Legge
30 dicembre 1971, n. 1204
(in
GU 18 gennaio 1972, n. 14)
Tutela
delle lavoratrici madri
TITOLO I
Norme
protettive
Art. 1.
Le disposizioni
del presente titolo si applicano alle lavoratrici, comprese le apprendiste, che
prestano la loro opera alle dipendenze di privati datori di lavoro, nonché alle
dipendenti dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
dalle regioni, dalle province, dai comuni, dagli altri enti pubblici e dalle
società cooperative, anche se socie di queste ultime.
Alle lavoratrici
a domicilio si applicano le norme del presente titolo di cui agli articoli 2,
4, 6 e 9.
Alle lavoratrici
addette ai servizi domestici e familiari si applicano le norme del presente
titolo di cui agli articoli 4, 5, 6, 8 e 9.
Sono fatte salve,
in ogni caso, le condizioni di maggior favore stabilite da leggi, regolamenti,
contratti, e da ogni altra disposizione.
Art. 2.
Le lavoratrici
non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gestazione fino al
termine del periodo di interdizione dal lavoro previsto dall'articolo 4 della
presente legge, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino.
Il divieto di
licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e
puerperio, e la lavoratrice, licenziata nel corso del periodo in cui opera il
divieto, ha diritto di ottenere il ripristino del rapporto di lavoro mediante
presentazione, entro novanta giorni dal licenziamento, di idonea certificazione
dalla quale risulti l'esistenza, all'epoca del licenziamento, delle condizioni
che lo vietavano.
Il divieto di
licenziamento non si applica nel caso:
a) di colpa grave
da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del
rapporto di lavoro;
b) di cessazione
dell'attività dell'azienda cui essa è addetta;
c) di ultimazione
della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione
del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.
Le lavoratrici
addette ad industrie e lavorazioni che diano luogo a disoccupazione stagionale,
di cui alla tabella annessa al decreto ministeriale 30 novembre 1964, e
successive modificazioni, le quali siano licenziate a norma della lettera b)
del terzo comma del presente articolo, hanno diritto, per tutto il periodo in
cui opera il divieto di licenziamento, alla ripresa dell'attività lavorativa
stagionale e, sempreché non si trovino in periodo di astensione obbligatoria
dal lavoro, alla precedenza nelle riassunzioni.
Durante il
periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere
sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l'attività dell'azienda o del
reparto cui essa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia
funzionale.
Art.
3.
È vietato adibire
al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi
ed insalubri le lavoratrici durante il periodo di gestazione e fino a sette
mesi dopo il parto. In attesa della pubblicazione del regolamento di esecuzione
della presente legge, i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri restano
determinati dalla tabella annessa al decreto del
Presidente della Repubblica 21 maggio 1953, n. 568.
Le lavoratrici
saranno addette ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il
divieto di cui al comma precedente.
Le lavoratrici
saranno, altresì, spostate ad alti e mansioni durante la gestazione e fino a
sette mesi dopo il parto nei casi in cui l'ispettorato del lavoro accerti che
le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della
donna.
Le lavoratrici
che vengano adibite a mansioni inferiori a quelle abituali conservano la
retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la
qualifica originale.
Si applicano le
norme di cui all'articolo 13
della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora le
lavoratrici vengano adibite a mansioni equivalenti o superiori.
Art. 4.
È vietato adibire
al lavoro le donne:
a) durante i due mesi
precedenti la data presunta del parto;
b) ove il parto
avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la
data effettiva del parto;
c) durante i tre
mesi dopo il parto.
L'astensione
obbligatoria dal lavoro è anticipata a tre mesi dalla data presunta del parto
quando le lavoratrici sono occupate in lavori che, in relazione all'avanzato
stato di gravidanza, siano da ritenersi gravosi o pregiudizievoli.
Tali lavori sono
determinati con propri decreti dal Ministro per il lavoro e la previdenza
sociale, sentite le organizzazioni sindacali.
Art. 5.
L'ispettorato del
lavoro può disporre, sulla base di accertamento medico, l'interdizione dal
lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza, fino al periodo di astensione
di cui alla lettera a) del precedente articolo, per uno o più periodi, la cui
durata sarà determinata dall'ispettorato stesso, per i seguenti motivi:
a) nel caso di
gravi complicanze della gestazione o di preesistenti forme morbose che si
presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza;
b) quando le
condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute
della donna e del bambino;
c) quando la
lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo il disposto
del precedente articolo 3.
Art. 6.
I periodi di
astensione obbligatoria dal lavoro ai sensi degli articoli 4 e 5 della presente
legge devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti,
compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia
e alle ferie.
Art. 7.
La lavoratrice ha
diritto di assentarsi dal lavoro, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria di cui alla lettera c) dell'articolo 4 della presente legge, per
un periodo, entro il primo anno di vita del bambino, di sei mesi, durante il
quale le sarà conservato il posto.
La lavoratrice ha
diritto, altresì, ad assentarsi dal lavoro durante le malattie del bambino di
età inferiore a tre anni, dietro presentazione di certificato medico.
I periodi di
assenza di cui ai precedenti commi sono computati nell'anzianità di servizio,
esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla
gratifica natalizia.
Art. 8.
Le ferie e le
assenze eventualmente spettanti alla lavoratrice ad altro titolo non possono essere
godute contemporaneamente ai periodi di astensione obbligatoria dal lavoro di
cui agli articoli 4 e 5, nonché a quelli di assenza facoltativa di cui
all'articolo 7 della presente legge.
Art. 9.
Alle lavoratrici
spetta l'assistenza di parto da parte dell'istituto presso il quale sono
assicurate per il trattamento di malattia, anche quando sia stato interrotto il
rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio quando sia stato
interrotto il rapporto di lavoro, purché la gravidanza abbia avuto inizio
quando tale rapporto era ancora sussistente.
Alle lavoratrici
spetta, altresì, l'assistenza ospedaliera anche nei casi di parto normale nelle
forme e con le modalità previste dalle norme vigenti.
Le lavoratrici
gestanti possono sottoporsi a visite sanitarie periodiche gratuite a cura
dell'istituto presso il quale sono assicurate.
Le norme di cui
al presente articolo si applicano anche alle familiari dei lavoratori aventi
diritto all'assistenza sanitaria.
Art. 10.
Il datore di
lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita
del bambino, due periodi di riposo, anche cumulabili durante la giornata. Il
riposo è uno solo quando l'orario giornaliero di lavoro è inferiore a sei ore.
I periodi di
riposo di cui al precedente comma hanno la durata di un'ora ciascuno e sono
considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del
lavoro. Essi comportano il diritto della donna ad uscire dall'azienda.
I periodi di
riposo sono di mezz'ora ciascuno, e in tal caso non comportano il diritto ad
uscire dall'azienda, quando la lavoratrice voglia usufruire della camera di
allattamento o dell'asilo nido, istituiti dal datore di lavoro nelle dipendenze
dei locali di lavoro.
I riposi di cui
ai precedenti commi sono indipendenti da quelli previsti dagli articoli 18 e 19
della legge 26 aprile 1934, n. 653, sulla
tutela del lavoro delle donne.
Art. 11.
In sostituzione delle lavoratrici
assenti dal lavoro, in virtù delle disposizioni della presente legge, il datore
di lavoro può assumere personale con contratto a tempo determinato in
conformità al disposto dell'articolo 1,
lettera b), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla
disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato e con l'osservanza delle
norme della legge stessa.
Art. 12.
In caso di
dimissioni volontarie presentate durante il periodo per cui è previsto, a norma
del precedente articolo 2, il divieto di licenziamento, la lavoratrice ha
diritto alle indennità previste da disposizioni di legge e contrattuali per il
caso di licenziamento.
TITOLO II
Trattamento
economico
Art. 13.
Le disposizioni
del presente titolo si applicano alle lavoratrici di cui all'articolo 1,
comprese le lavoratrici a domicilio e le addette ai servizi domestici e
familiari, salvo quanto previsto dal successivo comma.
Alle dipendenti
dalle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, dalle
regioni, dalle province, dai comuni e dagli altri enti pubblici si applica il
trattamento economico previsto dai relativi ordinamenti salve le disposizioni
di maggior favore risultanti dalla presente legge.
Art. 14.
A decorrere dal
primo giorno del mese successivo a quello di entrata in vigore della presente
legge, al fine di consentire nel periodo immediatamente precedente e seguente
il parto, l'astensione delle lavoratrici mezzadre e colone dal lavoro dei campi
e la buona coltivazione del fondo, il mezzadro e il concedente, nei casi di
provata necessità, sono tenuti a concordare l'assunzione di una unità
lavorativa, la cui spesa sarà ripartita a meta tra mezzadro e concedente.
A partire dalla
stessa data, alle lavoratrici mezzadre e colone spetta, per tutto il periodo di
astensione obbligatoria precedente e successivo al parto previsto per le
salariate e braccianti agricole, una indennità giornaliera, che verrà erogata
dall'INAM in misura pari all'80 per cento del reddito medio giornaliero
colonico. Tale reddito viene stabilito, in via presuntiva, per ogni due anni,
con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le
organizzazioni sindacali di categoria; per la prima applicazione della presente
legge tale reddito è fissato in lire 1.300 giornaliere.
Trova
applicazione anche nei confronti delle colone e mezzadre la norma di cui
all'articolo 9 della presente legge.
Art. 15.
Le lavoratrici
hanno diritto ad una indennità giornaliera pari all'80 per cento della retribuzione
per tutto il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro stabilita dagli
articoli 4 e 5 della presente legge. Tale indennità e comprensiva di ogni altra
indennità spettante per malattia.
A partire dal 1°
gennaio 1973, le lavoratrici, escluse quelle a domicilio e quelle addette ai
servizi domestici e familiari hanno diritto, altresì, ad una indennità
giornaliera pari al 30 per cento della retribuzione per tutto il periodo di
assenza facoltativa dal lavoro prevista dal primo comma dell'articolo 7 della
presente legge.
Le indennità di
cui ai commi precedenti sono corrisposte con gli stessi criteri previsti per la
erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie
dall'ente assicuratore di malattia presso il quale la lavoratrice è assicurata
e non sono subordinate a particolari requisiti contributivi o di anzianità
assicurativa.
Art. 16.
Agli effetti
della determinazione della misura delle indennità previste nell'articolo
precedente, per retribuzione s'intende la retribuzione media globale
giornaliera percepita nel periodo di paga quadrisettimanale o mensile scaduto
ed immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio
l'astensione obbligatoria dal lavoro per maternità.
Al suddetto
importo va aggiunto, eccezion fatta per l'indennità di cui al secondo comma
dell'articolo precedente, il rateo giornaliero relativo alla gratifica
natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità
eventualmente erogati alla lavoratrice.
Concorrono a
formare la retribuzione gli stessi elementi che vengono considerati agli
effetti della determinazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria
contro le malattie.
Nei confronti
delle operaie dei settori non agricoli, per retribuzione media globale
giornaliera s'intende:
a) nei casi in
cui, o per contratto di lavoro o per la effettuazione di ore di lavoro
straordinario, l'orario medio effettivamente praticato superi le otto ore
giornaliere, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli
emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero
dei giorni lavorati o comunque retribuiti;
b) nei casi in
cui, o per esigenze organizzative contingenti dell'azienda o per particolari
ragioni di carattere personale della lavoratrice, l'orario medio effettivamente
praticato risulti inferiore a quello previsto dal contratto di lavoro della
categoria, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli
emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero
delle ore di lavoro effettuato e moltiplicando il quoziente ottenuto per il
numero delle ore giornaliere di lavoro previste dal contratto stesso.
Nei casi in cui i
contratti di lavoro prevedano, nell'ambito di una settimana, un orario di
lavoro identico per i primi cinque giorni della settimana e un orario ridotto
per il sesto giorno, l'orario giornaliero è quello che si ottiene dividendo per
sei il numero complessivo delle ore settimanali contrattualmente stabilite;
c) in tutti gli
altri casi, l'importo che si ottiene dividendo l'ammontare complessivo degli
emolumenti percepiti nel periodo di paga preso in considerazione per il numero
di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti dal periodo stesso.
Nei confronti
delle impiegate, per retribuzione media globale giornaliera si intende
l'importo che si ottiene dividendo per trenta l'importo totale della
retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio
l'astensione.
Art. 17.
L'indennità di
cui al primo comma dell'art. 15 è corrisposta anche nei casi di risoluzione del
rapporto di lavoro previsti dall'articolo 2, lettera b) e c), che si
verifichino durante i periodi di interdizione dal lavoro previsti dagli
articoli 4 e 5 della presente legge.
Le lavoratrici
gestanti che si trovino, all'inizio del periodo di astensione obbligatoria dal
lavoro, sospese, assenti dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupate,
sono ammesse al godimento dell'indennità giornaliera di maternità di cui al
primo comma dell'articolo 15 purché tra l'inizio della sospensione,
dall'assenza o della disoccupazione e quello di detto periodo non siano decorsi
più di 60 giorni. Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, non si tiene
conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e
riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali.
Qualora
l'astensione obbligatoria dal lavoro abbia inizio trascorsi sessanta giorni
dalla risoluzione del rapporto di lavoro e la lavoratrice si trovi, all'inizio
della astensione obbligatoria, disoccupata e in godimento dell'indennità di
disoccupazione, essa ha diritto all'indennità giornali era di maternità anziché
all'indennità ordinaria di disoccupazione.
La lavoratrice,
che si trova nelle condizioni indicate nel precedente comma ma che non è in
godimento della indennità di disoccupazione perché nell'ultimo biennio ha
effettuato lavorazioni alle dipendenze di terzi non soggette all'obbligo
dell'assicurazione contro la disoccupazione, ha diritto all'indennità
giornaliera di maternità, purché al momento dell'astensione obbligatoria dal
lavoro non siano trascorsi più di 180 giorni dalla data di risoluzione del
rapporto e, nell'ultimo biennio che precede il suddetto periodo, risultino a
suo favore ai fini dell'assicurazione di malattia 26 contributi settimanali.
La lavoratrice
che, nel caso di astensione obbligatoria dal lavoro iniziata dopo 60 giorni
dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio dell'astensione
obbligatoria, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale
a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale
trattamento, all'indennità giornaliera di maternità.
Art. 18.
Durante il
periodo di assenza obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4 della presente
legge, spetta alle lavoratrici a domicilio, a carico dell'INAM, l'indennità
giornaliera di cui al precedente articolo 15 in misura pari all'80 per cento
del salario medio contrattuale giornaliero, vigente nella provincia per i
lavoratori interni, aventi qualifica operaia, della stessa industria.
Qualora, per
l'assenza nella stessa provincia di industrie similari che occupano lavoratori
interni, non possa farsi riferimento al salario contrattuale provinciale di cui
al comma precedente, si farà riferimento alla media dei salari contrattuali
provinciali vigenti per la stessa industria nella regione, e, qualora anche ciò
non fosse possibile, si farà riferimento alla media dei salari provinciali
vigenti nella stessa industria nel territorio nazionale.
Per i settori di
lavoro, a domicilio per i quali non esistono corrispondenti industrie che
occupano lavoratori interni, con apposito decreto del Ministro per il lavoro e
la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate, si
prenderà a riferimento il salario medio contrattuale giornaliero vigente nella
provincia per i lavoratori aventi qualifica operaia dell'industria che presenta
maggiori caratteri di affinità.
La corresponsione
dell'indennità di cui al primo comma del presente articolo è subordinata alla
condizione che, all'inizio della astensione obbligatoria, la lavoratrice
riconsegni al committente tutte le merci e il lavoro avuto in consegna, anche
se non ultimato.
Art. 19.
Per le
lavoratrici addette ai servizi domestici familiari, l'indennità di maternità di
cui all'articolo 15 ed il relativo finanziamento sono regolati secondo le
modalità e le norme stabilite dal decreto delegato emanato ai sensi dell'articolo 35, lettera
d), della legge 30 aprile 1969, n. 153.
Fino al momento
in cui entreranno in vigore le norme del decreto delegato indicato nel comma
precedente, continuano ad applicarsi le disposizioni del titolo III della
legge 26 agosto 1950, n. 860 relative alle
lavoratrici domestiche.
Art. 20.
L'interruzione
della gravidanza, spontanea o terapeutica, esclusa quella procurata, è
considerata a tutti gli effetti come malattia, salvo quanto disposto dall'articolo 12 del
decreto del Presidente della Repubblica 25 maggio 1953, n. 568.
Art. 21.
Per la copertura
degli oneri derivanti dalle norme di cui ai titoli primo e secondo della
presente legge, di competenza degli enti che gestiscono l'assicurazione contro
le malattie, è dovuto dai datori di lavoro agli enti predetti un contributo
sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti nelle seguenti misure:
a) dello 0,53 per
cento sulla retribuzione per il settore dell'industria;
b) dello 0,31 per
cento sulla retribuzione per il settore del commercio;
c) dello 0,20 per
cento sulla retribuzione per il settore del credito, assicurazione e servizi
tributari appaltati;
d) di lire 2,43
per ogni giornata di uomo e di lire 1,95 per ogni giornata di donna o ragazzo
per i salariati fissi; di lire 2,95 per ogni giornata di uomo e di lire 2,32
per ogni giornata di donna o ragazzo per i giornalieri di campagna e compartecipanti
per il settore dell'agricoltura.
Il contributo è
dovuto per ogni giornata di lavoro accertata ai fini dei contributi unificati
in agricoltura di cui al decreto-legge 28 novembre 1938, n. 2138, e successive
modificazioni, ed è riscosso unitamente ai contributi predetti.
A partire dal 1°
gennaio 1973 è dovuto all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro le
malattie un contributo annuo di lire 25.000 milioni da parte della Cassa unica
assegni familiari.
Per gli
apprendisti è dovuto un contributo di lire 32 settimanali
Per i lavoratori
a domicilio tradizionali è dovuto un contributo di lire 120 settimanali.
Per i giornalisti
iscritti all'Istituto nazionale di previdenza per i giornalisti italiani
"Giovanni Amendola" è dovuto un contributo pari allo 0,15 per cento
della retribuzione.
Per i lavoratori
iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello
spettacolo è dovuto un contributo pari allo 0,53 per cento della retribuzione.
Per i lavoratori
iscritti all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli impiegati
dell'agricoltura è dovuto un contributo pari allo 0,50 per cento della
retribuzione.
Per i lavoratori
iscritti alle Casse di soccorso di cui al regio decreto 8 gennaio 1931, numero
148, e successive modificazioni, è dovuto un contributo pari allo 0,53 per
cento della retribuzione. Tale contributo non è dovuto per il personale addetto
alle autolinee extraurbane in concessione iscritto alle Casse di soccorso
istituite per effetto della legge 22
settembre 1960, n. 1054, per le quali il
contributo previsto a carico dei datori di lavoro dall'articolo 2, n. 2), dei
rispettivi statuti è comprensivo dell'onere derivante dalla erogazione del
trattamento economico per le lavoratrici madri.
Le eventuali
eccedenze fra il gettito dei contributi e le prestazioni erogate saranno
devolute, nell'ambito di ciascun istituto, ente o cassa, all'assicurazione
obbligatoria contro le malattie.
Riguardo al versamento dei
contributi di cui al presente articolo, alle trasgressioni degli obblighi
relativi ed a quanto altro concerne il contributo medesimo, si applicano le
norme relative ai contributi per l'assicurazione obbligatoria contro le
malattie.
Con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, di concerto con quello per il tesoro, la misura dei
contributi stabiliti dalla presente legge può essere modificata in relazione
alle effettive esigenze delle relative gestioni.
Art. 22.
L'assicurazione
di maternità per le lavoratrici a domicilio tradizionali e per le addette ai
servizi domestici familiari, gestita dall'INPS, è trasferita con i relativi
avanzi di gestione all'INAM.
TITOLO III
Corresponsione
di un assegno di natalità alle coltivatrici dirette, alle lavoratrici artigiane
e alle lavoratrici esercenti attività commerciale
Art. 23.
Alle coltivatrici
dirette, artigiane ed esercenti attività commerciale di cui rispettivamente
alle leggi 22 novembre 1954, n. 1136, 29 dicembre 1956, n. 1533, e 27 novembre
1960, n. 1397, è corrisposto, in caso di parto o di aborto spontaneo o
terapeutico, un assegno, una volta tanto, di lire 50.000.
Art. 24.
L'assegno di cui
il precedente articolo è, rispettivamente, corrisposto in un'unica soluzione
dalle Casse mutue comunali di malattia per i coltivatori diretti, dalle Casse
mutue provinciali di malattia per gli artigiani e dalle Casse mutue provinciali
di malattia per gli esercenti attività commerciali competenti per territorio, a
seguito di apposita domanda in carta libera da presentarsi, a cura
dell'interessata, entro novanta giorni successivi al parto o all'aborto. Alla
domanda dovrà essere allegato, in caso di parto, il certificato di nascita o il
certificato di assistenza al parto di cui al regio decreto-legge 15 ottobre
1936, n. 2128; in caso di aborto un certificato medico attestante il mese di
gravidanza alla data dell'aborto.
Art. 25.
Alla spesa
derivante dall'applicazione dell'articolo 23 si provvede:
a) con un contributo
annuo a carico dello Stato di lire 4.000 milioni;
b) con un
contributo annuo:
di lire 250 a
carico dei titolari di aziende diretto-coltivatrici, per unità iscritta alle
Casse mutue di malattia per i coltivatori diretti;
di lire 200 a
carico dei titolari di imprese artigiane, per unità iscritta alle Casse mutue
di malattia per gli artigiani;
di lire 500, 1.000, 1.500, 2.000
e 2.500 a carico degli esercenti attività commerciale, titolari di imprese,
appartenenti rispettivamente alla prima, seconda, terza quarta e quinta classe
di reddito di cui all'articolo 38,
primo comma, lettera c), della legge 27 novembre 1960, n. 1397.
Il contributo
dello Stato di cui al precedente comma è corrisposto:
a) per lire 1.700
milioni alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia dei
coltivatori diretti, che provvederà a ripartirlo tra le Casse mutue comunali in
proporzione agli oneri da ciascuna di esse sostenuti;
b) per lire 950 milioni
alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia degli artigiani, che
provvederà a ripartirlo tra le Casse mutue provinciali in proporzione agli
oneri da ciascuna di esse sostenuti;
c) per lire 1.350
milioni alla Federazione nazionale delle Casse mutue di malattia per gli
esercenti attività commerciale, che provvederà a ripartirlo tra le casse mutue
provinciali in proporzione degli oneri da ciascuna di esse sostenuti.
Art. 26.
All'onere
derivante allo Stato dall'applicazione del precedente articolo 25 si provvede,
per l'anno finanziario 1972, mediante riduzione, per lire 2.000 milioni, del
Fondo speciale iscritto al capitolo n. 3523 dello stato di previsione della
spesa del Ministero del tesoro per l'anno medesimo.
Il Ministro per
il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti
variazioni di bilancio.
Art. 27.
Le disposizioni
di cui al presente titolo si applicano a tutti gli eventi verificatisi dal 1°
luglio 1972.
TITOLO IV
Disposizioni
varie, vigilanza e penalità
Art. 28.
Prima dell'inizio
dell'astensione obbligatoria dal lavoro di cui all'articolo 4, lettera a),
della presente legge le lavoratrici di cui all'articolo 1 della presente legge
dovranno consegnare al datore di lavoro e all'istituto erogatore delle indennità
giornaliere di maternità il certificato medico indicante la data presunta del
parto La data indicata nel certificato fa stato, nonostante qualsiasi errore di
previsione.
Art. 29.
Tutti i documenti
occorrenti per l'applicazione della presente legge sono esenti da ogni imposta,
tassa, diritto o spesa di qualsiasi specie e natura.
Art. 30.
La vigilanza
sulla presente legge è demandata al Ministero del lavoro e della previdenza
sociale che la esercita attraverso l'ispettorato del lavoro.
Al rilascio dei
certificati medici di cui alla presente legge sono abilitati gli ufficiali
sanitari, i medici condotti, i medici dell'istituto presso il quale la
lavoratrice è assicurata per il trattamento di maternità, salvo quanto previsto
dai commi successivi
Qualora i
certificati siano redatti da medici diversi da quelli di cui al precedente
comma, il datore di lavoro o l'istituto presso il quale la lavoratrice è
assicurata per il trattamento di maternità hanno facoltà di accettare i
certificati stessi ovvero, di richiederne la regolarizzazione alla lavoratrice
interessata.
I medici
dell'ispettorato del lavoro hanno facoltà di controllo.
Il certificato
medico attestante la malattia del bambino, di cui al secondo comma
dell'articolo 7 della presente legge, può essere redatto da un medico di libera
scelta della lavoratrice.
L'astensione dal
lavoro di cui all'articolo 5, lettera a), della presente legge è disposta
dall'ispettorato del lavoro in base ad accertamento medico, per il quale
l'ispettorato del lavoro ha facoltà di delegare gli ufficiali sanitari o di
avvalersi dei servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti o di
enti pubblici e di istituti specializzati di diritto pubblico. In ogni caso il
provvedimento dovrà essere emanato entro sette giorni dalla ricezione
dell'istanza della lavoratrice.
L'astensione dal
lavoro di cui alle lettere b) e c)
dell'articolo 5
della presente legge è disposta dall'ispettorato del lavoro, oltreché su
istanza della lavoratrice, anche di propria iniziativa, qualora nel corso della
propria attività di vigilanza constati l'esistenza delle condizioni che danno
luogo all'astensione medesima.
Parimenti, lo
spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni, di cui al terzo comma
dell'articolo 3 della presente legge, è disposto dall'ispettorato del lavoro
sia di propria iniziativa, sia su istanza della lavoratrice.
Fino
all'emanazione del primo decreto ministeriale di cui all'ultimo comma
dell'articolo 4 della presente legge, l'anticipazione dell'astensione
obbligatoria dal lavoro di cui al secondo comma dell'articolo sopracitato è
disposta dall'ispettorato del lavoro.
I provvedimenti
dell'ispettorato del lavoro in ordine a quanto previsto dai commi sesto,
settimo, ottavo e nono del presente articolo sono definitivi.
Art. 31.
L'inosservanza
delle disposizioni contenute negli articoli 2, 3, 4, 5 e 10 della presente
legge nonché il rifiuto, l'opposizione o l'ostacolo all'esercizio dei diritti
di assenza dal lavoro di cui all'articolo 7 della presente legge sono puniti
con l'ammenda da lire 20.000 a lire 100.000 per ciascuna lavoratrice cui si
riferisce l'inosservanza delle norme di legge.
Art. 32.
Con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il lavoro e la
previdenza sociale, entro 90 giorni, saranno emanate norme regolamentari per
l'applicazione della presente legge.
Art. 33.
Sono abrogate le
disposizioni della legge 26 agosto
1950, n. 860, sulla tutela fisica ed economica
delle lavoratrici madri e successive modificazioni in contrasto con le norme
della presente legge.
Art. 34.
Le disposizioni
contenute negli articoli 11, 12
e 13 della legge 26 agosto 1950, n. 860,
continuano ad applicarsi in via transitoria ai datori di lavoro che, ai sensi
della legge stessa, abbiano istituito camere di allattamento o asili nido
aziendali funzionanti alla data del 15 dicembre 1971.
L'ispettorato del
lavoro, sentite le organizzazioni sindacali aziendali, può autorizzare la
chiusura delle camere di allattamento e degli asili nido aziendali di cui al
precedente comma in relazione alle effettive esigenze delle lavoratrici
occupate nell'azienda ed all'attuazione del piano quinquennale per
l'istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato.
Art. 35.
La presente legge
entra in vigore alla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale salvo le
diverse decorrenze fissate dagli articoli precedenti e salvo quanto previsto dal
successivo comma.
Alle lavoratrici
che al momento dell'entrata in vigore della presente legge sono assenti dal
lavoro ai sensi dell'articolo 5,
lettera a), della legge 26 agosto 1950 n. 860,
si continua ad applicare la norma citata fino all'esaurimento del periodo di
cui alla lettera stessa.