Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
"Attuazione
dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della
salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile 2008
- Supplemento Ordinario n. 108
INDICE
Titolo I - PRINCIPI COMUNI
Capo I - Disposizioni generali
Art. 1. Finalità
Art. 2. Definizioni
Art. 3. Campo di applicazione
Art. 4. Computo dei lavoratori
Capo II - Sistema istituzionale
Art. 5. Comitato per l'indirizzo e la valutazione
delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di
vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro
Art. 6. Commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza sul lavoro
Art. 7. Comitati regionali di coordinamento
Art. 8. Sistema informativo nazionale per la
prevenzione nei luoghi di lavoro
Art. 9. Enti pubblici aventi compiti in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Art. 10. Informazione e assistenza in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Art. 11. Attività promozionali
Art. 12. Interpello
Art. 13. Vigilanza
Art. 14. Disposizioni per il contrasto del lavoro
irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
Capo III - Gestione della
prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I - MISURE DI
TUTELA E OBBLIGHI
Art. 15. Misure generali di tutela
Art. 16. Delega di funzioni
Art. 17. Obblighi del datore di lavoro non
delegabili
Art. 18. Obblighi del datore di lavoro e del
dirigente
Art. 19. Obblighi del preposto
Art. 20. Obblighi dei lavoratori
Art. 21. Disposizioni relative ai componenti
dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai
lavoratori autonomi
Art. 22. Obblighi dei progettisti
Art. 23. Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
Art. 24. Obblighi degli installatori
Art. 25. Obblighi del medico competente
Art. 26. Obblighi connessi ai contratti d'appalto o
d'opera o di somministrazione
Art. 27. Sistema di qualificazione delle imprese e
dei lavoratori autonomi
Sezione II -
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art. 28. Oggetto della valutazione dei rischi
Art. 29. Modalità di effettuazione della
valutazione dei rischi
Art. 30. Modelli di organizzazione e di gestione
Sezione III -
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art. 31. Servizio di prevenzione e protezione
Art. 32. Capacità e requisiti professionali degli
addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed
esterni
Art. 33. Compiti del servizio di prevenzione e
protezione
Art. 34. Svolgimento diretto da parte del datore di
lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi
Art. 35. Riunione periodica
Sezione IV -
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
Art. 36. Informazione ai lavoratori
Art. 37. Formazione dei lavoratori e dei loro
rappresentanti
Sezione V - SORVEGLIANZA
SANITARIA
Art. 38. Titoli e requisiti del medico competente
Art. 39. Svolgimento dell'attività di medico
competente
Art. 40. Rapporti del medico competente con il
Servizio sanitario nazionale
Art. 41. Sorveglianza sanitaria
Art. 42. Provvedimenti in caso di inidoneità alla
mansione specifica
Sezione VI -
GESTIONE DELLE EMERGENZE
Art. 43. Disposizioni generali
Art. 44. Diritti dei lavoratori in caso di pericolo
grave e immediato
Art. 45. Primo soccorso
Art. 46. Prevenzione incendi
Sezione VII -
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI
Art. 47. Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza
Art. 48. Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza territoriale
Art. 49. Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza di sito produttivo
Art. 50. Attribuzioni del rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza
Art. 51. Organismi paritetici
Art. 52. Sostegno alla piccola e media impresa, ai
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla
pariteticità
Sezione VIII -
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI EDELLE
MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 53. Tenuta della documentazione
Art. 54. Comunicazioni e trasmissione della
documentazione
Capo IV - Disposizioni penali
Sezione I - SANZIONI
Art. 55. Sanzioni per il datore di lavoro e il
dirigente
Art. 56. Sanzioni per il preposto
Art. 57. Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti
i fornitori e gli installatori
Art. 58. Sanzioni per il medico competente
Art. 59. Sanzioni per i lavoratori
Art. 60. Sanzioni per i componenti dell'impresa
familiare, i lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle
società semplici operanti nel settore agricolo
Sezione II - DISPOSIZIONI
IN TEMA DI PROCESSO PENALE
Art. 61. Esercizio dei diritti della persona offesa
Titolo II - LUOGHI DI LAVORO
Capo I - Disposizioni generali
Art. 62. Definizioni
Art. 63. Requisiti di salute e di sicurezza
Art. 64. Obblighi del datore di lavoro
Art. 65. Locali sotterranei o semisotterranei
Art. 66. Lavori in ambienti sospetti di
inquinamento
Art. 67. Notifiche all'organo di vigilanza
competente per territorio
Capo II - Sanzioni
Art. 68. Sanzioni per il datore di lavoro
Titolo III - USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Capo I - Uso delle attrezzature di
lavoro
Art. 69. Definizioni
Art. 70. Requisiti di sicurezza
Art. 71. Obblighi del datore di lavoro
Art. 72. Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti
in uso
Art. 73. Informazione e formazione
Capo II - Uso dei dispositivi di
protezione individuale
Art. 74. Definizioni
Art. 75. Obbligo di uso
Art. 76. Requisiti dei DPI
Art. 77. Obblighi del datore di lavoro
Art. 78. Obblighi dei lavoratori
Art. 79. Criteri per l'individuazione e l'uso
Capo III - Impianti e
apparecchiature elettriche
Art. 80. Obblighi del datore di lavoro
Art. 81. Requisiti di sicurezza
Art. 82. Lavori sotto tensione
Art. 83. Lavori in prossimità di parti attive
Art. 84. Protezioni dai fulmini
Art. 85. Protezione di edifici, impianti strutture
ed attrezzature
Art. 86. Verifiche
Art. 87. Sanzioni a carico del datore di lavoro
Titolo IV - CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I - Misure per la salute e
sicurezza nei cantieri temporanei o mobili
Art. 88. Campo di applicazione
Art. 89. Definizioni
Art. 90. Obblighi del committente o del
responsabile dei lavori
Art. 91. Obblighi del coordinatore per la
progettazione
Art. 92. Obblighi del coordinatore per l'esecuzione
dei lavori
Art. 93. Responsabilità dei committenti e dei
responsabili dei lavori
Art. 94. Obblighi dei lavoratori autonomi
Art. 95. Misure generali di tutela
Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei
dirigenti e dei preposti
Art. 97. Obblighi del datore di lavoro dell'impresa
affidataria
Art. 98. Requisiti professionali del coordinatore
per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
Art. 99. Notifica preliminare
Art. 100. Piano di sicurezza e di coordinamento
Art. 101. - Obblighi di trasmissione
Art. 102. Consultazione dei rappresentanti per la
sicurezza
Art. 103. Modalità di previsione dei livelli di
emissione sonora
Art. 104. Modalità attuative di particolari
obblighi
Capo II - Norme per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota
Sezione I - Campo di
applicazione
Art. 105. Attività soggette
Art. 106. Attività escluse
Art. 107. Definizioni
Sezione II -
Disposizioni di carattere generale
Art. 108. Viabilità nei cantieri
Art. 109. Recinzione del cantiere
Art. 110. Luoghi di transito
Art. 111. Obblighi del datore di lavoro nell'uso di
attrezzature per lavori in quota
Art. 112. Idoneità delle opere provvisionali
Art. 113. Scale
Art. 114. Protezione dei posti di lavoro
Art. 115. Sistemi di protezione contro le cadute
dall'alto
Art. 116. Obblighi dei datori di lavoro concernenti
l'impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi
Art. 117. Lavori in prossimità di parti attive
Sezione III -
Scavi e fondazioni
Art. 118. Splateamento e sbancamento
Art. 119. Pozzi, scavi e cunicoli
Art. 120. Deposito di materiali in prossimità degli
scavi
Art. 121. Presenza di gas negli scavi
Sezione IV -
Ponteggi e impalcature in legname
Art. 122. Ponteggi ed opere provvisionali
Art. 123. Montaggio e smontaggio delle opere
provvisionali
Art. 124. Deposito di materiali sulle impalcature
Art. 125. Disposizione dei montanti
Art. 126. Parapetti
Art. 127. Ponti a sbalzo
Art. 128. Sottoponti
Art. 129. Impalcature nelle costruzioni in
conglomerato cementizio
Art. 130. Andatoie e passerelle
Sezione V - Ponteggi fissi
Art. 131. Autorizzazione alla costruzione ed
all'impiego
Art. 132. Relazione tecnica
Art. 133. Progetto
Art. 134. Documentazione
Art. 135. Marchio del fabbricante
Art. 136. Montaggio e smontaggio
Art. 137. Manutenzione e revisione
Art. 138. Norme particolari
Sezione VI -
Ponteggi movibili
Art. 139. Ponti su cavalletti
Art. 140. Ponti su ruote a torre
Sezione VII -
Costruzioni edilizie
Art. 141. Strutture speciali
Art. 142. Costruzioni di archi, volte e simili
Art. 143. Posa delle armature e delle centine
Art. 144. Resistenza delle armature
Art. 145. Disarmo delle armature
Art. 146. Difesa delle aperture
Art. 147. Scale in muratura
Art. 148. Lavori speciali
Art. 149. Paratoie e cassoni
Sezione VIII -
Demolizioni
Art. 150. Rafforzamento delle strutture
Art. 151. Ordine delle demolizioni
Art. 152. Misure di sicurezza
Art. 153. Convogliamento del materiale di
demolizione
Art. 154. Sbarramento della zona di demolizione
Art. 155. Demolizione per rovesciamento
Art. 156. Verifiche
Capo III - Sanzioni
Art. 157. Sanzioni per i committenti e i
responsabili dei lavori
Art. 158. Sanzioni per i coordinatori
Art. 159. Sanzioni per i datori di lavoro, i
dirigenti e i preposti
Art. 160. Sanzioni per i lavoratori
Titolo V - SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL
LAVORO
Capo I - Disposizioni generali
Art. 161. Campo di applicazione
Art. 162. Definizioni
Art. 163. Obblighi del datore di lavoro
Art. 164. Informazione e formazione
Capo II - Sanzioni
Art. 165. Sanzioni a carico del datore di lavoro e
del dirigente
Art. 166. Sanzioni a carico del preposto
Titolo VI - MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I - Disposizioni generali
Art. 167. Campo di applicazione
Art. 168. Obblighi del datore di lavoro
Art. 169. Informazione, formazione e addestramento
Capo II - Sanzioni
Art. 170. Sanzioni a carico del datore di lavoro e
del dirigente
Art. 171. Sanzioni a carico del preposto
Titolo VII - ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I - Disposizioni generali
Art. 172. Campo di applicazione
Art. 173. Definizioni
Capo II - Obblighi del datore di
lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art. 174. Obblighi del datore di lavoro
Art. 175. Svolgimento quotidiano del lavoro
Art. 176. Sorveglianza sanitaria
Art. 177. Informazione e formazione
Capo III - Sanzioni
Art. 178. - Sanzioni a carico del datore di lavoro
e del dirigente
Art. 179. - Sanzioni a carico del preposto
Titolo VIII - AGENTI FISICI
Capo I - Disposizioni generali
Art. 180. Definizioni e campo di applicazione
Art. 181. Valutazione dei rischi
Art. 182. Disposizioni miranti ad eliminare o
ridurre i rischi
Art. 183. Lavoratori particolarmente sensibili
Art. 184. Informazione e formazione dei lavoratori
Art. 185. Sorveglianza sanitaria
Art. 186. Cartella sanitaria e di rischio
Capo II - Protezione dei lavoratori
contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro
Art. 187. Campo di applicazione
Art. 188. Definizioni
Art. 189. Valori limite di esposizione e valori di
azione
Art. 190. Valutazione del rischio
Art. 191. Valutazione di attività a livello di
esposizione molto variabile
Art. 192. Misure di prevenzione e protezione
Art. 193. Uso dei dispositivi di protezione
individuali
Art. 194. Misure per la limitazione
dell'esposizione
Art. 195. Informazione e formazione dei lavoratori
Art. 196. Sorveglianza sanitaria
Art. 197. Deroghe
Art. 198. Linee Guida per i settori della musica
delle attività ricreative e dei call center
Capo III - Protezione dei
lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni
Art. 199. Campo di applicazione
Art. 200. - Definizioni
Art. 201. Valori limite di esposizione e valori
d'azione
Art. 202. Valutazione dei rischi
Art. 203. Misure di prevenzione e protezione
Art. 204. Sorveglianza sanitaria
Art. 205. Deroghe
Capo IV - Protezione dei lavoratori
dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici
Art. 206. Campo di applicazione
Art. 207. Definizioni
Art. 208. Valori limite di esposizione e valori
d'azione
Art. 209. Identificazione dell'esposizione e
valutazione dei rischi
Art. 210. Misure di prevenzione e protezione
Art. 211. Sorveglianza sanitaria
Art. 212. Linee guida
Capo V - Protezione dei lavoratori
dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche artificiali
Art. 213. Campo di applicazione
Art. 214. Definizioni
Art. 215. Valori limite di esposizione
Art. 216. Identificazione dell'esposizione e
valutazione dei rischi
Art. 217. Disposizioni miranti ad eliminare o a
ridurre i rischi
Art. 218. Sorveglianza sanitaria
Capo VI - Sanzioni
Art. 219. Sanzioni a carico del datore di lavoro e
del dirigente
Art. 220. Sanzioni a carico del medico competente
Titolo IX - SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I - Protezione da agenti
chimici
Art. 221. Campo di applicazione
Art. 222. Definizioni
Art. 223. Valutazione dei rischi
Art. 224. Misure e principi generali per la
prevenzione dei rischi
Art. 225. Misure specifiche di protezione e di
prevenzione
Art. 226. Disposizioni in caso di incidenti o di
emergenze
Art. 227. Informazione e formazione per i
lavoratori
Art. 228. Divieti
Art. 229. Sorveglianza sanitaria
Art. 230. Cartelle sanitarie e di rischio
Art. 231. Consultazione e partecipazione dei
lavoratori
Art. 232. Adeguamenti normativi
Capo II - Protezione da agenti
cancerogeni e mutageni
Sezione I - Disposizioni
generali
Art. 233. Campo di applicazione
Art. 234. Definizioni
Sezione II -
Obblighi del datore di lavoro
Art. 235. Sostituzione e riduzione
Art. 236. Valutazione del rischio
Art. 237. Misure tecniche, organizzative,
procedurali
Art. 238. Misure tecniche
Art. 239. Informazione e formazione
Art. 240. Esposizione non prevedibile
Art. 241. Operazioni lavorative particolari
Sezione III -
Sorveglianza sanitaria
Art. 242. Accertamenti sanitari e norme preventive
e protettive specifiche
Art. 243. Registro di esposizione e cartelle
sanitarie
Art. 244. Registrazione dei tumori
Art. 245. Adeguamenti normativi
Capo III - Protezione dai rischi
connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I -
Disposizioni generali
Art. 246. Campo di applicazione
Art. 247. Definizioni
Sezione II -
Obblighi del datore di lavoro
Art. 248. Individuazione della presenza di amianto
Art. 249. Valutazione del rischio
Art. 250. Notifica
Art. 251. Misure di prevenzione e protezione
Art. 252. Misure igieniche
Art. 253. Controllo dell'esposizione
Art. 254. Valore limite
Art. 255. Operazioni lavorative particolari
Art. 256. Lavori di demolizione o rimozione
dell'amianto
Art. 257. Informazione dei lavoratori
Art. 258. Formazione dei lavoratori
Art. 259. Sorveglianza sanitaria
Art. 260. Registro di esposizione e cartelle
sanitarie e di rischio
Art. 261. Mesoteliomi
Capo IV - Sanzioni
Art. 262. Sanzioni per il datore di lavoro e il
dirigente
Art. 263. Sanzioni per il preposto
Art. 264. Sanzioni per il medico competente
Art. 265. Sanzioni per i lavoratori
Titolo X - ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 266. Campo di applicazione
Art. 267. Definizioni
Art. 268. Classificazione degli agenti biologici
Art. 269. Comunicazione
Art. 270. Autorizzazione
Capo II - Obblighi del datore di
lavoro
Art. 271. Valutazione del rischio
Art. 272. Misure tecniche, organizzative,
procedurali
Art. 273. Misure igieniche
Art. 274. Misure specifiche per strutture sanitarie
e veterinarie
Art. 275. Misure specifiche per i laboratori e gli
stabulari
Art. 276. Misure specifiche per i processi
industriali
Art. 277. Misure di emergenza
Art. 278. Informazioni e formazione
Capo III - Sorveglianza sanitaria
Art. 279. Prevenzione e controllo
Art. 280. Registri degli esposti e degli eventi
accidentali
Art. 281. Registro dei casi di malattia e di
decesso
Capo IV - Sanzioni
Art. 282. Sanzioni a carico dei datori di lavoro e
dei dirigenti
Art. 283. Sanzioni a carico dei preposti
Art. 284. Sanzioni a carico del medico competente
Art. 285. Sanzioni a carico dei lavoratori
Art. 286. Sanzioni concernenti il divieto di
assunzione in luoghi esposti
Titolo XI - PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I - Disposizioni generali
Art. 287. Campo di applicazione
Art. 288. Definizioni
Capo II - Obblighi del datore di
lavoro
Art. 289. Prevenzione e protezione contro le
esplosioni
Art. 290. Valutazione dei rischi di esplosione
Art. 291. Obblighi generali
Art. 292. Coordinamento
Art. 293. Aree in cui possono formarsi atmosfere
esplosive
Art. 294. Documento sulla protezione contro le
esplosioni
Art. 295. Termini per l'adeguamento
Art. 296.
Verifiche
Capo III - Sanzioni
Art. 297. Sanzioni a carico dei datori di lavoro e
dei dirigenti
Titolo XII - DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI
PROCEDURA PENALE
Art. 298. Principio di specialità
Art. 299. Esercizio di fatto di poteri direttivi
Art. 300. Modifiche al decreto legislativo 8 giugno
2001, n. 231
Art. 301. Applicabilità delle disposizioni di cui
agli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758
Art. 302. Definizione delle contravvenzioni punite
con la sola pena dell'arresto
Art. 303. Circostanza attenuante
Titolo XIII - NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 304. Abrogazioni
Art. 305. Clausola finanziaria
Art. 306. Disposizioni finali
p
Decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81
"Attuazione
dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della
salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101 del 30 aprile
2008 - Supplemento Ordinario n. 108
ALLEGATI
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 3 agosto
2007, n. 123, recante: misure in tema di
tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il
riassetto e la riforma della normativa in materia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro nelle costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, recante norme generali per l'igiene del lavoro;
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante: attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di
protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'articolo 7 della
legge 30 luglio 1990, n. 212;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante: attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE,
2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della
salute dei lavoratori durante il lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante: modificazioni alla disciplina sanzionatoria in
materia di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493,
recante attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni
minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494,
recante attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni
minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili;
Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa
delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di
personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre
2000, n. 300;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante attuazione delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14
febbraio 2003, n. 30;
Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza e
salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (campi elettromagnetici);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187,
recante attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti da vibrazioni meccaniche;
Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di sicurezza
e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (radiazioni ottiche);
Vista la legge comunitaria
2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante
disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell'Italia alle Comunità europee;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257,
recante attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei
Ministri, adottata nella riunione del 6 marzo 2008;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati
personali;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, espresso nella riunione del 12 marzo 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni
parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 1° aprile 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture, dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le
politiche europee, della giustizia, delle politiche agricole alimentari e
forestali, dell'interno, della difesa, della pubblica istruzione, della
solidarietà sociale, dell'università e della ricerca, per gli affari regionali
e le autonomie locali e dell'economia e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:
p
Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 1.
Finalità
1. Le disposizioni contenute nel presente decreto
legislativo costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in
materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi
di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico
testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le finalità di cui
al presente comma nel rispetto delle normative comunitarie e delle
convenzioni internazionali in materia, nonché in conformità all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di
attuazione, garantendo l'uniformità della tutela delle lavoratrici e dei
lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche
con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle
lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto legislativo,
riguardanti ambiti di competenza legislativa delle regioni e province
autonome, si applicano, nell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato e
con carattere di cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle quali
ancora non sia stata adottata la normativa regionale e provinciale e perdono
comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, fermi
restando i principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma , della Costituzione.
3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi
del presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
Art. 2.
Definizioni
1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al
presente decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla
tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito
dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza
retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una
professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al
lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o
di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle
società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo
2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative
di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di
cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di
realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo
degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di
formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature
di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le
apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui
l'allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in
questione; il volontario, come definito dalla legge 1°
agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco e della protezione civile; il volontario che effettua il
servizio civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre
1997, n. 468, e successive modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di
lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria
attività, ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità
produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle
pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al quale
spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio
avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di vertice delle singole
amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli
uffici nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione
non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con
l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal
datore di lavoro pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze
professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura
dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro
organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze
professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla
natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e
garantisce l'attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta
esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di
iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»:
persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui
all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per
coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»:
persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all'articolo
32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei
titoli e dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che
collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il datore di
lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per
effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al
presente decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»:
persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne
gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»:
insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda
finalizzati all'attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali
per i lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici,
finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in
relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle
modalità di svolgimento dell'attività lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure
necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la
tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della
salute della popolazione e dell'integrità dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o d'infermità;
p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»:
complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione
delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento
finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e
documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori
presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria
attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di
protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza;
r) «pericolo»: proprietà o qualità intrinseca di un
determinato fattore avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilità di raggiungimento del livello
potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un
determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
t) «unità produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati
alla produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia
finanziaria e tecnico funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e
pubblicata da un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da
un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia
obbligatoria;
v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali
coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate
volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi
di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle
condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL),
dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all'articolo 51, validate dalla
Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, previa istruttoria
tecnica dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione;
z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per
l'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti
dai Ministeri, dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e approvati in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano;
aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale
trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e
protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di
competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda
e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attività dirette a
fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione
dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) «addestramento»: complesso delle attività dirette a
fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine,
impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le
procedure di lavoro;
dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello
organizzativo e gestionale per la definizione e l'attuazione di una politica
aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui
agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con
violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul
lavoro;
ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a
iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, quali sedi
privilegiate per: la programmazione di attività formative e l'elaborazione e
la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni
inerenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro; l'assistenza alle imprese
finalizzata all'attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività
o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di
riferimento;
ff) «responsabilità sociale delle imprese»: integrazione
volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e
organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei loro rapporti con le
parti interessate.
Art. 3.
Campo di applicazione
1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i
settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del
Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa
civile, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture
giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali
alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza
pubblica, delle università, degli istituti di istruzione universitaria, delle
istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, degli istituti di istruzione
ed educazione di ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di
cui alla legge 1°
agosto 1991, n. 266, e dei mezzi di trasporto aerei e
marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate
tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio
espletato o alle peculiarità organizzative, individuate entro e non oltre
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo
con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23
agosto 1988, n. 400, dai Ministri competenti di concerto con i Ministri del
lavoro e della previdenza sociale, della salute e per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nonché,
relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate,
compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza, gli
organismi a livello nazionale rappresentativi del personale militare;
analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi, le biblioteche e i
musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni
artistici storici e culturali. Con i successivi decreti, da emanare entro
dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi
dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta
dei Ministri competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a
consentire il coordinamento con la disciplina recata dal presente decreto
della normativa relativa alle attività lavorative a bordo delle navi, di cui
al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da
pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e
l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal II al XII
del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto ferroviario
contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi decreti di
attuazione.
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono
fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 27
luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191, e dai
relativi decreti di attuazione; decorso inutilmente tale termine, trovano
applicazione le disposizioni di cui al presente decreto.
4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i
lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi
equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente
articolo.
5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un
contratto di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni, fermo
restando quanto specificamente previsto dal comma 5 dell'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al
presente decreto sono a carico dell'utilizzatore.
6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, tutti gli obblighi di
prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario, fatto salvo
l'obbligo a carico del distaccante di informare e formare il lavoratore sui
rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le
quali egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche amministrazioni
di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto di dipendenza funzionale
presso altre amministrazioni pubbliche, organi o autorità nazionali, gli
obblighi di cui al presente decreto sono a carico del datore di lavoro
designato dall'amministrazione, organo o autorità ospitante.
7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni, e dei
collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 409, primo comma,
n. 3, del codice di procedura civile, le disposizioni di cui al presente
decreto si applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di
lavoro del committente.
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni
occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni e
integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte le altre norme speciali
vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute si applicano con
esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi
l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini,
agli anziani, agli ammalati e ai disabili.
9. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, e dei
lavoratori che rientrano nel campo di applicazione del contratto collettivo
dei proprietari di fabbricati trovano applicazione gli obblighi di
informazione e formazione di cui agli articoli 36 e 37. Ad essi devono
inoltre essere forniti i necessari dispositivi di protezione individuali in
relazione alle effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di
lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali
attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al titolo III.
10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una
prestazione continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento
informatico e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo sul
telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al
titolo VII, indipendentemente dall'ambito in cui si svolge la prestazione
stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzature
proprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devono essere conformi
alle disposizioni di cui al titolo III. I lavoratori a distanza sono
informati dal datore di lavoro circa le politiche aziendali in materia di
salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze
relative ai videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali
di sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della normativa in
materia di tutela della salute e sicurezza da parte del lavoratore a
distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei lavoratori e le autorità
competenti hanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro nei limiti
della normativa nazionale e dei contratti collettivi, dovendo tale accesso
essere subordinato al preavviso e al consenso del lavoratore qualora la
prestazione sia svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza può
chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l'adozione di misure
dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza rispetto agli
altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di incontrarsi con i
colleghi e di accedere alle informazioni dell'azienda, nel rispetto di
regolamenti o accordi aziendali.
11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui
all'articolo 2222 del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli
articoli 21 e 26.
12. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di
cui all'articolo 230-bis del codice civile, dei piccoli imprenditori di cui
all'articolo 2083 del codice civile e dei soci delle società semplici
operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 21.
13. In considerazione della specificità dell'attività
esercitata dalle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
della salute e delle politiche agricole, alimentari e forestali, entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel
rispetto dei livelli generali di tutela di cui alla normativa in materia di
sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, e limitatamente alle imprese che
impiegano lavoratori stagionali ciascuno dei quali non superi le cinquanta
giornate lavorative e per un numero complessivo di lavoratori compatibile con
gli ordinamenti colturali aziendali, provvede ad emanare disposizioni per
semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e
sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, sentite le organizzazioni
sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative del settore sul
piano nazionale. I contratti collettivi stipulati dalle predette
organizzazioni definiscono specifiche modalità di attuazione delle previsioni
del presente decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la tipologia
di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.
Art. 4.
Computo dei lavoratori
1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori
dal quale il presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi
non sono computati:
a) i collaboratori familiari di cui all'articolo 230-bis
del codice civile;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini
formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali
promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di
agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo
del lavoro;
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari
e i partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso
di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e
biologici, ivi comprese le attrezzature munite di videoterminali;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo
determinato, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in sostituzione di altri prestatori di lavoro assenti con
diritto alla conservazione del posto di lavoro;
e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di
tipo accessorio ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni, nonché
prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi dell'articolo 74 del
medesimo decreto;
f) i lavoratori di cui alla legge 18
dicembre 1973, n. 877, ove la loro
attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del
datore di lavoro committente;
g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266, i volontari
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile e i
volontari che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di
cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive
modificazioni;
i) i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del
codice civile, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui
all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile, nonché i
lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni, ove la loro
attività non sia svolta in forma esclusiva a favore del committente.
2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di
lavoro ai sensi degli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n.
276, e successive modificazioni, e i
lavoratori assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25
febbraio 2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del
numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell'arco di un semestre.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell'ambito
delle attività stagionali definite dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni, nonché di quelle individuate
dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni dei
lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, il
personale in forza si computa a prescindere dalla durata del contratto e
dall'orario di lavoro effettuato.
4. Il numero dei lavoratori impiegati per
l'intensificazione dell'attività in determinati periodi dell'anno nel settore
agricolo e nell'ambito di attività diverse da quelle indicate nel comma 3,
corrispondono a frazioni di unità-lavorative-anno (ULA) come individuate
sulla base della normativa comunitaria.
p
Capo II
Sistema istituzionale
Art. 5.
Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche
attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in
materia di salute e sicurezza sul lavoro
1. Presso il Ministero della salute, il Comitato per
l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento
nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul
lavoro. Il Comitato è presieduto dal Ministro della salute ed è composto da:
a) due rappresentanti del Ministero della salute;
b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale;
c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome
di Trento e di Bolzano.
2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un
rappresentante dell'INAIL, uno dell'ISPESL e uno dell'Istituto di previdenza
per il settore marittimo (IPSEMA).
3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la
più completa attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e
regioni, ha il compito di:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in
materia di salute e sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell'azione pubblica
di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori
prioritari di intervento dell'azione di vigilanza, i piani di attività e i
progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto delle indicazioni provenienti
dai comitati regionali di coordinamento e dai programmi di azione individuati
in sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello
nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti
istituzionali al fine di promuovere l'uniformità dell'applicazione della
normativa vigente;
f) individuare le priorità della ricerca in tema di
prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al
comma 2, lettere a), b), e), f), le parti sociali sono consultate
preventivamente. Sull'attuazione delle azioni intraprese è effettuata una
verifica con cadenza almeno annuale.
5. Le modalità di funzionamento del comitato sono fissate
con regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto al
numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da personale del
Ministero della salute appositamente assegnato.
6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a
partecipare ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennità di missione.
Art. 6.
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
sul lavoro
1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale è istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e
sicurezza sul lavoro. La Commissione è composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale che la presiede;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo
economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarietà
sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali
dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale;
o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali
dei datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media impresa,
comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
2. Per ciascun componente può essere nominato un supplente,
il quale interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai lavori
della Commissione possono altresì partecipare rappresentanti di altre
amministrazioni centrali dello Stato in ragione di specifiche tematiche
inerenti le relative competenze, con particolare riferimento a quelle
relative alla materia dell'istruzione per le problematiche di cui
all'articolo 11, comma 1, lettera c).
3. All'inizio di ogni mandato la Commissione può istituire
comitati speciali permanenti, dei quali determina la composizione e la
funzione.
4. La Commissione si avvale della consulenza degli istituti
pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e può
richiedere la partecipazione di esperti nei diversi settori di interesse.
5. I componenti della Commissione e i segretari sono
nominati con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su
designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque anni.
6. Le modalità di funzionamento della commissione sono
fissate con regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata
rispetto al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale appositamente
assegnato.
7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a
partecipare ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennità di missione.
8. La Commissione consultiva permanente per la salute e
sicurezza sul lavoro ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa di
salute e sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il
perfezionamento della legislazione vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal
Comitato di cui all'articolo 5;
c) definire le attività di promozione e le azioni di
prevenzione di cui all'articolo 11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e
sicurezza sul lavoro;
e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal
sistema informativo di cui all'articolo 8, una relazione sullo stato di
applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul suo possibile
sviluppo, da trasmettere alle commissioni parlamentari competenti e ai presidenti
delle regioni;
f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le
procedure standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e degli indici
infortunistici di settore. Tali procedure vengono recepite con decreto dei
Ministeri del lavoro e della previdenza sociale, della salute e dell'interno
acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;
g) definire criteri finalizzati alla definizione del
sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui
all'articolo 27. Il sistema di qualificazione delle imprese è disciplinato
con decreto del Presidente della Repubblica, acquisito il parere della
Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto;
h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di
condotta ed etici, adottati su base volontaria, che, in considerazione delle
specificità dei settori produttivi di riferimento, orientino i comportamenti
dei datori di lavoro, anche secondo i principi della responsabilità sociale,
dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento
dei livelli di tutela definiti legislativamente;
i) valutare le problematiche connesse all'attuazione delle
direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in materia
di salute e sicurezza del lavoro;
l) promuovere la considerazione della differenza di genere
in relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle misure
di prevenzione;
m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale
ai fini di cui all'articolo 30.
Art. 7.
Comitati regionali di coordinamento
1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di
interventi, nonché uniformità degli stessi ed il necessario raccordo con il
Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione di cui all'articolo 6,
presso ogni regione e provincia autonoma opera il comitato regionale di
coordinamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in
data 21 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6
febbraio 2008.
Art. 8.
Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi
di lavoro
1. È istituito il Sistema informativo nazionale per la
prevenzione (SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per
orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della attività di
prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, relativamente ai
lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici, e per
indirizzare le attività di vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle
informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite
l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.
2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 è costituito
dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della
salute, dal Ministero dell'interno, dalle regioni e dalle province autonome
di Trento e di Bolzano, dall'INAIL, dall'IPSEMA e dall'ISPESL, con il
contributo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL). Allo
sviluppo del medesimo concorrono gli organismi paritetici e gli istituti di
settore a carattere scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della
salute delle donne.
3. L'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica
del SINP e, a tale fine, è titolare del trattamento dei dati, secondo quanto
previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro 180 giorni dalla data
dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, vengono definite le
regole tecniche per la realizzazione ed il funzionamento del SINP, nonché le
regole per il trattamento dei dati. Tali regole sono definite nel rispetto di
quanto previsto dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, così come modificato ed integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, e dei contenuti del Protocollo di intesa sul Sistema
informativo nazionale integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con
il medesimo decreto sono disciplinate le speciali modalità con le quali le
forze armate e le forze di polizia partecipano al sistema informativo
relativamente alle attività operative e addestrative. Per tale finalità è
acquisita l'intesa dei Ministri della difesa, dell'interno e dell'economia e
delle finanze.
5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema
informativo avviene attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi
informativi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno
riguardare:
a) il quadro produttivo ed occupazionale;
b) il quadro dei rischi;
c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;
d) il quadro degli interventi di prevenzione delle
istituzioni preposte;
e) il quadro degli interventi di vigilanza delle
istituzioni preposte.
7. La diffusione delle informazioni specifiche è
finalizzata al raggiungimento di obiettivi di conoscenza utili per le
attività dei soggetti destinatari e degli enti utilizzatori. I dati sono resi
disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della
normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
8. Le attività di cui al presente articolo sono realizzate
dalle amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse
personali, economiche e strumentali in dotazione.
Art. 9.
Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro
1. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA sono enti pubblici
nazionali con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che
esercitano le proprie attività, anche di consulenza, in una logica di sistema
con il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
2. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA operano in funzione delle
attribuzioni loro assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in forma
coordinata, per una maggiore sinergia e complementarietà, le seguenti
attività:
a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani
triennali di attività;
b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in
logiche di conferenza permanente di servizio, per assicurare apporti
conoscitivi al sistema di sostegno ai programmi di intervento in materia di
sicurezza e salute sul lavoro di cui all'articolo 2, comma 1, lettera p), per
verificare l'adeguatezza dei sistemi di prevenzione e assicurativi e per
studiare e proporre soluzioni normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno
degli infortuni e delle malattie professionali;
c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie,
piccole e micro imprese, anche attraverso forme di sostegno tecnico e
specialistico finalizzate sia al suggerimento dei più adatti mezzi, strumenti
e metodi operativi, efficaci alla riduzione dei livelli di rischiosità in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia all'individuazione degli
elementi di innovazione tecnologica in materia con finalità prevenzionali,
raccordandosi con le altre istituzioni pubbliche operanti nel settore e con
le parti sociali;
d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in
materia di salute e sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformità ai
criteri e alle modalità elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi
di prevenzione e protezione di cui all'articolo 32;
f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e
della sicurezza del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari e
delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica,
previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni interessate;
g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per
l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento
nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza del
lavoro di cui all'articolo 5;
h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 6;
i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi
di cui all'articolo 2, comma 1, lettera v);
l) predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera z);
m) contributo al Sistema informativo nazionale per la
prevenzione nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
3. L'attività di consulenza di cui alla lettera c) del
comma 2, non può essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al
presente articolo che svolgono attività di controllo e verifica degli
obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I soggetti che
prestano tale attività non possono, per un periodo di tre anni dalla
cessazione dell'incarico, esercitare attività di controllo e verifica degli
obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Nell'esercizio
dell'attività di consulenza non vi è l'obbligo di denuncia di cui
all'articolo 331 del codice di procedura penale o di comunicazione ad altre
Autorità competenti delle contravvenzioni rilevate ove si riscontrino
violazioni alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in
ogni caso, l'esercizio dell'attività di consulenza non esclude o limita la
possibilità per l'ente di svolgere l'attività di controllo e verifica degli
obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. Con successivo
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con
il Ministro della salute per la parte concernente i funzionari dell'ISPESL, è
disciplinato lo svolgimento dell'attività di consulenza e dei relativi proventi,
fermo restando che i compensi percepiti per lo svolgimento dell'attività di
consulenza sono devoluti in ragione della metà all'ente di appartenenza e nel
resto al Fondo di cui all'articolo 52, comma 1.
4. L'INAIL fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 della legge 11 marzo 1988, n. 67, dall'articolo 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, nonché da ogni altra disposizione previgente, svolge, con
la finalità di ridurre il fenomeno infortunistico e ad integrazione delle
proprie competenze quale gestore dell'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, i seguenti compiti oltre a
quanto previsto negli altri articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici e
informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino
un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli
infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il
Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e
proposte, della normazione tecnica in materia;
d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da
parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del
Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni
sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1°
gennaio 2007.
5. L'Istituto superiore per la prevenzione e la
sicurezza del lavoro - ISPESL è ente di diritto pubblico, nel settore della
ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, patrimoniale,
gestionale e tecnica. L'ISPESL è organo tecnico-scientifico del Servizio
sanitario nazionale di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza,
assistenza, alta formazione, informazione e documentazione in materia di
prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul
lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di
lavoro, del quale si avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai
settori della salute, dell'ambiente, del lavoro e della produzione e le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. L'ISPESL, nell'ambito delle sue attribuzioni
istituzionali, opera avvalendosi delle proprie strutture centrali e
territoriali, garantendo unitarietà della azione di prevenzione nei suoi
aspetti interdisciplinari e svolge le seguenti attività:
a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca
scientifica e programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione
degli infortuni, e delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro e
della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro;
b) interviene nelle materie di competenza dell'Istituto, su
richiesta degli organi centrali dello Stato e delle regioni e delle province
autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei controlli che richiedono
un'elevata competenza scientifica. Ai fini della presente lettera, esegue,
accedendo nei luoghi di lavoro, accertamenti e indagini in materia di salute
e sicurezza del lavoro;
c) è organo tecnico-scientifico delle Autorità nazionali
preposte alla sorveglianza del mercato ai fini del controllo della conformità
ai requisiti di sicurezza e salute di prodotti messi a disposizione dei
lavoratori;
d) svolge attività di organismo notificato per attestazioni
di conformità relative alle Direttive per le quali non svolge compiti
relativi alla sorveglianza del mercato;
e) è titolare di prime verifiche e verifiche di primo
impianto di attrezzature di lavoro sottoposte a tale regime;
f) fornisce consulenza al Ministero della salute, agli
altri Ministeri e alle regioni e alle province autonome in materia salute e
sicurezza del lavoro;
g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle
regioni e alle province autonome per l'elaborazione del Piano sanitario
nazionale, dei piani sanitari regionali e dei piani nazionali e regionali
della prevenzione, per il monitoraggio delle azioni poste in essere nel campo
salute e sicurezza del lavoro e per la verifica del raggiungimento dei
livelli essenziali di assistenza in materia;
h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo
informazioni, formazione, consulenza e assistenza alle strutture operative
per la promozione della salute, prevenzione e sicurezza negli ambienti di
lavoro;
i) svolge, congiuntamente ai servizi di prevenzione e
sicurezza nei luoghi di lavoro delle ASL, l'attività di vigilanza sulle
strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale;
l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati
derivanti dalle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle
strutture del Servizio sanitario nazionale;
m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere
generale e formula, pareri e proposte circa la congruità della norma tecnica
non armonizzata ai requisiti di sicurezza previsti dalla legislazione
nazionale vigente;
n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle
metodiche e delle procedure per la valutazione e la gestione dei rischi e per
l'accertamento dello stato di salute dei lavoratori in relazione a specifiche
condizioni di rischio e contribuisce alla definizione dei limiti di
esposizione;
o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera v);
p) coordina il network nazionale in materia di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro, in qualità di focal point italiano nel
network informativo dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro;
q) supporta l'attività di monitoraggio del Ministero della
salute sulla applicazione dei livelli essenziali di assistenza relativi alla
sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. L'IPSEMA svolge, con la finalità di ridurre il fenomeno
infortunistico ed ad integrazione delle proprie competenze quale gestore
dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali del settore marittimo, i seguenti compiti oltre a quanto
previsto negli altri articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi,
i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli
infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il
Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) finanzia, nell'ambito e nei limiti delle proprie spese
istituzionali, progetti di investimento e formazione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro;
d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti
in materia di salute per il settore marittimo, anche mediante convenzioni con
l'INAIL, le prestazioni di assistenza sanitaria riabilitativa per i
lavoratori marittimi anche al fine di assicurare il loro reinserimento
lavorativo;
e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da
parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni del
Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo. In
sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite con
riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal 1° gennaio 2007.
Art. 10.
Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite le
strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto superiore per
la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il Ministero del lavoro e
della previdenza sociale, il Ministero dello sviluppo economico per il
settore estrattivo, l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL), l'Istituto di previdenza per il settore
marittimo (IPSEMA), gli organismi paritetici e gli enti di patronato
svolgono, anche mediante convenzioni, attività di informazione, assistenza,
consulenza, formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei
luoghi di lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle
imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive
associazioni dei datori di lavoro.
Art. 11.
Attività promozionali
1. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui
all'articolo 6 sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal
Comitato di cui all'articolo 5, le attività promozionali della cultura e
delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
a) finanziamento di progetti di investimento in materia di
salute e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese;
per l'accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la semplicità delle
procedure;
b) finanziamento di progetti formativi specificamente
dedicati alle piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui
all'articolo 52, comma 1, lettera b);
c) finanziamento delle attività degli istituti scolastici,
universitari e di formazione professionale finalizzata all'inserimento in
ogni attività scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell'alta
formazione artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione
professionale di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse
materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della
salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie didattiche.
2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri
a carico delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze,
dell'istruzione e dell'università e della ricerca, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse
tra le attività di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e dell'articolo
52, comma 2, lettera d).
3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze,
concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalità operative da
definirsi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo. Alla
realizzazione e allo sviluppo di quanto previsto nel periodo precedente
possono altresì concorrere le parti sociali, anche mediante i fondi
interprofessionali.
4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura
della salute e sicurezza sul lavoro è facoltà degli istituti scolastici,
universitari e di formazione professionale inserire in ogni attività
scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell'alta formazione artistica
e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione professionale, percorsi
formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche ulteriori
rispetto a quelli disciplinati dal comma 1, lettera c) e volti alle medesime
finalità. Tale attività è svolta nell'ambito e nei limiti delle risorse
disponibili degli istituti.
5. Nell'ambito e nei limiti delle risorse di cui al
comma 2 trasferite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
l'INAIL finanzia progetti di investimento e formazione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro
imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di
natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità
sociale delle imprese. Costituisce criterio di priorità per l'accesso al
finanziamento l'adozione da parte delle imprese delle buone passi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v).
6. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le
amministrazioni pubbliche promuovono attività specificamente destinate ai
lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a migliorare i livelli
di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
7. In sede di prima applicazione, per il primo anno
dall'entrata in vigore del presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, sono utilizzate, secondo le priorità, ivi compresa una
campagna straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata
in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa consultazione
delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e la province autonome di Trento e di Bolzano.
Art. 12.
Interpello
1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli
enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché, di propria iniziativa
o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori
di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali,
possono inoltrare alla Commissione per gli interpelli di cui al comma 2,
esclusivamente tramite posta elettronica, quesiti di ordine generale
sull'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del
lavoro.
2. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la
Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del Ministero
del lavoro e previdenza sociale, da due rappresentanti del Ministero della
salute e da quattro rappresentanti delle regioni e delle province autonome.
Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre
amministrazioni pubbliche la Commissione è integrata con rappresentanti delle
stesse. Ai componenti della Commissione non spetta alcun compenso, rimborso
spese o indennità di missione.
3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui
al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l'esercizio
delle attività di vigilanza.
Art. 13.
Vigilanza
1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in
materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla azienda
sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il settore
minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di competenze da
adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e
successive modificazioni, dal Ministero dello sviluppo economico, e per le
industrie estrattive di seconda categoria e le acque minerali e termali dalle
regioni e province autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di
Trento e di Bolzano provvedono alle finalità del presente articolo,
nell'ambito delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi
ordinamenti.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza
attribuite dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale, lo stesso personale può esercitare
l'attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nelle seguenti attività, informandone
preventivamente il servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria
locale competente per territorio:
a) attività nel settore delle costruzioni edili o di genio
civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione,
demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o
temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie,
idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati; lavori
in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori
subacquei;
c) ulteriori attività lavorative comportanti rischi
particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale,
e della salute, adottato sentito il comitato di cui all'articolo 5 e previa
intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
le province autonome di Trento e di Bolzano, in relazione alle quali il
personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
svolge attività di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia
di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il
servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente
per territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in
tema di vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in materia di
salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle autorità marittime a bordo
delle navi ed in ambito portuale, agli uffici di sanità aerea e marittima,
alle autorità portuali ed aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei
lavoratori a bordo di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed
aeroportuale nonché ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze
armate e per le Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi
sono competenti altresì per le aree riservate o operative e per quelle che
presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che riguarda le
modalità di attuazione, con decreto del Ministro competente, di concerto con
i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della salute.
L'Amministrazione della giustizia può avvalersi dei servizi istituiti per le
Forze armate e di polizia, anche mediante convenzione con i rispettivi
Ministeri, nonché dei servizi istituiti con riferimento alle strutture
penitenziarie.
4. La vigilanza di cui al presente articolo è esercitata
nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato
agli uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun
titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualità di organo di
vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi dell'articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 19
dicembre 1994, n. 758, integra
l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività di prevenzione nei
luoghi di lavoro svolta dai dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. È fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956,
n. 303, con riferimento agli organi di
vigilanza competenti, come individuati dal presente decreto.
Art. 14.
Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per
la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
1. Al fine di garantire la tutela della salute e la
sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro
sommerso e irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per
l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e), gli
organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche secondo le rispettive
competenze, possono adottare provvedimenti di sospensione di un'attività
imprenditoriale qualora riscontrino l'impiego di personale non risultante
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria in misura pari o
superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro,
ovvero in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di
superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale, di cui
agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche
gravità di esposizione al rischio di infortunio, nonché in caso di gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro individuate con decreto del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, adottato sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In attesa
della adozione del citato decreto, le violazioni in materia di tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per
l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale
sono quelle individuate nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di
sospensione è comunicata all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di
rispettiva competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento
interdittivo alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla
partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata sospensione nonché
per un eventuale ulteriore periodo di tempo non inferiore al doppio della
durata della sospensione e comunque non superiore a due anni. Le disposizioni
del presente comma si applicano anche con riferimento ai lavori nell'ambito
dei cantieri edili. Ai provvedimenti del presente articolo non si applicano
le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche
agli organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento
all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina in
materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui al comma
1. In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le disposizioni di
cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.
3. Il provvedimento di sospensione può essere revocato da
parte dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. È condizione per la revoca del provvedimento da parte
dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
di cui al comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni
di lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in materia
di superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e settimanale, di cui
al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive modificazioni, o di gravi e reiterate
violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro
2500 rispetto a quelle di cui al comma 6.
5. È condizione per la revoca del provvedimento da parte
dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al comma 2:
a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni
di lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina in materia
di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro
2500 rispetto a quelle di cui al comma 6.
6. È comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni
penali, civili e amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4,
lettera c), integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio 1993, n. 236, ed è destinato al finanziamento
degli interventi di contrasto al lavoro sommerso ed irregolare individuati con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 1, comma 1156, lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n.
296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5,
lettera b), integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attività
di prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1
e 2 è ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione
regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente della Giunta
regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15 giorni dalla notifica del
ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo termine il provvedimento di
sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento
di sospensione di cui al presente articolo è punito con l'arresto fino a sei
mesi.
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e
sicurezza sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo
si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in materia.
p
Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI
Art. 15.
Misure generali di tutela
1. Le misure generali di tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e
sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un
complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni
tecniche produttive dell'azienda nonché l'influenza dei fattori dell'ambiente
e dell'organizzazione del lavoro;
c) l'eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile,
la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al
progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione
del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle
attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in
particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e
di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo
è, o è meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che
sono, o che possono essere, esposti al rischio;
h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e
biologici sui luoghi di lavoro;
i) la priorità delle misure di protezione collettiva
rispetto alle misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al
rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove
possibile, ad altra mansione;
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i
preposti;
p) l'informazione e formazione adeguate per i
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per
garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche
attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo
soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo
grave e immediato;
v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature,
impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità
alla indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla
salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri
finanziari per i lavoratori.
Art. 16.
Delega di funzioni
1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove
non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni
delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle
funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa
necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata
e tempestiva pubblicità.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza
in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del
delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso
i sistemi di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4.
Art. 17.
Obblighi del datore di lavoro non delegabili
1. Il datore di lavoro non può delegare le seguenti
attività:
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente
elaborazione del documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi.
Art. 18.
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui
all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività
secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della
sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto legislativo;
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati
dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di
evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di
salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto
delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e
alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi
di protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i
lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento
accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori
delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza
e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei
dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione;
g) richiedere al medico competente l'osservanza degli
obblighi previsti a suo carico nel presente decreto;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di
rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso
di pericolo grave, immediato ed inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o
la zona pericolosa;
i) informare il più presto possibile i lavoratori esposti
al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e
addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da
esigenze di tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attività in una situazione di lavoro in cui persiste un
pericolo grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle misure
di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento
della sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), nonché consentire al medesimo rappresentante di accedere ai dati
di cui alla lettera r);
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3,
e, su richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione,
consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le
misure tecniche adottate possano causare rischi per la salute della
popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando periodicamente la
perdurante assenza di rischio;
r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle
rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli
infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un
giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, le informazioni
relative agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro
superiore a tre giorni;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza nelle ipotesi di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonché per il caso di
pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui all'articolo 43.
Tali misure devono essere adeguate alla natura dell'attività, alle dimensioni
dell'azienda o dell'unità produttiva, e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di
appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di
riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del
lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unità produttive con più di 15 lavoratori,
convocare la riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai
mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute
e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica
della prevenzione e della protezione;
aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
bb) vigilare affinché i lavoratori per i quali vige
l'obbligo di sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione
lavorativa specifica senza il prescritto giudizio di idoneità.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione
e protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e
l'attuazione delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi
alle malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto
legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a
pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni
scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per
effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale
caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o
funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro
adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo
giuridico.
Art. 19.
Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attività indicate all'articolo 3, i
preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei
singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni
aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di
protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a
loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i
loro superiori diretti;
b) verificare affinché soltanto i lavoratori che hanno
ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un
rischio grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo
delle situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinché i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino
il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il più presto possibile i lavoratori esposti
al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività in una situazione di
lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al
dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei
dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo
che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base
della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto
previsto dall'articolo 37.
Art. 20.
Obblighi dei lavoratori
1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute
e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su
cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua
formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e
ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal
datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le
sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonché i dispositivi
di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di
protezione messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al
dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle
lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui
vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza,
nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di
cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e
incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i
dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre
che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza
propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di
addestramento organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente
decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attività in regime
di appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di riconoscimento,
corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo grava anche in capo ai
lavoratori autonomi che esercitano direttamente la propria attività nel
medesimo luogo di lavoro, i quali sono tenuti a provvedervi per proprio
conto.
Art. 21.
Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare
di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi
1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo
230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi
ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui
all'articolo 2083 del codice civile e i soci delle società semplici operanti
nel settore agricolo devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle
disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed
utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata
di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro
prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di
appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi
propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le
previsioni di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da
norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia
di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività
svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi restando gli
obblighi previsti da norme speciali.
Art. 22.
Obblighi dei progettisti
1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli
impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e
scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione rispondenti
alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.
Art. 23.
Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori
1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e
la concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione
individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e
regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a
procedure di attestazione alla conformità, gli stessi debbono essere
accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.
Art. 24.
Obblighi degli installatori
1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature
di lavoro o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono
attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonché alle istruzioni
fornite dai rispettivi fabbricanti.
Art. 25.
Obblighi del medico competente
1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di
prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della
programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla
predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e
della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione
nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla
organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi
di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del
lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi
volontari di «promozione della salute», secondo i principi della
responsabilità sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei
rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più
avanzati;
c) istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle
sanitarie e di rischio, di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto
la propria responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Nelle aziende o unità
produttive con più di 15 lavoratori il medico competente concorda con il
datore di lavoro il luogo di custodia;
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione
dell'incarico, la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto
delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196, e con salvaguardia del segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di
lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le
informazioni riguardo la necessità di conservazione;
f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le
cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal presente decreto
legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel rispetto delle
disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Il lavoratore interessato può chiedere copia delle
predette cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di medicina
generale;
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato
della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione
ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad
accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attività che comporta
l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni
analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della
sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso,
gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di
cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di
prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria
effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini
della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità
psico-fisica dei lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno
o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la
indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al
datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione
dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo
dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con
tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza
sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso
dei titoli e requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero della salute entro
il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 26.
Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di
somministrazione
1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori
all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della propria
azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell'ambito
dell'intero ciclo produttivo dell'azienda medesima:
a) verifica, con le modalità previste dal decreto di cui
all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneità tecnico professionale delle
imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori da
affidare in appalto o mediante contratto d'opera o di somministrazione. Fino
alla data di entrata in vigore del decreto di cui al periodo che precede, la
verifica è eseguita attraverso le seguenti modalità:
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera
di commercio, industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa
appaltatrice o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneità
tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni
sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad operare
e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla
propria attività.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi
compresi i subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e
protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto
dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione
dai rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente anche
al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle
diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione
ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove
ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze. Tale
documento è allegato al contratto di appalto o di opera. Ai contratti
stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed ancora in corso alla data del 31
dicembre 2008, il documento di cui al precedente periodo deve essere allegato
entro tale ultima data. Le disposizioni del presente comma non si applicano
ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei
singoli lavoratori autonomi.
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in
materia di responsabilità solidale per il mancato pagamento delle
retribuzioni e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore
committente risponde in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli
eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore,
dipendente dall'appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato ad
opera dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro (INAIL) o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo
(IPSEMA). Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni
conseguenza dei rischi specifici propri dell'attività delle imprese
appaltatrici o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di
somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di entrata in
vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad esclusione dei
contratti di somministrazione di beni e servizi essenziali, 1655, 1656 e 1677
del codice civile, devono essere specificamente indicati a pena di nullità ai
sensi dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza
del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo
specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente periodo
stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza del lavoro devono
essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora gli stessi contratti siano
ancora in corso a tale data. A tali dati possono accedere, su richiesta, il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli organismi locali delle
organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative
a livello nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella
valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di
appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori
sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente
rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale
deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e
alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture. Ai fini del
presente comma il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite
tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei
valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai
sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia
previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle
differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo
applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto
collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in
considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8, comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in materia di appalti pubblici le
disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attività in regime di
appalto o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o
subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di riconoscimento corredata
di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l'indicazione del
datore di lavoro.
Art. 27.
Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori
autonomi
1. Nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 6,
anche tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici,
vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un
sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con
riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla
base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche
attraverso percorsi formativi mirati.
2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione
di cui al comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle
gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad
agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica,
sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.
p
Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Art. 28.
Oggetto della valutazione dei rischi
1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera
a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei
preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro,
deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori,
ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi
particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato,
secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli
riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto
dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere,
all'età, alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera
a), redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e
contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la
sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano
specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di
protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a
seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per
garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle
misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi
debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in
possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha
partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente
espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta
capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e
addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve
altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla
valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.
Art. 29.
Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora
il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione
con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico
competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa
consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono
essere rielaborati, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in
occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione del
lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o
in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione e della
protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della
sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale
rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate.
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera
a), e quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso
l'unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.
5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori
effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base
delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f).
Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in
vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera
f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro
possono autocertificare l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto
previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui all'articolo
31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g).
6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori
possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure
standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more
dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di
cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle
attività svolte nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere a), b),
c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attività che espongono i
lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni
mutageni, connessi all'esposizione ad amianto;
c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del
titolo IV del presente decreto.
Art. 30.
Modelli di organizzazione e di gestione
1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad
avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità
giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato,
assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi
giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge
relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e
biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di
predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze,
primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza,
consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei
lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto
delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei
lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni
obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e
dell'efficacia delle procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1
deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione
delle attività di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere,
per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo
di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze
tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e
controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il
mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un
idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul
mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il
riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere
adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative
alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione
di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso
scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di
organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL
per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28
settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi
ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli
stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono
essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione
di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le
attività finanziabili ai sensi dell'articolo 11.
p
Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE
Art. 31.
Servizio di prevenzione e protezione
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di
lavoro organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della
azienda o della unità produttiva, o incarica persone o servizi esterni
costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro o gli organismi
paritetici, secondo le regole di cui al presente articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o
esterni, di cui al comma 1, devono possedere le capacità e i requisiti
professionali di cui all'articolo 32, devono essere in numero sufficiente
rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di mezzi e di tempo
adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati. Essi non possono
subire pregiudizio a causa della attività svolta nell'espletamento del
proprio incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il
datore di lavoro può avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso
delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove occorra,
l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni è obbligatorio in
assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero dell'unità
produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi
esterni non è per questo esonerato dalla propria responsabilità in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unità produttiva, è comunque
obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del
decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni,
soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8
del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7,
28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive
modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito
separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private
con oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con più unità produttive nonché nei
casi di gruppi di imprese, può essere istituito un unico servizio di
prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a tale
struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione degli addetti
e del responsabile.
Art. 32.
Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili
dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni
1. Le capacità ed i requisiti professionali dei
responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o
esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di
lavoro e relativi alle attività lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti
di cui al comma 1, è necessario essere in possesso di un titolo di studio non
inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un
attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di
formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e
relativi alle attività lavorative. Per lo svolgimento della funzione di
responsabile del servizio prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui
al precedente periodo, è necessario possedere un attestato di frequenza, con
verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in materia di
prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomica e da stress
lavoro-correlato di cui all'articolo 28, comma 1, di organizzazione e
gestione delle attività tecnico amministrative e di tecniche di comunicazione
in azienda e di relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono
rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito il 26 gennaio
2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e successive modificazioni.
3. Possono altresì svolgere le funzioni di responsabile o
addetto coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui
al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate,
professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da sei
mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi secondo quanto
previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati
dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle
università, dall'ISPESL, dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di relativa
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco dall'amministrazione
della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dalle
altre Scuole superiori delle singole amministrazioni, dalle associazioni
sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici,
nonché dai soggetti di cui al punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto
dei limiti e delle specifiche modalità ivi previste. Ulteriori soggetti
formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle
seguenti classi: L7, L8, L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro
dell'università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel S.O.
alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle classi 8, 9, 10, 4,
di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e
tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta
Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto
del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in
data 2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5
giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai sensi
della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai corsi di
formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori titoli di studio
possono essere individuati in sede di Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione
e protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo gli
indirizzi definiti nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2. È fatto
salvo quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento
delle attività di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei
componenti del servizio interno sono registrate nel libretto formativo del
cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione
professionale e universitari e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica
e coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento diretto dei
compiti propri del servizio di prevenzione e protezione dei rischi designa il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione, individuandolo tra:
a) il personale interno all'unità scolastica in possesso
dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine
disponibile;
b) il personale interno ad una unità scolastica in possesso
dei requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad operare
in una pluralità di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del
comma 8, gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di
un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in via
prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici scolastici e, in
via subordinata, con enti o istituti specializzati in materia di salute e
sicurezza sul lavoro o con altro esperto esterno libero professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si
avvale di un esperto esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del
servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e protezione
con un adeguato numero di addetti.
Art. 33.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi
professionali provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla
valutazione dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la
salubrità degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa vigente
sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure
preventive e protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di
controllo di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie
attività aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei
lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela
della salute e sicurezza sul lavoro, nonché alla riunione periodica di cui
all'articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui
all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione
sono tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto
legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione è utilizzato dal
datore di lavoro.
Art. 34.
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei
compiti di prevenzione e protezione dai rischi
1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il
datore di lavoro può svolgere direttamente i compiti propri del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonché di prevenzione
incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste nell'allegato 2 dandone
preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ed
alle condizioni di cui ai commi successivi.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di
cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16
ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo
di lavoro e relativi alle attività lavorative, nel rispetto dei contenuti e
delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore
del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell'accordo di cui
al periodo precedente, conserva validità la formazione effettuata ai sensi
dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto è
riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione
dell'accordo di cui al periodo precedente.
3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma
1 è altresì tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di
quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di cui al
precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano frequentato i corsi
di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e agli
esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
Art. 35.
Riunione periodica
1. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più
di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta all'anno una
riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
dai rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone
all'esame dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie
professionali e della sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e
l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti,
dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione
della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i
rischi di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva
sulla base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e
sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresì luogo in occasione di eventuali
significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa
la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che hanno riflessi
sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi di cui al presente
articolo, nelle unità produttive che occupano fino a 15 lavoratori è facoltà
del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza chiedere la convocazione
di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che è a
disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.
p
Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO
Art. 36.
Informazione ai lavoratori
1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore
riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi
alla attività della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la
lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le
misure di cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del
servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché ciascun
lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione
all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in
materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei
preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste
dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione
adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al
comma 1, lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori
di cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa
avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel
percorso informativo.
Art. 37.
Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore
riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e
sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare
riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione,
organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari
soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e
alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione
caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalità della
formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle parti
sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun
lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi
specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I. Ferme
restando le disposizioni già in vigore in materia, la formazione di cui al
periodo che precede è definita mediante l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico
devono avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio
dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di
nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e
sul luogo di lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
deve essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi o
all'insorgenza di nuovi rischi.
7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in
azienda, un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in
relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I
contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e
procedurali di prevenzione e protezione.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono
avvalersi dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di
cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attività di prevenzione
incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di
pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque,
di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e specifica formazione
e un aggiornamento periodico; in attesa dell'emanazione delle disposizioni di
cui al comma 3 dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le
disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo
1998, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998,
attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha
diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza
concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la
propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi.
11. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della
formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti
in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti
contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b)
legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e
individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f)
individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di
prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attività di
rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La
durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici
presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione
adottate, con verifica di apprendimento. La contrattazione collettiva
nazionale disciplina le modalità dell'obbligo di aggiornamento periodico, la
cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano
dai 15 ai 50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50
lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro
rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici
di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non può
comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza sul
lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa
verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata
nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento
delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel
libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre
2003, n. 276, e successive modificazioni. Il
contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini
della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza
tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente
decreto.
p
Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA
Art. 38.
Titoli e requisiti del medico competente
1. Per svolgere le funzioni di medico competente è
necessario possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva
dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro;
c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in
medicina legale.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1,
lettera d), sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari
da definire con apposito decreto del Ministero dell'università e della
ricerca di concerto con il Ministero della salute. I soggetti di cui al
precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, svolgano le attività di medico competente o dimostrino di avere
svolto tali attività per almeno un anno nell'arco dei tre anni anteriori
all'entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono abilitati a
svolgere le medesime funzioni. A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione
attestazione del datore di lavoro comprovante l'espletamento di tale
attività.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente è
altresì necessario partecipare al programma di educazione continua in
medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e
successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma triennale
successivo all'entrata in vigore del presente decreto legislativo. I crediti
previsti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella misura non
inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina «medicina del lavoro e
sicurezza degli ambienti di lavoro».
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui
al presente articolo sono iscritti nell'elenco dei medici competenti
istituito presso il Ministero della salute.
Art. 39.
Svolgimento dell'attività di medico competente
1. L'attività di medico competente è svolta secondo i
principi della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione
internazionale di salute occupazionale (ICOH).
2. Il medico competente svolge la propria opera in qualità
di:
a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna
pubblica o privata, convenzionata con l'imprenditore;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli
uffici che svolgono attività di vigilanza, non può prestare, ad alcun titolo
e in alcuna parte del territorio nazionale, attività di medico competente.
4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le
condizioni necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone
l'autonomia.
5. Il medico competente può avvalersi, per accertamenti
diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in accordo con
il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
6. Nei casi di aziende con più unità produttive, nei casi
di gruppi d'imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la
necessità, il datore di lavoro può nominare più medici competenti
individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento.
Art. 40.
Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario
nazionale
1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno
di riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via
telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate
evidenziando le differenze di genere, relative ai dati aggregati sanitari e
di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il
modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle aziende
sanitarie locali, all'ISPESL.
Art. 41.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria è effettuata dal medico
competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle
direttive europee nonché dalle indicazioni fornite dalla Commissione
consultiva di cui all'articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa
sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza
di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato al fine di valutare
la sua idoneità alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di
salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione
specifica. La periodicità di tali accertamenti, qualora non prevista dalla
relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta l'anno. Tale
periodicità può assumere cadenza diversa, stabilita dal medico competente in
funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con
provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della
sorveglianza sanitaria differenti rispetto a quelli indicati dal medico
competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia
ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o alle sue
condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa dell'attività
lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di idoneità alla mansione
specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione
onde verificare l'idoneità alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei
casi previsti dalla normativa vigente.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere
effettuate:
a) in fase preassuntiva;
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del
datore di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico competente. Nei
casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le visite di cui al comma
2, lettere a), b) e d) sono altresì finalizzate alla verifica di assenza di
condizioni di alcol dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e
stupefacenti.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati
alla cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1, lettera
c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e predisposta su
formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle
visite mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi
alla mansione specifica:
a) idoneità;
b) idoneità parziale, temporanea o permanente, con
prescrizioni o limitazioni;
c) inidoneità temporanea;
d) inidoneità permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneità
temporanea vanno precisati i limiti temporali di validità.
8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente
informa per iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
9. Avverso i giudizi del medico competente è ammesso
ricorso, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio
medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che dispone,
dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la modifica o la revoca
del giudizio stesso.
Art. 42.
Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica
1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto
disposto dalla legge 12 marzo
1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui
all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e
qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il
lavoratore, ove possibile, ad altra mansione compatibile con il suo stato di
salute.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a
mansioni inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni
precedentemente svolte, nonché la qualifica originaria. Qualora il lavoratore
venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si applicano le norme di cui
all'articolo 2103 del codice civile, fermo restando quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
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Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE
Art. 43.
Disposizioni generali
1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma
1, lettera t), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici
competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e
gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo
18, comma 1, lettera b);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a
un pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i comportamenti
da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e dà
istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave e immediato che
non può essere evitato, possano cessare la loro attività, o mettersi al
sicuro, abbandonando immediatamente il luogo di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinché qualsiasi
lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria sicurezza o
per quella di altre persone e nell'impossibilità di contattare il competente
superiore gerarchico, possa prendere le misure adeguate per evitare le
conseguenze di tale pericolo, tenendo conto delle sue conoscenze e dei mezzi
tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera
b), il datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei
rischi specifici dell'azienda o della unità produttiva secondo i criteri
previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato
motivo, rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in
numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto delle
dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unità produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente
motivate, astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attività
in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato.
Art. 44.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e
immediato
1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato
e che non può essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una zona
pericolosa, non può subire pregiudizio alcuno e deve essere protetto da
qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato
e nell'impossibilità di contattare il competente superiore gerarchico, prende
misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non può subire
pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una grave
negligenza.
Art. 45.
Primo soccorso
1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della
attività e delle dimensioni dell'azienda o della unità produttiva, sentito il
medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in materia
di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza, tenendo conto delle
altre eventuali persone presenti sui luoghi di lavoro e stabilendo i
necessari rapporti con i servizi esterni, anche per il trasporto dei
lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo
soccorso, i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati
in relazione alla natura dell'attività, al numero dei lavoratori occupati ed
ai fattori di rischio sono individuati dal decreto ministeriale 15 luglio
2003, n. 388 e dai successivi decreti ministeriali di adeguamento acquisito
il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere
della Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, vengono definite le modalità di applicazione in ambito ferroviario
del decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e successive modificazioni.
Art. 46.
Prevenzione incendi
1. La prevenzione incendi è la funzione di preminente
interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire,
secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi
di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni
e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto
legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e
per tutelare l'incolumità dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8
marzo 2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi di
cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e della
previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio, adottano uno o più
decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a
limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e
delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di
prevenzione e protezione antincendio, compresi i requisiti del personale
addetto e la sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3,
continuano ad applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la
gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del Ministro
dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di
sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14,
comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, con
decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni direzione regionale
dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici per l'effettuazione di una
specifica attività di assistenza alle aziende. Il medesimo decreto contiene
le procedure per l'espletamento della attività di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti,
ogni disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente
aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attività di disciplina che di
controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici del
Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa
civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n.
139. Restano ferme le rispettive competenze di cui all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della
funzione di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo
nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro.
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Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI
LAVORATORI
Art. 47.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è
istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito
produttivo. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le
modalità di cui al comma 6.
2. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o
designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unità produttive che occupano fino a 15
lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è di norma
eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure è individuato per
più aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo secondo quanto
previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unità produttive con più di 15
lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o
designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in
azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai
lavoratori della azienda al loro interno.
5. Il numero, le modalità di designazione o di elezione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro
retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti
in sede di contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni
in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza
della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata,
nell'ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il
Ministro della salute, sentite le confederazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di
attuazione del presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui
al comma 2 è il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero unità
produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle aziende ovvero
unità produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei rappresentanti in tutte le
altre aziende o unità produttive oltre i 1.000 lavoratori. In tali aziende il
numero dei rappresentanti è aumentato nella misura individuata dagli accordi
interconfederali o dalla contrattazione collettiva.
8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi
3 e 4, le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono
esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo diverse
intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Art. 48.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale di cui all'articolo 47, comma 3, esercita le competenze del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50 e i
termini e con le modalità ivi previste con riferimento a tutte le aziende o
unità produttive del territorio o del comparto di competenza nelle quali non
sia stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza.
2. Le modalità di elezione o designazione del
rappresentante di cui al comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi
nazionali, interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei
datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul
piano nazionale. In mancanza dei predetti accordi, le modalità di elezione o
designazione sono individuate con decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, sentite le associazioni di cui al presente comma.
3. Tutte le aziende o unità produttive nel cui ambito non è
stato eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
partecipano al Fondo di cui all'articolo 52.
4. Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi
di lavoro nel rispetto delle modalità e del termine di preavviso individuati
dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso non opera in caso di
infortunio grave. In tale ultima ipotesi l'accesso avviene previa
segnalazione all'organismo paritetico.
5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle
modalità di cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico o, in sua
mancanza, all'organo di vigilanza territorialmente competente.
6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui
all'articolo 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il nominativo
del rappresentante della sicurezza territoriale.
7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e
sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita
la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle
principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. Le
modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale sono stabiliti in
sede di contrattazione collettiva secondo un percorso formativo di almeno 64
ore iniziali, da effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o
designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale.
8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza territoriale è incompatibile con l'esercizio di
altre funzioni sindacali operative.
Art. 49.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito
produttivo
1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito
produttivo sono individuati nei seguenti specifici contesti produttivi
caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri:
a) i porti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e
d), della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorità portuale nonché
quelli sede di autorità marittima da individuare con decreto dei Ministri del
lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti, da adottare entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva
del Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale
entità presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate
lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la
realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate
alla interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti
mediamente operanti nell'area superiore a 500.
2. Nei contesti di cui al comma precedente il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo è
individuato, su loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza delle aziende operanti nel sito produttivo.
3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalità di
individuazione di cui al comma 2, nonché le modalità secondo cui il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le
attribuzioni di cui all'articolo 50 in tutte le aziende o cantieri del sito
produttivo in cui non vi siano rappresentanti per la sicurezza e realizza il
coordinamento tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza del
medesimo sito.
Art. 50.
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza
1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione
collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le
lavorazioni;
b) è consultato preventivamente e tempestivamente in
ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione,
realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;
c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli
addetti al servizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al
primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medico
competente;
d) è consultato in merito all'organizzazione della
formazione di cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale
inerente alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative,
nonché quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle
macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli
infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di
vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non
inferiore a quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione
delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica
dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche
effettuate dalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo
35;
m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi
individuati nel corso della sua attività;
o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora
ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal
datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non siano
idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve
disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di
retribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l'esercizio delle
funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l'accesso ai dati, di
cui all'articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applicazioni
informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento
della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele
previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalità per l'esercizio delle funzioni di cui al
comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su
sua richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del
documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei
lavoratori rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese
appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro funzione,
ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo
26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è
tenuto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle informazioni
contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel documento di
valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3, nonché al segreto in
ordine ai processi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell'esercizio
delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza è incompatibile con la nomina di responsabile o
addetto al servizio di prevenzione e protezione.
Art. 51.
Organismi paritetici
1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi
paritetici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione
collettiva, gli organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento
in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di
rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese
nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire
e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi
bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di
categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai
soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al medesimo
articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purché
dispongano di personale con specifiche competenze tecniche in materia di
salute e sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro
rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza,
sopralluoghi per le finalità di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al
Comitato di cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attività svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui
all'articolo 48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per
la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi
degli organi di vigilanza territorialmente competenti.
Art. 52.
Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticità
1. Presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro (INAIL) è costituito il fondo di sostegno alla
piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
territoriali e alla pariteticità. Il fondo opera a favore delle realtà in cui
la contrattazione nazionale o integrativa non preveda o costituisca sistemi
di rappresentanza dei lavoratori e di pariteticità migliorativi o, almeno, di
pari livello ed ha quali obiettivi il:
a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al
cinquanta per cento delle disponibilità del Fondo, delle attività delle
rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali, anche con
riferimento alla formazione;
b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro
delle piccole e medie imprese, dei piccoli imprenditori di cui all'articolo
2083 del codice civile, dei lavoratori stagionali del settore agricolo e dei
lavoratori autonomi;
c) sostegno delle attività degli organismi paritetici.
2. Il fondo di cui al comma 1 è finanziato:
a) da un contributo delle aziende di cui all'articolo 48,
comma 3, in misura pari a due ore lavorative annue per ogni lavoratore
occupato presso l'azienda ovvero l'unità produttiva;
b) dalle entrate derivanti dall'irrogazione delle sanzioni
previste dal presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso a
seguito dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente normativa
abrogata dal presente decreto nel corso dell'anno 2007, incrementato del 10
per cento;
c) con una quota parte delle risorse di cui all'articolo 9,
comma 3;
d) relativamente all'attività formative per le piccole e
medie imprese di cui al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui
all'articolo 11, comma 2.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale e del Ministro della salute, di concerto con il Ministro
dell'economia e delle finanze, adottato, previa intesa con le associazioni
dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti le
modalità di funzionamento del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto
delle risorse tra le finalità di cui al medesimo comma nonché il relativo
procedimento amministrativo e contabile di alimentazione.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
redige una relazione annuale sulla attività svolta, da inviare al Fondo.
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Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE
DEGLI INFORTUNI EDELLE MALATTIE PROFESSIONALI
Art. 53.
Tenuta della documentazione
1. È consentito l'impiego di sistemi di elaborazione
automatica dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione
prevista dal presente decreto legislativo.
2. Le modalità di memorizzazione dei dati e di accesso al
sistema di gestione della predetta documentazione devono essere tali da
assicurare che:
a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo
ai soggetti a ciò espressamente abilitati dal datore di lavoro;
b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito
solo alle persone responsabili, in funzione della natura dei dati;
c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla
lettera b) siano univocamente riconducibili alle persone responsabili che le
hanno effettuate mediante la memorizzazione di codice identificativo
autogenerato dagli stessi;
d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese
quelle inerenti alle generalità e ai dati occupazionali del lavoratore, siano
solo aggiuntive a quelle già memorizzate;
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla
base dei singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le
informazioni contenute nei supporti di memoria;
f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti
supporti informatici di memoria e siano implementati programmi di protezione
e di controllo del sistema da codici virali;
g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una
procedura in cui siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie
per la gestione del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere
riportati i codici di accesso.
3. Nel caso in cui le attività del datore di lavoro
siano articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori
funzionali, l'accesso ai dati può avvenire mediante reti di comunicazione
elettronica, attraverso la trasmissione della password in modalità criptata e
fermo restando quanto previsto al comma 2 relativamente alla immissione e
validazione dei dati da parte delle persone responsabili.
4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che
informatico, deve essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.
5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene,
salute e sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro può essere
tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le
disposizioni relative alla valutazione dei rischi, le modalità per
l'eventuale eliminazione o per la tenuta semplificata della documentazione di
cui al periodo che precede sono definite con successivo decreto, adottato,
previa consultazione delle parti sociali, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
6. Fino ai sei mesi successivi all'adozione del decreto
interministeriale di cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto restano
in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed ai registri degli
esposti ad agenti cancerogeni e biologici.
Art. 54.
Comunicazioni e trasmissione della documentazione
1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a
enti o amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto
legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel formato e
con le modalità indicati dalle strutture riceventi.
p
Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI
Art. 55.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. È punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con
l'ammenda da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:
a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del
documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta
in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo
28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere q) e
z), prima parte;
b) che non provvede alla nomina del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
lettera b), salvo il caso previsto dall'articolo 34;
2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la
pena dell'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione è
commessa:
a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6, lettere
a), b), c), d), f);
b) in aziende in cui si svolgono attività che espongono i
lavoratori a rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1, lettere c) e
d), da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da attività di
manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di amianto;
c) per le attività disciplinate dal titolo IV
caratterizzate dalla compresenza di più imprese e la cui entità presunta di
lavoro non sia inferiore a 200 uomini-giorno.
3. È punito con l'ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore
di lavoro che non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), secondo le modalità di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3,
nonché nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino una o
più delle indicazioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere c) ed e).
4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
800 a 3.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettere b),
e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e 3, 43, comma 1,
lettere a), b) e c);
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000
a 5.000 euro per la violazione degli articoli 18, commi 1, lettere d), h), e
v), e 2, 26, comma 1, lettera b), 43, comma 1, lettere d) ed e), 45, comma 1,
46, comma 2;
c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000
a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c). Nei
casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell'arresto da quattro a otto
mesi;
d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
1.500 a 6.000 euro per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2, lettere
a) e b), 34, commi 1 e 2;
e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera l),
e 43, comma 4;
f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000
a 10.000 euro per non aver provveduto alla nomina di cui all'articolo 18,
comma 1, lettera a);
g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a
4.500 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera bb);
h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a
10.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera u), 29,
comma 4, e 35, comma 2;
i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a
7.500 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con riferimento
agli infortuni superiori ai tre giorni;
l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a
3.000 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con
riferimento agli infortuni superiori ad un giorno;
m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a
500 euro per ciascun lavoratore, in caso di violazione dell'articolo 26,
comma 8;
n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000
a euro 3.000 in caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera s);
o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in
caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera aa).
5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera
i), esclude l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione dell'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione
obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.
Art. 56.
Sanzioni per il preposto
1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attività alla
quale sono tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo
19:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a
2.000 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 300 a
900 euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
c) con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione
dell'articolo 19, comma 1, lettera g).
Art. 57.
Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i fornitori e gli
installatori
1. I progettisti che violano il disposto dell'articolo 22
sono puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 600 a 2.000 euro.
2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto
dell'articolo 23 sono puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o con
l'ammenda da 15.000 a 45.000 euro.
3. Gli installatori che violano il disposto dell'articolo
24 sono puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000
euro.
Art. 58.
Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a
2.500 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere d), e) e f);
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a
4.500 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere b), c) e g);
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettera l);
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a
3.000 euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere h), i) e m),
e per la violazione dell'articolo 41, comma 5;
e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a
10.500 euro per la violazione dell'articolo 40, comma 1.
Art. 59.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a
600 euro per la violazione dell'articolo 20, comma 2, lettere b), c), d), e),
f), g), h) e i);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300
euro per la violazione dell'articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si
applica ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione.
Art. 60.
Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare, i
lavoratori autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle società semplici
operanti nel settore agricolo
1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000
euro per la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettere a) e b);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300
euro per la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettera c).
p
Sezione II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE
Art. 61.
Esercizio dei diritti della persona offesa
1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di
omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con
violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o
relative all'igiene del lavoro o che abbia determinato una malattia
professionale, il pubblico ministero ne dà immediata notizia all'INAIL ed
all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, ai fini dell'eventuale
costituzione di parte civile e dell'azione di regresso.
2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei
familiari delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facoltà di esercitare i
diritti e le facoltà della persona offesa di cui agli articoli 91 e 92 del
codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.
p
Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art. 62.
Definizioni
1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I,
unicamente ai fini dell'applicazione del presente titolo, si intendono per
luoghi di lavoro:
a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati
all'interno dell'azienda o dell'unità produttiva, nonché ogni altro luogo di
pertinenza dell'azienda o dell'unità produttiva accessibile al lavoratore
nell'ambito del proprio lavoro;
b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di
un'azienda agricola o forestale.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si
applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.
Art. 63.
Requisiti di salute e di sicurezza
1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti
indicati nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo
conto, se del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le
porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di
lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai
luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso
devono essere adottate misure idonee a consentire la mobilità e l'utilizzazione
dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli
adempimenti di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa autorizzazione dell'organo
di vigilanza territorialmente competente, adotta le misure alternative che
garantiscono un livello di sicurezza equivalente.
6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi,
boschi e altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale,
sono specificati nel punto 7 dell'allegato IV.
Art. 64.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui
all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che
conducono a uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano
sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati, quanto più
rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la
sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche
adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati
alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a
regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.
Art. 65.
Locali sotterranei o semisotterranei
1. È vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei
o semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono
essere destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei,
quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il datore di
lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di aerazione, di
illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza può consentire l'uso dei locali
chiusi sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le quali
non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni non diano luogo
ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano rispettate le norme del
presente decreto legislativo e si sia provveduto ad assicurare le condizioni
di cui al comma 2.
Art. 66.
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento
1. È vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi
neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti,
condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri,
senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e
l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento
dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa
esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, i lavoratori devono essere
legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e,
ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti
luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di
un lavoratore privo di sensi.
Art. 67.
Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio
1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da
adibire a lavorazioni industriali, nonché gli ampliamenti e le
ristrutturazioni di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel rispetto
della normativa di settore ed essere notificati all'organo di vigilanza
competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti
considerati nella valutazione e relativi:
a) alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle
principali modalità di esecuzione delle stesse;
b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e
degli impianti.
L'organo di vigilanza territorialmente competente può
chiedere ulteriori dati e prescrivere modificazioni in relazione ai dati
notificati.
3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai
luoghi di lavoro ove è prevista la presenza di più di tre lavoratori.
4. La notifica di cui al presente articolo è valida ai fini
delle eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.
p
Capo II
Sanzioni
Art. 68.
Sanzioni per il datore di lavoro
1. Il datore di lavoro è punito:
a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da
4.000 a 16.000 euro per la violazione dell'articolo 66;
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000
a 10.000 euro per la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a
2.500 euro per la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.
p
Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro
Art. 69.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente
titolo si intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio,
utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione
lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in servizio
o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione, la trasformazione,
la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in
prossimità di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di un
lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi
interamente o in parte in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una
attrezzatura di lavoro.
Art. 70.
Requisiti di sicurezza
1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di
lavoro messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle
specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle
direttive comunitarie di prodotto.
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di
disposizioni legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a
disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme
legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di
prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali di sicurezza di cui
all'allegato V.
3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al
comma 2 le attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei
decreti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, ovvero dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle
loro funzioni ispettive, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro, accertino che un'attrezzatura di lavoro messa a disposizione dei
lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in servizio ai sensi
della direttiva di prodotto, in tutto o in parte, risulta non rispondente a
uno o più requisiti essenziali di sicurezza previsti dalle disposizioni legislative
e regolamentari di cui al comma 2, ne informano immediatamente l'autorità
nazionale di sorveglianza del mercato competente per tipo di prodotto. In
tale caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:
a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non
rispondenza in sede di utilizzo, nei confronti del datore di lavoro
utilizzatore dell'esemplare di attrezzatura oggetto dell'accertamento,
mediante apposita prescrizione a rimuovere la situazione di rischio
determinata dalla mancata rispondenza ad uno o più requisiti essenziali di
sicurezza;
b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente,
nei confronti del fabbricante e dei soggetti della catena della
distribuzione, alla conclusione dell'accertamento tecnico effettuato
dall'autorità nazionale per la sorveglianza del mercato.
Art. 71.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente, idonee ai
fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a
tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni
legislative di recepimento delle direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il
datore di lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro
da svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature
stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre
attrezzature già in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i
rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette
attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni
per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed
organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie
affinché:
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformità alle istruzioni
d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel
tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70 e siano
corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e libretto di
manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti
minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento regolamentare
adottato in relazione alle prescrizioni di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di
controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso è previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite
all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza non
configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1, comma 3, secondo
periodo, sempre che non comportino modifiche delle modalità di utilizzo e
delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché
il posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle
attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai principi
dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego
conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi
specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché:
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai
lavoratori allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata
e specifica;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o
manutenzione, i lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica
per svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di
lavoro provvede affinché:
1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle
condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale (dopo
l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un controllo dopo ogni
montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova località di impianto, al fine
di assicurarne l'installazione corretta e il buon funzionamento;
2) le attrezzature soggette a influssi che possono
provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose
siano sottoposte:
1. a controlli periodici, secondo frequenze stabilite in
base alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona
tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di buona
prassi;
2. a controlli straordinari al fine di garantire il
mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che intervengano
eventi eccezionali che possano avere conseguenze pregiudizievoli per la
sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali riparazioni, trasformazioni,
incidenti, fenomeni naturali o periodi prolungati di inattività;
c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad
assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di sicurezza
delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona
competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono
essere riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre anni,
devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8
siano usate al di fuori della sede dell'unità produttiva devono essere
accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo controllo
con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di
lavoro sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a
verifiche periodiche, con la frequenza indicata nel medesimo allegato. La
prima di tali verifiche è effettuata dall'ISPESL e le successive dalle ASL.
Le verifiche sono onerose e le spese per la loro effettuazione sono a carico
del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11,
le ASL e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o
privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la qualifica di
incaricati di pubblico servizio e rispondono direttamente alla struttura
pubblica titolare della funzione.
13. Le modalità di effettuazione delle verifiche periodiche
di cui all'allegato VII, nonché i criteri per l'abilitazione dei soggetti
pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con decreto del
Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del Ministro della salute,
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione consultiva di cui
all'articolo 6, vengono apportate le modifiche all'allegato VII relativamente
all'elenco delle attrezzature di lavoro da sottoporre alle verifiche di cui
al comma 11.
Art. 72.
Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso
1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione
finanziaria attrezzature di lavoro di cui all'articolo 70, comma 2, deve
attestare, sotto la propria responsabilità, che le stesse siano conformi, al
momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione
finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di lavoro
attrezzature di lavoro senza conduttore deve, al momento della cessione,
attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini
di sicurezza. Dovrà altresì acquisire e conservare agli atti per tutta la
durata del noleggio o della concessione dell'attrezzatura una dichiarazione
del datore di lavoro che riporti l'indicazione del lavoratore o dei
lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati
conformemente alle disposizioni del presente titolo.
Art. 73.
Informazione e formazione
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37
il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa
a disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di ogni
necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione adeguata in
rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresì a informare i
lavoratori sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di
lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente immediatamente
circostante, anche se da essi non usate direttamente, nonché sui cambiamenti
di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare
comprensibili ai lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori
incaricati dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e
responsabilità particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano una
formazione adeguata e specifica, tale da consentirne l'utilizzo delle attrezzature
in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere
causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono
individuate le attrezzature di lavoro per le quali è richiesta una specifica
abilitazione degli operatori nonché le modalità per il riconoscimento di tale
abilitazione, i soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti
minimi di validità della formazione.
p
Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale
Art. 74.
Definizioni
1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di
seguito denominato «DPI», qualsiasi attrezzatura destinata ad essere
indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più
rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il
lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
2. Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non
specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del
lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di
salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze
armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il
mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei
mezzi di trasporto stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini
specificamente sportivi e non per attività lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare
rischi e fattori nocivi.
Art. 75.
Obbligo di uso
1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non
possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di
prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o
procedimenti di riorganizzazione del lavoro.
Art. 76.
Requisiti dei DPI
1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al
decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare
di per sè un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di
lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del
lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue
necessità.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso
simultaneo di più DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da
mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei confronti del
rischio e dei rischi corrispondenti.
Art. 77.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non
possono essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché
questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle
eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme
d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI
disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera
b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una
variazione significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso
fornite dal fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere
usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entità del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun
lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del
decreto di cui all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi
ai requisiti previsti dall'articolo 76.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni
d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni
necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli
usi previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle
informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le
circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone,
prende misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario e
igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai
quali il DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unità produttiva
informazioni adeguate su ogni DPI;
g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine
dell'utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;
h) assicura una formazione adeguata e organizza, se
necessario, uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo
pratico dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento è indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4
dicembre 1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.
Art. 78.
Obblighi dei lavoratori
1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20,
comma 2, lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione
e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari
ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20,
comma 2, lettera d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento
eventualmente organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le
procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di
lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi
rilevato nei DPI messi a loro disposizione.
Art. 79.
Criteri per l'individuazione e l'uso
1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di
riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77, commi 1 e
4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la
Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo conto della
natura, dell'attività e dei fattori specifici di rischio sono indicati:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le
priorità delle misure di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego
dei DPI.
p
Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche
Art. 80.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché
i materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a disposizione
dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati, utilizzati e
manutenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da tutti i rischi di natura
elettrica ed in particolare quelli derivanti da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a
sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione
dei rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del
lavoro, ivi comprese eventuali interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il
datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad
eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi
di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in
sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte
a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con
l'adozione delle misure di cui al comma 1.
Art. 81.
Requisiti di sicurezza
1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature,
nonché le installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere
progettati, realizzati e costruiti a regola d'arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e
regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i
materiali, i macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti
di cui al comma precedente, si considerano costruiti a regola d'arte se sono
realizzati secondo le norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere
predisposte tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle
indicazioni contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle apparecchiature
ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle
norme di buona tecnica contenute nell'allegato IX.
Art. 82.
Lavori sotto tensione
1. È vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori
sono tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di
sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica secondo la
migliore scienza ed esperienza, nonché quando i lavori sono eseguiti nel
rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente
alternata e 1500 V in corrente continua:
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere
affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei per tale
attività secondo le indicazioni della pertinente normativa tecnica;
2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente
alternata e 1500 V in corrente continua purchè:
1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende
autorizzate con specifico provvedimento dei competenti uffici del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale ad operare sotto tensione;
2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione è affidata a
lavoratori abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente normativa
tecnica riconosciuti idonei per tale attività;
3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio delle
autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le
aziende già autorizzate ai sensi della legislazione vigente.
Art. 83.
Lavori in prossimità di parti attive
1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimità di
linee elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, o che
per circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente
protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti di cui alla tabella 1
dell'allegato IX, salvo che vengano adottate disposizioni organizzative e
procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le
disposizioni contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.
Art. 84.
Protezioni dai fulmini
1. Il datore di lavoro provvede affinché gli edifici, gli
impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei
fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di buona tecnica.
Art. 85.
Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature
1. Il datore di lavoro provvede affinché gli edifici, gli
impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli
determinati dall'innesco elettrico di atmosfere potenzialmente esplosive per
la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri infiammabili, o in
caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di materiali esplosivi.
2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano
utilizzando le specifiche disposizioni di cui al presente decreto legislativo
e le pertinenti norme di buona tecnica di cui all'allegato IX.
Art. 86.
Verifiche
1. Ferme restando le disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro
provvede affinché gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai
fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le indicazioni
delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per verificarne lo stato
di conservazione e di efficienza ai fini della sicurezza.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale e del Ministro della salute vengono stabilite, sulla base delle
disposizioni vigenti, le modalità ed i criteri per l'effettuazione delle
verifiche di cui al comma 1.
3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere
verbalizzato e tenuto a disposizione dell'autorità di vigilanza.
Art. 87.
Sanzioni a carico del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro è punito con la pena dell'arresto da
tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 1 e dell'articolo 70, comma 2,
limitatamente ai punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2, 5.13.8 e
5.13.9 dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
2. Il datore di lavoro è punito con la pena dell'arresto da
due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la
violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10,
3.1.8, 3.1.11, 3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1,
5.15.2, 5.16.2, 5.16. 4, dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6,
2.11, 3.1.3, 3.1.4, 3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
3. Il datore di lavoro è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti
diversi da quelli indicati alle lettere a) e b) dell'allegato V, parte II, e
dell'allegato VI;
b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
d) dell'articolo 86, comma 3.
p
Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o
mobili
Art. 88.
Campo di applicazione
1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche
relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei
lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89,
comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle
sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attività
minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle
concessioni o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono
pertinenze della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le
gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla
coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati
all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro delle
concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e
trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali
prodotti dai piazzali;
e) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e
stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel
mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree
sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attività svolte in studi teatrali, cinematografici,
televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purché tali
attività non implichino l'allestimento di un cantiere temporaneo o mobile.
Art. 89.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo
si intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato:
«cantiere»: qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di ingegneria
civile il cui elenco è riportato nell'allegato X;
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera
opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della
sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il committente è il
soggetto titolare del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione
dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal
committente, della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera;
tale soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione
dell'opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione
dell'opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile dei lavori è
il responsabile unico del procedimento;
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attività
professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza vincolo di
subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante
la progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la
progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal responsabile dei
lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante
la realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per
l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal
responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui all'articolo 92,
che non può essere il datore di lavoro delle imprese esecutrici o un suo
dipendente o il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP)
da lui designato;
g) uomini-giorno: entità presunta del cantiere
rappresentata dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori,
anche autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore
di lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo cantiere
interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a), i cui contenuti
sono riportati nell'allegato XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di
appalto con il committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, può
avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;
l) idoneità tecnico-professionale: possesso di capacità
organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di
attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell'opera.
Art. 90.
Obblighi del committente o del responsabile dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase
di progettazione dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte
tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle operazioni
di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali di tutela di cui
all'articolo 15. Al fine di permettere la pianificazione dell'esecuzione in
condizioni di sicurezza dei lavori o delle fasi di lavoro che si devono
svolgere simultaneamente o successivamente tra loro, il committente o il
responsabile dei lavori prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi
di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase
della progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91,
comma 1, lettere a) e b).
3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più
imprese, anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di
coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori,
contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione, designa il
coordinatore per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il
responsabile dei lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il
coordinatore per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui
all'articolo 98.
5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel
caso in cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione
dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o più imprese.
6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in
possesso dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facoltà di svolgere le
funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore per
l'esecuzione dei lavori.
7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica
alle imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del
coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per l'esecuzione
dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello di cantiere.
8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facoltà
di sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 98, i soggetti designati in attuazione dei
commi 3 e 4.
9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel
caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa:
a) verifica l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa
affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione
alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all'allegato
XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede
si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del
certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e
del documento unico di regolarità contributiva, corredato da
autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti
dall'allegato XVII;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione
dell'organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi
delle denunce dei lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul
lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonché una dichiarazione relativa al
contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali
comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti. Nei
casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si
considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del
documento unico di regolarità contributiva e dell'autocertificazione relativa
al contratto collettivo applicato;
c) trasmette all'amministrazione competente, prima
dell'inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di
inizio attività, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente
alla documentazione di cui alle lettere a) e b). L'obbligo di cui al periodo
che precede sussiste anche in caso di lavori eseguiti in economia mediante
affidamento delle singole lavorazioni a lavoratori autonomi, ovvero di lavori
realizzati direttamente con proprio personale dipendente senza ricorso
all'appalto. In assenza del documento unico di regolarità contributiva, anche
in caso di variazione dell'impresa esecutrice dei lavori, l'efficacia del
titolo abilitativo è sospesa.
10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di
cui all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera
b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui all'articolo 99,
quando prevista, è sospesa l'efficacia del titolo abilitativo. L'organo di
vigilanza comunica l'inadempienza all'amministrazione concedente.
11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al
comma 3 non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si
applica in ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.
Art. 91.
Obblighi del coordinatore per la progettazione
1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima
della richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la
progettazione:
a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente specificati
nell'allegato XV;
b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti
all'allegato XVI, contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione
e della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, tenendo conto
delle specifiche norme di buona tecnica e dell'allegato II al documento UE 26
maggio 1993. Il fascicolo non è predisposto nel caso di lavori di
manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a) del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia,
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), è preso in
considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.
Art. 92.
Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e
controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori
autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza
e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta applicazione delle
relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da
considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e
coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo,
adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e il
fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione
all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando
le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in
cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i
rispettivi piani operativi di sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i
lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività
nonché la loro reciproca informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi
tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i
rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza
in cantiere;
e) segnala al committente e al responsabile dei lavori,
previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi
interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95 e 96 e
alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone la sospensione
dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal
cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il
responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla
segnalazione, senza fornire idonea motivazione, il coordinatore per
l'esecuzione dà comunicazione dell'inadempienza alla azienda unità sanitaria
locale e alla direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente,
direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli
avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il
coordinatore per l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1,
redige il piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di
cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).
Art. 93.
Responsabilità dei committenti e dei responsabili dei
lavori
1. Il committente è esonerato dalle responsabilità connesse
all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al
responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento dell'incarico al
responsabile dei lavori non esonera il committente dalle responsabilità
connesse alla verifica degli adempimenti degli obblighi di cui agli articoli
90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
2. La designazione del coordinatore per la progettazione e
del coordinatore per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori
dalle responsabilità connesse alla verifica dell'adempimento degli obblighi
di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1, lettere a), b), c) e d).
Art. 94.
Obblighi dei lavoratori autonomi
1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attività
nei cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto
legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore per
l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.
Art. 95.
Misure generali di tutela
1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante
l'esecuzione dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui
all'articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in
particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di
soddisfacente salubrità;
b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo
conto delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di
spostamento o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in
servizio e il controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di
eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei
lavoratori;
e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di
stoccaggio e di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta
di materie e di sostanze pericolose;
f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere,
della durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di lavoro;
g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori
autonomi;
h) le interazioni con le attività che avvengono sul luogo,
all'interno o in prossimità del cantiere.
Art. 96.
Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle
imprese esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica
impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui
all'allegato XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con
modalità chiaramente visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o
attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze
atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali
pericolosi, previo, se del caso, coordinamento con il committente o il
responsabile dei lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e
delle macerie avvengano correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui
all'articolo 89, comma 1, lettera h).
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro
delle imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza
costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato, adempimento
alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1, lettera a), all'articolo
18, comma 1, lettera z), e all'articolo 26, commi 1, lettera b), e 3.
Art. 97.
Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria
1. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria vigila
sulla sicurezza dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni e
delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
2. Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le
disposizioni di cui all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al datore
di lavoro dell'impresa affidataria. Per la verifica dell'idoneità tecnico
professionale si fa riferimento alle modalità di cui all'allegato XVII.
3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve,
inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di
sicurezza (POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della
trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al coordinatore per
l'esecuzione.
Art. 98.
Requisiti professionali del coordinatore per la
progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore
per l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi:
LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del Ministro
dell'università e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157 del 9 luglio 2007,
ovvero laurea specialistica conseguita nelle seguenti classi: 4/S, da 25/S a
38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al decreto del Ministro dell'università e
della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000,
ovvero corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro
dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 5 maggio 2004,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004, nonché
attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti, comprovante
l'espletamento di attività lavorativa nel settore delle costruzioni per
almeno un anno;
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17,
L23, di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero
laurea conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto
ministeriale in data 4 agosto 2000, nonché attestazione, da parte di datori
di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorative
nel settore delle costruzioni per almeno due anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito
agrario o agrotecnico, nonché attestazione, da parte di datori di lavoro o
committenti, comprovante l'espletamento di attività lavorativa nel settore
delle costruzioni per almeno tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresì, in
possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento finale, a
specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle regioni, mediante
le strutture tecniche operanti nel settore della prevenzione e della
formazione professionale, o, in via alternativa, dall'ISPESL, dall'INAIL,
dall'Istituto italiano di medicina sociale, dai rispettivi ordini o collegi
professionali, dalle università, dalle associazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori o dagli organismi paritetici istituiti nel settore
dell'edilizia.
3. I contenuti, le modalità e la durata dei corsi di cui al
comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato XIV.
4. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro
che, non più in servizio, abbiano svolto attività tecnica in materia di
sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualità di pubblici
ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro che producano un
certificato universitario attestante il superamento di un esame relativo ad
uno specifico insegnamento del corso di laurea nel cui programma siano
presenti i contenuti minimi di cui all'allegato XIV, o l'attestato di
partecipazione ad un corso di perfezionamento universitario con i medesimi
contenuti minimi. L'attestato di cui al comma 2 non è richiesto per coloro
che sono in possesso della laurea magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al
comma 2 sono a totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il
funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da porsi a
carico dei partecipanti.
Art. 99.
Notifica preliminare
1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima
dell'inizio dei lavori, trasmette all'azienda unità sanitaria locale e alla
direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la notifica
preliminare elaborata conformemente all'allegato XII, nonché gli eventuali
aggiornamenti nei seguenti casi:
a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di
notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto di
varianti sopravvenute in corso d'opera;
c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entità
presunta di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.
2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera
visibile presso il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di
vigilanza territorialmente competente.
3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle
costruzioni in attuazione dell'articolo 51 possono chiedere copia dei dati
relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.
Art. 100.
Piano di sicurezza e di coordinamento
1. Il piano è costituito da una relazione tecnica e
prescrizioni correlate alla complessità dell'opera da realizzare ed alle
eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire o
ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i
rischi particolari di cui all'allegato XI, nonché la stima dei costi di cui
al punto 4 dell'allegato XV. Il piano di sicurezza e coordinamento (PSC) è
corredato da tavole esplicative di progetto, relative agli aspetti della sicurezza,
comprendenti almeno una planimetria sull'organizzazione del cantiere e, ove
la particolarità dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli scavi. I
contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e l'indicazione
della stima dei costi della sicurezza sono definiti all'allegato XV.
2. Il piano di sicurezza e coordinamento è parte integrante
del contratto di appalto.
3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i
lavoratori autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui
al comma 1 e nel piano operativo di sicurezza.
4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a
disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di sicurezza
e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza almeno dieci giorni
prima dell'inizio dei lavori.
5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facoltà di
presentare al coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano
di sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire la
sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In nessun caso le
eventuali integrazioni possono giustificare modifiche o adeguamento dei
prezzi pattuiti.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano
ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti
imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.
Art. 101.
Obblighi di trasmissione
1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il
piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a
presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di opera
pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti
i concorrenti alla gara di appalto.
2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria
trasmette il piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori
autonomi.
3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa
esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza all'impresa
affidataria, la quale, previa verifica della congruenza rispetto al proprio,
lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione. I lavori hanno inizio dopo
l'esito positivo delle suddette verifiche che sono effettuate tempestivamente
e comunque non oltre 15 giorni dall'avvenuta ricezione.
Art. 102.
Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza
1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di
coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative
apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa esecutrice
consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e gli fornisce
eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza ha facoltà di formulare proposte al riguardo.
Art. 103.
Modalità di previsione dei livelli di emissione sonora
1. L'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e
impianti può essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a livelli
di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è
riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6,
riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento.
Art. 104.
Modalità attuative di particolari obblighi
1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è inferiore
ai duecento giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto dall'articolo
102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione di cui all'articolo 35,
salvo motivata richiesta del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori è
inferiore ai 200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza
sanitaria di cui all'articolo 41, la visita del medico competente agli
ambienti di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli già
visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse imprese, è
sostituita o integrata, a giudizio del medico competente, con l'esame di
piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui svolgono la loro attività i
lavoratori soggetti alla sua sorveglianza. Il medico competente visita almeno
una volta all'anno l'ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attività i
lavoratori soggetti alla sua sorveglianza.
3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i
criteri e i contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro
rappresentanti possono essere definiti dalle parti sociali in sede di
contrattazione nazionale di categoria.
4. I datori di lavoro, quando è previsto nei contratti di
affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei lavori
organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione
dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto dall'articolo 18, comma 1,
lettera b).
p
Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle
costruzioni e nei lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione
Art. 105.
Attività soggette
1. Le norme del presente capo si applicano alle attività
che, da chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati
o autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o
equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di
opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in
metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee e gli impianti
elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime,
idroelettriche, di bonifica, sistemazione forestale e di sterro.
Costituiscono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile
gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati
utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme
del presente capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente capo e
ad in ogni altra attività lavorativa.
Art. 106.
Attività escluse
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle
sostanze minerali;
b) alle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e
stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel
mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree
sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
c) ai lavori svolti in mare.
Art. 107.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo
si intende per lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore
al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto
ad un piano stabile.
Sezione II
Disposizioni di carattere generale
Art. 108.
Viabilità nei cantieri
1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la
viabilità delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1 dell'allegato
XVIII.
Art. 109.
Recinzione del cantiere
1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati,
deve essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire
l'accesso agli estranei alle lavorazioni.
Art. 110.
Luoghi di transito
1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale
aeree e simili deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di
misure o cautele adeguate.
Art. 111.
Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per
lavori in quota
1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei
in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in
condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo,
sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere
condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:
a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto
alle misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla
natura dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una
circolazione priva di rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo più idoneo di
sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla
frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego. Il
sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso di pericolo
imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati,
passerelle e viceversa non deve comportare rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinché sia utilizzata una
scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di
altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non è giustificato a
causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure
delle caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinché siano impiegati
sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore
è direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della
valutazione dei rischi, risulta che il lavoro può essere effettuato in
condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra attrezzatura di lavoro considerata
più sicura non è giustificato a causa della breve durata di impiego e delle
caratteristiche esistenti dei siti che non può modificare. Lo stesso datore
di lavoro prevede l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in
funzione dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della
durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di
attrezzature di lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le
misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle
attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di
dispositivi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono
presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare
le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile,
eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di protezione collettiva
contro le cadute possono presentare interruzioni soltanto nei punti in cui
sono presenti scale a pioli o a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un
lavoro di natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un
dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure di
sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro è eseguito previa adozione di
tali misure. Una volta terminato definitivamente o temporaneamente detto
lavoro di natura particolare, i dispositivi di protezione collettiva contro
le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in
quota soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la
sicurezza e la salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro dispone affinché sia vietato
assumere e somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori
addetti ai lavori in quota.
Art. 112.
Idoneità delle opere provvisionali
1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon
materiale ed a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo; esse devono
essere conservate in efficienza per la intera durata del lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi
tipo si deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti
più idonei ai sensi dell'allegato XIX.
Art. 113.
Scale
1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso
agli ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da
resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni di
emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a regola
d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette scale ed i
relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati aperti, di parapetto
normale o di altra difesa equivalente. Le rampe delimitate da due pareti
devono essere munite di almeno un corrimano.
2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su
pareti o incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75
gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o dai
ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente maglie o
aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale della persona
verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al piano dei pioli non deve
distare da questi più di cm 60. I pioli devono distare almeno 15 centimetri
dalla parete alla quale sono applicati o alla quale la scala è fissata.
Quando l'applicazione della gabbia alle scale costituisca intralcio
all'esercizio o presenti notevoli difficoltà costruttive, devono essere
adottate, in luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la
caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere
costruite con materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere
sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e devono
avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di legno, devono
avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I pioli devono essere
privi di nodi. Tali pioli devono essere trattenuti con tiranti in ferro
applicati sotto i due pioli estremi; nelle scale lunghe più di 4 metri deve
essere applicato anche un tirante intermedio. È vietato l'uso di scale che
presentino listelli di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti.
Esse devono inoltre essere provviste di:
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremità inferiori
dei due montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle
estremità superiori, quando sia necessario per assicurare la stabilità della
scala.
4. Per le scale provviste alle estremità superiori di
dispositivi di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le
misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le scale a
mano usate per l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle impalcature non
devono essere poste l'una in prosecuzione dell'altra. Le scale che servono a
collegare stabilmente due ponti, quando sono sistemate verso la parte esterna
del ponte, devono essere provviste sul lato esterno di un corrimano
parapetto.
5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per
altre cause, comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere
adeguatamente assicurate o trattenute al piede da altra persona.
6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano
sistemate in modo da garantire la loro stabilità durante l'impiego e secondo
i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un
supporto stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da
garantire la posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in
modo sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare
spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili,
durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte superiore
o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo antiscivolo, o
ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali
da sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri
dispositivi garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da più elementi innestabili o
a sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo reciproco dei
vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate
stabilmente prima di accedervi.
7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano
utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in qualsiasi
momento di un appoggio e di una presa sicuri. In particolare il trasporto a
mano di pesi su una scala a pioli non deve precludere una presa sicura.
8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o più
elementi innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel
comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:
a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15
metri, salvo particolari esigenze, nel qual caso le estremità superiori dei
montanti devono essere assicurate a parti fisse;
b) le scale in opera lunghe più di 8 metri devono essere
munite di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;
c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne
effettua lo spostamento laterale;
d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare
da terra una continua vigilanza della scala.
9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e
devono essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro
dispositivo che impedisca l'apertura della scala oltre il limite prestabilito
di sicurezza.
10. È ammessa la deroga alle disposizioni di carattere
costruttivo di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi
all'allegato XX.
Art. 114.
Protezione dei posti di lavoro
1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto
di caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati calcestruzzi e
malte o eseguite altre operazioni a carattere continuativo il posto di lavoro
deve essere protetto da un solido impalcato sovrastante, contro la caduta di
materiali.
2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra
deve essere delimitato con barriera per impedire la permanenza ed il transito
sotto i carichi.
3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di
schegge, come quelli di spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e
simili, devono essere predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia
delle persone direttamente addette a tali lavori sia di coloro che sostano o
transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per i lavori di
normale adattamento di pietrame nella costruzione di muratura comune.
Art. 115.
Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto
1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate
misure di protezione collettiva come previsto all'articolo 111, comma 1,
lettera a), è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di
protezione composti da diversi elementi, non necessariamente presenti
contemporaneamente, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l'uso
specifico, deve permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in
presenza di dissipatore di energia a 4 metri.
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o
mediante connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere
fisse o provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di
ramponi o mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.
Art. 116.
Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di
sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi
1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di
posizionamento mediante funi in conformità ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate
separatamente, una per l'accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di
lavoro, e l'altra con funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di
sicurezza. È ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in cui
l'uso di una seconda fune rende il lavoro più pericoloso e se sono adottate
misure adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno
collegata alla fune di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e
discesa e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel
caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti. La fune
di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile contro le cadute che
segue gli spostamenti del lavoratore; d) attrezzi ed altri accessori
utilizzati dai lavoratori, agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al
sedile o ad altro strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche
al fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di
necessità. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza, le
tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le tecniche e
le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento degli operatori, i
metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i
luoghi di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza
competente per territorio di compatibilità ai criteri di cui all'articolo
111, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati
una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare in
materia di procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere
teorico-pratico e deve riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei
dispositivi necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia
su manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale,
loro caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e
protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i
requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art. 117.
Lavori in prossimità di parti attive
1. Quando occorre effettuare lavori in prossimità di linee
elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette o che per
circostanze particolari si debbano ritenere non sufficientemente protette,
ferme restando le norme di buona tecnica, si deve rispettare almeno una delle
seguenti precauzioni:
a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive
per tutta la durata dei lavori;
b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano
l'avvicinamento alle parti attive;
c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici,
apparecchi di sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di
sicurezza.
2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non
possano avvenire contatti diretti o scariche pericolose per le persone
tenendo conto del tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle tensioni
presenti.
p
Sezione III
Scavi e fondazioni
Art. 118.
Splateamento e sbancamento
1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza
l'impiego di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco devono
avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del
terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del fronte di attacco
supera l'altezza di m 1,50, è vietato il sistema di scavo manuale per
scalzamento alla base e conseguente franamento della parete.
2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa
di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da
temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all'armatura o al
consolidamento del terreno.
3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve
essere vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore e
sul ciglio del fronte di attacco.
4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando
questo non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido
riparo.
5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di
avvicinarsi alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in
relazione all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilità del
ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve essere
almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili col proseguire
dello scavo.
Art. 119.
Pozzi, scavi e cunicoli
1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi più di m
1,50, quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di
stabilità, anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve provvedere,
man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle necessarie armature di
sostegno.
2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere
dai bordi degli scavi di almeno 30 centimetri.
3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia
che non presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature
per evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature devono
essere applicate man mano che procede il lavoro di avanzamento; la loro
rimozione può essere effettuata in relazione al progredire del rivestimento
in muratura.
4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate
nelle sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano
fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o indebolite
dagli scavi.
5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere
adottate misure e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno
producano lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i lavoratori.
6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri
deve essere disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed all'asportazione
del materiale scavato, un robusto impalcato con apertura per il passaggio
della benna.
7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una
adeguata assistenza all'esterno e le loro dimensioni devono essere tali da
permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.
Art. 120.
Deposito di materiali in prossimità degli scavi
1. È vietato costituire depositi di materiali presso il
ciglio degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni
del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.
Art. 121.
Presenza di gas negli scavi
1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli,
camini e fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i
pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici, asfissianti,
infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura geologica del
terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi, raffinerie, stazioni di
compressione e di decompressione, metanodotti e condutture di gas, che
possono dar luogo ad infiltrazione di sostanze pericolose.
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas
tossici, asfissianti o la irrespirabilità dell'aria ambiente e non sia
possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa bonifica, i
lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi di protezione
individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di idonei dispositivi di
protezione individuale collegati ad un idoneo sistema di salvataggio, che
deve essere tenuto all'esterno dal personale addetto alla sorveglianza.
Questo deve mantenersi in continuo collegamento con gli operai all'interno ed
essere in grado di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito
dai gas.
3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in
luogo di autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la
concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia
di sicurezza e semprechè sia assicurata una efficace e continua aerazione.
4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili
o esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante idonea
ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica, se siano da
temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi a fiamma, di corpi
incandescenti e di apparecchi comunque suscettibili di provocare fiamme o
surriscaldamenti atti ad incendiare il gas.
5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori
devono essere abbinati nell'esecuzione dei lavori.
p
Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname
Art. 122.
Ponteggi ed opere provvisionali
1. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai
m 2, devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi, adeguate
impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni
atte ad eliminare i pericoli di caduta di persone e di cose conformemente al
punto 2 dell'allegato XVIII.
Art. 123.
Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali
1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali
devono essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai
lavori.
Art. 124.
Deposito di materiali sulle impalcature
1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere
è vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei materiali ed
attrezzi necessari ai lavori.
2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre
inferiore a quello che è consentito dalla resistenza strutturale del
ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i movimenti e le
manovre necessarie per l'andamento del lavoro.
Art. 125.
Disposizione dei montanti
1. I montanti devono essere costituiti con elementi
accoppiati, i cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di
almeno un metro; devono altresì essere verticali o leggermente inclinati
verso la costruzione.
2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono
ammessi montanti singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza
superiore, soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere ad
elementi singoli.
3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato
alla base di appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni cedimento
in senso verticale ed orizzontale.
4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri
1,20 l'ultimo impalcato o il piano di gronda.
5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere
superiore a m 3,60; può essere consentita una maggiore distanza quando ciò
sia richiesto da evidenti motivi di esercizio del cantiere, purchè, in tale
caso, la sicurezza del ponteggio risulti da un progetto redatto da un
ingegnere o architetto corredato dai relativi calcoli di stabilità.
6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla
costruzione almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni
due montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.
Art. 126.
Parapetti
1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le
andatoie, che siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere
provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono
stato di conservazione.
Art. 127.
Ponti a sbalzo
1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono
l'impiego di ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purchè
la loro costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne garantisca
la solidità e la stabilità.
Art. 128.
Sottoponti
1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un
sottoponte di sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a
m 2,50.
2. La costruzione del sottoponte può essere omessa per i
ponti sospesi, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di
manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque giorni.
Art. 129.
Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio
1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato
cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una normale
impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle casseforme per
il getto dei pilastri perimetrali, deve essere sistemato, in corrispondenza
al piano raggiunto, un regolare ponte di sicurezza a sbalzo, avente larghezza
utile di almeno m 1,20.
2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della
successiva soletta o della trave perimetrale, non devono essere lasciate
sporgere dal filo del fabbricato più di 40 centimetri per l'affrancamento
della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto ponte può servire
l'impalcato o ponte a sbalzo costruito in corrispondenza al piano
sottostante.
3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento
deve essere sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno,
un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la caduta di
materiali dall'alto. Tale protezione può essere sostituita con una chiusura
continua in graticci sul fronte del ponteggio, qualora presenti le stesse
garanzie di sicurezza, o con la segregazione dell'area sottostante.
Art. 130.
Andatoie e passerelle
1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60,
quando siano destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se
destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere
maggiore del 50 per cento.
2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da
pianerottoli di riposo ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie
devono essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo
di un uomo carico.
p
Sezione V
Ponteggi fissi
Art. 131.
Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego
1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con
elementi portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle
norme della presente sezione.
2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione alla
costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione nella
quale devono essere specificati gli elementi di cui all'articolo seguente.
3. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in
aggiunta all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a
seguito di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio
già autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i giunti
alla norma UNI EN 74.
4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed
all'impiego ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa
fila a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di
carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali
garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle norme di
buona tecnica.
5. L'autorizzazione è soggetta a rinnovo ogni dieci anni
per verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso tecnico.
6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi
rilasciare dal fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e
delle istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g)
dell'articolo 132.
7. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si
avvale anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei
ponteggi dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso controlli a
campione presso le sedi di produzione.
Art. 132.
Relazione tecnica
1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:
a) descrizione degli elementi che costituiscono il
ponteggio, loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema
dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e
coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati
sottoposti i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di
impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del
ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi
ammessi di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli
impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni singola
applicazione.
Art. 133.
Progetto
1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per
i quali nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche
configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di impiego,
nonché le altre opere provvisionali, costituite da elementi metallici o non,
oppure di notevole importanza e complessità in rapporto alle loro dimensioni
ed ai sovraccarichi, devono essere eretti in base ad un progetto
comprendente:
a) calcolo di resistenza e stabilità eseguito secondo le
istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.
2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o
architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della professione, deve
risultare quanto occorre per definire il ponteggio nei riguardi dei carichi,
delle sollecitazioni e dell'esecuzione.
3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui
all'articolo 131 e copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere
tenute ed esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui
vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.
Art. 134.
Documentazione
1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere
tenuta ed esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della
documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano di
montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in quota, i cui
contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere
subito riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo
che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.
Art. 135.
Marchio del fabbricante
1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a
rilievo o ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio
del fabbricante.
Art. 136.
Montaggio e smontaggio
1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a
redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e
smontaggio (Pi.M.U.S.), in funzione della complessità del ponteggio scelto,
con la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso
l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare realizzazione
e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano può assumere la forma di un
piano di applicazione generalizzata integrato da istruzioni e progetti
particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio, ed è
messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori
interessati.
2. Nel serraggio di più aste concorrenti in un nodo i
giunti devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due
correnti, di cui uno può fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un
ponteggio è impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con
un dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di efficacia
equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno
una capacità portante sufficiente;
c) il ponteggio è stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento
involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli
impalcati di un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire,
adeguate ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei
lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi è tale da
impedire lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonché la
presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono gli
impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva contro le
cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di
ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni di
montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di avvertimento
di pericolo generico e delimitandole con elementi materiali che impediscono
l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi del titolo V.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano
montati, smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto,
a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori che
hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste.
7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere
teorico-pratico e deve riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o
trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio,
smontaggio o trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione
vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone
o di oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle
condizioni meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di
montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.
8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i
requisiti minimi di validità dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.
Art. 137.
Manutenzione e revisione
1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o
dopo violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di lavoro
deve assicurarsi della verticalità dei montanti, del giusto serraggio dei
giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei controventi, curando
l'eventuale sostituzione o il rinforzo di elementi inefficienti.
2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli
agenti nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.
Art. 138.
Norme particolari
1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere
fissate in modo che non possano scivolare sui traversi metallici.
2. È consentito un distacco delle tavole del piano di
calpestio dalla muratura non superiore a 30 centimetri.
3. È fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del
ponteggio.
4. È fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in
quanto applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono
ammesse deroghe:
a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma 4, a
condizione che l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro l'ultimo
impalcato o il piano di gronda;
b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a
condizione che l'altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm rispetto al
piano di calpestio;
c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a
condizione che l'altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm rispetto al
piano di calpestio;
d) alla disposizione di cui all'articolo 128, comma 1, nel
caso di ponteggi di cui all'articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano
specifici schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.
p
Sezione VI
Ponteggi movibili
Art. 139.
Ponti su cavalletti
1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore
a metri 2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.
Art. 140.
Ponti su ruote a torre
1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da
resistere, con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni
cui possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di vento e
in modo che non possano essere ribaltati.
2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare
livellato; il carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente
ripartito con tavoloni o altro mezzo equivalente.
3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente
bloccate con cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.
4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione
almeno ogni due piani; è ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote a
torre conformi all'allegato XXIII.
5. La verticalità dei ponti su ruote deve essere
controllata con livello o con pendolino.
6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee
elettriche di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si
trovano lavoratori o carichi.
p
Sezione VII
Costruzioni edilizie
Art. 141.
Strutture speciali
1. Durante la costruzione o il consolidamento di cornicioni
di gronda e di opere sporgenti dai muri, devono essere adottate precauzioni
per impedirne la caduta, ponendo armature provvisorie atte a sostenerle fino
a che la stabilità dell'opera sia completamente assicurata.
Art. 142.
Costruzioni di archi, volte e simili
1. Le armature provvisorie per la esecuzione di manufatti,
quali archi, volte, architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi
altra opera sporgente dal muro, in cemento armato o in muratura di ogni
genere, devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni fase del
lavoro, la necessaria solidità e con modalità tali da consentire, a getto o
costruzione ultimata, il loro progressivo abbassamento e disarmo.
2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine
per ponti ad arco, per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino
negli schemi di uso corrente, devono essere eseguite su progetto redatto da
un ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli di stabilità.
3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al
comma precedente, devono essere esibiti sul posto di lavoro a richiesta degli
organi di vigilanza.
Art. 143.
Posa delle armature e delle centine
1. Prima della posa delle armature e delle centine di
sostegno delle opere di cui all'articolo precedente, è fatto obbligo di
assicurarsi della resistenza del terreno o delle strutture sulle quali esse
debbono poggiare, in modo da prevenire cedimenti delle armature stesse o
delle strutture sottostanti, con particolare riguardo a possibili
degradazioni per presenza d'acqua.
Art. 144.
Resistenza delle armature
1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il
peso delle strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi
eventuali, nonché le sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a
vibrazioni durante l'esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla spinta del
vento e dell'acqua.
2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno
deve essere opportunamente distribuito.
Art. 145.
Disarmo delle armature
1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2
dell'articolo 142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori che hanno
ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni previste sotto la
diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre dopo che il direttore dei
lavori ne abbia data l'autorizzazione.
2. È fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura
di sostegno quando sulle strutture insistano carichi accidentali e
temporanei.
3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo
devono essere adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la
esecuzione delle opere in conglomerato cementizio.
Art. 146.
Difesa delle aperture
1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro
devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede oppure
devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non
inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di servizio.
2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di
materiali o di persone, un lato del parapetto può essere costituito da una
barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per il tempo
necessario al passaggio.
3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che
abbiano una profondità superiore a m 0,50 devono essere munite di normale
parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate in modo
da impedire la caduta di persone.
Art. 147.
Scale in muratura
1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in
costruzione, fino alla posa in opera delle ringhiere, devono essere tenuti
parapetti normali con tavole fermapiede fissati rigidamente a strutture
resistenti.
2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta
impalcatura posta all'altezza del pavimento del primo piano a difesa delle
persone transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.
3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti
di gradini, qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono
essere fissati intavolati larghi almeno 60 centimetri, sui quali devono
essere applicati trasversalmente listelli di legno posti a distanza non
superiore a 40 centimetri.
Art. 148.
Lavori speciali
1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su
lucernari, tetti, coperture e simili, deve essere accertato che questi
abbiano resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei
materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono
essere adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumità
delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra le
orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di protezione
individuale anticaduta.
Art. 149.
Paratoie e cassoni
1. Paratoie e cassoni devono essere:
a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati
di resistenza sufficiente;
b) provvisti dell'attrezzatura adeguata per consentire ai
lavoratori di ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.
2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo
smantellamento di una paratoia o di un cassone devono essere effettuati
soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.
3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni
vengano ispezionati ad intervalli regolari.
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Sezione VIII
Demolizioni
Art. 150.
Rafforzamento delle strutture
1. Prima dell'inizio di lavori di demolizione è fatto
obbligo di procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di
stabilità delle varie strutture da demolire.
2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere
eseguite le opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad evitare
che, durante la demolizione, si verifichino crolli intempestivi.
Art. 151.
Ordine delle demolizioni
1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e
con ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e
condotti in maniera da non pregiudicare la stabilità delle strutture portanti
o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
2. La successione dei lavori deve risultare da apposito
programma contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove
previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di vigilanza.
Art. 152.
Misure di sicurezza
1. La demolizione dei muri effettuata con attrez-zature
manuali deve essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti
dall'opera in demolizione.
2. È vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri
in demolizione.
3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando
trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.
Art. 153.
Convogliamento del materiale di demolizione
1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato
dall'alto, ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali,
il cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due metri
dal livello del piano di raccolta.
2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che
ogni tronco imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono
essere adeguatamente rinforzati.
3. L'imboccatura superiore del canale deve essere
realizzata in modo che non possano cadervi accidentalmente persone.
4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti,
il materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a
ridurre il sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i
materiali di risulta.
Art. 154.
Sbarramento della zona di demolizione
1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere
vietata la sosta ed il transito, delimitando la zona stessa con appositi
sbarramenti.
2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il
caricamento ed il trasporto del materiale accumulato deve essere consentito
soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.
Art. 155.
Demolizione per rovesciamento
1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti
speciali e locali, la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul
terreno non superiore a 5 metri può essere effettuata mediante rovesciamento
per trazione o per spinta.
2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo
graduale e senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di
struttura opportunamente isolati dal resto del fabbricato in demolizione in
modo da non determinare crolli intempestivi o non previsti di altre parti.
3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie
per la sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una
volta e mezzo l'altezza del muro o della struttura da abbattere e
allontanamento degli operai dalla zona interessata.
4. Il rovesciamento per spinta può essere effettuato con
martinetti solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con l'ausilio
di puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi smossi.
5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento
del terreno in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi
possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere adiacenti
pericolose per i lavoratori addetti.
Art. 156.
Verifiche
1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita
la Commissione consultiva permanente, può stabilire l'obbligo di sottoporre a
verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni, stabilendo le modalità e
l'organo tecnico incaricato.
p
Capo III
Sanzioni
Art. 157.
Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori
1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500
a 10.000 euro per la violazione degli articoli 90, commi 1, secondo periodo,
3, 4 e 5;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
1.250 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera a);
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a
3.600 euro per la violazione dell'articolo 101, comma 1, primo periodo;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a
6.000 euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera c).
Art. 158.
Sanzioni per i coordinatori
1. Il coordinatore per la progettazione è punito con
l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la
violazione dell'articolo 91, comma 1.
2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000
a 12.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettere a), b),
c), e) ed f), e con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
8.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
1.250 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettera d).
Art. 159.
Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000
a 12.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettere a), b),
c) e g), 97, comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121, 126, 128, comma 1, 145,
commi 1 e 2, 148;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
1.500 a 5.000 euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125,
commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151, comma
1, 152, comma 1, 154;
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a
2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97,
comma 3, nonché per la violazione delle disposizioni del capo II del presente
titolo non altrimenti sanzionate;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a
3.600 euro per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e 3.
2. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale
è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a
2.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100,
comma 3, 121, 136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 300 a
900 euro per la violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3
e 6, 152, comma 2.
Art. 160.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
1.000 a 5.000 euro per la violazione dell'articolo 100, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a
2.000 euro per la violazione dell'articolo 94.
2. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a un mese o
con l'ammenda da 150 a 600 euro per la violazione degli articoli 124, 138,
commi 3 e 4, 152, comma 2.
p
Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali
Art. 161.
Campo di applicazione
1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la
segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano
alla segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario,
fluviale, marittimo ed aereo.
Art. 162.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di
lavoro, di seguito indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che,
riferita ad un oggetto, ad una attività o ad una situazione determinata,
fornisce una indicazione o una prescrizione concernente la sicurezza o la
salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a seconda dei casi, un cartello,
un colore, un segnale luminoso o acustico, una comunicazione verbale o un
segnale gestuale;
b) segnale di divieto: un segnale che vieta un
comportamento che potrebbe far correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un
rischio o pericolo;
d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un
determinato comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che
fornisce indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso
o di salvataggio;
f) segnale di informazione: un segnale che fornisce
indicazioni diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una
forma geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una
indicazione determinata, la cui visibilità è garantita da una illuminazione
di intensità sufficiente;
h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad
un cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni
complementari;
i) colore di sicurezza: un colore al quale è assegnato un
significato determinato;
l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una
situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su un
cartello o su una superficie luminosa;
m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo
costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che è illuminato
dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso come una superficie
luminosa;
n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e
diffuso da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi
vocale;
o) comunicazione verbale: un messaggio verbale
predeterminato, con impiego di voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia
o delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano
manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.
Art. 163.
Obblighi del datore di lavoro
1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in
conformità all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere evitati o
sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero sistemi di
organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva, il
datore di lavoro fa ricorso alla segnaletica di sicurezza, conformemente alle
prescrizioni di cui agli allegati da XXIV a XXXII.
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica
di sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non considerate
negli allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro, anche in riferimento
alle norme di buona tecnica, adotta le misure necessarie, secondo le
particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico
all'interno dell'impresa o dell'unità produttiva, fa ricorso, se del caso,
alla segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico
stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo quanto
previsto nell'allegato XXVIII.
Art. 164.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro provvede affinché:
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i
lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo alla segnaletica
di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa ovvero dell'unità produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in
particolare sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto
specialmente il significato della segnaletica di sicurezza, soprattutto
quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonché i comportamenti
generali e specifici da seguire.
p
Capo II
Sanzioni
Art. 165.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000
a 10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1, lettera
b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
1.000 a 4.500 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
Art. 166.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale
è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a
1.200 euro per la violazione dell'articolo 163;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 150 a
600 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).
p
Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 167.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività
lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i
lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare
dorso-lombari.
2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di
trasporto o di sostegno di un carico ad opera di uno o più lavoratori,
comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare o
spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in conseguenza delle
condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano rischi di patologie da
sovraccarico biomeccanico, in particolare dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle
strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.
Art. 168.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature
meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei
carichi da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione
manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le
misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai
lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che
comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto
dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta
movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione, le
condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione tenendo
conto dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie
dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei
fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro
e delle esigenze che tale attività comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di
cui all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori
individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento
per le finalità del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove
applicabili. Negli altri casi si può fare riferimento alle buone prassi e alle
linee guida.
Art. 169.
Informazione, formazione e addestramento
1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate
relativamente al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai
rischi lavorativi ed alle modalità di corretta esecuzione delle attività. 2.
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l'addestramento adeguato in merito
alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale
dei carichi.
p
Capo II
Sanzioni
Art. 170.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro
2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2,
169, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera
a).
Art. 171.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale
è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro
400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro
150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).
p
Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 172.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano alle attività
lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai
lavoratori addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di
trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario
all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a
tutte le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione dei
dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.
Art. 173.
Definizioni
1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a
prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature
munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro sistema di
immissione dati, incluso il mouse, il software per l'interfaccia
uomo-macchina, gli accessori opzionali, le apparecchiature connesse,
comprendenti l'unità a dischi, il telefono, il modem, la stampante, il
supporto per i documenti, la sedia, il piano di lavoro, nonché l'ambiente di
lavoro immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura
munita di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore
settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.
p
Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti
Art. 174.
Obblighi del datore di lavoro
1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del
rischio di cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare
riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento
fisico o mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per
ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1,
tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza dei
rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di
lavoro di cui all'articolo 173, in conformità ai requisiti minimi di cui
all'allegato XXXIV.
Art. 175.
Svolgimento quotidiano del lavoro
1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua
attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.
2. Le modalità di tali interruzioni sono stabilite dalla
contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante
l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto ad una
pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di applicazione continuativa
al videoterminale.
4. Le modalità e la durata delle interruzioni possono
essere stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico
competente ne evidenzi la necessità
5. È comunque esclusa la cumulabilità delle interruzioni
all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi
i tempi di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono
considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore non
possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa è considerata a tutti gli effetti parte
integrante dell'orario di lavoro e, come tale, non è riassorbibile
all'interno di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di
lavoro.
Art. 176.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria
di cui all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al
comma 1 i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza
diversa stabilita dal medico competente, la periodicità delle visite di
controllo è biennale per i lavoratori classificati come idonei con
prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il
cinquantesimo anno di età; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneità temporanea il medico competente
stabilisce il termine per la successiva visita di idoneità.
5. Il lavoratore è sottoposto a visita di controllo per i
rischi di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalità previste
all'articolo 41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i
dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attività svolta,
quando l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne evidenzi la necessità
e non sia possibile utilizzare i dispositivi normali di correzione.
Art. 177.
Informazione e formazione
1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale
dall'articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per
quanto riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base
all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalità di svolgimento dell'attività;
3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in
particolare in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).
p
Capo III
Sanzioni
Art. 178.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro
2.000 fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3,
175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 177, comma 1, lettera
a).
Art. 179.
Sanzioni a carico del preposto
1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale
è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro
400 ad euro 1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro
150 ad euro 600 per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).
p
Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali
Art. 180.
Definizioni e campo di applicazione
1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti
fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni
meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di origine
artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare
rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le
attività comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per quelle
comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III, per quelle
comportanti esposizione a campi elettromagnetici si applica il capo IV, per
quelle comportanti esposizione a radiazioni ottiche artificiali si applica il
capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti
è disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e
sue successive modificazioni.
Art. 181.
Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il
datore di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti
fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di prevenzione
e protezione con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle
buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad
agenti fisici è programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale,
da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e protezione
in possesso di specifiche conoscenze in materia. La valutazione dei rischi è
aggiornata ogni qual volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla
obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano
necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e
calcolo dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del
documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa
quali misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La
valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui
all'articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro
secondo cui la natura e l'entità dei rischi non rendono necessaria una
valutazione dei rischi più dettagliata.
Art. 182.
Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi
1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità
di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti
dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al
minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici
si basa sui principi generali di prevenzione contenuti nel presente decreto.
2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a
valori superiori ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III,
IV e V. Allorchè, nonostante i provvedimenti presi dal datore di lavoro in
applicazione del presente capo i valori limite di esposizione risultino
superati, il datore di lavoro adotta misure immediate per riportare
l'esposizione al di sotto dei valori limite di esposizione, individua le
cause del superamento dei valori limite di esposizione e adegua di
conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo
superamento.
Art. 183.
Lavoratori particolarmente sensibili
1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all'articolo
182 alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente
sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i minori.
Art. 184.
Informazione e formazione dei lavoratori
1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37,
il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori esposti a rischi derivanti
da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro rappresentanti vengano
informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi
con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente
titolo;
b) all'entità e al significato dei valori limite di
esposizione
e dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V,
nonché ai potenziali rischi associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo
dei livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalità per individuare e segnalare gli effetti
negativi dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto
a una sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i
rischi derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione
individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie
all'uso.
Art. 185.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli
agenti fisici viene svolta secondo i principi generali di cui all'articolo
41, ed è effettuata dal medico competente nelle modalità e nei casi previsti
ai rispettivi capi del presente titolo sulla base dei risultati della
valutazione del rischio che gli sono trasmessi dal datore di lavoro per il
tramite del servizio di prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un
lavoratore un'alterazione apprezzabile dello stato di salute correlata ai
rischi lavorativi il medico competente ne informa il lavoratore e, nel
rispetto del segreto professionale, il datore di lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per
eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente
nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.
Art. 186.
Cartella sanitaria e di rischio
1. Nella cartella di cui all'articolo 25, comma 1, lettera
c), il medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi
compresi i valori di esposizione individuali, ove previsti negli specifici
capi del presente titolo, comunicati dal datore di lavoro per il tramite del
servizio di prevenzione e protezione.
p
Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al
rumore durante il lavoro
Art. 187.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per l'udito.
Art. 188.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo
della pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h):
[dB(A) riferito a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo,
dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa nominale di
otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990 punto 3.6. Si
riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w):
valore medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione
giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate
lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999: 1990
punto 3.6, nota 2.
Art. 189.
Valori limite di esposizione e valori di azione
1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in
relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla pressione
acustica di picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87
dB(A) e ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 µPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85
dB(A) e ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 µPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80
dB(A) e ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 µPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della
attività lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia
significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, è possibile
sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di esposizione e dei
valori di azione, il livello di esposizione giornaliera al rumore con il
livello di esposizione settimanale a condizione che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come
dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di esposizione
di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo
i rischi associati a tali attività.
3. Nel caso di variabilità del livello di esposizione
settimanale va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.
Art. 190.
Valutazione del rischio
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il
datore di lavoro valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il
lavoro prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi
inclusa ogni esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di
cui all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare riferimento
alle donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli
effetti sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra
rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attività svolta e fra rumore e
vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla
sicurezza dei lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di
avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il rischio
di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai
costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformità alle vigenti
disposizioni in materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative
progettate per ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore
oltre l'orario di lavoro normale, in locali di cui è responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria,
comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura
scientifica;
l) la disponibilità di dispositivi di protezione dell'udito
con adeguate caratteristiche di attenuazione.
2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, può
fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono essere superati,
il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i lavoratori sono esposti,
i cui risultati sono riportati nel documento di valutazione.
3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere
adeguati alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata
dell'esposizione e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle norme
tecniche. I metodi utilizzati possono includere la campionatura, purché sia
rappresentativa dell'esposizione del lavoratore.
4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il
datore di lavoro tiene conto dell'incertezza delle misure determinate secondo
la prassi metrologica.
5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di
prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193, 194,
195 e 196 ed è documentata in conformità all'articolo 28, comma 2.
Art. 191.
Valutazione di attività a livello di esposizione molto
variabile
1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite
di esposizione, per attività che comportano un'elevata fluttuazione dei
livelli di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro può
attribuire a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di sopra dei valori
superiori di azione, garantendo loro le misure di prevenzione e protezione
conseguenti e in particolare: a) la disponibilità dei dispositivi di
protezione individuale dell'udito; b) l'informazione e la formazione; c) il
controllo sanitario. In questo caso la misurazione associata alla valutazione
si limita a determinare il livello di rumore prodotto dalle attrezzature nei
posti operatore ai fini dell'identificazione delle misure di prevenzione e
protezione e per formulare il programma delle misure tecniche e organizzative
di cui all'articolo 192, comma 2.
2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, a
fianco dei nominativi dei lavoratori così classificati, va riportato il
riferimento al presente articolo.
Art. 192.
Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il
datore di lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante
le seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una
minore esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto
del lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa
l'eventualità di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di lavoro
conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o effetto è di limitare
l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di
lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto
delle attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro esposizione
al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature,
involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o
di isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore
organizzazione del lavoro attraverso la limitazione della durata e
dell'intensità dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati,
con sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 190 risulta che i valori inferiori di azione sono superati, il
datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche e
organizzative volte a ridurre l'esposizione al rumore, considerando in
particolare le misure di cui al comma 1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere
esposti ad un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati
da appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle
stesse è limitato, ove ciò sia tecnicamente possibile e giustificato dal
rischio di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attività, il
lavoratore benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione
dal datore di lavoro, il rumore in questi locali è ridotto a un livello
compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.
Art. 193.
Uso dei dispositivi di protezione individuali
1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18,
comma 1, lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti
dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e
protezione di cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di protezione
individuali per l'udito conformi alle disposizioni contenute nel titolo III,
capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori
inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di
sopra dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito
che consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al minimo,
previa consultazione dei lavoratori o dei loro rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione
individuale dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione
prodotta dai dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal
lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il
rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di protezione
dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle presenti norme se,
correttamente usati, mantengono un livello di rischio uguale od inferiore ai
livelli inferiori di azione.
Art. 194.
Misure per la limitazione dell'esposizione
1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori
limite di esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in
applicazione del presente capo, si individuano esposizioni superiori a detti
valori, il datore di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al
di sotto dei valori limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per
evitare che la situazione si ripeta.
Art. 195.
Informazione e formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 184
nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro
garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai valori
inferiori di azione vengano informati e formati in relazione ai rischi
provenienti dall'esposizione al rumore.
Art. 196.
Sorveglianza sanitaria
1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i
lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di azione.
La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o
con periodicità diversa decisa dal medico competente, con adeguata
motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai
rappresentanti per la sicurezza di lavoratori in funzione della valutazione
del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre
contenuti e periodicità della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti
dal medico competente.
2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 è estesa ai
lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione, su loro
richiesta e qualora il medico competente ne confermi l'opportunità.
Art. 197.
Deroghe
1. Il datore di lavoro può richiedere deroghe all'uso dei
dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite di
esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di tali
dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza dei
lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro utilizzazione.
2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le
parti sociali, per un periodo massimo di quattro anni dall'organo di
vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne
comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno consentito
la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza
sociale. Le circostanze che giustificano le deroghe di cui al comma 1 sono
riesaminate ogni quattro anni e, in caso di venire meno dei relativi
presupposti, riprende immediata applicazione la disciplina regolare.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 è
condizionata dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da
condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che
i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura
l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle
condizioni indicate nelle deroghe.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un
prospetto globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente
articolo.
Art. 198.
Linee Guida per i settori della musica delle attività
ricreative e dei call center
1. Su proposta della Commissione permanente per la
prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6,
sentite la parti sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le linee
guida per l'applicazione del presente capo nei settori della musica, delle
attività ricreative e dei call center.
p
Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a
vibrazioni
Art. 199.
Campo di applicazione
1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della
salute e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere
esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei
soggetti indicati all'articolo 3, comma 2, del presente decreto legislativo
le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto conto delle
particolari esigenze connesse al servizio espletato, quali individuate dai
decreti ivi previsti.
Art. 200.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le
vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo,
comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in
particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni
meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute
e la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al
sistema mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in
frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale
di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo
intero A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle accelerazioni
misurate per una giornata lavorativa nominale di otto ore.
Art. 201.
Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti
valori limite di esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero,
normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 5 m/s2; mentre
su periodi brevi è pari a 20 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un
periodo di riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, è fissato a 2,5
m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero,
normalizzato a un periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 1,0 m/s2;
mentre su periodi brevi è pari a 1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un
periodo di riferimento di 8 ore, è fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilità del livello di esposizione
giornaliero va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.
Art. 202.
Valutazione dei rischi
1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il
datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni
meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche può
essere valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro specifiche
e il riferimento ad appropriate informazioni sulla probabile entità delle
vibrazioni per le attrezzature o i tipi di attrezzature nelle particolari
condizioni di uso reperibili presso banche dati dell'ISPESL o delle regioni
o, in loro assenza, dalle informazioni fornite in materia dal costruttore
delle attrezzature. Questa operazione va distinta dalla misurazione, che
richiede l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia
appropriata e che resta comunque il metodo di riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse
al sistema mano-braccio è valutata o misurata in base alle disposizioni di
cui all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse
al corpo intero è valutata o misurata in base alle disposizioni di cui
all'allegato XXXV, parte B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore
di lavoro tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi
inclusa ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione
specificati nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare riferimento
alle donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute
dei lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il
rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore
dell'attrezzatura di lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per
ridurre i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni
trasmesse al corpo intero al di là delle ore lavorative, in locali di cui è
responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse
temperature, il bagnato, l'elevata umidità o il sovraccarico biomeccanico
degli arti superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria,
comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura
scientifica.
Art. 203.
Misure di prevenzione e protezione
1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 182, in
base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono
superati i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un
programma di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo
l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in particolare
quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore
esposizione a vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite
nel rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del lavoro
da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i
rischi di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano
efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o guanti che
attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di
lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei
posti di lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori
sull'uso corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da
ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensità
dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con
adeguati periodi di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la
protezione dal freddo e dall'umidità.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di
esposizione è stato superato, il datore di lavoro prende misure immediate per
riportare l'esposizione al di sotto di tale valore, individua le cause del
superamento e adatta, di conseguenza, le misure di prevenzione e protezione
per evitare un nuovo superamento.
Art. 204.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori
ai valori d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La
sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con
periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione
riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai
rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione della valutazione
del rischio. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre
contenuti e periodicità della sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti
dal medico competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresì
sottoposti alla sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente,
si verificano una o più delle seguenti condizioni: l'esposizione dei
lavoratori alle vibrazioni è tale da rendere possibile l'individuazione di un
nesso tra l'esposizione in questione e una malattia identificabile o ad
effetti nocivi per la salute ed è probabile che la malattia o gli effetti
sopraggiungano nelle particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed
esistono tecniche sperimentate che consentono di individuare la malattia o
gli effetti nocivi per la salute.
Art. 205.
Deroghe
1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il
datore di lavoro, in circostanze debitamente giustificate, può richiedere la
deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione per il
corpo intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle caratteristiche
specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile rispettare tale valore
limite nonostante le misure tecniche e organizzative messe in atto.
2. Nel caso di attività lavorative in cui l'esposizione di
un lavoratore a vibrazioni meccaniche è abitualmente inferiore ai valori di
azione, ma può occasionalmente superare il valore limite di esposizione, il
datore di lavoro può richiedere la deroga al rispetto dei valori limite a
condizione che il valore medio dell'esposizione calcolata su un periodo di 40
ore sia inferiore al valore limite di esposizione e dimostri, con elementi
probanti, che i rischi derivanti dal tipo di esposizione cui è sottoposto il
lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di esposizione
corrispondente al valore limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un
periodo massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente
competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le ragioni
e le circostanze che hanno consentito la concessione delle stesse, al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le deroghe sono rinnovabili
e possono essere revocate quando vengono meno le circostanze che le hanno
giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 è
condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da
condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che
i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro assicura
l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il rispetto delle
condizioni indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale
trasmette ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un
prospetto dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai
sensi del presente articolo.
p
Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici
Art. 206.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza
derivanti dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz),
come definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni
riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel corpo
umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e dall'assorbimento di
energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali
effetti a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori
in tensione.
Art. 207.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si
intendono per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di frequenza
inferiore o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione a
campi elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla
salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti
garantisce che i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici sono protetti
contro tutti gli effetti nocivi a breve termine per la salute conosciuti;
c) valori di azione: l'entità dei parametri direttamente
misurabili, espressi in termini di intensità di campo elettrico (E),
intensità di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densità di
potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o più delle misure
specificate nel presente capo. Il rispetto di questi valori assicura il
rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.
Art. 208.
Valori limite di esposizione e valori d'azione
1. I valori limite di esposizione sono riportati
nell'allegato XXXVI, lettera A, tabella 1.
2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI,
lettera B, tabella 2.
Art. 209.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura o
calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono esposti i
lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo devono essere
effettuati in conformità alle norme europee standardizzate del Comitato
europeo di normalizzazione elettrotecnica (CENELEC). Finchè le citate norme
non avranno contemplato tutte le pertinenti situazioni per quanto riguarda la
valutazione, misurazione e calcolo dell'esposizione dei lavoratori ai campi
elettromagnetici, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida
individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in alternativa,
quelle del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), tenendo conto, se
necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle
attrezzature.
2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi
elettromagnetici effettuata in conformità al comma 1, qualora risulti che
siano superati i valori di azione di cui all'articolo 208, il datore di
lavoro valuta e, quando necessario, calcola se i valori limite di esposizione
sono stati superati.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai
commi 1 e 2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro
accessibili al pubblico, purchè si sia già proceduto ad una valutazione
conformemente alle disposizioni relative alla limitazione dell'esposizione
della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz e risultino
rispettate per i lavoratori le restrizioni previste dalla raccomandazione
1999/519/CE del Consiglio, del 12 luglio 1999, e siano esclusi rischi
relativi alla sicurezza.
4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui
all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare
attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo
dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di
cui all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici
elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri
dispositivi impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi
magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali
infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti, correnti di
contatto o scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative
progettate per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilità di azioni di risanamento volte a
minimizzare i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel
corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in pubblicazioni
scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del
rischio di cui all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste
dall'articolo 210.
Art. 210.
Misure di prevenzione e protezione
1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti
che i valori di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di
lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma
2, dimostri che i valori limite di esposizione non sono superati e che
possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza, elabora ed applica un
programma d'azione che comprenda misure tecniche e organizzative intese a
prevenire esposizioni superiori ai valori limite di esposizione, tenendo
conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore
esposizione ai campi elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi
elettromagnetici di intensità inferiore, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi
elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza,
schermature o di analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle
attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle
postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensità
dell'esposizione;
g) della disponibilità di adeguati dispositivi di
protezione individuale.
2. Luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere
esposti a campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono
essere indicati con un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel
caso che dalla valutazione effettuata a norma dell'articolo 209, comma 2, il
datore di lavoro dimostri che i valori limite di esposizione non sono
superati e che possono essere esclusi rischi relativi alla sicurezza. Dette
aree sono inoltre identificate e l'accesso alle stesse è limitato laddove ciò
sia tecnicamente possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori
limite di esposizione.
3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a
valori superiori ai valori limite di esposizione. Allorchè, nonostante i
provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente capo, i
valori limite di esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta
misure immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite di
esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite di
esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per
evitare un nuovo superamento.
4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il
datore di lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze
dei lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.
Art. 211.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata
periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità inferiore decisa
dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio di cui all'articolo 183, tenuto conto dei risultati della
valutazione dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. L'organo di vigilanza,
con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità diversi da
quelli forniti dal medico competente.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito
dall'articolo 182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i
lavoratori per i quali è stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di
azione di cui all'articolo 208, comma 2.
Art. 212.
Linee guida
1. Il Ministero della salute, avvalendosi degli organi
tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, elabora le linee guida per l'applicazione del presente capo
nello specifico settore dell'utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature
di risonanza magnetica.
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Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a
radiazioni ottiche artificiali
Art. 213.
Campo di applicazione
1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che
possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali
durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi dovuti agli effetti
nocivi sugli occhi e sulla cute.
Art. 214.
Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si
intendono per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni
elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 []m e 1
mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni
ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 100 e 400 []m. La banda degli ultravioletti è suddivisa
in UVA (315-400 []m), UVB (280-315[]m) e UVC (100-280 []m);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 380 e 780 []m;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 780 []m e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa
in IRA (780-1400 []m), IRB (1400-3000 []m) e IRC (3000 []m-1 mm);
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione
stimolata di radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far
produrre o amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di
lunghezze d'onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo
di emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un
laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica
diversa dalla radiazione laser; e) valori limite di esposizione: limiti di
esposizione alle radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli
effetti sulla salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di
questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti artificiali di
radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli effetti nocivi sugli occhi
e sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densità di potenza: la potenza radiante
incidente per unità di area su una superficie espressa in watt su metro
quadrato (W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo
dell'irradianza espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unità
d'angolo solido per unità di superficie, espressa in watt su metro quadrato
su steradiante (W m-2 sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione
radiante e radianza alle quali è esposto un lavoratore.
Art. 215.
Valori limite di esposizione
1. I valori limite di esposizione per le radiazioni
incoerenti sono riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser
sono riportati nell'allegato XXXVII, parte II.
Art. 216.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi
1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario, misura e/o
calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i
lavoratori. La metodologia seguita nella valutazione, nella misurazione e/o
nel calcolo rispetta le norme della Commissione elettrotecnica internazionale
(IEC), per quanto riguarda le radiazioni laser, le raccomandazioni della
Commissione internazionale per l'illuminazione (CIE) e del Comitato europeo
di normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle
situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e raccomandazioni,
fino a quando non saranno disponibili norme e raccomandazioni adeguate
dell'Unione europea, il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida
individuate od emanate dalla Commissione consultiva permanente per la
prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee
guida nazionali o internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di
esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai fabbricanti
delle attrezzature, se contemplate da pertinenti direttive comunitarie di
prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei
rischi, presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata
dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla
sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra
le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento
temporaneo, le esplosioni o il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative
progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche
artificiali;
g) la disponibilità di azioni di risanamento volte a
minimizzare i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel
corso della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche
artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente
alla pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali che
possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe 3B o 4, tutte
le classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti
di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in conformità
delle pertinenti direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei
rischi deve precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.
Art. 217.
Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi
1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17,
comma 1, lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione
possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un programma
d'azione che comprende misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare
che l'esposizione superi i valori limite, tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore esposizione
alle radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno
radiazioni ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle
radiazioni ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di
sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle
attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro; e) della
progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello
dell'esposizione;
g) della disponibilità di adeguati dispositivi di
protezione individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo
216, i luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a
livelli di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono essere
indicati con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre identificate e
l'accesso alle stesse è limitato, laddove ciò sia tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente
articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente
sensibili al rischio.
Art. 218.
Sorveglianza sanitaria
1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata
periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicità inferiore decisa
dal medico competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione dei rischi
trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria è effettuata con
l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente effetti negativi per la
salute, nonché prevenire effetti a lungo termine negativi per la salute e
rischi di malattie croniche derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito
dall'articolo 182 e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente
sottoposti a controllo medico i lavoratori per i quali è stata rilevata
un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono
identificati effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata
comunica al lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in
particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo sanitario cui
dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro è informato di tutti i dati
significativi emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto
professionale.
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Capo VI
Sanzioni
Art. 219.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro è punito con l'arresto da quattro a
otto mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli
articoli 181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216, comma 1.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185,
190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202, 203,
205, comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da
euro 1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3, e
217, commi 2 e 3.
Art. 220.
Sanzioni a carico del medico competente
1. Il medico competente è punito con l'arresto fino tre
mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli
articoli 185 e 186.
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Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici
Art. 221.
Campo di applicazione
1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la
protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che
derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici presenti sul
luogo di lavoro o come risultato di ogni attività lavorativa che comporti la
presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a
tutti gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro,
fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali valgono
provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal decreto legislativo
del 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresì
al trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni
specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996, 15 maggio
1997, 28 settembre 1999 e nel decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 41,
nelle disposizioni del codice IMDG del codice IBC e nel codice IGC, quali
definite dall'articolo 2 della direttiva 93/75/CEE, del Consiglio, del 13
settembre 1993, nelle disposizioni dell'accordo europeo relativo al trasporto
internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del
regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali
incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche per il
trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del 25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle
attività comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate dalle
norme contenute al capo III del presente titolo.
Art. 222.
Definizioni
1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici,
sia da soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti, utilizzati
o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante qualsiasi attività
lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente o no e siano immessi o no
sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai
sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive
modificazioni, nonché gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione
come sostanze pericolose di cui al predetto decreto. Sono escluse le sostanze
pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai
sensi del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni, nonché gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione
come preparati pericolosi di cui al predetto decreto. Sono esclusi i
preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili come
pericolosi, in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio per la
sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà
chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati
o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato
assegnato un valore limite di esposizione professionale;
c) attività che comporta la presenza di agenti chimici:
ogni attività lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne
prevede l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la produzione, la
manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o l'eliminazione e il
trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale attività lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non
diversamente specificato, il limite della concentrazione media ponderata nel
tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della zona di respirazione
di un lavoratore in relazione ad un determinato periodo di riferimento; un
primo elenco di tali valori è riportato nell'allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione
del relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto,
nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori è riportato
nell'allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di
salute del singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici
sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprietà intrinseca di un agente chimico
di poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilità che si raggiunga il potenziale
nocivo nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.
Art. 223.
Valutazione dei rischi
1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di
lavoro determina, preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici
pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in
considerazione in particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal
responsabile dell'immissione sul mercato tramite la relativa scheda di
sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza
di tali agenti, compresa la quantità degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori
limite biologici; di cui un primo elenco è riportato negli allegati XXXVIII e
XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive
adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali
azioni di sorveglianza sanitaria già intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica
quali misure sono state adottate ai sensi dell'articolo 224 e, ove
applicabile, dell'articolo 225. Nella valutazione medesima devono essere
incluse le attività, ivi compresa la manutenzione e la pulizia, per le quali
è prevedibile la possibilità di notevole esposizione o che, per altri motivi,
possono provocare effetti nocivi per la salute e la sicurezza, anche dopo
l'adozione di tutte le misure tecniche.
3. Nel caso di attività lavorative che comportano
l'esposizione a più agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base
al rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi 3
febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, il
responsabile dell'immissione sul mercato di agenti chimici pericolosi è
tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente tutte le ulteriori
informazioni necessarie per la completa valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio può includere la
giustificazione che la natura e l'entità dei rischi connessi con gli agenti
chimici pericolosi rendono non necessaria un'ulteriore valutazione
maggiormente dettagliata dei rischi.
6. Nel caso di un'attività nuova che comporti la presenza
di agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e
l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte preventivamente.
Tale attività comincia solo dopo che si sia proceduto alla valutazione dei
rischi che essa presenta e all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la
valutazione e, comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero
averla resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne
mostrino la necessità.
Art. 224.
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i
rischi derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o
ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione
sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico
e relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o
potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità
dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti
sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni
che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e
nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei
rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano
che, in relazione al tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e
alle modalità e frequenza di esposizione a tale agente presente sul luogo di
lavoro, vi è solo un rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la
salute dei lavoratori e che le misure di cui al comma 1 sono sufficienti a
ridurre il rischio, non si applicano le disposizioni degli articoli 225, 226,
229, 230.
Art. 225.
Misure specifiche di protezione e di prevenzione
1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attività e della
valutazione dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinché il rischio
sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la natura
dell'attività lo consenta, con altri agenti o processi che, nelle condizioni
di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei lavoratori. Quando
la natura dell'attività non consente di eliminare il rischio attraverso la
sostituzione il datore di lavoro garantisce che il rischio sia ridotto
mediante l'applicazione delle seguenti misure da adottarsi nel seguente
ordine di priorità:
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e
controlli tecnici, nonché uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione
collettive alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi
di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi
l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli
articoli 229 e 230.
2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il
conseguimento di un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il
datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le
condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad effettuare la misurazione
degli agenti che possono presentare un rischio per la salute, con metodiche
standardizzate di cui è riportato un elenco meramente indicativo
nell'allegato XLI o in loro assenza, con metodiche appropriate e con
particolare riferimento ai valori limite di esposizione professionale e per
periodi rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali.
3. Quando sia stato superato un valore limite di
esposizione professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di
lavoro identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento
dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriate di prevenzione e
protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono
allegati ai documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti
per la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle
misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli obblighi
conseguenti alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 223. Sulla base
della valutazione dei rischi e dei principi generali di prevenzione e
protezione, il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative
adeguate alla natura delle operazioni, compresi l'immagazzinamento, la
manipolazione e l'isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in
particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la presenza di
concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o quantità pericolose di
sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attività lavorativa non consenta
di prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni pericolose di
sostanze infiammabili o quantità pericolose di sostanze chimicamente
instabili, il datore di lavoro deve in particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che
potrebbero dar luogo a incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni
avverse che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze
o miscele di sostanze chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative
previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla salute e
la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di esplosione dovuti
all'accensione di sostanze infiammabili, o gli effetti dannosi derivanti da
sostanze o miscele di sostanze chimicamente instabili.
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di
lavoro ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi
alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in particolare per
quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere potenzialmente
esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un
sufficiente controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo
a disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del rischio
di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento
dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e
delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione,
senza indugio, all'organo di vigilanza.
Art. 226.
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e
44, nonché quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data 10
marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.
81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di proteggere la salute e
la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze di incidenti o di emergenze
derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sul luogo di lavoro,
predispone procedure di intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di
tali eventi. Tali misure comprendono esercitazioni di sicurezza da
effettuarsi a intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a
disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di
lavoro adotta immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in
particolare, di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i
lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per porre
rimedio alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui è consentito operare nell'area colpita
o ai lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle
attività necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi di
protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che devono essere
utilizzate sino a quando persiste la situazione anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per
approntare sistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per
segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano
previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano vanno
inserite:
a) informazioni preliminari sulle attività pericolose,
sugli agenti chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei
rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi
competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le proprie
procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi
specifici derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o
situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure elaborate
in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non
protetti devono immediatamente abbandonare la zona interessata.
Art. 227.
Informazione e formazione per i lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il
datore di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti
dispongano di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e
ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo di
lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti
sul luogo di lavoro, quali l'identità degli agenti, i rischi per la sicurezza
e la salute, i relativi valori limite di esposizione professionale e altre
disposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni
adeguate da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul
luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a
disposizione dal responsabile dell'immissione sul mercato ai sensi dei
decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e
successive modificazioni.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione
del rischio di cui all'articolo 223. Tali informazioni possono essere
costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e dall'addestramento
individuali con il supporto di informazioni scritte, a seconda della natura e
del grado di rischio rivelato dalla valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle
circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti
chimici pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da
segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il datore di
lavoro provvede affinché la natura del contenuto dei contenitori e delle
condutture e gli eventuali rischi connessi siano chiaramente identificabili.
4. Il responsabile dell'immissione sul mercato devono
trasmettere ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti
chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai decreti
legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni.
Art. 228.
Divieti
1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego
degli agenti chimici sul lavoro e le attività indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente è presente in un
preparato, o quale componente di rifiuti, purché la concentrazione
individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere
effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del comma 5, le
seguenti attività:
a) attività a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione
scientifica, ivi comprese le analisi;
b) attività volte ad eliminare gli agenti chimici che sono
presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere
usati come intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo,
nei casi di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita
l'esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso più rapido
possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in un sistema chiuso
dal quale gli stessi possono essere rimossi soltanto nella misura necessaria
per il controllo del processo o per la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attività
di cui al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale che la rilascia sentito il Ministero
della salute e la regione interessata. La richiesta di autorizzazione è
corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attività e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e
per prevenire l'esposizione dei lavoratori.
Art. 229.
Sorveglianza sanitaria
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 224, comma 2,
sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 i
lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che
rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici,
nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per il ciclo
riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che
comporta l'esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con
periodicità diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione
riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai
rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della valutazione
del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In
tale occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le eventuali
indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare.
3. Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i
lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite
biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore
interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma anonima, vengono
allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai
rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio
per il lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico
competente, adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli
lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici
effettuati. Le misure possono comprendere l'allontanamento del lavoratore
secondo le procedure dell'articolo 42.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria si
evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera
analoga ad uno stesso agente, l'esistenza di effetti pregiudizievoli per la
salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite
biologico, il medico competente informa individualmente i lavoratori
interessati ed il datore di lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi
effettuata a norma dell'articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per
eliminare o ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente
nell'attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinché sia effettuata una visita
medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito
un'esposizione simile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato,
può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi
rispetto a quelli definiti dal medico competente.
Art. 230.
Cartelle sanitarie e di rischio
1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui
all'articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo quanto
previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al lavoratore
interessato tutte le informazioni previste dalle lettere g) ed h) del comma 1
del medesimo articolo. Nella cartella di rischio sono, tra l'altro, indicati
i livelli di esposizione professionale individuali forniti dal Servizio di
prevenzione e protezione.
2. Su richiesta, è fornita agli organi di vigilanza copia
dei documenti di cui al comma 1.
Art. 231.
Consultazione e partecipazione dei lavoratori
1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei
loro rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui
all'articolo 50.
Art. 232.
Adeguamenti normativi
1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è
istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato
consultivo per la determinazione e l'aggiornamento dei valori limite di
esposizione professionale e dei valori limite biologici relativi agli agenti
chimici. Il Comitato è composto da nove membri esperti nazionali di chiara
fama in materia tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del
Ministero della salute, su proposta dell'Istituto superiore di sanità,
dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in
rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in
rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Il
Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della Direzione
generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro e
della previdenza sociale.
2. Con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Ministro
dello sviluppo economico, il Comitato di cui al comma 1 e le parti sociali,
sono recepiti i valori di esposizione professionale e biologici obbligatori
predisposti dalla Commissione europea, sono altresì stabiliti i valori limite
nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti dalla
Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII, XXXIX, XL e XLI
in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche
comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti
chimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 è inoltre determinato il
rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di
cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo, alle quantità ed alla
esposizione di agenti chimici, anche tenuto conto dei valori limite
indicativi fissati dalla Unione europea e dei parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2,
con uno o più decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, possono
essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, i parametri per l'individuazione del rischio basso per
la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori di cui all'articolo
224, comma 2, sulla base di proposte delle associazioni di categoria dei
datori di lavoro interessate comparativamente rappresentative, sentite le
associazioni dei prestatori di lavoro interessate comparativamente
rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente articolo,
la valutazione del rischio moderato è comunque effettuata dal datore di
lavoro.
p
Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 233.
Campo di applicazione
1. Fatto salvo quanto previsto per le attività disciplinate
dal capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni
previste dal trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia
atomica, le norme del presente titolo si applicano a tutte le attività nelle
quali i lavoratori sono o possono essere esposti ad agenti cancerogeni o
mutageni a causa della loro attività lavorativa.
Art. 234.
Definizioni
1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi del
decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al
numero 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la
classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in base ai
criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo
2003, n. 65 e successive modificazioni;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui
all'allegato XLII, nonché una sostanza od un preparato emessi durante un
processo previsto dall'allegato XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o più sostanze di cui al
punto 1), quando la concentrazione di una o più delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la
classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in base ai
criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo
2003, n. 65, e successive modificazioni;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite
della concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente
cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di respirazione di
un lavoratore, in relazione ad un periodo di riferimento determinato
stabilito nell'allegato XLIII.
p
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 235.
Sostituzione e riduzione
1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un
agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare
sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o
un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta
nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non è tecnicamente possibile sostituire l'agente
cancerogeno o mutageno il datore di lavoro provvede affinché la produzione o
l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema
chiuso purché tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non è tecnicamente
possibile il datore di lavoro provvede affinché il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente
stabilito nell'allegato XLIII.
Art. 236.
Valutazione del rischio
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore
di lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni o
mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di cui
all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle
caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza,
dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati,
della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare
nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro
stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in
scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida
che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto
di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è
assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della
valutazione di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del
presente capo, adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o
l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attività lavorative che comportano la presenza di
sostanze o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui
all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono impiegati
agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni
o mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il
grado della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo
dei dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli
agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come
sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni
caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza può richiedere i dati
di cui al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.
Art. 237.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro
adeguati, che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi
di agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessità delle
lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di impiego, in
forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non sono accumulati sul
luogo di lavoro in quantitativi superiori alle necessità predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori
esposti o che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche
isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati segnali
di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato fumare», ed
accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi per motivi connessi
con la loro mansione o con la loro funzione. In dette aree è fatto divieto di
fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo
che non vi è emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se ciò non
è tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti cancerogeni o mutageni
deve avvenire il più vicino possibile al punto di emissione mediante
aspirazione localizzata, nel rispetto dell'articolo 18, comma 1, lettera q).
L'ambiente di lavoro deve comunque essere dotato di un adeguato sistema di
ventilazione generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o
mutageni per verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non
prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di misurazione
conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei
locali, delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono
conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini
dello smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti
agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in particolare
utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente,
misure protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali
l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi
particolarmente elevati.
Art. 238.
Misure tecniche
1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei
indumenti protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinché i dispositivi di protezione
individuale siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo
ogni utilizzazione, provvedendo altresì a far riparare o sostituire quelli
difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1,
lettera b), è vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi
destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 239.
Informazione e formazione
1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base
delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per
quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli
lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al loro
impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessità di indossare e impiegare indumenti di
lavoro e protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro
corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le
misure da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una
formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2
sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione
e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni
qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla
natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinché gli
impianti, i contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o
mutageni siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile.
I contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi al
disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n.
65, e successive modificazioni.
Art. 240.
Esposizione non prevedibile
1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o
incidenti che possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti
cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima misure
appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento e ne informa i
lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area
interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli interventi di
riparazione ed ad altre operazioni necessarie, indossando idonei indumenti
protettivi e dispositivi di protezione delle vie respiratorie, messi a loro
disposizione dal datore di lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di
protezione non può essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, è
limitata al tempo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di
vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando
analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le conseguenze
dannose o pericolose.
Art. 241.
Operazioni lavorative particolari
1. Per le operazioni lavorative, quale quella di
manutenzione, per le quali è prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le
misure di prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei
lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro
previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle
suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile, all'isolamento
delle stesse ed alla loro identificazione mediante appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi
di protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori adibiti
alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori
addetti è in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con
riferimento alle lavorazioni da espletare.
p
Sezione III
Sorveglianza sanitaria
Art. 242.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive
specifiche
1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui
all'articolo 236 ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a
sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico
competente, adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori
sulla base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere
l'allontanamento del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di una
anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il
datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore
di lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformità
all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle misure
adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con
particolare riguardo all'oppor-tunità di sottoporsi ad accertamenti sanitari
anche dopo la cessazione dell'attività lavorativa.
Art. 243.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie
1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un
registro nel quale è riportata, per ciascuno di essi, l'attività svolta,
l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il valore
dell'esposizione a tale agente. Detto registro è istituito ed aggiornato dal
datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite del medico competente.
Il responsabile del servizio di prevenzione ed i rappresentanti per la
sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui
all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella sanitaria e
di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati,
su richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro di
cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della cartella
sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore
di lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul
lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore interessato
unitamente alle annotazioni individuali contenute nel registro e ne consegna
copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attività dell'azienda, il
datore di lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle
sanitarie e di rischio all'ISPESL. 6. Le annotazioni individuali contenute
nel registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono
conservate dal datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di
lavoro e dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attività
che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e
le cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con
salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati personali e
nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del
lavoratore ad agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL
ed all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro ogni
tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano richiesta, le
variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanità
copia del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza competente per
territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in
precedenza esercitato attività con esposizione ad agenti cancerogeni, il
datore di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria
e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in possesso ai sensi del comma
4.
9. I modelli e le modalità di tenuta del registro e delle
cartelle sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro
della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello stesso
Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale e con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica
amministrazione, sentita la commissione consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della
salute dati di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1
ed a richiesta li rende disponibili alle regioni.
Art. 244.
Registrazione dei tumori
1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi
regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio, realizza
sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da esposizione ad agenti
chimici cancerogeni e dei danni alla salute che ne conseguono, anche in
applicazione di direttive e regolamenti comunitari. A tale scopo raccoglie,
registra, elabora ed analizza i dati, anche a carattere nominativo, derivanti
dai flussi informativi di cui all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione
delle esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul
territorio nazionale, nonché i dati di carattere occupazionale rilevati,
nell'ambito delle rispettive attività istituzionali, dall'Istituto nazionale
della previdenza sociale, dall'Istituto nazionale di statistica, dall'Istituto
nazionale contro gli infortuni sul lavoro, e da altre amministrazioni
pubbliche. I sistemi di monitoraggio di cui al presente comma altresì
integrano i flussi informativi di cui all'articolo 8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonché
gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che
identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad esposizioni
lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione all'ISPESL, tramite i
Centri operativi regionali (COR) di cui al comma 1, trasmettendo le
informazioni di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10
dicembre 2002, n. 308, che regola le modalità di tenuta del registro, di
raccolta e trasmissione delle informazioni.
3. Presso l'ISPESL è costituito il registro nazionale dei
casi di neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni
rispettivamente dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di
Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavità nasali e dei seni
paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori nasali e
sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a più bassa frazione eziologia
riguardo alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed
analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster di casi
possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di mortalità di
possibile significatività epidemiologica in rapporto a rischi occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero della salute, al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all'INAIL ed alle regioni e
province autonome i risultati del monitoraggio con periodicità annuale.
5. I contenuti, le modalità di tenuta, raccolta e
trasmissione delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di
monitoraggio di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero della
salute, d'intesa con le regioni e province autonome.
Art. 245.
Adeguamenti normativi
1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale
individua periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la
riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di classificazione
ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute, su richiesta, in tema di classificazione
di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la
Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione
del progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche comunitarie
o internazionali e delle conoscenze nel settore degli agenti cancerogeni o
mutageni;
b) è pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione
dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.
p
Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali
Art. 246.
Campo di applicazione
1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo
1992, n. 257, le norme del presente decreto si applicano alle rimanenti
attività lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il rischio di
esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione dell'amianto o dei
materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti,
nonché bonifica delle aree interessate.
Art. 247.
Definizioni
l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa i
seguenti silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.
p
Sezione II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 248.
Individuazione della presenza di amianto
1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di
manutenzione, il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai
proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare la
presenza di materiali a potenziale contenuto d'amianto.
2. Se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un
materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste dal
presente capo.
Art. 249.
Valutazione del rischio
l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di
lavoro valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai
materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il grado
dell'esposizione e le misure preventive e protettive da attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensità
e a condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di cui al
comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non è superato
nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli articoli 250, 259 e
260, comma 1, nelle seguenti attività:
a) brevi attività non continuative di manutenzione durante
le quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non
degradati in cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti
amianto che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei
campioni ai fini dell'individuazione della presenza di amianto in un
determinato materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
ogni qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un mutamento
significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente
dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo
6 provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle
esposizioni sporadiche e di debole intensità, di cui al comma 2.
Art. 250.
Notifica
1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il
datore di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente per
territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una
descrizione sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attività e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei
lavoratori all'amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i
loro rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione oggetto
della notifica di cui ai commi l e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle
condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo
dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali
contenenti amianto, effettua una nuova notifica.
Art. 251.
Misure di prevenzione e protezione
1. In tutte le attività di cui all'articolo 246,
l'esposizione dei lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai
materiali contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al
minimo e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato nell'articolo
254, in particolare mediante le seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere
esposti alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti
amianto deve essere limitato al numero più basso possibile;
b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare
dispositivi di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con
fattore di protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto
nell'aria e tale da garantire all'utilizzatore in ogni caso che l'aria
filtrata presente all'interno del DPI sia non superiore ad un decimo del
valore limite indicato all'articolo 254;
c) l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo
di riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro, l'accesso alle
aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione di cui
all'articolo 256, comma 4, lettera d);
d) per la protezione dei lavoratori addetti alle
lavorazioni previste dall'articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto
al comma 1, lettera b), del presente articolo;
e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo
tale da evitare di produrre polvere di amianto o, se ciò non è possibile, da
evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;
f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento
dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e
manutenzione;
g) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di
amianto o che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in
appositi imballaggi chiusi;
h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di
lavoro il più presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui sarà
apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto. Detti rifiuti
devono essere successivamente trattati in conformità alla vigente normativa
in materia di rifiuti pericolosi.
Art. 252.
Misure igieniche
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma
2, per tutte le attività di cui all'articolo 246, il datore di lavoro adotta
le misure appropriate affinché:
a) i luoghi in cui si svolgono tali attività siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi
cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano
accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai
lavoratori di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di
amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati
indumenti di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino
all'interno dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo
per il lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in
contenitori chiusi, qualora l'impresa stessa non vi provveda o in caso di
utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo le vigenti
disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un
luogo separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari
adeguati, provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a
tale scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano
prese misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o
deteriorato prima di ogni utilizzazione.
Art. 253.
Controllo dell'esposizione
1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite
fissato all'articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione
iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la
misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del luogo di
lavoro tranne nei casi in cui ricorrano le condizioni previste dal comma 2
dell'articolo 249. I risultati delle misure sono riportati nel documento di
valutazione dei rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo
dell'esposizione personale del lavoratore alla polvere proveniente
dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da
personale in possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui
all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati ai
sensi del decreto del Ministro della sanità in data 14 maggio 1996,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana n. 178 del 25 ottobre 1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da
consentire di stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di
riferimento di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto è effettuato di
preferenza tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo
raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nel 1997 o
qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di cui
al comma l, si prendono in considerazione unicamente le fibre che abbiano una
lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza inferiore a tre
micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia superiore a 3:1.
Art. 254.
Valore limite
1. Il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato
a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel
tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinché
nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell'aria
superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene
superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il
più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il
lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure
adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma
2, il datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione
della concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l'esposizione non può essere ridotta
con altri mezzi è necessario l'uso di un dispositivo di protezione
individuale delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale
da garantire tutte le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1, lettera
b); l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di riposo adeguati
all'impegno fisico richiesto dal lavoro; l'accesso alle aree di riposo deve
essere preceduto da idonea decontaminazione di cui all'articolo 256, comma 4,
lettera d).
5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro,
previa consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i
periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle
condizioni climatiche.
Art. 255.
Operazioni lavorative particolari
1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui,
nonostante l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la
concentrazione di amianto nell'aria, è prevedibile che questa superi il
valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta adeguate
misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di
protezione delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione
individuali tali da garantire le condizioni previste dall'articolo 251, comma
1, lettera b);
b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che si
prevede il superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione
della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui
all'articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali attività.
Art. 256.
Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto
1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto
possono essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui
all'articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di
demolizione o di rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da
edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonché dai mezzi di trasporto,
predispone un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie
per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro e
la protezione dell'ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene
informazioni sui seguenti punti:
a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti
amianto prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che
tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio maggiore di
quello rappresentato dal fatto che l'amianto o i materiali contenenti amianto
vengano lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di
protezione individuale;
c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione
all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione o di
rimozione dell'amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione
del personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la
raccolta e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei
valori limite di cui all'articolo 254, delle misure di cui all'articolo 255,
adattandole alle particolari esigenze del lavoro specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione
dell'amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si
intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d) ed e).
5. Copia del piano di lavoro è inviata all'organo di
vigilanza, almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 5
sostituisce gli adempimenti di cui all'articolo 50.
7. Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori o i
loro rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.
Art. 257.
Informazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad
attività comportanti esposizione ad amianto, nonché ai loro rappresentanti,
informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla
polvere proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa
la necessità di non fumare;
c) le modalità di pulitura e di uso degli indumenti
protettivi e dei dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel
ridurre al minimo l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 254 e
la necessità del monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai
risultati delle misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria
emergano valori superiori al valore limite fissato dall'articolo 254, il datore
di lavoro informa il più presto possibile i lavoratori interessati e i loro
rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li consulta sulle
misure da adottare o, nel caso in cui ragioni di urgenza non rendano
possibile la consultazione preventiva, il datore di lavoro informa
tempestivamente i lavoratori interessati e i loro rappresentanti delle misure
adottate.
Art. 258.
Formazione dei lavoratori
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, il
datore di lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente
esposti a polveri contenenti amianto ricevano una formazione sufficiente ed
adeguata, ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di
sicurezza, in particolare per quanto riguarda:
a) le proprietà dell'amianto e i suoi effetti sulla salute,
incluso l'effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere
amianto;
c) le operazioni che possono comportare un'esposizione
all'amianto e l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al minimo
tale esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le
attrezzature di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la
corretta utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l'eliminazione dei rifiuti;
i) la necessità della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento
dell'amianto e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano
frequentato i corsi di formazione professionale di cui all'articolo 10, comma
2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n. 257.
Art. 259.
Sorveglianza sanitaria
1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione,
rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e
trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate cui
all'articolo 246, prima di essere adibiti allo svolgimento dei suddetti
lavori e periodicamente, almeno una volta ogni tre anni, o con periodicità
fissata dal medico competente, sono sottoposti ad un controllo sanitario volto
a verificare la possibilità di indossare dispositivi di protezione
respiratoria durante il lavoro.
2. I lavoratori che durante la loro attività sono stati
iscritti anche una sola volta nel registro degli esposti di cui all'articolo
243, comma 1, sono sottoposti ad una visita medica all'atto della cessazione
del rapporto di lavoro; in tale occasione il medico competente deve fornire
al lavoratore le indicazioni relative alle prescrizioni mediche da osservare
ed all'opportunità di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno
l'anamnesi individuale, l'esame clinico generale ed in particolare del
torace, nonché esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle conoscenze
scientifiche e dello stato di salute del lavoratore, valuta l'opportunità di
effettuare altri esami quali la citologia dell'espettorato, l'esame
radiografico del torace o la tomodensitometria.
Art. 260.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio
1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui
all'articolo 246, che nonostante le misure di contenimento della dispersione
di fibre nell'ambiente e l'uso di idonei DPI, nella valutazione
dell'esposizione accerta che l'esposizione è stata superiore a quella
prevista dall'articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si siano trovati
nelle condizioni di cui all'articolo 240, li iscrive nel registro di cui
all'articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli organi di vigilanza ed
all'ISPESL. L'iscrizione nel registro deve intendersi come temporanea
dovendosi perseguire l'obiettivo della non permanente condizione di
esposizione superiore a quanto indicato all'articolo 251, comma 1, lettera
b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi
di vigilanza e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto
di lavoro, trasmette all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del
lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1.
4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al
comma 3 per un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.
Art. 261.
Mesoteliomi
1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione
le disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.
p
Capo IV
Sanzioni
Art. 262.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
4.000 a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3,
225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3, 237, 238,
comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242, commi 1, 2 e 5, lettera
b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1, 254, 255, 256, commi da 1 a 4,
257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260, comma 1;
b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227, commi
1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240, comma 3, 248, comma
1, e 252;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a
3.000 euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e 7;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a
18.000 euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253,
comma 3, e 260, commi 2 e 3.
Art. 263.
Sanzioni per il preposto
1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale
è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a
1.200 euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5,
235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e 242, commi 1 e
2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a
800 euro per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239,
commi 1 e 4.
Art. 264.
Sanzioni per il medico competente
1. Il medico competente è punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a
4.500 euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e
comma 6, 230, e 242, comma 4;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a
800 euro per la violazione dell'articolo 243, comma 2.
Art. 265.
Sanzioni per i lavoratori
1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a
quindici giorni o con l'ammenda da 100 a 400 euro per la violazione
dell'articolo 240, comma 2.
p
Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I
Art. 266.
Campo di applicazione
1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le
attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti
biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento
delle norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente
modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi
geneticamente modificati.
Art. 267.
Definizioni
1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se
geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che
potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entità microbiologica,
cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro
di cellule derivate da organismi pluricellulari.
Art. 268.
Classificazione degli agenti biologici
1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro
gruppi a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta
poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare
malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco
probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci
misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i
lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma
sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che
può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio
per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella
comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o
terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di
classificazione non può essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i
due gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio più
elevato tra le due possibilità.
3. L'allegato XLVI riporta l'elenco degli agenti biologici
classificati nei gruppi 2, 3 e 4.
Art. 269.
Comunicazione
1. Il datore di lavoro che intende esercitare attività che
comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica all'organo di
vigilanza territorialmente competente le seguenti informazioni, almeno trenta
giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
2. Il datore di lavoro che è stato autorizzato
all'esercizio di attività che comporta l'utilizzazione di un agente biologico
del gruppo 4 è tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni
qualvolta si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una
variazione significativa del rischio per la salute sul posto di lavoro, o,
comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo agente classificato
dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle
informazioni di cui al comma 1.
5. Ove le attività di cui al comma 1 comportano la presenza
di microrganismi geneticamente modificati, ai quali si applicano i livelli di
contenimento 2, 3 e 4 individuati all'allegato IV del decreto legislativo 12
aprile 2001, n. 206, il documento di cui al comma 1, lettera b), è sostituito
da copia della documentazione prevista per i singoli casi di specie dal
predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono
tenuti alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli
agenti biologici del gruppo 4.
Art. 270.
Autorizzazione
1. Il datore di lavoro che intende utilizzare,
nell'esercizio della propria attività, un agente biologico del gruppo 4 deve
munirsi di autorizzazione del Ministero della salute.
2. La richiesta di autorizzazione è corredata da:
a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione è rilasciata dai competenti uffici del
Ministero della salute sentito il parere dell'Istituto superiore di sanità.
Essa ha la durata di 5 anni ed è rinnovabile. L'accertamento del venir meno
di una delle condizioni previste per l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di
cui al comma 1 informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente
biologico del gruppo 4 utilizzato, nonché di ogni avvenuta cessazione di
impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono
esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della salute comunica all'organo di
vigilanza competente per territorio le autorizzazioni concesse e le
variazioni sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4.
Il Ministero della salute istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli
agenti biologici del gruppo 4 dei quali è stata comunicata l'utilizzazione
sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.
p
Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 271.
Valutazione del rischio
1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di
cui all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni
disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e delle
modalità lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che
presentano o possono presentare un pericolo per la salute umana quale
risultante dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore
di lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i criteri
di cui all'articolo 268, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere
contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale è affetto
un lavoratore, che è da porre in correlazione diretta all'attività lavorativa
svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorità
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici
utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi
microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le misure
protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole alle
particolarità delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione
di cui al comma 1 in occasione di modifiche dell'attività lavorativa significative
ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in ogni caso, trascorsi
tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attività, quali quelle riportate a titolo
esemplificativo nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione
di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di esposizioni
dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro può prescindere
dall'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 273, 274, commi 1 e
2, 275, comma 3, e 279, qualora i risultati della valutazione dimostrano che
l'attuazione di tali misure non è necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 è integrato dai
seguenti dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il
rischio di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla
lettera a);
c) le generalità del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonché le
misure preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei
lavoratori contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3
o del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza è consultato prima
dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso anche ai
dati di cui al comma 5.
Art. 272.
Misure tecniche, organizzative, procedurali
1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il datore di
lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni
esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il
tipo di attività lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente
esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di
protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti
l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al
minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato
nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e
trattare campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare
incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di
lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o
tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,
l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza,
mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente
dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto
in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di
lavoro.
Art. 273.
Misure igieniche
1. In tutte le attività nelle quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati
provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi
oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od
altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano
controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo
altresì a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione
successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere
contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore lascia la
zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri indumenti, disinfettati,
puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro in cui c'è rischio di esposizione è
vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al consumo
umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.
Art. 274.
Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie
1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e
veterinarie, in sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione
alla possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o
degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale
presenza comporta in relazione al tipo di attività svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore
di lavoro definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono
di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l'operatore e per
la comunità, i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od
animali che sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del
gruppo 3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al
minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.
Art. 275.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto
all'allegato XLVI, punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti
biologici dei gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e
nei locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente contaminati
con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure di contenimento in
conformità all'allegato XLVII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti
biologici sia eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo
livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello
di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto
livello di contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con
possibile contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali
destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali agenti, il
datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del secondo
livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di
agenti biologici non ancora classificati, ma il cui uso può far sorgere un
rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro adotta misure
corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il
Ministero della salute, sentito l'Istituto superiore di sanità, può
individuare misure di contenimento più elevate.
Art. 276.
Misure specifiche per i processi industriali
1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto
all'allegato XLVII, punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di
agenti biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure
opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XLVIII, tenendo anche
conto dei criteri di cui all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il
cui uso può far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo
livello di contenimento.
Art. 277.
Misure di emergenza
1. Se si verificano incidenti che possono provocare la
dispersione nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3
o 4, i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata, cui
possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi, con
l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al più presto l'organo di
vigilanza territorialmente competente, nonché i lavoratori ed il
rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo hanno
determinato e delle misure che intende adottare, o che ha già adottato, per
porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di
lavoro o al dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente
relativo all'uso di agenti biologici.
Art. 278.
Informazioni e formazione
1. Nelle attività per le quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili,
informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici
utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti
biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le
misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una
formazione adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2
sono fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione,
e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque ogni qualvolta si
verificano nelle lavorazioni cambiamenti che influiscono sulla natura e sul
grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben
visibile cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di
infortunio od incidente.
p
Capo III
Sorveglianza sanitaria
Art. 279.
Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la
valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico
competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i
quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali
di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei
lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella
lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le
procedure dell'articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di
anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il
datore di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore
di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità
all'articolo 271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di
sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività
che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici
individuati nell'allegato XLVI nonché sui vantaggi ed inconvenienti della
vaccinazione e della non vaccinazione.
Art. 280.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali
1. I lavoratori addetti ad attività comportanti uso di
agenti del gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono
riportati, per ciascuno di essi, l'attività svolta, l'agente utilizzato e gli
eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro
di cui al comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il rappresentante per
la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1
all'Istituto superiore di sanità, all'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio,
comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni qualvolta questi ne fanno
richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la
cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1, fornendo
al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e consegna al medesimo
Istituto le relative cartelle sanitarie e di rischio;
c) in caso di cessazione di attività dell'azienda, consegna
all'Istituto superiore di sanità e all'organo di vigilanza competente per
territorio copia del registro di cui al comma 1 ed all'Istituto superiore per
la prevenzione e sicurezza sul lavoro copia del medesimo registro nonché le
cartelle sanitarie e di rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato
attività che comportano rischio di esposizione allo stesso agente richiede
all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1, nonché copia della cartella sanitaria e di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori
interessati le relative annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio, ed al rappresentante per
la sicurezza i dati collettivi anonimi contenuti nel registro di cui al comma
1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui
al comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal datore di
lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e dall'ISPESL fino a dieci
anni dalla cessazione di ogni attività che espone ad agenti biologici. Nel
caso di agenti per i quali è noto che possono provocare infezioni consistenti
o latenti o che danno luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo
tempo o che possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo è di
quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi è custodita
e trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalità di tenuta del registro di cui al
comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con decreto
del Ministro della salute e del lavoro e della previdenza sociale sentita la Commissione
consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute
dati di sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.
Art. 281.
Registro dei casi di malattia e di decesso
1. Presso l'ISPESL è tenuto un registro dei casi di
malattia ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonché le strutture sanitarie, pubbliche o
private, che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al comma
1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione clinica.
3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e
della previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva, sono determinati
il modello e le modalità di tenuta del registro di cui al comma 1, nonché le
modalità di trasmissione della documentazione di cui al comma 2.
4. Il Ministero della salute fornisce alla Commissione CE,
su richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di cui al
comma 1.
p
Capo IV
Sanzioni
Art. 282.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3; 270,
commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276;
277, comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280, commi 1 e 2;
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro
3.000 a euro 18.000 per la violazione dell'articolo 280, commi 3 e 4.
Art. 283.
Sanzioni a carico dei preposti
1. Il preposto è punito nei limiti dell'attività alla quale
è tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da
2.000 a 4.000 euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272; 273,
comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279, commi 1 e 2.
Art. 284.
Sanzioni a carico del medico competente
1. Il medico competente è punito con l'arresto fino a due
mesi o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione
dell'articolo 279, comma 3.
Art. 285.
Sanzioni a carico dei lavoratori
1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro 150
a euro 600 per la violazione dell'articolo 277, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da
euro 103 a euro 309 per la violazione dell'articolo 277, comma 1.
Art. 286.
Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi
esposti
1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 273,
comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500
euro.
p
Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali
Art. 287.
Campo di applicazione
1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela
della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al
rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in
sotterraneo ove è presente un'area con atmosfere esplosive, oppure è
prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si possa
formare nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche
dei pazienti, nel corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo
stoccaggio ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo,
fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di
accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto delle
sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo al trasporto
internazionale di merci pericolose per vie navigabili interne (ADN),
l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale (ICAO),
l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché la normativa
comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente titolo si applica
invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosfera potenzialmente
esplosiva.
Art. 288.
Definizioni
1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera
esplosiva» una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili
allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.
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Capo II
Obblighi del datore di lavoro
Art. 289.
Prevenzione e protezione contro le esplosioni
1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le
esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali
di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta le misure
tecniche e organizzative adeguate alla natura dell'attività; in particolare
il datore di lavoro previene la formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attività non consente di prevenire la
formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione
in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono
combinate e integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e
sono riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si verifichino
cambiamenti rilevanti.
Art. 290.
Valutazione dei rischi di esplosione
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17,
comma 1, il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere
esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilità e durata della presenza di atmosfere
esplosive;
b) probabilità che le fonti di accensione, comprese le
scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate,
processi e loro possibili interazioni;
d) entità degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi
in considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento, tramite
aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
Art. 291.
Obblighi generali
1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei
lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei rischi e
quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i provvedimenti
necessari affinché:
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantità
tale da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di
altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere di
svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi
atmosfere esplosive in quantità tale da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la
presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio, mediante
l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.
Art. 292.
Coordinamento
1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i
cantieri temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino
lavoratori di più imprese, ciascun datore di lavoro è responsabile per le
questioni soggette al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilità individuale di ciascun
datore di lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che
è responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte le misure
riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e specifica nel documento
sulla protezione contro le esplosioni, di cui all'articolo 294, l'obiettivo,
le misure e le modalità di attuazione di detto coordinamento.
Art. 293.
Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive
1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma
dell'allegato XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al
comma 1 siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive in quantità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma
dell'allegato LI.
Art. 294.
Documento sulla protezione contro le esplosioni
1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290
il datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un documento,
denominato: «documento sulla protezione contro le esplosioni».
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve
precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e
valutati;
b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli
obiettivi del presente titolo;
c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle
zone di cui all'allegato XLIX;
d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni
minime di cui all'allegato L;
e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i
dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza
tenendo nel debito conto la sicurezza;
f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli
accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato
prima dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro,
le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito modifiche,
ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 è parte integrante del
documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.
Art. 295.
Termini per l'adeguamento
1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive, già utilizzate o a disposizione dell'impresa o
dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003, devono
soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di cui all'allegato
L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello
stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono soddisfare i
requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono
formarsi atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime
stabilite dal presente titolo.
Art. 296.
Verifiche
1. Il datore di lavoro provvede affinché le installazioni
elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi
dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III e IV
del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462.
Capo III
Sanzioni
Art. 297.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti
1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con
l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per
la violazione degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293, commi 1 e
2, e 296.
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Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE
Art. 298.
Principio di specialità
1. Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione
prevista dal titolo I e da una o più disposizioni previste negli altri
titoli, si applica la disposizione speciale.
Art. 299.
Esercizio di fatto di poteri direttivi
1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui
all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il
quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri
giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.
Art. 300.
Modifiche al decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231
1. L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente:
«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o
gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e
sicurezza sul lavoro).- 1. In relazione al delitto di cui all'articolo 589
del codice penale, commesso con violazione dell'articolo 55, comma 2, del
decreto legislativo attuativo della delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria
in misura pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al
precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo
9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un
anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al
delitto di cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione
delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una
sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non superiore a 500
quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al precedente periodo si
applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una
durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo
comma, del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela
della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in
misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui
al precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui
all'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a sei mesi.».
Art. 301.
Applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 20 e
seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758
1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e
sicurezza sul lavoro previste dal presente decreto nonché da altre
disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena
alternativa dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni in
materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758.
Art. 302.
Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena
dell'arresto
1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto e
punite con la sola pena dell'arresto il giudice applica, in luogo
dell'arresto, la pena dell'ammenda in misura comunque non inferiore a 8.000
euro e non superiore a 24.000 euro, se entro la conclusione del giudizio di
primo grado, risultano eliminate tutte le irregolarità, le fonti di rischio e
le eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non è in ogni caso
consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale
nel verificarsi di un infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto è stato commesso da soggetto che abbia
già riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative alla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di cui agli
articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione
delle norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il reato si
estingue decorsi tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che
l'imputato abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale,
limitatamente all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione
degli infortuni sul lavoro. In questo caso si estingue ogni effetto penale
della condanna.
Art. 303.
Circostanza attenuante
1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e
puniti con la pena dell'arresto, anche in via alternativa, è ridotta fino ad
un terzo per il contravventore che, entro i termini di cui all'articolo 491
del codice di procedura penale, si adopera concretamente per la rimozione
delle irregolarità riscontrate dagli organi di vigilanza e delle eventuali
conseguenze dannose del reato.
2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi
di definizione del reato ai sensi dell'articolo 302.
p
Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI
Art. 304.
Abrogazioni
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3,
e dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo sono abrogati:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, fatta
eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto
legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
187;
b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4
luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;
c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 123;
d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare
nella materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili con
lo stesso.
2. Con uno o più decreti integrativi attuativi della delega
prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123, si provvede all'armonizzazione delle disposizioni del
presente decreto con quelle contenute in leggi o regolamenti che dispongono
rinvii a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni
abrogate dal comma 1.
3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al
comma 2, laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a
norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni
abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti
norme del presente decreto legislativo.
Art. 305.
Clausola finanziaria
1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, commi 1 e
2, dall'esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto dagli
articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica. Le amministrazioni competenti provvedono agli adempimenti
derivanti dal presente decreto attraverso una diversa allocazione delle
ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione
alle medesime amministrazioni.
Art. 306.
Disposizioni finali
1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di quelle contenute nel
presente decreto legislativo.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1,
lettera a), e 28, nonché le altre disposizioni in tema di valutazione dei
rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni
sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci decorsi
novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella
Gazzetta Ufficiale; fino a tale data continuano a trovare applicazione le
disposizioni previgenti.
3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV
entrano in vigore alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo
1, della direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del medesimo
titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico,
sentita la commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, si dà
attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro dell'Unione europea per le parti in cui le stesse modificano
modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico previste dagli
allegati al presente decreto, nonché da altre direttive già recepite
nell'ordinamento nazionale.
p
ALLEGATI
Vedere
Allegati da pag. 93 a pag. 186
Vedere
Allegati da pag. 187 a pag. 271
Vedere
Allegati da pag. 272 a pag. 324
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