i servizi
per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione
delle malattie genetiche che possono essere causa di handicap fisici, psichici,
sensoriali di neuromotulesioni; e)il
controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di
eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro
conseguenze; f)l'assistenza
intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio; g)nel periodo neonatale, gli accertamenti
utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l'obbligatorietà del
controllo per l'individuazione ed il tempestivo trattamento dell'ipotiroidismo
congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità dei
controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di indirizzo e
coordinamento emanati ai sensi dell'art. 5, primo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Con tali atti possono essere individuate altre
forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali
estendere l'indagine per tutta la popolazione neonatale; h)un'attività di prevenzione permanente
che tuteli i bambini fin dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli
operatori degli asili nido, delle scuole materne e dell'obbligo, per accertare
l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di cause invalidanti e con
controlli sul bambino entro l'ottavo giorno, al trentesimo giorno, entro il
sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del primo anno di
vita. é istituito a tal fine un libretto sanitario personale, con le caratteristiche
di cui all'art. 27 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833, su cui sono riportati i risultati dei suddetti controlli ed
ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del
bambino; i)gli interventi
informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la
nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di
lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici. 3. Lo Stato promuove misure di profilassi
atte a prevenire ogni forma di handicap, con particolare riguardo alla
vaccinazione contro la rosolia.
Art. 7. Cura e riabilitazione.
1. La cura e la
riabilitazione della persona handicappata si realizzano con programmi che
prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino
le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della
situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. A questo fine
il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate,
assicura: a)gli interventi per la
cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata, nonchè gli
specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i
centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di
cui all'art. 8, comma 1, lettera l);
b)la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature,
protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni. 2. Le regioni assicurano la completa e
corretta informazione sui servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia
e all'estero.
Art. 8. Inserimento ed integrazione sociale.
1. L'inserimento e
l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante: a)interventi di carattere
socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto
domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno
della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita; b)servizi di aiuto personale alla persona
handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia
personale; c)interventi diretti ad
assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare
le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi
pubblici o aperti al pubblico;
d)provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il
diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento
alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati,
alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente
qualificato, docente e non docente;
e)adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi,
sportivi, di tempo libero e sociali;
f)misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in
forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso
incentivi diversificati;
g)provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto
pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici; h)affidamenti e inserimenti presso
persone e nuclei familiari;
i)organizzazione e sostegno di comunità-alloggio, case-famiglia e
analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la
deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche
temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria,
un ambiente di vita adeguato; l)istituzione o adattamento di centri
socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo
scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o
permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le
cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione
lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal
Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'art. 12 della
legge 23 agosto 1988, n. 400; m)organizzazione di attività extrascolastiche per integrare
ed estendere l'attività educativa in continuità ed in coerenza con l'azione
della scuola.
Art. 9. Servizio di aiuto personale.
1. Il servizio di
aiuto personale, che può essere istituito dai comuni o dalle unità sanitarie
locali nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio, è diretto ai
cittadini in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale
non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi
o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l'autosufficienza e le
possibilità di integrazione dei cittadini stessi, e comprende il servizio di
interpretariato per i cittadini non udenti.
2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi
sanitari e socio-assistenziali esistenti sul territorio e può avvalersi
dell'opera aggiuntiva di: a)coloro
che hanno ottenuto il riconoscimento dell'obiezione di coscienza ai sensi della
normativa vigente, che ne facciano richiesta; b)cittadini di età superiore ai diciotto anni che facciano
richiesta di prestare attività volontaria;
c)organizzazioni di volontariato.
3. Il personale indicato alle lettere a), b), c), del comma 2, deve
avere una formazione specifica. 4. Al
personale di cui alla lettera b) del comma 2 si estende la disciplina dettata
dall'art. 2, comma 2,
della legge 11 agosto 1991, n. 266.
Art. 10. Interventi a favore di persone con
handicap in situazione di gravità.
1. I comuni, anche
consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e
le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi
sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno
1990, n. 142,
possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando
comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità
stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi
di cui alla legge 4 maggio
1983, n. 184,
comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in
situazione di gravità. 2. Le strutture
di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1
dell'art. 8 sono realizzate d'intesa con il gruppo di lavoro per l'integrazione
scolastica di cui all'art. 15 e con gli organi collegiali della scuola. 3. Gli enti di cui al comma 1 possono
contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla
congruità dell'iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e
al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone
handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni,
fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB) società
cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali. 4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del
presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di
cui all'art. 38. 5. Per la
collocazione topografica, l'organizzazione e il funzionamento, le
comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a
perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante
iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato. 6. L'approvazione dei progetti edilizi
presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare
alle comunità alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3,
con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile
per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a
diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno
1939, n. 1497
e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312,
convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto
1985, n. 431,
costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per
gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il
ripristino della originaria destinazione urbanistica dell'area.
Art. 11. Soggiorno all'estero per cure.
1. Nei casi in cui
vengano concesse le deroghe di cui all'art. 7 del
decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del
22 novembre 1989, ove nel centro di altissima specializzazione estero non sia
previsto il ricovero ospedaliero per tutta la durata degli interventi autorizzati,
il soggiorno dell'assistito e del suo accompagnatore in alberghi o strutture
collegate con il centro è equiparato a tutti gli effetti alla degenza
ospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista dalla deroga. 2. La commissione centrale presso il
Ministero della sanità di cui all'art. 8 del
decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del
22 novembre 1989, esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli
interventi autorizzati dalle regioni sulla base di criteri fissati con atto di
indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'art. 5, primo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con il quale sono disciplinate anche le modalità
della corresponsione di acconti alle famiglie.
Art. 12. Diritto all'educazione e all'istruzione.
1. Al bambino da 0 a
3 anni handicappato è garantito l'inserimento negli asili nido. 2. é garantito il diritto all'educazione e
all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna,
nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e
nelle istituzioni universitarie. 3.
L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità
della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle
relazioni e nella socializzazione. 4.
L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito
da difficoltà di apprendimento nè da altre difficoltà derivanti dalle
disabilità connesse all'handicap. 5.
All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione
della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un
profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo
individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la
collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle
unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante
specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore
psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della
pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e
sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di
apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di
recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e
progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali
della persona handicappata. 6. Alla
elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso
degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie,
verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza
esercitata dall'ambiente scolastico.
7. I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6 sono
svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e
coordinamento emanato ai sensi dell'art. 5, primo
comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. 8. Il profilo dinamico-funzionale è
aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della
scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore. 9. Ai minori handicappati soggetti
all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a
frequentare la scuola, sono comunque garantite l'educazione e l'istruzione
scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d'intesa con le unità
sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e
privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del lavoro e della
previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di
classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi
possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza, che non
versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità
della frequenza della scuola dell'obbligo per un periodo non inferiore a trenta
giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall'autorità scolastica
mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in servizio presso il
centro di degenza, è equiparata da ogni effetto alla frequenza delle classi
alle quali i minori sono iscritti. 10.
Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di
cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediante
l'utilizzazione di personale in possesso di specifica formazione
psico-pedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua
un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.
Art. 13. Integrazione scolastica.
1. L'integrazione
scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle
scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando
quanto previsto dalle leggi 11 maggio
1976, n. 360,
e 4 agosto 1977,
n. 517 e
successive modificazioni, anche attraverso: a)la programmazione coordinata dei servizi scolastici con
quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con
altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo
gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito
delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'art. 27 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa
con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono fissati gli
indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma
sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di
progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonchè
a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative
extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono
essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione
alle attività di collaborazione coordinate;
b)la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e
di sussidi didattici nonchè di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma
restando la dotazione individuale di ausili e presìdi funzionali all'effettivo
esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri
specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e
adattamento di specifico materiale didattico; c)la programmazione da parte dell'università di interventi
adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano di studio
individuale; d)l'attribuzione, con
decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica,
da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per
facilitare la frequenza e l'apprendimento di studenti non udenti; e)la sperimentazione di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi frequentate da alunni
con handicap. 2. Per le finalità di
cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì
prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili
nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente
il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonchè l'assegnazione di
personale docente specializzato e di operatori ed assistenti
specializzati. 3. Nelle scuole di ogni
ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni, l'obbligo per gli
enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione
personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite
attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati. 4. I posti di sostegno per la scuola
secondaria di secondo grado sono determinati nell'ambito dell'organico del
personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge in
modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri
gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie
all'uopo preordinate dall'art. 42, comma 6, lettera h). 5. Nella scuola secondaria di primo e
secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per
le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con
docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla
base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo
individualizzato. 6. Gli insegnanti di
sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano,
partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e
verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli
di classe e dei collegi dei docenti.
Art. 14. Modalità di attuazione
dell'integrazione.
1. Il Ministro della
pubblica istruzione provvede alla formazione e all'aggiornamento del personale
docente per l'acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica
degli studenti handicappati, ai sensi dell'art. 26 del
decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 1988, n. 399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con
il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui
all'art. 4 della
legge 9 maggio 1989, n. 168. Il Ministro della pubblica istruzione provvede altresì: a)all'attivazione di forme sistematiche
di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio
almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado; b)all'organizzazione dell'attività
educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione
delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione
scolastica individualizzata; c)a
garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo
forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del
ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona
handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il
completamento della scuola dell'obbligo anche sino al compimento del
diciottesimo anno di età; nell'interesse dell'alunno, con deliberazione del
collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all'art. 4, secondo
comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974,
n. 416, su
proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una
terza ripetenza in singole classi. 2.
I piani di studio delle scuole di specializzazione di cui all'art. 4 della
legge 19 novembre 1990, n. 341, per il conseguimento del diploma abilitante all'insegnamento
nelle scuole secondarie, comprendono, nei limiti degli stanziamenti già
preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione dei suddetti
piani di studio, discipline facoltative, attinenti all'integrazione degli
alunni handicappati, determinate ai sensi dell'art. 4, comma 3,
della citata legge n. 341 del 1990. Nel diploma di specializzazione conseguito ai sensi del
predetto art. 4 deve essere specificato se l'insegnante ha sostenuto gli esami
relativi all'attività didattica di sostegno per le discipline cui il diploma
stesso si riferisce, nel qual caso la specializzazione ha valore abilitante
anche per l'attività didattica di sostegno.
3. La tabella del corso di laurea definita ai sensi dell'art. 3, comma 3,
della citata legge n. 341 del 1990 comprende, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in
base alla legislazione vigente per la definizione delle tabelle dei corsi di
laurea, insegnamenti facoltativi attinenti all'integrazione scolastica degli
alunni handicappati. Il diploma di laurea per l'insegnamento nelle scuole
materne ed elementari di cui all'art. 3, comma 2,
della citata legge n. 341 del 1990 costituisce titolo per l'ammissione ai concorsi per
l'attività didattica di sostegno solo se siano stati sostenuti gli esami
relativi, individuati come obbligatori per la preparazione all'attività
didattica di sostegno, nell'ambito della tabella suddetta definita ai sensi
dell'art. 3, comma 3,
della medesima legge n. 341 del 1990.
4. L'insegnamento delle discipline
facoltative previste nei piani di studio delle scuole di specializzazione di
cui al comma 2 e dei corsi di laurea di cui al comma 3 può essere impartito
anche da enti o istituti specializzati all'uopo convenzionati con le
università, le quali disciplinano le modalità di espletamento degli esami e i
relativi controlli. I docenti relatori dei corsi di specializzazione devono
essere in possesso del diploma di laurea e del diploma di
specializzazione. 5. Fino alla prima
applicazione dell'art. 9 della
citata legge n. 341 del 1990, relativamente alle scuole di specializzazione si applicano
le disposizioni di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417 e successive modificazioni, al decreto del
Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, e all'art. 65 della
legge 20 maggio 1982, n. 270. 6. L'utilizzazione
in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione
è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo
specializzati. 7. Gli accordi di
programma di cui all'art. 13, comma 1, lettera a), possono prevedere lo
svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il personale delle scuole,
delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi
e di recupero individualizzati.
Art. 15. Gruppi di lavoro per l'integrazione
scolastica.
1. Presso ogni ufficio
scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un
ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, un esperto della scuola
utilizzato ai sensi dell'art. 14, decimo
comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270 e successive modificazioni, due esperti
designati dagli enti locali, due esperti delle unità sanitarie locali, tre
esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente
rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi
sulla base dei criteri indicati dal Ministro della pubblica istruzione entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il gruppo
di lavoro dura in carica tre anni. 2.
Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria di primo e
secondo grado sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da
insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di
collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano
educativo. 3. I gruppi di lavoro di
cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli
studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali
e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione
degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40, per l'impostazione
e l'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonchè per qualsiasi altra
attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di
apprendimento. 4. I gruppi di lavoro
predispongono annualmente una relazione da inviare al Ministro della pubblica
istruzione ed al presidente della giunta regionale. Il presidente della giunta
regionale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di
attuazione degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40.
Art. 16. Valutazione del rendimento e prove
d'esame.
1. Nella valutazione
degli alunni handicappati da parte degli insegnanti è indicato, sulla base del
piano educativo individualizzato, per quali discipline siano stati adottati
particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano
state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di
alcune discipline. 2. Nella scuola
dell'obbligo sono predisposte, sulla base degli elementi conoscitivi di cui al
comma 1, prove d'esame corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonee a
valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai
livelli di apprendimento iniziali. 3.
Nell'ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli alunni
handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per
l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per
l'autonomia e la comunicazione. 4. Gli
alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla valutazione del
rendimento scolastico o allo svolgimento di esami anche universitari con l'uso
degli ausili loro necessari. 5. Il
trattamento individualizzato previsto dal comma 4 in favore degli alunni
handicappati è consentito per il superamento degli esami universitari, previa
intesa col docente della materia e, occorrendo, con il consiglio di facoltà,
sentito eventualmente il consiglio dipartimentale.
Art. 17. Formazione professionale.
1. Le regioni, in
attuazione di quanto previsto dagli articoli 3, primo comma, lettere l) e m), e 8, primo comma,
lettere g) e h), della legge 21 dicembre 1978, n. 845, realizzano l'inserimento della persona
handicappata negli ordinari corsi di formazione professionale dei centri
pubblici e privati e garantiscono agli allievi handicappati che non siano in
grado di avvalersi dei metodi di apprendimento ordinari l'acquisizione di una
qualifica anche mediante attività specifiche nell'ambito delle attività del
centro di formazione professionale tenendo conto dell'orientamento emerso dai
piani educativi individualizzati realizzati durante l'iter scolastico. A tal
fine forniscono ai centri i sussidi e le attrezzature necessarie. 2. I corsi di formazione professionale
tengono conto delle diverse capacità ed esigenze della persona handicappata
che, di conseguenza, è inserita in classi comuni o in corsi specifici o in
corsi prelavorativi. 3. Nei centri di
formazione professionale sono istituiti corsi per le persone handicappate non
in grado di frequentare i corsi normali. I corsi possono essere realizzati nei
centri di riabilitazione, quando vi siano svolti programmi di ergoterapia e
programmi finalizzati all'addestramento professionale, ovvero possono essere
realizzati dagli enti di cui all'art. 5 della
citata legge n. 845 del 1978, nonchè da organizzazioni di volontariato e da enti
autorizzati da leggi vigenti. Le regioni, entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della presente legge, provvedono ad adeguare alle disposizioni di cui
al presente comma i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per
le attività di formazione professionale di cui all'art. 5 della
medesima legge n. 845 del 1978. 4. Agli allievi
che abbiano frequentato i corsi di cui al comma 2 è rilasciato un attestato di
frequenza utile ai fini della graduatoria per il collocamento obbligatorio nel
quadro economico-produttivo territoriale.
5. Fermo restando quanto previsto in favore delle persone handicappate
dalla citata legge n. 845 del
1978, una
quota del fondo comune di cui all'art. 8 della
legge 16 maggio 1970, n. 281, è destinata ad iniziative di formazione e di avviamento al
lavoro in forme sperimentali, quali tirocini, contratti di formazione,
iniziative territoriali di lavoro guidato, corsi prelavorativi, sulla base di
criteri e procedure fissati con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
Art. 18. Integrazione lavorativa.
1. Le regioni,
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
disciplinano l'istituzione e la tenuta dell'albo regionale degli enti,
istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di servizi, e dei centri di lavoro
guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività
idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa di persone
handicappate. 2. Requisiti per
l'iscrizione all'albo di cui al comma 1, oltre a quelli previsti dalle leggi
regionali, sono: a)navere
personalità giuridica di diritto pubblico o privato o natura di associazione,
con i requisiti di cui al capo II del titolo II del libro I del codice
civile; b)ngarantire idonei livelli
di prestazioni, di qualificazione del personale e di efficienza operativa. 3. Le regioni disciplinano le modalità di
revisione ed aggiornamento biennale dell'albo di cui al comma 1. 4. I rapporti dei comuni, dei consorzi tra
comuni e tra comuni e province, delle comunità montane e delle unità sanitarie
locali con gli organismi di cui al comma 1 sono regolati da convenzioni
conformi allo schema tipo approvato con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro della sanità e con il Ministro
per gli affari sociali, da emanare entro centoventi giorni dalla data di
entrata in vigore della presente legge.
5. L'iscrizione all'albo di cui al comma 1 è condizione necessaria per
accedere alle convenzioni di cui all'art. 38.
6. Le regioni possono provvedere con proprie leggi: a)na disciplinare le agevolazioni alle
singole persone handicappate per recarsi al posto di lavoro e per l'avvio e lo
svolgimento di attività lavorative autonome; b)na disciplinare gli incentivi, le agevolazioni e i
contributi ai datori di lavoro anche ai fini dell'adattamento del posto di
lavoro per l'assunzione delle persone handicappate.
Art. 19. Soggetti aventi diritto al collocamento
obbligatorio.
1. In attesa
dell'entrata in vigore della nuova disciplina del collocamento obbligatorio, le
disposizioni di cui alla legge 2 aprile
1968, n. 482
e successive modificazioni, devono intendersi applicabili anche a coloro che
sono affetti da minorazione psichica, i quali abbiano una capacità lavorativa
che ne consente l'impiego in mansioni compatibili. Ai fini dell'avviamento al
lavoro, la valutazione della persona handicappata tiene conto della capacità
lavorativa e relazionale dell'individuo e non solo della minorazione fisica o psichica.
La capacità lavorativa è accertata dalle commissioni di cui all'art. 4 della
presente legge, integrate ai sensi dello stesso articolo da uno specialista
nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche.
Art. 20. Prove d'esame nei concorsi pubblici e
per l'abilitazione alle professioni.
1. La persona
handicappata sostiene le prove d'esame nei concorsi pubblici e per
l'abilitazione alle professioni con l'uso degli ausili necessari e nei tempi
aggiuntivi eventualmente necessari in relazione allo specifico handicap. 2. Nella domanda di partecipazione al
concorso e all'esame per l'abilitazione alle professioni il candidato specifica
l'ausilio necessario in relazione al proprio handicap, nonchè l'eventuale
necessità di tempi aggiuntivi.
Art. 21. Precedenza nell'assegnazione di sede.
1. La persona
handicappata con un grado di invalidità superiore ai due terzi o con
minorazioni iscritte alle categorie prima, seconda e terza della tabella A
annessa alla legge 10 agosto
1950, n. 648,
assunta presso gli enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo,
ha diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili. 2. I soggetti di cui al comma 1 hanno la
precedenza in sede di trasferimento a domanda.
Art. 22. Accertamenti ai fini del lavoro pubblico
e privato.
1. Ai fini
dell'assunzione al lavoro pubblico e privato non è richiesta la certificazione
di sana e robusta costituzione fisica.
Art. 23. Rimozione di ostacoli per l'esercizio di
attività sportive, turistiche e ricreative.
1. L'attività e la
pratica delle discipline sportive sono favorite senza limitazione alcuna. Il
Ministro della sanità, con proprio decreto da emanare entro un anno dalla data
di entrata in vigore della presente legge, definisce i protocolli per la
concessione dell'idoneità alla pratica sportiva agonistica alle persone
handicappate. 2. Le regioni e i
comuni, i consorzi di comuni ed il Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)
realizzano, in conformità alle disposizioni vigenti in materia di eliminazione
delle barriere architettoniche, ciascuno per gli impianti di propria
competenza, l'accessibilità e la fruibilità delle strutture sportive e dei
connessi servizi da parte delle persone handicappate. 3. Le concessioni demaniali per gli impianti di balneazione ed i
loro rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del
decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, di attuazione
della legge 9 gennaio
1989, n. 13,
e all'effettiva possibilità di accesso al mare delle persone handicappate. 4. Le concessioni autostradali ed i loro
rinnovi sono subordinati alla visitabilità degli impianti ai sensi del citato
decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236. 5. Chiunque, nell'esercizio delle attività
di cui all'art. 5, primo
comma, della legge 17 maggio 1983, n. 217, o di altri pubblici esercizi, discrimina
persone handicappate è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di
una somma da lire un milione a lire dieci milioni e con la chiusura
dell'esercizio da uno a sei mesi.
Art. 24. Eliminazione o superamento delle barriere
architettoniche.
1. Tutte le opere
edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono
suscettibili di limitare l'accessibilità e la visitabilità di cui alla legge 9 gennaio
1989, n. 13
e successive modificazioni, sono eseguite in conformità alle disposizioni di
cui alla legge 30 marzo
1971, n. 118
e successive modificazioni, al regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, alla citata legge n. 13 del
1989 e
successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici
14 giugno 1989, n. 236. 2. Per gli
edifici pubblici e privati aperti al pubblico soggetti ai vincoli di cui alle leggi 1º giugno
1939, n. 1089
e successive modificazioni, e 29 giugno 1939,
n. 1497 e
successive modificazioni, nonchè ai vincoli previsti da leggi speciali aventi
le medesime finalità, qualora le autorizzazioni previste dagli articoli 4 e 5
della citata legge n. 13 del 1989 non possano venire concesse, per il mancato rilascio del
nulla osta da parte delle autorità competenti alla tutela del vincolo, la
conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento
delle barriere architettoniche può essere realizzata con opere provvisionali,
come definite dall'art. 7 del
decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, nei limiti della compatibilità suggerita dai
vincoli stessi. 3. Alle comunicazioni
al comune dei progetti di esecuzione dei lavori riguardanti edifici pubblici e
aperti al pubblico, di cui al comma 1, rese ai sensi degli articoli 15, terzo comma, e 26, secondo
comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni, sono allegate una
documentazione grafica e una dichiarazione di conformità alla normativa vigente
in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche,
anche ai sensi del comma 2 del presente articolo. 4. Il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia per
le opere di cui al comma 1 è subordinato alla verifica della conformità del
progetto compiuta dall'ufficio tecnico o dal tecnico incaricato dal comune. Il
sindaco, nel rilasciare il certificato di agibilità e di abitabilità per le
opere di cui al comma 1, deve accertare che le opere siano state realizzate nel
rispetto delle disposizioni vigenti in materia di eliminazione delle barriere
architettoniche. A tal fine può richiedere al proprietario dell'immobile o
all'intestatario della concessione una dichiarazione resa sotto forma di
perizia giurata redatta da un tecnico abilitato. 5. Nel caso di opere pubbliche, fermi restando il divieto di
finanziamento di cui all'art. 32, comma
20, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, e l'obbligo della dichiarazione del
progettista, l'accertamento di conformità alla normativa vigente in materia di
eliminazione delle barriere architettoniche spetta all'Amministrazione
competente, che ne dà atto in sede di approvazione del progetto. 6. La richiesta di modifica di destinazione
d'uso di edifici in luoghi pubblici o aperti al pubblico è accompagnata dalla
dichiarazione di cui al comma 3. Il rilascio del certificato di agibilità e di
abitabilità è condizionato alla verifica tecnica della conformità della
dichiarazione allo stato dell'immobile.
7. Tutte le opere realizzate negli edifici pubblici e privati aperti al
pubblico in difformità dalle disposizioni vigenti in materia di accessibilità e
di eliminazione delle barriere architettoniche, nelle quali le difformità siano
tali da rendere impossibile l'utilizzazione dell'opera da parte delle persone
handicappate, sono dichiarate inabitabili e inagibili. Il progettista, il
direttore dei lavori, il responsabile tecnico degli accertamenti per
l'agibilità o l'abitabilità ed il collaudatore, ciascuno per la propria
competenza, sono direttamente responsabili. Essi sono puniti con l'ammenda da
lire 10 milioni a lire 50 milioni e con la sospensione dai rispettivi albi
professionali per un periodo compreso da uno a sei mesi. 8. Il Comitato per l'edilizia residenziale (CER),
di cui all'art. 3 della
legge 5 agosto 1978, n. 457, fermo restando il divieto di finanziamento di cui all'art. 32, comma
20, della citata legge n. 41 del 1986, dispone che una quota dei fondi per la realizzazione di
opere di urbanizzazione e per interventi di recupero sia utilizzata per la
eliminazione delle barriere architettoniche negli insediamenti di edilizia
residenziale pubblica realizzati prima della data di entrata in vigore della
presente legge. 9. I piani di cui all'art. 32, comma
21, della citata legge n. 41 del 1986 sono modificati con integrazioni relative all'accessibilità
degli spazi urbani, con particolare riferimento all'individuazione e alla
realizzazione di percorsi accessibili, all'installazione di semafori acustici
per non vedenti, alla rimozione della segnaletica installata in modo da
ostacolare la circolazione delle persone handicappate. 10. Nell'ambito della complessiva somma che
in ciascun anno la Cassa depositi e prestiti concede agli enti locali per la
contrazione di mutui con finalità di investimento, una quota almeno pari al 2
per cento è destinata ai prestiti finalizzati ad interventi di ristrutturazione
e recupero in attuazione delle norme di cui al regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384. 11. I
comuni adeguano i propri regolamenti edilizi alle disposizioni di cui all'art. 27 della
citata legge n. 118 del 1971, all'art. 2 del citato regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica n. 384 del 1978, alla citata legge n. 13 del
1989 e
successive modificazioni, e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici
14 giugno 1989, n. 236, entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge. Scaduto tale termine, le norme dei regolamenti
edilizi comunali contrastanti con le disposizioni del presente articolo perdono
efficacia.
Art. 25. Accesso alla informazione e alla
comunicazione.
1. Il Ministro delle
poste e delle telecomunicazioni contribuisce alla realizzazione di progetti
elaborati dalle concessionarie per i servizi radiotelevisivi e telefonici volti
a favorire l'accesso all'informazione radiotelevisiva e alla telefonia anche
mediante installazione di decodificatori e di apparecchiature complementari,
nonchè mediante l'adeguamento delle cabine telefoniche. 2. All'atto di rinnovo o in occasione di
modifiche delle convenzioni per la concessione di servizi radiotelevisivi o
telefonici sono previste iniziative atte a favorire la ricezione da parte di
persone con handicap sensoriali di programmi di informazione, culturali e di
svago e la diffusione di decodificatori.
Art. 26. Mobilità e trasporti collettivi.
1. Le regioni
disciplinano le modalità con le quali i comuni dispongono gli interventi per
consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul
territorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei
servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi
alternativi. 2. I comuni assicurano,
nell'ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto
individuali per le persone handicappate non in grado di servirsi dei mezzi
pubblici. 3. Entro sei mesi dalla data
di entrata in vigore della presente legge, le regioni elaborano, nell'ambito
dei piani regionali di trasporto e dei piani di adeguamento delle
infrastrutture urbane, piani di mobilità delle persone handicappate da attuare
anche mediante la conclusione di accordi di programma ai sensi dell'art. 27 della
legge 8 giugno 1990, n. 142. I suddetti piani prevedono servizi alternativi per le zone
non coperte dai servizi di trasporto collettivo. Fino alla completa attuazione
dei piani, le regioni e gli enti locali assicurano i servizi già istituiti. I
piani di mobilità delle persone handicappate predisposti dalle regioni sono
coordinati con i piani di trasporto predisposti dai comuni. 4. Una quota non inferiore all'1 per cento
dell'ammontare dei mutui autorizzati a favore dell'Ente ferrovie dello Stato è
destinata agli interventi per l'eliminazione delle barriere architettoniche
nelle strutture edilizie e nel materiale rotabile appartenenti all'Ente
medesimo, attraverso capitolati d'appalto formati sulla base dell'art. 20 del
regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384. 5.
Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro
dei trasporti provvede alla omologazione di almeno un prototipo di autobus
urbano ed extraurbano, di taxi, di vagone ferroviario, conformemente alle
finalità della presente legge. 6.
Sulla base dei piani regionali e della verifica della funzionalità dei
prototipi omologati di cui al comma 5, il Ministro dei trasporti predispone i
capitolati d'appalto contenenti prescrizioni per adeguare alle finalità della
presente legge i mezzi di trasporto su gomma in corrispondenza con la loro
sostituzione.
Art. 27. Trasporti individuali.
1. A favore dei
titolari di patente di guida delle categorie A, B o C speciali, con incapacità
motorie permanenti, le unità sanitarie locali contribuiscono alla spesa per la
modifica degli strumenti di guida, quale strumento protesico extra-tariffario,
nella misura del 20 per cento, a carico del bilancio dello Stato. 2. Al comma 1 dell'art. 1 della
legge 9 aprile 1986, n. 97, sono soppresse le parole: <<, titolari di patente
F>> e dopo le parole: <<capacità motorie,>> sono aggiunte le
seguenti: <<anche prodotti in serie,>>. 3. Dopo il comma 2 dell'art. 1 della
citata legge n. 97 del 1986, è inserito il seguente:
<<2-bis. Il beneficio della riduzione dell'aliquota relativa
all'imposta sul valore aggiunto, di cui al comma 1, decade qualora l'invalido
non abbia conseguito la patente di guida delle categorie A, B o C speciali,
entro un anno dalla data dell'acquisto del veicolo. Entro i successivi tre mesi
l'invalido provvede al versamento della differenza tra l'imposta sul valore
aggiunto pagata e l'imposta relativa all'aliquota in vigore per il veicolo
acquistato>>. 4. Il Comitato
tecnico di cui all'art. 81, comma 9, del testo unico delle norme sulla
disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 15 giugno 1959, n. 393, come sostituito dall'art. 4, comma 1,
della legge 18 marzo 1988, n. 111, è integrato da due rappresentanti delle associazioni delle
persone handicappate nominati dal Ministro dei trasporti su proposta del
Comitato di cui all'art. 41 della presente legge. 5. Le unità sanitarie locali trasmettono le domande presentate
dai soggetti di cui al comma 1 ad un apposito fondo, istituito presso il
Ministero della sanità, che provvede ad erogare i contributi nei limiti
dell'autorizzazione di spesa di cui all'art. 42.
Art. 28. Facilitazioni per i veicoli delle
persone handicappate.
1. I comuni
assicurano appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei
parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, sia in quelli realizzati
e gestiti da privati. 2. Il
contrassegno di cui all'art. 6 del regolamento approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, che deve essere apposto visibilmente sul
parabrezza del veicolo, è valido per l'utilizzazione dei parcheggi di cui al
comma 1.
Art. 29. Esercizio del diritto di voto.
1. In occasione di
consultazioni elettorali, i comuni organizzano i servizi di trasporto pubblico
in modo da facilitare agli elettori handicappati il raggiungimento del seggio
elettorale. 2. Per rendere più agevole
l'esercizio del diritto di voto, le unità sanitarie locali, nei tre giorni precedenti
la consultazione elettorale, garantiscono in ogni comune la disponibilità di un
adeguato numero di medici autorizzati per il rilascio dei certificati di
accompagnamento e dell'attestazione medica di cui all'art. 1 della
legge 15 gennaio 1991, n. 15. 3. Un
accompagnatore di fiducia segue in cabina i cittadini handicappati
impossibilitati ad esercitare autonomamente il diritto di voto.
L'accompagnatore deve essere iscritto nelle liste elettorali. Nessun elettore
può esercitare la funzione di accompagnatore per più di un handicappato. Sul
certificato elettorale dell'accompagnatore è fatta apposita annotazione dal
presidente del seggio nel quale egli ha assolto tale compito.
Art. 30. Partecipazione.
1. Le regioni per la
redazione dei programmi di promozione e di tutela dei diritti della persona
handicappata, prevedono forme di consultazione che garantiscono la
partecipazione dei cittadini interessati.
Art. 31. Riserva di alloggi.
1. All'art. 3, primo
comma, della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni, è aggiunta, in fine,
la seguente lettera: <<r-bis)
dispone una riserva di finanziamenti complessivi per la concessione di
contributi in conto capitale a comuni, Istituti autonomi case popolari,
imprese, cooperative o loro consorzi per la realizzazione con tipologia idonea
o per l'adattamento di alloggi di edilizia sovvenzionata e agevolata alle
esigenze di assegnatari o acquirenti handicappati ovvero ai nuclei familiari
tra i cui componenti figurano persone handicappate in situazione di gravità o
con ridotte o impedite capacità motorie>>. 2. Il contributo di cui alla lettera r-bis) del primo comma
dell'art. 3 della
legge 5 agosto 1978, n. 457, introdotta dal comma 1 del presente articolo, è concesso dal
Comitato esecutivo del CER direttamente ai comuni, agli Istituti autonomi case
popolari, alle imprese, alle cooperative o loro consorzi indicati dalle regioni
sulla base delle assegnazioni e degli acquisti, mediante atto preliminare di
vendita di alloggi realizzati con finanziamenti pubblici e fruenti di
contributo pubblico. 3. Il contributo
di cui al comma 2 può essere concesso con le modalità indicate nello stesso
comma, direttamente agli enti e istituti statali, assicurativi e bancari che
realizzano interventi nel campo dell'edilizia abitativa che ne facciano
richiesta per l'adattamento di alloggi di loro proprietà da concedere in
locazione a persone handicappate ovvero ai nuclei familiari tra i cui
componenti figurano persone handicappate in situazione di gravità o con ridotte
o impedite capacità motorie. 4. Le
associazioni presenti sul territorio, le regioni, le unità sanitarie locali, i
comuni sono tenuti a fornire al CER, entro il 31 dicembre di ogni anno, ogni
informazione utile per la determinazione della quota di riserva di cui alla
citata lettera r-bis) del primo comma dell'art. 3 della
legge 5 agosto 1978, n. 457.
Art. 32. Agevolazioni fiscali.
1. Le spese mediche
e quelle di assistenza specifica necessarie nei casi di grave e permanente
invalidità e menomazione, per la parte del loro ammontare complessivo che
eccede il 5 o il 10 per cento del reddito complessivo annuo dichiarato a
seconda che questo sia o meno superiore a 15 milioni di lire, sono deducibili
dal reddito complessivo del contribuente che ha sostenuto gli oneri per sè o
per le persone indicate nell'art. 433 del codice civile, purchè dalla
documentazione risulti chi ha sostenuto effettivamente la spesa, la persona da
assistere perchè invalida e il domicilio o la residenza del percipiente.
Art. 33. Agevolazioni.
1. La lavoratrice
madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con
handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell'art. 4, comma 1, hanno
diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa
dal lavoro di cui all'art. 7 della
legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno
presso istituti specializzati. 2. I
soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavori di
usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di
astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al
compimento del terzo anno di vita del bambino. 3. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del
bambino, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche
adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità, nonchè colui che
assiste una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine
entro il terzo grado, convivente, hanno diritto a tre giorni di permesso
mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con
handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno. 4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che
si cumulano con quelli previsti all'art. 7 della
citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all'ultimo comma del
medesimo art. 7 della
legge n. 1204 del 1971, nonchè quelle contenute negli articoli 7 e 8
della legge 9 dicembre 1977, n. 903. 5. Il genitore o
il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista
con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con
lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più
vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso
ad altra sede. 6. La persona
handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire dei permessi di
cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro
più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede,
senza il suo consenso. 7. Le disposizioni
di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone
handicappate in situazione di gravità.
Art. 34. Protesi e ausili tecnici.
1. Con decreto del
Ministro della sanità da emanare, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro
sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nella revisione
e ridefinizione del nomenclatore-tariffario delle protesi di cui al terzo comma
dell'art. 26 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833, vengono inseriti apparecchi e attrezzature elettronici e
altri ausili tecnici che permettano di compensare le difficoltà delle persone
con handicap fisico o sensoriale.
Art. 35. Ricovero del minore handicappato.
1. Nel caso di
ricovero di una persona handicappata di minore età presso un istituto anche a
carattere sanitario, pubblico o privato, ove dall'istituto sia segnalato
l'abbandono del minore, si applicano le norme di cui alla legge 4 maggio
1983, n. 184.
Art. 36. Aggravamento delle sanzioni penali.
1. Per i reati di
cui agli articoli 519, 520, 521, 522, 523, 527 e 628 del codice penale, nonchè
per i delitti non colposi contro la persona, di cui al titolo XII del libro II
del codice penale, e per i reati di cui alla legge 20
febbraio 1958, n. 75,
qualora l'offeso sia una persona handicappata la pena è aumentata da un terzo
alla metà. 2. Per i procedimenti
penali per i reati di cui al comma 1 è ammessa la costituzione di parte civile
del difensore civico, nonchè dell'associazione alla quale risulti iscritta la
persona handicappata o un suo familiare.
Art. 37. Procedimento penale in cui sia
interessata una persona handicappata.
1. Il Ministro di
grazia e giustizia, il Ministro dell'interno e il Ministro della difesa,
ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, disciplinano con proprio decreto
le modalità di tutela della persona handicappata, in relazione alle sue
esigenze terapeutiche e di comunicazione, all'interno dei locali di sicurezza,
nel corso dei procedimenti giudiziari penali e nei luoghi di custodia
preventiva e di espiazione della pena.
Art. 38. Convenzioni.
1. Per fornire i
servizi di cui alla presente legge, i comuni, anche consorziati tra loro, le
loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali per la parte di
loro competenza, si avvalgono delle strutture e dei servizi di cui all'art. 26 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833. Possono inoltre avvalersi dell'opera dièassociazioni
riconosciute e non riconosciute, di istituzioni private di assistenza non
aventi scopo di lucro e di cooperative, semprech siano idonee per i livelli
delle prestazioni, per la qualificazione del personale e per l'efficienza
organizzativa ed operativa, mediante la conclusione di apposite
convenzioni. 2. I comuni, anche
consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane, rilevata la presenza
di associazioni in favore di persone handicappate, che intendano costituire
cooperative di servizi o comunità-alloggio o centri socio-riabilitativi senza
fini di lucro, possono erogare contributi che consentano di realizzare tali
iniziative per i fini previsti dal comma 1, lettere h), i) e l) dell'art. 8,
previo controllo dell'adeguatezza dei progetti e delle iniziative, in rapporto
alle necessità dei soggetti ospiti, secondo i princìpi della presente legge.
Art. 39. Compiti delle regioni.
1. Le regioni
possono provvedere, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, ad
interventi sociali, educativo-formativi e riabilitativi nell'ambito del piano
sanitario nazionale, di cui all'art. 53 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modificazioni, e della programmazione regionale
dei servizi sanitari, sociali e formativo-culturali. 2. Le regioni possono provvedere, nei limiti delle proprie
disponibilità di bilancio: a)a
definire l'organizzazione dei servizi, i livelli qualitativi delle prestazioni,
nonchè i criteri per l'erogazione dell'assistenza economica integrativa di
competenza dei comuni; b)a definire,
mediante gli accordi di programma di cui all'art. 27 della
legge 8 giugno 1990, n. 142, le modalità di coordinamento e di integrazione dei servizi e
delle prestazioni individuali di cui alla presente legge con gli altri servizi
sociali, sanitari, educativi, anche d'intesa con gli organi periferici
dell'Amministrazione della pubblica istruzione e con le strutture
prescolastiche o scolastiche e di formazione professionale, anche per la messa
a disposizione di attrezzature, operatori o specialisti necessari all'attività
di prevenzione, diagnosi e riabilitazione eventualmente svolta al loro
interno; c)a definire, in
collaborazione con le università e gli istituti di ricerca, i programmi e le
modalità organizzative delle iniziative di riqualificazione ed aggiornamento
del personale impiegato nelle attività di cui alla presente legge; d)a promuovere, tramite le convenzioni
con gli enti di cui all'art. 38, le attività di ricerca e di sperimentazione di
nuove tecnologie di apprendimento e di riabilitazione, nonchè la produzione di
sussidi didattici e tecnici; e)a
definire le modalità di intervento nel campo delle attività assistenziali e
quelle di accesso ai servizi; f)a
disciplinare le modalità del controllo periodico degli interventi di
inserimento ed integrazione sociale diècui all'art. 5, per verificarne la
rispondenza all'effettiva situazione di bisogno; g)a disciplinare con legge, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, i criteri relativi all'istituzione e al
funzionamento dei servizi di aiuto personale; h)ad effettuare controlli periodici sulle aziende beneficiarie
degli incentivi e dei contributi di cui all'art. 18, comma 6, per garantire la
loro effettiva finalizzazione all'integrazione lavorativa delle persone
handicappate; i)a promuovere
programmi di formazione di personale volontario da realizzarsi da parte delle
organizzazioni di volontariato; l)ad
elaborare un consuntivo annuale analitico delle spese e dei contributi per
assistenza erogati sul territorio anche da enti pubblici e enti o associazioni
privati, i quali trasmettono alle regioni i rispettivi bilanci, secondo
modalità fissate dalle regioni medesime.
Art. 40. Compiti dei comuni.
1. I comuni, anche
consorziati tra loro, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie
locali qualora le leggi regionali attribuiscano loro la competenza, attuano gli
interventi sociali e sanitari previsti dalla presente legge nel quadro della
normativa regionale, mediante gli accordi di programma di cui all'art. 27 della
legge 8 giugno 1990, n. 142, dando priorità agli interventi di riqualificazione, di
riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti. 2. Gli statuti comunali di cui all'art. 4 della
citata legge n. 142 del 1990 disciplinano le modalità del coordinamento degli interventi
di cui al comma 1 con i servizi sociali, sanitari, educativi e di tempo libero
operanti nell'ambito territoriale e l'organizzazione di un servizio di
segreteria per i rapporti con gli utenti, da realizzarsi anche nelle forme del
decentramento previste dallo statuto stesso.
Art. 41. Competenze del Ministro per gli affari
sociali e costituzione del Comitato nazionale per le politiche dell'handicap.
1. Il Ministro per
gli affari sociali coordina l'attività delle Amministrazioni dello Stato
competenti a realizzare gli obiettivi della presente legge ed ha compiti di
promozione di politiche di sostegno per le persone handicappate e di verifica
dell'attuazione della legislazione vigente in materia. 2. I disegni di legge del Governo
contenenti disposizioni concernenti la condizione delle persone handicappate
sono presentati previo concerto con il Ministro per gli affari sociali. Il
concerto con il Ministro per gli affari sociali è obbligatorio per i
regolamenti e per gli atti di carattere generale adottati in materia. 3. Per favorire l'assolvimento dei compiti
di cui al comma 1, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il
Comitato nazionale per le politiche dell'handicap. 4. Il Comitato è composto dal Ministro per gli affari sociali,
che lo presiede, dai Ministri dell'interno, del tesoro, della
pubblicaèistruzione, della sanità, del lavoro e della previdenza sociale,
nonchè dai Ministri per le riforme istituzionali e gli affari regionali e per
il coordinamento delle politiche comunitarie. Alle riunioni del Comitato
possono essere chiamati a partecipare altri Ministri in relazione agli
argomenti da trattare. 5. Il Comitato
è convocato almeno tre volte l'anno, di cui una prima della presentazione al
Consiglio dei ministri del disegno di legge finanziaria. 6. Il Comitato si avvale di: a)tre assessori scelti tra gli assessori
regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano designati dalla
Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome ai sensi
dell'art. 4 del
decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418; b)tre
rappresentanti degli enti locali designati dall'Associazione nazionale dei
comuni italiani (ANCI) e un rappresentante degli enti locali designato dalla
Lega delle autonomie locali;
c)cinque esperti scelti fra i membri degli enti e delle associazioni in
possesso dei requisiti di cui agli articoli 1 e 2
della legge 19 novembre 1987, n. 476, che svolgano attività di promozione e tutela delle persone
handicappate e delle loro famiglie;
d)tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative. 7. Il Comitato si
avvale dei sistemi informativi delle Amministrazioni in esso
rappresentate. 8. Il Ministro per gli
affari sociali, entro il 15 aprile di ogni anno, presenta una relazione al
Parlamento sui dati relativi allo stato di attuazione delle politiche per
l'handicap in Italia, nonchè sugli indirizzi che saranno seguiti. A tal fine le
Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali trasmettono, entro
il 28 febbraio di ciascun anno, alla Presidenza del Consiglio dei ministri
tutti i dati relativi agli interventi di loro competenza disciplinati dalla
presente legge. Nel primo anno di applicazione della presente legge la
relazione è presentata entro il 30 ottobre.
9. Il Comitato, nell'esercizio delle sue funzioni, coadiuvato da una
commissione permanente composta da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri
dell'interno, delle finanze, del tesoro, della pubblica istruzione, della
sanità, del lavoro e della previdenza sociale, dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, nonchè da tre rappresentanti della Presidenza del
Consiglio dei ministri di cui uno del Dipartimento per gli affari sociali, uno
del Dipartimento per la funzione pubblica. La commissione è presieduta dal
responsabile dell'Ufficio per le problematiche della famiglia, della terza età,
dei disabili e degli emarginati, del Dipartimento per gli affari sociali.
Art. 42. Copertura finanziaria.
1. Presso la Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari sociali, istituito il
Fondo per l'integrazione degli interventi regionali e delle province autonome
in favore dei cittadini handicappati.
2. Il Ministro per gli affari sociali provvede, sentito il Comitato
nazionale per le politiche dell'handicap di cui all'art. 41, alla ripartizione
annuale del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
in proporzione al numero degli abitanti.
3. A partire dal terzo anno di applicazione della presente legge, il
criterio della proporzionalità di cui al comma 2 può essere integrato da altri
criteri, approvati dal Comitato di cui all'art. 41, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano di cui all'art. 12 della
legge 23 agosto 1988, n. 400, con riferimento a situazioni di particolare concentrazione
di persone handicappate e di servizi di alta specializzazione, nonchè a
situazioni di grave arretratezza di alcune aree. 4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
provvedono a ripartire i fondi di loro spettanza tra gli enti competenti a
realizzare i servizi, dando priorità agli interventi in favore delle persone
handicappate in situazione di gravità e agli interventi per la
prevenzione. 5. Per le finalità
previste dalla presente legge non possono essere incrementate le dotazioni
organiche del personale della scuola di ogni ordine e grado oltre i limiti
consentiti dalle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dal comma 6,
lettera h). 6. é autorizzata la spesa
di lire 120 miliardi per l'anno 1992 e di lire 150 miliardi a decorrere dal
1993, da ripartire, per ciascun anno, secondo le seguenti finalità: a)lire 2 miliardi e 300 milioni per
l'integrazione delle commissioni di cui all'art. 4; b)lire 1 miliardo per il finanziamento del soggiorno
all'estero per cure nei casi previsti dall'art. 11; c)lire 4 miliardi per il potenziamento dei servizi di
istruzione dei minori ricoverati di cui all'art. 12; d)lire 8 miliardi per le attrezzature per le scuole di cui
all'art. 13, comma 1, lettera b);
e)lire 2 miliardi per le attrezzature per le università di cui all'art.
13, comma 1, lettera b); f)lire 1
miliardo e 600 milioni per l'attribuzione di incarichi a interpreti per
studenti non udenti nelle università di cui all'art. 13, comma 1, lettera d); g)lire 4 miliardi per l'avvio della
sperimentazione di cui all'art. 13, comma 1, lettera e); h)lire 19 miliardi per l'anno 1992 e lire
38 miliardi per l'anno 1993 per l'assunzione di personale docente di sostegno
nelle scuole secondarie di secondo grado prevista dall'art. 13, comma 4; i)lire 4 miliardi e 538 milioni per la
formazione del personale docente prevista dalèl'art. 14; l)lire 2 miliardi per gli oneri di
funzionamento dei gruppi di lavoro di cui all'art. 15; m)lire 5 miliardi per i contributi ai
progetti per l'accesso ai servizi radiotelevisivi e telefonici previsti
all'art. 25; n)lire 4 miliardi per
un contributo del 20 per cento per la modifica degli strumenti di guida ai
sensi dell'art. 27, comma 1; o)lire
20 miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993 per le agevolazioni per i
genitori che lavorano, previste dall'art. 33; p)lire 50 milioni per gli oneri di funzionamento del Comitato
e della commissione di cui all'art. 41;
q)lire 42 miliardi e 512 milioni per l'anno 1992 e lire 53 miliardi e
512 milioni a partire dall'anno 1993 per il finanziamento del Fondo per
l'integrazione degli interventi regionali e delle province autonome in favore
dei cittadini handicappati di cui al comma 1 del presente articolo. 7. All'onere derivante dall'attuazione
della presente legge, pari a lire 120 miliardi per l'anno 1992 e a lire 150
miliardi a decorrere dall'anno 1993, si provvede mediante corrispondente
riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
1992-1994, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro
per il 1992, all'uopo utilizzando l'accantonamento <<Provvedimenti in
favore di portatori di handicap>>.
8. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 43. Abrogazioni.
1. L'art. 230 del
testo unico approvato con regio decreto 5 febbraio 1928, n. 577, l'art. 415 del
regolamento approvato con regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 ed i commi secondo e terzo dell'art. 28, della
legge 30 marzo 1971, n. 118, sono abrogati.
Art. 44. Entrata in vigore.
1. La presente legge
entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale.