Decreto
Legislativo 25 luglio 1998, n. 286
"Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191
del 18 agosto 1998 - Supplemento Ordinario n. 139
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visto l'articolo 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 47, comma 1, della legge 6 marzo 1998, n. 40, recante delega al Governo per l'emanazione di un decreto
legislativo contenente il testo unico delle disposizioni concernenti gli stranieri,
nel quale devono essere riunite e coordinate tra loro e con le norme della
citata legge 6 marzo 1998, n. 40, con le modifiche a tal fine necessarie, le
disposizioni vigenti in materia di stranieri contenute nel testo unico delle
leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, non compatibili con le disposizioni della predetta legge
n. 40 del 1998, le disposizioni della legge 30
dicembre 1986, n. 943, e quelle dell'articolo 3, comma 13, della legge 8 agosto 1995 n. 335, compatibili con le disposizioni della medesima legge n.
40;
Vista la legge 23
agosto 1988, n. 400;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei
Ministri, adottata nella riunione del 9 giugno 1998;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla
sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 15 giugno 1998;
Acquisito il parere delle competenti commissioni del Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati;
Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate
nelle riunioni del 22 luglio 1998 e del 24 luglio 1998;
Sulla
proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la
solidarietà sociale, del Ministro degli affari esteri, del Ministro
dell'interno, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il
Ministro della sanità, con il Ministro della pubblica istruzione e
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con il Ministro
del lavoro e della previdenza sociale e con il Ministro per la funzione
pubblica e gli affari regionali;
EMANA
il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI
Art. 1
(Ambito di applicazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 1)
1.
Il presente testo unico, in attuazione dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione, si
applica, salvo che sia diversamente disposto, ai cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea e agli apolidi, di seguito indicati come
stranieri.
2. Il presente testo unico non si applica ai cittadini
degli Stati membri dell'Unione europea, se non in quanto si tratti di norme
più favorevoli, e salvo il disposto dell'articolo 45 della legge 6 marzo 1998, n. 40.
3. Quando altre disposizioni di legge fanno riferimento a
istituti concernenti persone di cittadinanza diversa da quella italiana
ovvero ad apolidi, il riferimento deve intendersi agli istituti previsti dal
presente testo unico. Sono fatte salve le disposizioni interne, comunitarie e
internazionali più favorevoli comunque vigenti nel territorio dello Stato.
4. Nelle materie di competenza legislativa delle regioni,
le disposizioni del presente testo unico costituiscono principi fondamentali
ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Per le materie di competenza delle regioni a statuto
speciale e delle province autonome, esse hanno il valore di norme
fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
5. Le disposizioni del presente testo unico non si
applicano qualora sia diversamente previsto dalle norme vigenti per lo stato
di guerra.
6. Il regolamento di attuazione del presente testo unico,
di seguito denominato regolamento di attuazione, è emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri,
entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge
6 marzo 1998, n. 40.
7. Prima dell'emanazione, lo schema del regolamento di cui
al comma 6 è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle
Commissioni competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni.
Decorso tale termine, il regolamento è emanato anche in mancanza del parere.
Art. 2
(Diritti e doveri dello straniero)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 2; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 1)
1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel
territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona
umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni
internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale
generalmente riconosciuti.
2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio
dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino
italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l'Italia e il
presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente
testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di
reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal
regolamento di attuazione.
3. La Repubblica italiana, in attuazione della convenzione
dell'OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n.
158, garantisce a tutti i lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti nel
suo territorio e alle loro famiglie parità di trattamento e piena uguaglianza
di diritti rispetto ai lavoratori italiani.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante partecipa alla
vita pubblica locale.
5. Allo straniero è riconosciuta parità di trattamento con
il cittadino relativamente alla tutela giurisdizionale dei diritti e degli
interessi legittimi, nei rapporti con la pubblica amministrazione e
nell'accesso ai pubblici servizi, nei limiti e nei modi previsti dalla legge.
6. Ai fini della comunicazione allo straniero dei provvedimenti
concernenti l'ingresso, il soggiorno e l'espulsione, gli atti sono tradotti,
anche sinteticamente, in una lingua comprensibile al destinatario, ovvero,
quando ciò non sia possibile, nelle lingue francese, inglese o spagnola, con
preferenza per quella indicata dall'interessato.
7. La protezione diplomatica si esercita nei limiti e nelle
forme previsti dalle norme di diritto internazionale. Salvo che vi ostino
motivate e gravi ragioni attinenti alla amministrazione della giustizia e
alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale, ogni straniero
presente in Italia ha diritto di prendere contatto con le autorità del Paese
di cui è cittadino e di essere in ciò agevolato da ogni pubblico ufficiale
interessato al procedimento. L'autorità giudiziaria, l'autorità di pubblica
sicurezza e ogni altro pubblico ufficiale hanno l'obbligo di informare, nei
modi e nei termini previsti dal regolamento di attuazione, la rappresentanza
diplomatica o consolare più vicina del Paese a cui appartiene lo straniero in
ogni caso in cui esse abbiano proceduto ad adottare nei confronti di costui
provvedimenti in materia di libertà personale, di allontanamento dal
territorio dello Stato, di tutela dei minori di status personale ovvero in
caso di decesso dello straniero o di ricovero ospedaliero urgente e hanno
altresì l'obbligo di far pervenire a tale rappresentanza documenti e oggetti
appartenenti allo straniero che non debbano essere trattenuti per motivi
previsti dalla legge. Non si fa luogo alla predetta informazione quando si
tratta di stranieri che abbiano presentato una domanda di asilo, di stranieri
ai quali sia stato riconosciuto lo status di rifugiato, ovvero di stranieri
nei cui confronti sono state adottate misure di protezione temporanea per
motivi umanitari.
8. Gli accordi internazionali stipulati per le finalità di
cui all'articolo 11, comma 4, possono stabilire situazioni giuridiche più
favorevoli per i cittadini degli Stati interessati a speciali programmi di
cooperazione per prevenire o limitare le immigrazioni clandestine.
9. Lo straniero presente nel territorio italiano è comunque
tenuto all'osservanza degli obblighi previsti dalla normativa vigente.
Art.
3
(Politiche migratorie)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 3)
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti i
Ministri interessati, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, la Conferenza Stato-città e autonomie
locali, gli enti e le associazioni nazionali maggiormente attivi
nell'assistenza e nell'integrazione degli immigrati e le organizzazioni dei
lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano
nazionale, predispone ogni tre anni il documento programmatico relativo alla
politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, che
è approvato dal Governo e trasmesso al Parlamento. Le competenti Commissioni
parlamentari esprimono il loro parere entro trenta giorni dal ricevimento del
documento programmatico. Il documento programmatico è emanato, tenendo conto
dei pareri ricevuti, con decreto del Presidente della Repubblica ed è
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Ministro
dell'Interno presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati
raggiunti attraverso i provvedimenti attuativi del documento programmatico.
2. Il documento programmatico indica le azioni e gli
interventi che lo Stato italiano, anche in cooperazione con gli altri Stati
membri dell'Unione europea, con le organizzazioni internazionali, con le
istituzioni comunitarie e con organizzazioni non governative, si propone di
svolgere in materia di immigrazione, anche mediante la conclusione di accordi
con i Paesi di origine. Esso indica altresì le misure di carattere economico
e sociale nei confronti degli stranieri soggiornanti nel territorio dello
Stato, nelle materie che non debbono essere disciplinate con legge.
3. Il documento individua inoltre i criteri generali per la
definizione dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato, delinea gli
interventi pubblici volti a favorire le relazioni familiari, l'inserimento
sociale e l'integrazione culturale degli stranieri residenti in Italia, nel
rispetto delle diversità e delle identità culturali delle persone, purchè non
confliggenti con l'ordinamento giuridico, e prevede ogni possibile strumento
per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.
4. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei
Ministri, sentiti i Ministri interessati e le competenti Commissioni
parlamentari, sono definite annualmente, sulla base dei criteri e delle altre
indicazioni del documento programmatico di cui al comma 1, le quote massime
di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato,
anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto
conto dei ricongiungimenti familiari e delle misure di protezione temporanea
eventualmente disposte a norma dell'articolo 20. I visti di ingresso per
lavoro subordinato, anche stagionale, e per lavoro autonomo sono rilasciati
entro il limite delle quote predette. In caso di mancata pubblicazione dei
decreti di programmazione annuale, la determinazione delle quote è
disciplinata in conformità con gli ultimi decreti pubblicati ai sensi del
presente testo unico nell'anno precedente.
5. Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di
bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano
i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obiettivo di rimuovere gli
ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli
interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con
particolare riguardo a quelli inerenti all'alloggio, alla lingua,
all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona
umana.
6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,
da adottare di concerto con il Ministro dell'interno, si provvede
all'istituzione di Consigli territoriali per l'immigrazione, in cui siano
rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la Regione,
gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e
nell'assistenza agli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori
di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli
interventi da attuare a livello locale.
7. Nella prima applicazione delle disposizioni del presente
articolo, il documento programmatico di cui al comma 1 è predisposto entro
novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n.
40. Lo stesso documento indica la data entro cui sono adottati i decreti di
cui al comma 4.
8. Lo schema del documento programmatico di cui al comma 7
è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere delle Commissioni
competenti per materia, che si esprimono entro trenta giorni. Decorso tale
termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere.
TITOLO II
DISPOSIZIONI SULL'INGRESSO, IL SOGGIORNO E L'ALLONTANAMENTO
DAL TERRITORIO DELLO STATO
CAPO I
DISPOSIZIONI SULL'INGRESSO E IL SOGGIORNO
Art.
4
(Ingresso nel territorio dello Stato)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 4)
1. L'ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo
straniero in possesso di passaporto valido o documento equipollente e del
visto d'ingresso, salvi i casi di esenzione, e può avvenire, salvi i casi di
forza maggiore, soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente
istituiti.
2.
Il visto di ingresso è rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche o
consolari italiane nello stato di origine o di stabile residenza dello
straniero. Per soggiorni non superiori a tre mesi, sono equiparati ai visti
rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche e consolari italiane quelli
emessi, sulla base di specifici accordi, dalle autorità diplomatiche o
consolari di altri Stati. Contestualmente al rilascio del visto d'ingresso
l'autorità diplomatica o consolare italiana consegna allo straniero una
comunicazione scritta in lingua a lui comprensibile che illustri i diritti e
i doveri dello straniero relativi all'ingresso ed al soggiorno in Italia. Il
diniego del visto di ingresso o reingresso è adottato con provvedimento
scritto e motivato che deve essere comunicato all'interessato unitamente alle
modalità di impugnazione e ad una traduzione in lingua a lui comprensibile o,
in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo. Per lo straniero in
possesso di permesso di soggiorno è sufficiente, ai fini del reingresso nel
territorio dello Stato, una preventiva comunicazione all'autorità di frontiera.
3. Ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 3,
comma 4, l'Italia, in armonia con gli obblighi assunti con l'adesione a
specifici accordi internazionali, consentirà l'ingresso nel proprio
territorio allo straniero che dimostri di essere in possesso di idonea
documentazione atta a confermare lo scopo e le condizioni del soggiorno,
nonchè la disponibilità di mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del
soggiorno e, fatta eccezione per i permessi di soggiorno per motivi di
lavoro, anche per il ritorno nel Paese di provenienza. I mezzi di sussistenza
sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla
base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'articolo
3, comma 1. Non potrà essere ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi
tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la
sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia
sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne
e la libera circolazione delle persone, con i limiti e le deroghe previsti
nei suddetti accordi.
4. L'ingresso in Italia può essere consentito con visti per
soggiorni di breve durata, validi fino a 90 giorni, e per soggiorni di lunga
durata che comportano per il titolare la concessione di un permesso di
soggiorno in Italia con motivazione identica a quella menzionata nel visto.
Per soggiorni inferiori a tre mesi saranno considerati validi anche i motivi
esplicitamente indicati in visti rilasciati da autorità diplomatiche o
consolari di altri Stati in base a specifici accordi internazionali
sottoscritti e ratificati dall'Italia ovvero a norme comunitarie.
5. Il Ministero degli affari esteri adotta, dandone
tempestiva comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari, ogni
opportuno provvedimento di revisione o modifica dell'elenco dei Paesi i cui
cittadini siano soggetti ad obbligo di visto, anche in attuazione di obblighi
derivanti da accordi internazionali in vigore.
6. Non possono fare ingresso nel territorio dello Stato e
sono respinti dalla frontiera gli stranieri espulsi, salvo che abbiano
ottenuto la speciale autorizzazione o che sia trascorso il periodo di divieto
di ingresso, gli stranieri che debbono essere espulsi e quelli segnalati,
anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai
fini del respingimento o della non ammissione per gravi motivi di ordine
pubblico, di sicurezza nazionale e di tutela delle relazioni internazionali.
7. L'ingresso è comunque subordinato al rispetto degli
adempimenti e delle formalità prescritti con il regolamento di attuazione.
Art.
5
(Permesso di soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 5)
1. Possono soggiornare nel territorio dello Stato gli
stranieri entrati regolarmente ai sensi dell'articolo 4, che siano muniti di
carta di soggiorno o di permesso di soggiorno rilasciati a norma del presente
testo unico o che siano in possesso di permesso di soggiorno o titolo
equipollente rilasciato dalla competente autorità di uno Stato appartenente
all'Unione europea, nei limiti ed alle condizioni previsti da specifici
accordi.
2. Il permesso di soggiorno deve essere richiesto, secondo le
modalità previste nel regolamento di attuazione, al questore della provincia
in cui lo straniero si trova entro otto giorni lavorativi dal suo ingresso
nel territorio dello Stato ed è rilasciato per le attività previste dal visto
d'ingresso o dalle disposizioni vigenti. Il regolamento di attuazione può
prevedere speciali modalità di rilascio relativamente ai soggiorni brevi per
motivi di turismo, di giustizia, di attesa di emigrazione in altro Stato e
per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto nonchè ai soggiorni in
case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze.
3. La durata del permesso di soggiorno è quella prevista
dal visto d'ingresso, nei limiti stabiliti dal presente testo unico o in
attuazione degli accordi e delle convenzioni internazionali in vigore. La
durata non può comunque essere:
a) superiore a tre mesi, per visite, affari e turismo;
b) superiore a sei mesi, per lavoro stagionale, o nove
mesi, per lavoro stagionale nei settori che richiedono tale estensione;
c) superiore ad un anno, in relazione alla frequenza di un
corso per studio o per formazione debitamente certificata; il permesso è
tuttavia rinnovabile annualmente nel caso di corsi pluriennali;
d) superiore a due anni, per lavoro autonomo, per lavoro
subordinato a tempo indeterminato e per ricongiungimenti familiari;
e) superiore alle necessità specificamente documentate,
negli altri casi consentiti dal presente testo unico o dal regolamento di
attuazione.
4. Il rinnovo del permesso di soggiorno deve essere
richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui si trova almeno
trenta giorni prima della scadenza ed è sottoposto alla verifica delle
condizioni previste per il rilascio o delle diverse condizioni previste dal
presente testo unico. Fatti salvi i diversi termini previsti dal presente
testo unico o dal regolamento di attuazione, il permesso di soggiorno è
rinnovato per una durata non superiore al doppio di quella stabilita con il
rilascio iniziale.
5. Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati
e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato quando
mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il
soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto
dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi
che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità
amministrative sanabili.
6. Il rifiuto o la revoca del permesso di soggiorno possono
essere altresì adottati sulla base di convenzioni o accordi internazionali,
resi esecutivi in Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di
soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti, salvo che ricorrano seri
motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi
costituzionali o internazionali dello Stato italiano.
7. Gli stranieri muniti del permesso di soggiorno o titolo
equipollente rilasciato dall'autorità di uno Stato appartenente all'Unione
europea, valido per il soggiorno in Italia sono tenuti a dichiarare la loro
presenza al questore con le modalità e nei termini di cui al comma 2. Agli
stessi è rilasciata idonea ricevuta della dichiarazione di soggiorno. Ai
contravventori si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una
somma da lire 200 mila a lire 600 mila. Qualora la dichiarazione non venga
resa entro 60 giorni dall'ingresso nel territorio dello Stato può essere
disposta l'espulsione amministrativa.
8. Il permesso di soggiorno, la ricevuta di dichiarazione
di soggiorno e la carta di soggiorno di cui all'articolo 9 sono rilasciati su
modelli a stampa, con caratteristiche anticontraffazione, conformi ai tipi
approvati dal Ministro dell'interno, in attuazione dell'Azione comune
adottata dal Consiglio dell'Unione europea il 16 dicembre 1996.
9.
Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti
giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i
requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento
di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di
questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente
testo unico.
Art. 6
(Facoltà ed obblighi inerenti al soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 6; r.d. 18 giugno 1931, n. 773, artt. 144, comma 2 e 148)
1. Il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di lavoro
subordinato, lavoro autonomo e familiari può essere utilizzato anche per le
altre attività consentite. Quello rilasciato per motivi di studio e
formazione può essere convertito, comunque prima della sua scadenza, in
permesso di soggiorno per motivi di lavoro nell'ambito delle quote stabilite
a norma dell'articolo 3, comma 4, secondo le modalità previste dal
regolamento di attuazione.
2.
Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e
ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato
civile o all'accesso a pubblici servizi, i documenti inerenti al soggiorno di
cui all'articolo 5, comma 8, devono essere esibiti agli uffici della pubblica
amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni
ed altri provvedimenti di interesse dello straniero comunque denominati.
3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti
di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto
o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di
soggiorno, è punito con l'arresto fino a sei mesi e l'ammenda fino a lire
ottocentomila.
4. Qualora vi sia motivo di dubitare della identità
personale dello straniero, questi può essere sottoposto a rilievi
segnaletici.
5. Per le verifiche previste dal presente testo unico o dal
regolamento di attuazione, l'autorità di pubblica sicurezza, quando vi siano
fondate ragioni, richiede agli stranieri informazioni e atti comprovanti la
disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte legittima, sufficiente
al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello
Stato.
6. Salvo quanto è stabilito nelle leggi militari, il
Prefetto può vietare agli stranieri il soggiorno in comuni o in località che
comunque interessano la difesa militare dello Stato. Tale divieto è
comunicato agli stranieri per mezzo della autorità locale di pubblica
sicurezza o col mezzo di pubblici avvisi. Gli stranieri, che trasgrediscono
al divieto, possono essere allontanati per mezzo della forza pubblica.
7. Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero
regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei
cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In
ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di
documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza.
Dell'avvenuta iscrizione o variazione l'ufficio dà comunicazione alla
questura territorialmente competente.
8. Fuori dei casi di cui al comma 7, gli stranieri che
soggiornano nel territorio dello Stato devono comunicare al questore competente
per territorio, entro i quindici giorni successivi, le eventuali variazioni
del proprio domicilio abituale.
9. Il documento di identificazione per stranieri è
rilasciato su modello conforme al tipo approvato con decreto del Ministro
dell'interno. Esso non è valido per l'espatrio, salvo che sia diversamente
disposto dalle convenzioni o dagli accordi internazionali.
10. Contro i provvedimenti di cui all'articolo 5 e al
presente articolo è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale
competente.
Art. 7
(Obblighi dell'ospitante e del datore di lavoro)
(R.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 147)
1. Chiunque, a qualsiasi titolo, da alloggio ovvero ospita
uno straniero o apolide, anche se parente o affine. o lo assume per qualsiasi
causa alle proprie dipendenze ovvero cede allo stesso la proprietà o il
godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello
Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore,
all'autorità locale di pubblica sicurezza.
2.
La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle
dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di
identificazione che lo riguardano, l'esatta ubicazione dell'immobile ceduto o
in cui la persona è alloggiata, ospitata o presta servizio ed il titolo per
il quale la comunicazione è dovuta.
Art. 8
(Disposizioni particolari)
(R.d. 18 giugno 1931, n. 773, art. 149)
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano ai
componenti del sacro collegio e del corpo diplomatico e consolare.
Art. 9
(Carta di soggiorno)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 7)
1.
Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno
cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente
un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito
sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari, può richiedere al
questore il rilascio della carta di soggiorno per sè, per il coniuge e per i
figli minori conviventi. La carta di soggiorno è a tempo indeterminato.
2. La carta di soggiorno può essere richiesta anche dallo
straniero coniuge o figlio minore o genitore conviventi di un cittadino
italiano o di cittadino di uno Stato dell'Unione europea residente in Italia.
3. La carta di soggiorno è rilasciata sempre che nei
confronti dello straniero non sia stato disposto il giudizio per taluno dei
delitti di cui all'articolo 380 nonchè, limitatamente ai delitti non colposi,
all'articolo 381 del codice di procedura penale o pronunciata sentenza di
condanna, anche non definitiva, salvo che abbia ottenuto la riabilitazione.
Successivamente al rilascio della carta di soggiorno il questore dispone la
revoca, se è stata emessa sentenza di condanna, anche non definitiva, per
reati di cui al presente comma. Qualora non debba essere disposta
l'espulsione e ricorrano i requisiti previsti dalla legge, è rilasciato
permesso di soggiorno. Contro il rifiuto del rilascio della carta di
soggiorno e contro la revoca della stessa è ammesso ricorso al tribunale
amministrativo regionale competente.
4. Oltre a quanto previsto per lo straniero regolarmente
soggiornante nel territorio dello Stato, il titolare della carta di soggiorno
può:
a) fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di
visto;
b) svolgere nel territorio dello Stato ogni attività
lecita, salvo quelle che la legge espressamente vieta allo straniero o
comunque riserva al cittadino;
c) accedere ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla
pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto;
d) partecipare alla vita pubblica locale, esercitando anche
l'elettorato quando previsto dall'ordinamento e in armonia con le previsioni
del capitolo C della Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla
vita pubblica a livello locale, fatta a Strasburgo il 5 febbraio 1992.
5. Nei confronti del titolare della carta di soggiorno
l'espulsione amministrativa può essere disposta solo per gravi motivi di
ordine pubblico o sicurezza nazionale, ovvero quando lo stesso appartiene ad
una delle categorie indicate dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n.
1423, come sostituito dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327,
ovvero dall'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito
dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, sempre che sia
applicata, anche in via cautelare, una delle misure di cui all'articolo 14
della legge 19 marzo 1990, n. 55.
CAPO II
CONTROLLO DELLE FRONTIERE, RESPINGIMENTO ED ESPULSIONE
Art.
10
(Respingimento)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 8)
1. La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si
presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti dal
presente testo unico per l'ingresso nel territorio dello Stato.
2. Il respingimento con accompagnamento alla frontiera è
altresì disposto dal questore nei confronti degli stranieri:
a) che entrando nel territorio dello Stato sottraendosi ai
controlli di frontiera, sono fermati all'ingresso o subito dopo;
b) che, nelle circostanze di cui al comma 1, sono stati
temporaneamente ammessi nel territorio per necessità di pubblico soccorso.
3.
Il vettore che ha condotto alla frontiera uno straniero privo dei documenti
di cui all'articolo 4 o che deve essere comunque respinto a norma del
presente articolo è tenuto a prenderlo immediatamente a carico ed a
ricondurlo nello Stato di provenienza, o in quello che ha rilasciato il
documento di viaggio eventualmente in possesso dello straniero.
4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle
dell'articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle
disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento
dello status di rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione
temporanea per motivi umanitari.
5. Per lo straniero respinto è prevista l'assistenza
necessaria presso i valichi di frontiera.
6. I respingimenti di cui al presente articolo sono
registrati dall'autorità di pubblica sicurezza.
Art. 11
(Potenziamento e coordinamento dei controlli di frontiera)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 9)
1. Il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari
esteri adottano il piano generale degli interventi per il potenziamento e il
perfezionamento, anche attraverso l'automazione delle procedure, delle misure
di controllo di rispettiva competenza, nell'ambito delle compatibilità con i
sistemi informativi di livello extranazionale previsti dagli accordi o
convenzioni internazionali in vigore e delle disposizioni vigenti in materia
di protezione dei dati personali.
2. Delle parti di piano che riguardano sistemi informativi
automatizzati e dei relativi contratti è data comunicazione all'Autorità per
l'informatica nella pubblica amministrazione.
3. Nell'ambito e in attuazione delle direttive adottate dal
Ministro dell'interno, i prefetti delle province di confine terrestre e i
prefetti dei capoluoghi delle regioni interessate alla frontiera marittima
promuovono le misure occorrenti per il coordinamento dei controlli di
frontiera e della vigilanza marittima e terrestre, d'intesa con i prefetti
delle altre province interessate, sentiti i questori e i dirigenti delle zone
di polizia di frontiera, nonchè le autorità marittime e militari e i
responsabili degli organi di polizia, di livello non inferiore a quello
provinciale, eventualmente interessati, e sovrintendono all'attuazione delle
direttive emanate in materia.
4. Il Ministero degli affari esteri e il Ministero
dell'interno promuovono le iniziative occorrenti, d'intesa con i Paesi
interessati, al fine di accelerare l'espletamento degli accertamenti e il
rilascio dei documenti eventualmente necessari per migliorare l'efficacia dei
provvedimenti previsti dal presente testo unico. A tale fine, le intese di
collaborazione possono prevedere la cessione a titolo gratuito alle autorità
dei Paesi interessati di beni mobili ed apparecchiature specificamente
individuate, nei limiti delle compatibilità funzionali e finanziarie definite
dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica.
5. Presso i valichi di frontiera sono previsti servizi di
accoglienza al fine di fornire informazioni e assistenza agli stranieri che
intendano presentare domanda di asilo o far ingresso in Italia per un
soggiorno di durata superiore a tre mesi. Tali servizi sono messi a
disposizione, ove possibile, all'interno della zona di transito.
Art.
12
(Disposizioni contro le immigrazioni clandestine)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 10)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque
compie attività dirette a favorire l'ingresso degli stranieri nel territorio
dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico è
punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire trenta
milioni.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del
codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza
umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di
bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
3. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso a fine di lucro
o da tre o più persone in concorso tra loro, ovvero riguarda l'ingresso di
cinque o più persone, e nei casi in cui il fatto è commesso mediante
l'utilizzazione di servizi di trasporto internazionale o di documenti
contraffatti, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni e della
multa di lire trenta milioni per ogni straniero di cui è stato favorito
l'ingresso in violazione del presente testo unico. Se il fatto è commesso al
fine di reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo
sfruttamento della prostituzione ovvero riguarda l'ingresso di minori da
impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento, la pena
è della reclusione da cinque a quindici anni e della multa di lire cinquanta
milioni per ogni straniero di cui è stato favorito l'ingresso in violazione
del presente testo unico.
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3, è sempre consentito
l'arresto in flagranza ed è disposta la confisca del mezzo di trasporto
utilizzato per i medesimi reati, salvo che si tratti di mezzo destinato a
pubblico servizio di linea o appartenente a persona estranea al reato. Nei
medesimi casi si procede comunque con giudizio direttissimo, salvo che siano
necessarie speciali indagini.
5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo
che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un
ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o
nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la
permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del
presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la
multa fino a lire trenta milioni.
6. Il vettore aereo, marittimo o terrestre è tenuto ad
accertarsi che lo straniero trasportato sia in possesso dei documenti
richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato, nonchè a riferire
all'organo di polizia di frontiera dell'eventuale presenza a bordo dei
rispettivi mezzi di trasporto di stranieri in posizione irregolare. In caso
di inosservanza anche di uno solo degli obblighi di cui al presente comma, si
applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire un
milione a lire cinque milioni per ciascuno degli stranieri trasportati. Nei
casi più gravi è disposta la sospensione da uno a dodici mesi, ovvero la
revoca della licenza, autorizzazione o concessione rilasciato dall'autorità
amministrativa italiana, inerenti all'attività professionale svolta e al
mezzo di trasporto utilizzato. Si osservano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
7.
Nel corso di operazioni di polizia finalizzate al contrasto delle
immigrazioni clandestine, disposte nell'ambito delle direttive di cui
all'articolo 11, comma 3, gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza
operanti nelle province di confine e nelle acque territoriali possono
procedere al controllo e alle ispezioni dei mezzi di trasporto e delle cose
trasportate, ancorchè soggetti a speciale regime doganale, quando, anche in
relazione a specifiche circostanze di luogo e di tempo, sussistono fondati
motivi di ritenere che possano essere utilizzati per uno dei reati previsti
dal presente articolo. Dell'esito dei controlli e delle ispezioni è redatto
processo verbale in appositi moduli, che è trasmesso entro quarantotto ore al
procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, lo
convalida nelle successive quarantotto ore. Nelle medesime circostanze gli
ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizioni,
con l'osservanza delle disposizioni di cui all'articolo 352, commi 3 e 4, del
codice di procedura penale.
8. I beni immobili e i beni mobili iscritti in pubblici
registri, sequestrati nel corso di operazioni di polizia finalizzate alla
prevenzione e repressione dei reati previsti dal presente articolo, possono
essere affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale
agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l'impiego immediato in
attività di polizia; se vi ostano esigenze processuali, l'autorità
giudiziaria rigetta l'istanza con decreto motivato. Si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni dell'articolo 100, commi 2, 3 e 4, del testo
unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze
psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
n. 309.
9. Le somme di denaro confiscate a seguito di condanna per
uno dei reati previsti dal presente articolo, nonchè le somme di denaro
ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati, sono destinate al
potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei medesimi reati,
anche a livello internazionale mediante interventi finalizzati alla
collaborazione e alla assistenza tecnico-operativa con le forze di polizia
dei Paesi interessati. A tal fine, le somme affluiscono ad apposito capitolo
dell'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate, sulla base di
specifiche richieste, ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del
Ministero dell'interno, rubrica "Sicurezza pubblica".
Art. 13
(Espulsione amministrativa)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 11)
1. Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello
Stato, il Ministro dell'interno può disporre l'espulsione dello straniero anche
non residente nel territorio dello Stato, dandone preventiva notizia al
Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli affari esteri.
2.
L'espulsione è disposta dal prefetto quando lo straniero:
a) è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai
controlli di frontiera e non è stato respinto ai sensi dell'articolo 10;
b) si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver
richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il
ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno
è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e
non ne è stato chiesto il rinnovo;
c) appartiene a taluna delle categorie indicate
nell'articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito
dall'articolo 2 della legge 3 agosto 1988, n. 327, o nell'articolo 1 della
legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13
settembre 1982, n. 646.
3. L'espulsione è disposta in ogni caso con decreto
motivato. Quando lo straniero è sottoposto a procedimento penale, l'autorità
giudiziaria rilascia nulla osta salvo che sussistano inderogabili esigenze
processuali. Nel caso di arresto in flagranza, il giudice rilascia il nulla
osta all'atto della convalida, salvo che applichi una misura detentiva ai
sensi dell'articolo 391, comma 5, del codice di procedura penale. Se tale
misura non è applicata o è cessata, il questore può adottare la misura di cui
all'articolo 14, comma 1.
4. L'espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento
alla frontiera a mezzo della forza pubblica, quando lo straniero:
a) è espulso ai sensi del comma 1 o si è trattenuto
indebitamente nel territorio dello Stato oltre il termine fissato con
l'intimazione;
b) è espulso ai sensi del comma 2, lettera c), e il
prefetto rilevi, sulla base di circostanze obiettive, il concreto pericolo
che lo straniero si sottragga all'esecuzione del provvedimento.
5. Si procede altresì all'accompagnamento alla frontiera a
mezzo della forza pubblica dello straniero espulso ai sensi del comma 2,
lettera a), qualora quest'ultimo sia privo di valido documento attestante la
sua identità e nazionalità e il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze
obiettive riguardanti il suo inserimento sociale, familiare e lavorativo, un
concreto pericolo che lo straniero medesimo si sottragga all'esecuzione del
provvedimento.
6. Negli altri casi, l'espulsione contiene l'intimazione a
lasciare il territorio dello Stato entro il termine di quindici giorni e ad
osservare le prescrizioni per il viaggio e per la presentazione all'ufficio
di polizia di frontiera. Quando l'espulsione è disposta ai sensi del comma 2,
lettera b), il questore può adottare la misura di cui all'articolo 14, comma
1, qualora il prefetto rilevi, tenuto conto di circostanze obiettive
riguardanti l'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, il
concreto pericolo che quest'ultimo si sottragga all'esecuzione del
provvedimento.
7. Il decreto di espulsione e il provvedimento di cui al
comma 1 dell'articolo 14, nonchè ogni altro atto concernente l'ingresso, il
soggiorno e l'espulsione, sono comunicati all'interessato unitamente
all'indicazione delle modalità di impugnazione e ad una traduzione in una
lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in lingua francese,
inglese o spagnola.
8. Avverso il decreto di espulsione può essere presentato
unicamente ricorso al pretore, entro cinque giorni dalla comunicazione del
decreto o del provvedimento. Il termine è di trenta giorni qualora
l'espulsione sia eseguita con accompagnamento immediato.
9. Il ricorso è presentato al pretore del luogo di
residenza o di dimora dello straniero. Nei casi di espulsione con
accompagnamento immediato, semprechè sia disposta la misura di cui al comma 1
dell'articolo 14, provvede il pretore competente per la convalida di tale
misura. Il pretore accoglie o rigetta il ricorso decidendo con unico
provvedimento adottato in ogni caso, entro dieci giorni dalla data di
deposito del ricorso, sentito l'interessato, nei modi di cui agli articoli
737 e seguenti del codice di procedura civile.
10. Il ricorso di cui ai commi 8, 9 e 11 può essere
sottoscritto anche personalmente. Nel caso di espulsione con accompagnamento
immediato, il ricorso può essere presentato anche per il tramite della
rappresentanza diplomatica o consolare italiana nello Stato di destinazione,
entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento; in tali casi, il
ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte alla presenza
dei funzionari delle rappresentanze diplomatiche o consolari, che provvedono
a certificarne l'autenticità e ne curano l'inoltro all'autorità giudiziaria.
Lo straniero è ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato e, qualora
sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un difensore designato dal
giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo
29 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e
successive modificazioni, nonchè, ove necessario, da un interprete.
11. Contro il decreto di espulsione emanato ai sensi del
comma 1 è ammesso ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sede di Roma.
12. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, lo
straniero espulso è rinviato allo Stato di appartenenza, ovvero, quando ciò
non sia possibile, allo Stato di provenienza.
13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio
dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell'interno; in
caso di trasgressione, è punito con l'arresto da due mesi a sei mesi ed è
nuovamente espulso con accompagnamento immediato.
14. Il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di
cinque anni, salvo che il pretore o il tribunale amministrativo regionale,
con il provvedimento che decide sul ricorso di cui ai commi 8 e 11, ne
determinino diversamente la durata per un periodo non inferiore a tre anni,
sulla base di motivi legittimi addotti dall'interessato e tenuto conto della
complessiva condotta tenuta dall'interessato nel territorio dello Stato.
15. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano allo
straniero che dimostri sulla base di elementi obiettivi di essere giunto nel
territorio dello Stato prima della data di entrata in vigore della legge 6
marzo 1998, n. 40. In tal caso, il questore può adottare la misura di cui
all'articolo 14, comma 1.
16. L'onere derivante dal comma 10 del presente articolo è
valutato in lire 4 miliardi per l'anno 1997 e in lire 8 miliardi annui a
decorrere dall'anno 1998.
Art.
14
(Esecuzione dell'espulsione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)
1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza
l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera ovvero il respingimento,
perchè occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti
supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all'acquisizione
di documenti per il viaggio, ovvero per l'indisponibilità di vettore o altro
mezzo di trasporto idoneo, il questore dispone che lo straniero sia
trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di
permanenza temporanea e assistenza più vicino, tra quelli individuati o
costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri
per la solidarietà sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica.
2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali
da assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità.
Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni caso
la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno.
3. Il questore del luogo in cui si trova il centro
trasmette copia degli atti al pretore, senza ritardo e comunque entro le
quarantotto ore dall'adozione del provvedimento.
4. Il pretore, ove ritenga sussistenti i presupposti di cui
all'articolo 13 e al presente articolo, convalida il provvedimento del
questore nei modi di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura
civile, sentito l'interessato. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto
qualora non sia convalidato nelle quarantotto ore successive. Entro tale
termine, la convalida può essere disposta anche in sede di esame del ricorso
avverso il provvedimento di espulsione.
5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un
periodo di complessivi venti giorni. Su richiesta del questore, il pretore
può prorogare il termine sino a un massimo di ulteriori dieci giorni, qualora
sia imminente l'eliminazione dell'impedimento all'espulsione o al
respingimento. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o
il respingimento non appena è possibile, dandone comunicazione senza ritardo
al pretore.
6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al
comma 5 è proponibile ricorso per cassazione. Il relativo ricorso non
sospende l'esecuzione della misura.
7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci
misure di vigilanza affinchè lo straniero non si allontani indebitamente dal
centro e provvede a ripristinare senza ritardo la misura nel caso questa
venga violata.
8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla
frontiera, possono essere stipulate convenzioni con soggetti che esercitano
trasporti di linea o con organismi anche internazionali che svolgono attività
di assistenza per stranieri.
9.
Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in
materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti
occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche
mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti
locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre
installazioni, nonchè per la fornitura di beni e servizi. Eventuali deroghe
alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono
adottate di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della
programmazione economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese
occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri.
Art. 15
(Espulsione a titolo di misura di sicurezza)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 13)
1. Fuori dei casi previsti dal codice penale, il giudice
può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei
delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale,
sempre che risulti socialmente pericoloso.
Art. 16
(Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della
detenzione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 14)
1.
Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna per un reato non colposo o
nell'applicare la pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di
procedura penale nei confronti dello straniero che si trovi in taluna delle
situazioni indicate nell'articolo 13, comma 2, quando ritiene di dovere
irrogare la pena detentiva entro il limite di due anni e non ricorrono le
condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi
dell'articolo 163 del codice penale nè le cause ostative indicate
nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico, può sostituire la
medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a
cinque anni.
2. L'espulsione è eseguita dal questore anche se la
sentenza non è irrevocabile, secondo le modalità di cui all'articolo 13,
comma 4.
Art. 17
(Diritto di difesa)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 15)
1. Lo straniero sottoposto a procedimento penale è
autorizzato a rientrare in Italia per il tempo strettamente necessario per
l'esercizio del diritto di difesa, al solo fine di partecipare al giudizio o
al compimento di atti per i quali è necessaria la sua presenza.
L'autorizzazione è rilasciata dal questore anche per il tramite di una
rappresentanza diplomatica o consolare su documentata richiesta dell'imputato
o del difensore.
CAPO
III
DISPOSIZIONI
DI CARATTERE UMANITARIO
Art. 18
(Soggiorno per motivi di protezione sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 16)
1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini
o di un procedimento per taluno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, o di quelli previsti dall'articolo 380 del codice di
procedura penale, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi
sociali degli enti locali, siano accertate situazioni di violenza o di grave
sfruttamento nei confronti di uno straniero ed emergano concreti pericoli per
la sua incolumità, per effetto dei tentativi di sottrarsi ai condizionamenti
di un'associazione dedita ad uno dei predetti delitti o delle dichiarazioni
rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche
su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole
della stessa autorità, rilascia uno speciale permesso di soggiorno per
consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza e ai condizionamenti
dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza
ed integrazione sociale.
2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono
comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle
condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità
del pericolo ed alla rilevanza del contributo offerto dallo straniero per
l'efficace contrasto dell'organizzazione criminale, ovvero per la
individuazione o cattura dei responsabili dei delitti indicati nello stesso
comma. Le modalità di partecipazione al programma di assistenza ed
integrazione sociale sono comunicate al Sindaco.
3. Con il regolamento di attuazione sono stabilite le
disposizioni occorrenti per l'affidamento della realizzazione del programma a
soggetti diversi da quelli istituzionalmente preposti ai servizi sociali
dell'ente locale, e per l'espletamento dei relativi controlli. Con lo stesso
regolamento sono individuati i requisiti idonei a garantire la competenza e
la capacità di favorire l'assistenza e l'integrazione sociale, nonchè la disponibilità
di adeguate strutture organizzative dei soggetti predetti.
4. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente
articolo ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno, o per
il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia. Esso è revocato in
caso di interruzione del programma o di condotta incompatibile con le
finalità dello stesso, segnalate dal procuratore della Repubblica o, per
quanto di competenza, dal servizio sociale dell'ente locale, o comunque
accertate dal questore, ovvero quando vengono meno le altre condizioni che ne
hanno giustificato il rilascio.
5. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo
consente l'accesso ai servizi assistenziali e allo studio, nonchè
l'iscrizione nelle liste di collocamento e lo svolgimento di lavoro
subordinato, fatti salvi i requisiti minimi di età. Qualora, alla scadenza
del permesso di soggiorno, l'interessato risulti avere in corso un rapporto
di lavoro, il permesso può essere ulteriormente prorogato o rinnovato per la
durata del rapporto medesimo o, se questo è a tempo indeterminato, con le
modalità stabilite per tale motivo di soggiorno. Il permesso di soggiorno
previsto dal presente articolo può essere altresì convertito in permesso di
soggiorno per motivi di studio qualora il titolare sia iscritto ad un corso
regolare di studi.
6. Il permesso di soggiorno previsto dal presente articolo
può essere altresì rilasciato, all'atto delle dimissioni dall'istituto di
pena, anche su proposta del procuratore della Repubblica o del giudice di
sorveglianza presso il tribunale per i minorenni, allo straniero che ha
terminato l'espiazione di una pena detentiva, inflitta per reati commessi
durante la minore età, e ha dato prova concreta di partecipazione a un
programma di assistenza e integrazione sociale.
7. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in
lire 5 miliardi per l'anno 1997 e in lire 10 miliardi annui a decorrere
dall'anno 1998.
Art. 19
(Divieti di espulsione e di respingimento)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 17)
1.
In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato
in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza,
di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato
verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione.
2.
Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13,
comma 1, nei confronti:
a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il
diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;
b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno,
salvo il disposto dell'articolo 9;
c) degli stranieri conviventi con parenti entro il quarto
grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi
successivi alla nascita del figlio cui provvedono.
Art. 20
(Misure straordinarie di accoglienza per eventi
eccezionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 18)
1.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato d'intesa con
i Ministri degli affari esteri, dell'interno, per la solidarietà sociale e
con gli altri Ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti
delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui
all'articolo 45, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in
deroga a disposizioni del presente testo unico, per rilevanti esigenze
umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di
particolare gravità in Paesi non appartenenti all'Unione Europea.
2. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o un Ministro
da lui delegato riferiscono annualmente al Parlamento sull'attuazione delle
misure adottate.
TITOLO III
DISCIPLINA DEL LAVORO
Art. 21
(Determinazione dei flussi di ingresso)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 19; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, comma 3, e art. 10; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1.
L'ingresso nel territorio dello Stato per motivi di lavoro subordinato, anche
stagionale, e di lavoro autonomo, avviene nell'ambito delle quote di ingresso
stabilite nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4. Con tali decreti sono
altresì assegnate in via preferenziale quote riservate agli Stati non
appartenenti all'Unione europea, con i quali il Ministro degli affari esteri,
di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, abbia concluso accordi finalizzati alla regolamentazione
dei flussi d'ingresso e delle procedure di riammissione. Nell'ambito di tali
intese possono essere definiti appositi accordi in materia di flussi per
lavoro stagionale, con le corrispondenti autorità nazionali responsabili
delle politiche del mercato del lavoro dei paesi di provenienza.
2. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono
inoltre prevedere la utilizzazione in Italia, con contratto di lavoro
subordinato, di gruppi di lavoratori per l'esercizio di determinate opere o
servizi limitati nel tempo; al termine del rapporto di lavoro i lavoratori
devono rientrare nel paese di provenienza.
3. Gli stessi accordi possono prevedere procedure e
modalità per il rilascio delle autorizzazioni di lavoro.
4. I decreti annuali devono tenere conto delle indicazioni
fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal Ministero del
lavoro e della previdenza sociale sull'andamento dell'occupazione e dei tassi
di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonchè sul numero dei
cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea iscritti nelle liste
di collocamento.
5. Le intese o accordi bilaterali di cui al comma 1 possono
prevedere che i lavoratori stranieri che intendono fare ingresso in Italia
per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, si iscrivano in apposite
liste, identificate dalle medesime intese, specificando le loro qualifiche o
mansioni, nonchè gli altri requisiti indicati dal regolamento di attuazione.
Le predette intese possono inoltre prevedere le modalità di tenuta delle
liste, per il successivo inoltro agli uffici del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale.
6. Nell'ambito delle intese o accordi di cui al presente
testo unico, il Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, può predisporre progetti integrati per il
reinserimento di lavoratori extracomunitari nei Paesi di origine, laddove ne
esistano le condizioni e siano fornite idonee garanzie dai governi dei Paesi
di provenienza, ovvero l'approvazione di domande di enti pubblici e privati,
che richiedano di predisporre analoghi progetti anche per altri Paesi.
7. Il regolamento di attuazione prevede forme di
istituzione di un'anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste
di lavoro subordinato dei lavoratori stranieri e stabilisce le modalità di
collegamento con l'archivio organizzato dall'Istituto nazionale della
previdenza sociale (I.N.P.S.) e con le questure.
8. L'onere derivante dal presente articolo è valutato in
lire 350 milioni annui a decorrere dall'anno 1998.
Art. 22
(Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 20; legge 30 dicembre 1986, n. 943, artt. 8, 9 e 11; legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 13)
1.
Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia,
che intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo
determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero, deve
presentare all'ufficio periferico del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale competente per territorio apposita richiesta nominativa di
autorizzazione al lavoro. Nei casi in cui il datore di lavoro non abbia una
conoscenza diretta dello straniero, può richiedere l'autorizzazione al lavoro
di una o più persone iscritte nelle liste di cui all'articolo 21, comma 5,
selezionate secondo criteri definiti nel regolamento di attuazione.
2. Contestualmente alla domanda di autorizzazione al
lavoro, il datore di lavoro deve esibire idonea documentazione indicante le
modalità della sistemazione alloggiativa per il lavoratore straniero.
3. L'ufficio periferico del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale rilascia l'autorizzazione, nel rispetto dei limiti
numerici, quantitativi e qualitativi, determinati a norma dell'articolo 3,
comma 4, e dell'articolo 21, previa verifica delle condizioni offerte dal
datore di lavoro allo straniero, che non possono essere inferiori a quelle
stabilite dai contratti collettivi nazionali di lavoro applicabili.
4. Ai fini di cui al comma 3, l'ufficio periferico fornisce
mensilmente al Ministero del lavoro e della previdenza sociale il numero e il
tipo delle autorizzazioni rilasciate, secondo le medesime classificazioni adottate
nei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, precisando quelle relative agli
Stati non appartenenti all'Unione europea con quote riservate.
5. L'autorizzazione al lavoro subordinato deve essere
utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla data del rilascio.
6. Salvo quanto previsto dall'articolo 23, ai fini
dell'ingresso in Italia per motivi di lavoro, il lavoratore extracomunitario
deve essere munito del visto rilasciato dal consolato italiano presso lo
Stato di origine o di stabile residenza del lavoratore previa esibizione
dell'autorizzazione al lavoro, corredata dal nulla osta provvisorio della
questura competente.
7. Le questure forniscono all'INPS, tramite collegamenti
telematici, le informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari
ai quali è concesso il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, o comunque
idoneo per l'accesso al lavoro; l'INPS, sulla base delle informazioni
ricevute, costituisce un "Archivio anagrafico dei lavoratori
extracomunitari", da condividere con tutte le altre Amministrazioni
pubbliche; lo scambio delle informazioni avverrà sulla base di apposita
convenzione da stipularsi tra le Amministrazioni interessate.
8. Il datore di lavoro deve altresì esibire all'ufficio
periferico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale competente per
territorio copia del contratto di lavoro stipulato con lo straniero.
9. La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo
per privare il lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente
residenti del permesso di soggiorno. Il lavoratore straniero in possesso del
permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro,
anche per dimissioni può essere iscritto nelle liste di collocamento per il
periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che
si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non
inferiore ad un anno. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di
comunicazione alla direzione provinciale del lavoro, anche ai fini dell'iscrizione
del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a
nuovi lavoratori extracomunitari.
10.
Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri
privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui
permesso sia scaduto, revocato o annullato, è punito con l'arresto da tre
mesi a un anno o con l'ammenda da lire due milioni a lire sei milioni.
11. Salvo quanto previsto, per i lavoratori stagionali,
dall'articolo 25, comma 5, in caso di rimpatrio il lavoratore
extracomunitario conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociale
maturati e può goderne indipendentemente dalla vigenza di un accordo di
reciprocità. I lavoratori extracomunitari che abbiano cessato l'attività lavorativa
in Italia e lascino il territorio nazionale hanno facoltà di richiedere, nei
casi in cui la materia non sia regolata da convenzioni internazionali, la
liquidazione dei contributi che risultino versati in loro favore presso forme
di previdenza obbligatoria maggiorati del 5 per cento annuo.
12. Le attribuzioni degli istituti di patronato e di
assistenza sociale, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n.
804, e successive modificazioni ed
integrazioni, sono estese ai lavoratori extracomunitari che prestino regolare
attività di lavoro in Italia.
13. I lavoratori italiani ed extracomunitari possono
chiedere il riconoscimento di titoli di formazione professionale acquisiti
all'estero; in assenza di accordi specifici, il Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la commissione centrale per l'impiego, dispone
condizioni e modalità di riconoscimento delle qualifiche per singoli casi. Il
lavoratore extracomunitario può inoltre partecipare, a norma del presente
testo unico, a tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati
nel territorio della Repubblica.
Art. 23
(Prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 21)
1.
Il cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante, che intenda
farsi garante dell'ingresso di uno straniero, per consentirgli l'inserimento
nel mercato del lavoro, deve presentare entro 60 giorni dalla pubblicazione
dei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, apposita richiesta nominativa,
alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione
all'ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. Il
richiedente deve dimostrare di potere effettivamente assicurare allo
straniero alloggio, copertura dei costi per il sostentamento e assistenza
sanitaria per la durata del permesso di soggiorno. L'autorizzazione
all'ingresso viene concessa, se sussistono gli altri requisiti per
l'ingresso, nell'ambito delle quote stabilite e secondo le modalità indicate
nei decreti di attuazione del documento programmatico per gli ingressi per
lavoro e deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla
presentazione della domanda. Essa consente di ottenere, previa iscrizione
alle liste di collocamento, un permesso di soggiorno per un anno a fini di
inserimento nel mercato del lavoro.
2. Sono ammessi a prestare le garanzie di cui al comma 1,
le regioni, gli enti locali e le associazioni professionali e sindacali, gli
enti e le associazioni del volontariato operanti nel settore
dell'immigrazione da almeno tre anni, provvisti dei requisiti patrimoniali e
organizzativi individuati con regolamento da adottare con decreto del
Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con i Ministri dell'interno
e del lavoro e della previdenza sociale. Lo stesso regolamento può prevedere
la formazione e le modalità di tenuta di un elenco degli enti e delle
associazioni ammessi a prestare la suddetta garanzia.
3. La prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro è
ammessa secondo le modalità indicate nel regolamento di attuazione, il quale
stabilisce in particolare il numero massimo di garanzie che ciascun soggetto
può prestare in un anno.
4. Trascorso il termine di sessanta giorni dalla
pubblicazione dei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, nei limiti e
secondo le modalità stabiliti da detti decreti, i visti d'ingresso per
inserimento nel mercato del lavoro sono rilasciati su richiesta di lavoratori
stranieri residenti all'estero e iscritti in apposite liste tenute dalle rappresentanze
diplomatiche e consolari italiane, con graduatoria basata sull'anzianità di
iscrizione. Il regolamento di attuazione stabilisce i requisiti per ottenere
il visto di cui al presente comma.
Art. 24
(Lavoro stagionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 22)
1.
Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia,
o le associazioni di categoria per conto dei loro associati, che intendano
instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a carattere stagionale
con uno straniero devono presentare all'ufficio periferico del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale competente per territorio apposita
richiesta nominativa. Nei casi in cui il datore di lavoro italiano o
straniero regolarmente soggiornante o le associazioni di categoria non
abbiano una conoscenza diretta dello straniero, la richiesta può essere
effettuata nei confronti di una o più persone iscritte nelle liste di cui
all'articolo 21, comma 5, selezionate secondo criteri definiti nel
regolamento di attuazione.
2. L'ufficio periferico del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale rilascia l'autorizzazione nel rispetto del diritto di
precedenza maturato, entro e non oltre quindici giorni dalla data di
ricezione della richiesta del datore di lavoro.
3. L'autorizzazione al lavoro stagionale può avere la
validità minima di venti giorni e massima di sei mesi, o di nove mesi nei
settori che richiedono tale estensione, corrispondente alla durata del lavoro
stagionale richiesto, anche con riferimento a gruppi di lavori di più breve
periodo da svolgere presso diversi datori di lavoro.
4. Il lavoratore stagionale, ove abbia rispettato le
condizioni indicate nel permesso di soggiorno e sia rientrato nello Stato di
provenienza alla scadenza del medesimo, ha diritto di precedenza per il
rientro in Italia nell'anno successivo per ragioni di lavoro stagionale,
rispetto ai cittadini del suo stesso paese che non abbiano mai fatto regolare
ingresso in Italia per motivi di lavoro. Può inoltre convertire il permesso
di soggiorno per lavoro stagionale in permesso di soggiorno per lavoro
subordinato a tempo determinato o indeterminato, qualora se ne verifichino le
condizioni.
5. Le Commissioni regionali per l'impiego possono stipulare
con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello
regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, con le regioni e con gli
enti locali, apposite convenzioni dirette a favorire l'accesso dei lavoratori
stranieri ai posti di lavoro stagionale individuati. Le convenzioni possono
individuare il trattamento economico e normativo, comunque non inferiore a
quello previsto per i lavoratori italiani e le misure per assicurare idonee
condizioni di lavoro della manodopera, nonchè eventuali incentivi diretti o
indiretti per favorire l'attivazione dei flussi e dei deflussi e le misure
complementari relative all'accoglienza.
6. Il datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze, per
lavori di carattere stagionale, uno o più stranieri privi del permesso di
soggiorno per lavoro stagionale, ovvero il cui permesso sia scaduto, revocato
o annullato, è punito ai sensi dell'articolo 22, comma 10.
Art. 25
(Previdenza e assistenza per i lavoratori stagionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 23)
1.
In considerazione della durata limitata dei contratti nonchè della loro
specificità, agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per lavoro
stagionale si applicano le seguenti forme di previdenza e assistenza
obbligatoria, secondo le norme vigenti nei settori di attività:
a) assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti;
b) assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali;
c) assicurazione contro le malattie;
d) assicurazione di maternità.
2. In sostituzione dei contributi per l'assegno per il
nucleo familiare e per l'assicurazione contro la disoccupazione involontaria,
il datore di lavoro è tenuto a versare all'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) un contributo in misura pari all'importo dei
medesimi contributi ed in base alle condizioni e alle modalità stabilite per
questi ultimi. Tali contributi sono destinati ad interventi di carattere
socio-assistenziale a favore dei lavoratori di cui all'articolo 45.
3. Nei decreti attuativi del documento programmatico sono
definiti i requisiti, gli ambiti e le modalità degli interventi di cui al
comma 2.
4. Sulle contribuzioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano
le riduzioni degli oneri sociali previste per il settore di svolgimento
dell'attività lavorativa.
5. Ai contributi di cui al comma 1, lettera a), si
applicano le disposizioni dell'articolo 22, comma 11, concernenti il
trasferimento degli stessi all'istituto o ente assicuratore dello Stato di
provenienza del lavoratore, ovvero, nei casi in cui la materia non sia
regolata da accordi o da convenzioni internazionali, la loro liquidazione ai
lavoratori che lasciano il territorio dello Stato è fatta salva la
possibilità di ricostruzione della posizione contributiva in caso di
successivo ingresso.
Art. 26
(Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 24)
1. L'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non
appartenenti all'Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello
Stato un'attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a
condizione che l'esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai
cittadini italiani, o a cittadini di uno degli Stati membri dell'Unione
Europea.
2. In ogni caso lo straniero che intenda esercitare in
Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale,
ovvero costituire società di capitali o di persone o accedere a cariche
societarie, deve altresì dimostrare di disporre di risorse adeguate per
l'esercizio dell'attività che intende intraprendere in Italia; di essere in
possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l'esercizio della
singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l'iscrizione in
albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell'autorità
competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono
motivi ostativi al rilascio dell'autorizzazione o della licenza prevista per
l'esercizio dell'attività che lo straniero intende svolgere.
3. Il lavoratore non appartenente all'Unione europea deve
comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un
reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello
minimo previsto dalla legge per l'esenzione dalla partecipazione alla spesa
sanitaria o di corrispondente garanzia da parte di enti o cittadini italiani
o stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato.
4. Sono fatte salve le norme più favorevoli previste da
accordi internazionali in vigore per l'Italia.
5. La rappresentanza diplomatica o consolare, accertato il
possesso dei requisiti indicati dal presente articolo ed acquisiti i nulla
osta del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell'interno e del
Ministero eventualmente competente in relazione all'attività che lo straniero
intende svolgere in Italia, rilascia il visto di ingresso per lavoro
autonomo, con l'espressa indicazione dell'attività cui il visto si riferisce,
nei limiti numerici stabiliti a norma dell'articolo 3, comma 4, e
dell'articolo 21.
6. Le procedure di cui al comma 5 sono effettuate secondo
le modalità previste dal regolamento di attuazione.
7. Il visto di ingresso per lavoro autonomo deve essere
rilasciato o negato entro centoventi giorni dalla data di presentazione della
domanda e della relativa documentazione e deve essere utilizzato entro
centottanta giorni dalla data del rilascio.
Art. 27
(Ingresso per lavoro in casi particolari)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 25; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 14, commi 2 e 4)
1. Al di fuori degli ingressi per lavoro di cui agli
articoli precedenti, autorizzati nell'ambito delle quote di cui all'articolo
3, comma 4, il regolamento di attuazione disciplina particolari modalità e
termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso
e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per ognuna delle seguenti
categorie di lavoratori stranieri:
a)
dirigenti o personale altamente specializzato di società aventi sede o
filiali in Italia ovvero di uffici di rappresentanza di società estere che
abbiano la sede principale di attività nel territorio di uno Stato membro
dell'Organizzazione mondiale del commercio, ovvero dirigenti di sedi
principali in Italia di società italiane o di società di altro Stato membro
dell'Unione europea;
b) lettori universitari di scambio o di madre lingua;
c) professori universitari e ricercatori destinati a
svolgere in Italia un incarico accademico o un'attività retribuita di ricerca
presso università, istituti di istruzione e di ricerca operanti in Italia;
d) traduttori e interpreti;
e) collaboratori familiari aventi regolarmente in corso
all'estero, da almeno un anno, rapporti di lavoro domestico a tempo pieno con
cittadini italiani o di uno degli Stati membri dell'Unione europea residenti
all'estero, che si trasferiscono in Italia, per la prosecuzione del rapporto
di lavoro domestico;
f) persone che, autorizzate a soggiornare per motivi di
formazione professionale, svolgano periodi temporanei di addestramento presso
datori di lavoro italiani, effettuando anche prestazioni che rientrano
nell'ambito del lavoro subordinato;
g) lavoratori alle dipendenze di organizzazioni o imprese
operanti nel territorio italiano, che siano stati ammessi temporaneamente, a
domanda del datore di lavoro, per adempiere funzioni o compiti specifici, per
un periodo limitato o determinato, tenuti a lasciare l'Italia quando tali
compiti o funzioni siano terminati;
h) lavoratori marittimi occupati nella misura e con le
modalità stabilite nel regolamento di attuazione;
i)
lavoratori dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone
fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede all'estero e da questi
direttamente retribuiti, i quali siano temporaneamente trasferiti dall'estero
presso persone fisiche o giuridiche, italiane o straniere, residenti in
Italia, al fine di effettuare nel territorio italiano determinate prestazioni
oggetto di contratto di appalto stipulato tra le predette persone fisiche o
giuridiche residenti o aventi sede in Italia e quelle residenti o aventi sede
all'estero, nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 1655 del codice
civile, della legge 23 ottobre 1960, n. 1369, e delle norme internazionali e
comunitarie;
l) lavoratori occupati presso circhi o spettacoli
viaggianti all'estero;
m) personale artistico e tecnico per spettacoli lirici,
teatrali, concertistici o di balletto;
n) ballerini, artisti e musicisti da impiegare presso
locali di intrattenimento;
o) artisti da impiegare da enti musicali teatrali o
cinematografici o da imprese radiofoniche o televisive, pubbliche o private,
o da enti pubblici, nell'ambito di manifestazioni culturali o folcloristiche;
p) stranieri che siano destinati a svolgere qualsiasi tipo
di attività sportiva professionistica presso società sportive italiane ai
sensi della legge 23 marzo
1981, n. 91;
q) giornalisti corrispondenti ufficialmente accreditati in
Italia e dipendenti regolarmente retribuiti da organi di stampa quotidiani o
periodici, ovvero da emittenti radiofoniche o televisive straniere;
r) persone che, secondo le norme di accordi internazionali
in vigore per l'Italia, svolgono in Italia attività di ricerca o un lavoro
occasionale nell'ambito di programmi di scambi di giovani o di mobilità di
giovani o sono persone collocate "alla pari".
2. In deroga alle disposizioni del presente testo unico i
lavoratori extracomunitari dello spettacolo possono essere assunti alle
dipendenze dei datori di lavoro per esigenze connesse alla realizzazione e
produzione di spettacoli previa apposita autorizzazione rilasciata
dall'ufficio speciale per il collocamento dei lavoratori dello spettacolo o
sue sezioni periferiche che provvedono, sentito il Dipartimento dello
spettacolo, previo nulla osta provvisorio dell'autorità provinciale di
pubblica sicurezza. L'autorizzazione è rilasciata, salvo che si tratti di
personale artistico ovvero di personale da utilizzare per periodi non
superiori a tra mesi, prima che il lavoratore extracomunitario entri nel
territorio nazionale. I lavoratori extracomunitari autorizzati a svolgere
attività lavorativa subordinata nel settore dello spettacolo non possono
cambiare settore di attività nè la qualifica di assunzione. Il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con le Autorità di Governo
competenti in materia di turismo ed in materia di spettacolo, determina le
procedure e le modalità per il rilascio dell'autorizzazione prevista dal
presenta comma.
3. Rimangono ferme le disposizioni che prevedono il
possesso della cittadinanza italiana per lo svolgimento di determinate
attività.
4. Il regolamento di cui all'articolo 1 contiene altresì
norme per l'attuazione delle convenzioni ed accordi internazionali in vigore
relativamente all'ingresso e soggiorno dei lavoratori stranieri occupati alle
dipendenze di rappresentanze diplomatiche o consolari o di enti di diritto
internazionale aventi sede in Italia.
5. L'ingresso e il soggiorno dei lavoratori frontalieri non
appartenenti all'Unione europea è disciplinato dalle disposizioni particolari
previste negli accordi internazionali in vigore con gli Stati confinanti.
TITOLO IV
DIRITTO ALL'UNITÀ
FAMILIARE E TUTELA DEI MINORI
Art. 28
(Diritto all'unità familiare)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 26)
1. Il diritto a mantenere o a riacquistare l'unità
familiare nei confronti dei familiari stranieri è riconosciuto, alle
condizioni previste dal presente testo unico, agli stranieri titolari di
carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un
anno, rilasciato per lavoro subordinato o per lavoro autonomo ovvero per
asilo, per studio o per motivi religiosi.
2. Ai familiari stranieri di cittadini italiani o di uno
Stato membro dell'Unione Europea continuano ad applicarsi le disposizioni el
decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1965, n. 1656, fatte
salve quelle più favorevoli della presente legge o del regolamento di
attuazione.
3. In tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali
finalizzati a dare attuazione al diritto all'unità familiare e riguardanti i
minori, deve essere preso in considerazione con carattere di priorità il
superiore interesse del fanciullo, conformemente a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20
novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai
sensi della legge 27
maggio 1991, n. 176.
Art. 29
(Ricongiungimento familiare)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 27)
1. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i
seguenti familiari:
a) coniuge non legalmente separato;
b)
figli minori a carico, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non
coniugati ovvero legalmente separati, a condizione che l'altro genitore,
qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) genitori a carico;
d) parenti entro il terzo grado, a carico, inabili al
lavoro secondo la legislazione italiana.
2. Ai fini del ricongiungimento si considerano minori i
figli di età inferiore a 18 anni. I minori adottati o affidati o sottoposti a
tutela sono equiparati ai figli.
3. Salvo che si tratti di rifugiato, lo straniero che
richiede il ricongiungimento deve dimostrare la disponibilità:
a) di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti
dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica,
ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno
dei genitori, del consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore
effettivamente dimorerà;
b) di un reddito annuo derivante da fonti lecite non
inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il
ricongiungimento di un solo familiare, al doppio dell'importo annuo
dell'assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari,
al triplo dell'importo annuo dell'assegno sociale se si chiede il
ricongiungimento di quattro o più familiari. Ai fini della determinazione del
reddito si tiene conto anche del reddito annuo complessivo dei familiari
conviventi con il richiedente.
4. È consentito l'ingresso, al seguito dello straniero
titolare di carta di soggiorno o di un visto di ingresso per lavoro
subordinato relativo a contratto di durata non inferiore a un anno, o per
lavoro autonomo non occasionale, ovvero per studio o per motivi religiosi,
dei familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento, a
condizione che ricorrano i requisiti di disponibilità di alloggio e di
reddito di cui al comma 3.
5. Oltre a quanto previsto dall'articolo 28, comma 2, è
consentito l'ingresso, al seguito del cittadino italiano o comunitario, dei
familiari con i quali è possibile attuare il ricongiungimento.
6. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è
consentito l'ingresso, per ricongiungimento al figlio minore regolarmente
soggiornante in Italia, del genitore naturale che dimostri, entro un anno
dall'ingresso in Italia, il possesso dei requisiti di disponibilità di
alloggio e di reddito di cui al comma 3.
7. La domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare,
corredata della prescritta documentazione, è presentata alla questura del
luogo di dimora del richiedente, la quale ne rilascia copia contrassegnata
con timbro datario e sigla del dipendente incaricato del ricevimento. Il
questore, verificata l'esistenza dei requisiti di cui al presente articolo,
emette il provvedimento richiesto, ovvero un provvedimento di diniego del
nulla osta.
8. Trascorsi novanta giorni dalla richiesta del nulla osta,
l'interessato può ottenere il visto di ingresso direttamente dalle
rappresentanze diplomatiche e consolari italiane, dietro esibizione della
copia degli atti contrassegnata dalla questura, da cui risulti la data di
presentazione della domanda e della relativa documentazione.
9. Le rappresentanze diplomatiche e consolari italiane
rilasciano altresì il visto di ingresso al seguito nei casi previsti dal
comma 5.
Art. 30
(Permesso di soggiorno per motivi familiari)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 28)
1.
Fatti salvi i casi di rilascio o di rinnovo della carta di soggiorno, il
permesso di soggiorno per motivi familiari è rilasciato:
a)
allo straniero che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per
ricongiungimento familiare, ovvero con visto di ingresso al seguito del
proprio familiare nei casi previsti dall'articolo 29, ovvero con visto di
ingresso per ricongiungimento al figlio minore;
b) agli stranieri regolarmente soggiornanti ad altro titolo
da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato
con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con
cittadini stranieri regolarmente soggiornanti;
c) al familiare straniero regolarmente soggiornante, in
possesso dei requisiti per il ricongiungimento con il cittadino italiano o di
uno Stato membro dell'Unione europea residenti in Italia, ovvero con straniero
regolarmente soggiornante in Italia. In tal caso il permesso del familiare è
convertito in permesso di soggiorno per motivi familiari. La conversione può
essere richiesta entro un anno dalla data di scadenza del titolo di soggiorno
originariamente posseduto dal familiare. Qualora detto cittadino sia un
rifugiato si prescinde dal possesso di un valido permesso di soggiorno da
parte del familiare;
d) al genitore straniero, anche naturale, di minore
italiano residente in Italia. In tal caso il permesso di soggiorno per motivi
familiari è rilasciato anche a prescindere dal possesso di un valido titolo
di soggiorno, a condizione che il genitore richiedente non sia stato privato
della potestà genitoriale secondo la legge italiana.
2. Il permesso di soggiorno per motivi familiari consente
l'accesso ai servizi assistenziali, l'iscrizione a corsi di studio o di
formazione professionale, l'iscrizione nelle liste di collocamento, lo
svolgimento di lavoro subordinato o autonomo, fermi i requisiti minimi di età
per lo svolgimento di attività di lavoro.
3. Il permesso di soggiorno per motivi familiari ha la
stessa durata del permesso di soggiorno del familiare straniero in possesso
dei requisiti per il ricongiungimento ai sensi dell'articolo 29 ed è
rinnovabile insieme con quest'ultimo.
4. Allo straniero che effettua il ricongiungimento con il
cittadino italiano o di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero con
straniero titolare della carta di soggiorno di cui all'articolo 9, è
rilasciata una carta di soggiorno.
5. In caso di separazione legale o di scioglimento del
matrimonio o, per il figlio che non possa ottenere la carta di soggiorno, al
compimento del diciottesimo anno di età, il permesso di soggiorno può essere convertito
in permesso per lavoro subordinato, per lavoro autonomo o per studio, fermi i
requisiti minimi di età per lo svolgimento di attività di lavoro.
6. Contro il diniego del nulla osta al ricongiungimento
familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari, nonchè contro gli
altri provvedimenti dell'autorità amministrativa in materia di diritto
all'unità familiare, l'interessato può presentare ricorso al pretore del
luogo in cui risiede, il quale provvede, sentito l'interessato, nei modi di cui
agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che
accoglie il ricorso può disporre il rilascio del visto anche in assenza del
nulla osta. Gli atti del procedimento sono esenti da imposta di bollo e di
registro e da ogni altra tassa. L'onere derivante dall'applicazione del
presente comma è valutato in lire 150 milioni annui a decorrere dall'anno
1998.
Art. 31
(Disposizioni a favore dei minori)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 29)
1. Il figlio minore dello straniero con questi convivente e
regolarmente soggiornante è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta
di soggiorno di uno o di entrambi i genitori fino al compimento del quattordicesimo
anno di età e segue la condizione giuridica del genitore con il quale
convive, ovvero la più favorevole tra quelle dei genitori con cui convive.
Fino al medesimo limite di età il minore che risulta affidato ai sensi dell'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, è iscritto nel permesso di soggiorno o nella carta di
soggiorno dello straniero al quale è affidato e segue la condizione giuridica
di quest'ultimo, se più favorevole. L'assenza occasionale e temporanea dal
territorio dello Stato non esclude il requisito della convivenza e il rinnovo
dell'iscrizione.
2.
Al compimento del quattordicesimo anno di età al minore iscritto nel permesso
di soggiorno o nella carta di soggiorno del genitore ovvero dello straniero
affidatario è rilasciato un permesso di soggiorno per motivi familiari valido
fino al compimento della maggiore età, ovvero una carta di soggiorno.
3. Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi
con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di
salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare
l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato,
anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge.
L'autorizzazione è revocata quando vengono a cessare i gravi motivi che ne
giustificavano il rilascio o per attività del familiare incompatibili con le
esigenze del minore o con la permanenza in Italia. I provvedimenti sono
comunicati alla rappresentanza diplomatica o consolare e al questore per gli
adempimenti di rispettiva competenza.
4. Qualora ai sensi del presente testo unico debba essere
disposta l'espulsione di un minore straniero, il provvedimento è adottato, su
richiesta del questore, dal tribunale per i minorenni.
Art. 32
(Disposizioni concernenti minori affidati al compimento
della maggiore età)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 30)
1. Al compimento della maggiore età, allo straniero nei cui
confronti sono state applicate le disposizioni di cui all'articolo 31, commi
1 e 2, e ai minori comunque affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, può essere rilasciato un permesso di soggiorno per motivi
di studio di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per
esigenze sanitarie o di cura. Il permesso di soggiorno per accesso al lavoro
prescinde dal possesso dei requisiti di cui all'articolo 23.
Art. 33
(Comitato per i minori stranieri)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 31)
1. Al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei
minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di
coordinare le attività delle amministrazioni interessate è istituito, senza
ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato un Comitato presso la
Presidenza del Consiglio dei ministri composto da rappresentanti dei
ministeri degli Affari esteri, dell'interno e di grazia e giustizia, del
Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei
ministri, nonchè da due rappresentanti dell'Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI), da un rappresentante dell'Unione province d'Italia (UPI) e
da due rappresentanti di organizzazioni maggiormente rappresentative operanti
nel settore dei problemi della famiglia.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o
del Ministro da lui delegato, sentiti i Ministri degli affari esteri, dell'interno
e di grazia e giustizia, sono definiti i compiti del Comitato concernenti la
tutela dei diritti dei minori stranieri in conformità alle previsioni della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, e sono
stabilite le regole e le modalità per l'ingresso ed il soggiorno nel
territorio nazionale dei minori stranieri, limitatamente a quelli in età
superiore a sei anni che entrano in Italia nell'ambito di programmi
solidaristici di accoglienza temporanea promossi da enti, associazioni o
famiglie italiane, nonchè per l'affidamento temporaneo e per il rimpatrio dei
medesimi.
3. Il Comitato si avvale, per l'espletamento delle attività
di competenza, del personale e dei mezzi in dotazione al Dipartimento degli
affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sede presso
il Dipartimento medesimo.
TITOLO V
DISPOSIZIONI IN MATERIA SANITARIA, NONCHÈ DI ISTRUZIONE,
ALLOGGIO, PARTECIPAZIONE ALLA VITA PUBBLICA E INTEGRAZIONE SOCIALE.
CAPO I
DISPOSIZIONI IN MATERIA SANITARIA
Art. 34
(Assistenza per gli stranieri iscritti al Servizio
sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 32)
1.
Hanno l'obbligo di iscrizione al Servizio sanitario nazionale e hanno parità
di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini
italiani per quanto attiene all'obbligo contributivo, all'assistenza erogata
in Italia dal Servizio sanitario nazionale e alla sua validità temporale:
a) gli stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in
corso regolari attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o siano
iscritti nelle liste di collocamento;
b) gli stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano
chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno, per lavoro subordinato, per
lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo
umanitario, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per
acquisto della cittadinanza.
2. L'assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a
carico regolarmente soggiornanti. Nelle more dell'iscrizione al servizio
sanitario nazionale ai minori figli di stranieri iscritti al servizio
sanitario nazionale è assicurato fin dalla nascita il medesimo trattamento
dei minori iscritti.
3. Lo straniero regolarmente soggiornante, non rientrante
tra le categorie indicate nei commi 1 e 2 è tenuto ad assicurarsi contro il
rischio di malattie, infortunio e maternità mediante stipula di apposita
polizza assicurativa con un istituto assicurativo italiano o straniero,
valida sul territorio nazionale, ovvero mediante iscrizione al servizio
sanitario nazionale valida anche per i familiari a carico. Per l'iscrizione
al servizio sanitario nazionale deve essere corrisposto a titolo di
partecipazione alle spese un contributo annuale, di importo percentuale pari
a quello previsto per i cittadini italiani, sul reddito complessivo
conseguito nell'anno precedente in Italia e all'estero. L'ammontare del
contributo è determinato con decreto del Ministro della sanità, di concerto
con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e
non può essere inferiore al contributo minimo previsto dalle norme vigenti.
4. L'iscrizione volontaria al servizio sanitario nazionale
può essere altresì richiesta:
a) dagli stranieri soggiornanti in Italia titolari di
permesso di soggiorno per motivi di studio;
b) dagli stranieri regolarmente soggiornanti collocati alla
pari, ai sensi dell'accordo europeo sul collocamento alla pari, adottato a Strasburgo il 24 novembre 1969,
ratificato e reso esecutivo ai sensi della legge 18
maggio 1973 n. 304.
5. I soggetti di cui al comma 4 sono tenuti a corrispondere
per l'iscrizione al servizio sanitario nazionale, a titolo di partecipazione
alla spesa, un contributo annuale forfettario negli importi e secondo le
modalità previsti dal decreto di cui al comma 3.
6. Il contributo per gli stranieri indicati al comma 4,
lettere a) e b) non è valido per i familiari a carico.
7. Lo straniero assicurato al servizio sanitario nazionale
è iscritto nella azienda sanitaria locale del comune in cui dimora secondo le
modalità previste dal regolamento di attuazione.
Art. 35
(Assistenza sanitaria per gli stranieri non iscritti al
Servizio sanitario nazionale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 33)
1. Per le prestazioni sanitarie erogate ai cittadini
stranieri non iscritti al Servizio sanitario nazionale devono essere
corrisposte, dai soggetti tenuti al pagamento di tali prestazioni, le tariffe
determinate dalle regioni e province autonome ai sensi dell'articolo 8, commi 5 e 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502, e successive modificazioni.
2. Restano salve le norme che disciplinano l'assistenza
sanitaria ai cittadini stranieri in Italia in base a trattati e accordi
internazionali bilaterali o multilaterali di reciprocità sottoscritti
dall'Italia.
3.
Ai cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con
le norme relative all'ingresso ed al soggiorno, sono assicurate, nei presidi
pubblici ed accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o
comunque essenziali, ancorchè continuative, per malattia ed infortunio e sono
estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute
individuale e collettiva. Sono, in particolare, garantiti:
a) la tutela sociale della gravidanza e della maternità, a
parità di trattamento con le cittadine italiane, ai sensi delle leggi 29
luglio 1975, n. 405, e 22 maggio
1978, n. 194, e del decreto del Ministro della
sanità 6 marzo 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 87 del 13 aprile
1995, a parità di trattamento con i cittadini italiani;
b) la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176;
c) le vaccinazioni secondo la normativa e nell'ambito di
interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
d) gli interventi di profilassi internazionale;
e) la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie
infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.
4. Le prestazioni di cui al comma 3 sono erogate senza
oneri a carico dei richiedenti qualora privi di risorse economiche
sufficienti, fatte salve le quote di partecipazione alla spesa a parità con i
cittadini italiani.
5. L'accesso alle strutture sanitarie da parte dello
straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun
tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il
referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano.
6. Fermo restando il finanziamento delle prestazioni
ospedaliere urgenti o comunque essenziali a carico del Ministero
dell'interno, agli oneri recati dalle rimanenti prestazioni contemplate nel
comma 3, nei confronti degli stranieri privi di risorse economiche
sufficienti, si provvede nell'ambito delle disponibilità del Fondo sanitario
nazionale, con corrispondente riduzione dei programmi riferiti agli
interventi di emergenza.
Art.
36
(Ingresso e soggiorno per cure mediche)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 34)
1.
Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l'eventuale
accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il
relativo permesso di soggiorno. A tale fine gli interessati devono presentare
una dichiarazione della struttura sanitaria italiana prescelta che indichi il
tipo di cura, la data di inizio della stessa e la durata presunta del
trattamento terapeutico, devono attestare l'avvenuto deposito di una somma a
titolo cauzionale, tenendo conto del costo presumibile delle prestazioni
sanitarie richieste, secondo modalità stabilite dal regolamento di
attuazione, nonchè documentare la disponibilità in Italia di vitto e alloggio
per l'accompagnatore e per il periodo di convalescenza dell'interessato. La
domanda di rilascio del visto o di rilascio o rinnovo del permesso può anche
essere presentata da un familiare o da chiunque altro vi abbia interesse.
2. Il trasferimento per cure in Italia con rilascio di
permesso di soggiorno per cure mediche è altresì consentito nell'ambito di
programmi umanitari definiti ai sensi dell'articolo 12, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, previa autorizzazione del Ministero della sanità,
d'intesa con il ministero degli affari esteri. Le aziende sanitarie locali e
le aziende ospedaliere, tramite le regioni, sono rimborsate delle spese
sostenute che fanno carico al fondo sanitario nazionale.
3. Il permesso di soggiorno per cure mediche ha una durata
pari alla durata presunta del trattamento terapeutico ed è rinnovabile finchè
durano le necessità terapeutiche documentate.
4. Sono fatte salve le disposizioni in materia di
profilassi internazionale.
CAPO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ISTRUZIONE DIRITTO ALLO STUDIO E
PROFESSIONE
Art. 37
(Attività professionali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 35)
1. Agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in
possesso dei titoli professionali legalmente riconosciuti in Italia
abilitanti all'esercizio delle professioni, è consentita, in deroga alle
disposizioni che prevedono il requisito della cittadinanza italiana entro un
anno dalla data di entrata in vigore dalla legge 6 marzo 1998, n. 40,
l'iscrizione agli Ordini o Collegi professionali o, nel caso di professioni
sprovviste di albi, l'iscrizione in elenchi speciali da istituire presso i
Ministeri competenti, secondo quanto previsto dal regolamento di attuazione.
L'iscrizione ai predetti albi o elenchi è condizione necessaria per
l'esercizio delle professioni anche con rapporto di lavoro subordinato. Non
possono usufruire della deroga gli stranieri che sono stati ammessi in
soprannumero ai corsi di diploma, di laurea o di specializzazione, salvo
autorizzazione del Governo dello Stato di appartenenza.
2. Le modalità, le condizioni ed i limiti temporali per
l'autorizzazione all'esercizio delle professioni e per il riconoscimento dei
relativi titoli abilitanti non ancora riconosciuti in Italia sono stabiliti
con il regolamento di attuazione. Le disposizioni per il riconoscimento dei
titoli saranno definite dai Ministri competenti, di concerto con il Ministro
dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentiti gli Ordini
professionali e le associazioni di categoria interessate.
3. Gli stranieri di cui al comma l, a decorrere dalla
scadenza del termine ivi previsto, possono iscriversi agli Ordini, Collegi ed
elenchi speciali nell'ambito delle quote definite a norma dell'articolo 3,
comma 4, e secondo percentuali massime di impiego definite in conformità ai
criteri stabiliti dal regolamento di attuazione.
4.
In caso di lavoro subordinato è garantita la parità di trattamento
retributivo e previdenziale con i cittadini italiani.
Art. 38
(Istruzione degli stranieri. Educazione interculturale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 36; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 9, commi 4 e 5)
1. I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti
all'obbligo scolastico; ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in
materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di
partecipazione alla vita della comunità scolastica.
2. L'effettività del diritto allo studio è garantita dallo
Stato, dalle Regioni e dagli enti locali anche mediante l'attivazione di
appositi corsi ed iniziative per l'apprendimento della lingua italiana.
3. La comunità scolastica accoglie le differenze
linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto
reciproco, dello scambio tra le culture e della tolleranza; a tale fine
promuove e favorisce iniziative volte alla accoglienza, alla tutela della
cultura e della lingua d'origine e alla realizzazione di attività
interculturali comuni.
4. Le iniziative e le attività di cui al comma 3 sono
realizzate sulla base di una rilevazione dei bisogni locali e di una
programmazione territoriale integrata, anche in convenzione con le
associazioni degli stranieri, con le rappresentanze diplomatiche o consolari
dei Paesi di appartenenza e con le organizzazioni di volontariato.
5.Le istituzioni scolastiche, nel quadro di una
programmazione territoriale degli interventi, anche sulla base di convenzioni
con le Regioni e gli enti locali, promuovono:
a) l'accoglienza degli stranieri adulti regolarmente
soggiornanti mediante l'attivazione di corsi di alfabetizzazione nelle scuole
elementari e medie;
b) la realizzazione di un'offerta culturale valida per gli
stranieri adulti regolarmente soggiornanti che intendano conseguire il titolo
di studio della scuola dell'obbligo;
c) la predisposizione di percorsi integrativi degli studi
sostenuti nel Paese di provenienza al fine del conseguimento del titolo
dell'obbligo o del diploma di scuola secondaria superiore;
d) la realizzazione ed attuazione di corsi di lingua
italiana;
e) la realizzazione di corsi di formazione, anche nel
quadro di accordi di collaborazione internazionale in vigore per l'Italia.
6. Le regioni, anche attraverso altri enti locali,
promuovono programmi culturali per i diversi gruppi nazionali, anche mediante
corsi effettuati presso le scuole superiori o istituti universitari.
Analogamente a quanto disposto per i figli dei lavoratori comunitari e per i
figli degli emigrati italiani che tornano in Italia, sono attuati specifici
insegnamenti integrativi, nella lingue e cultura di origine.
7. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono dettate le disposizioni di attuazione del presente
capo, con specifica indicazione:
a) delle modalità di realizzazione di specifici progetti
nazionali e locali, con particolare riferimento all'attivazione di corsi
intensivi di lingua italiana nonchè dei corsi di formazione ed aggiornamento
del personale ispettivo, direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e
grado e dei criteri per l'adattamento dei programmi di insegnamento;
b)
dei criteri per il riconoscimento dei titoli di studio e degli studi
effettuati nei paesi di provenienza ai fini dell'inserimento scolastico,
nonchè dei criteri e delle modalità di comunicazione con le famiglie degli
alunni stranieri, anche con l'ausilio di mediatori culturali qualificati;
c)
dei criteri per l'iscrizione e l'inserimento nelle classi degli stranieri
provenienti dall'estero, per la ripartizione degli alunni stranieri nelle
classi e per l'attivazione di specifiche attività di sostegno linguistico;
d) dei criteri per la stipula delle convenzioni di cui ai
commi 4 e 5.
Art. 39
(Accesso ai corsi delle università)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 37)
1. In materia di accesso all'istruzione universitaria e di
relativi interventi per il diritto allo studio è assicurata la parità di
trattamento tra lo straniero e il cittadino italiano, nei limiti e con le
modalità di cui al presente articolo.
2. Le università, nella loro autonomia e nei limiti delle
loro disponibilità finanziarie, assumono iniziative volte al conseguimento
degli obiettivi del documento programmatico di cui all'articolo 3,
promuovendo l'accesso degli stranieri ai corsi universitari di cui all'articolo 1 della legge 19 novembre 1990, n. 341, tenendo conto degli orientamenti comunitari in materia, in
particolare riguardo all'inserimento di una quota di studenti universitari
stranieri, stipulando apposite intese con gli atenei stranieri per la
mobilità studentesca, nonchè organizzando attività di orientamento e di
accoglienza.
3. Con il regolamento di attuazione sono disciplinati:
a) gli adempimenti richiesti agli stranieri per il
conseguimento del visto di ingresso e del permesso di soggiorno per motivi di
studio anche con riferimento alle modalità di prestazione di garanzia di
copertura economica da parte di enti o cittadini italiani o stranieri
regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato in luogo della
dimostrazione di disponibilità di mezzi sufficienti di sostentamento da parte
dello studente straniero;
b) la rinnovabilità del permesso di soggiorno per motivi di
studio e l'esercizio in vigenza di esso di attività di lavoro subordinato o
autonomo da parte dello straniero titolare;
c) l'erogazione di borse di studio, sussidi e premi agli
studenti stranieri, anche a partire da anni di corso successivi al primo, in
coordinamento con la concessione delle provvidenze previste dalla normativa
vigente in materia di diritto allo studio universitario e senza obbligo di
reciprocità;
d) i criteri per la valutazione della condizione economica
dello straniero ai fini dell'uniformità di trattamento in ordine alla
concessione delle provvidenze di cui alla lettera c);
e) la realizzazione di corsi di lingua italiana per gli
stranieri che intendono accedere all'istruzione universitaria in Italia;
f) il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti
all'estero.
4. In base alle norme previste dal presente articolo e dal
regolamento di attuazione, sulla base delle disponibilità comunicate dalle
università, è disciplinato annualmente, con decreto del Ministro degli affari
esteri, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica e con il Ministro dell'interno, il numero massimo
dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per l'accesso
all'istruzione universitaria degli studenti stranieri residenti all'estero.
Lo schema del decreto è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere
delle Commissioni competenti per materia che si esprimono entro i successivi
trenta giorni.
5. È comunque consentito l'accesso ai corsi universitari, a
parità di condizioni con gli studenti italiani, agli stranieri titolari di
carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per lavoro subordinato o
per lavoro autonomo, per motivi familiari, per asilo politico, per asilo
umanitario, o per motivi religiosi, ovvero agli stranieri regolarmente
soggiornanti in possesso di titolo di studio superiore conseguito in Italia
o, se conseguito all'estero, equipollente.
CAPO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ALLOGGIO E ASSISTENZA SOCIALE
Art.
40
(Centri di accoglienza. Accesso all'abitazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 38)
1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i
comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, predispongono
centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti
cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri
regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano
temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie
esigenze alloggiative e di sussistenza. Il sindaco, quando vengano
individuate situazioni di emergenza, può disporre l'alloggiamento nei centri
di accoglienza di stranieri non in regola con le disposizioni sull'ingresso e
sul soggiorno nel territorio dello Stato, ferme restando le norme
sull'allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri in tali
condizioni.
2. I centri di accoglienza sono finalizzati a rendere
autosufficienti gli stranieri ivi ospitati nel più breve tempo possibile. I
centri di accoglienza provvedono, ove possibile, ai servizi sociali e
culturali idonei a favorire l'autonomia e l'inserimento sociale degli ospiti.
Ogni regione determina i requisiti gestionali e strutturali dei centri e
consente convenzioni con enti privati e finanziamenti.
3. Per centri di accoglienza si intendono le strutture
alloggiative che, anche gratuitamente, provvedono alle immediate esigenze
alloggiative ed alimentari, nonchè, ove possibile, all'offerta di occasioni
di apprendimento della lingua italiana, di formazione professionale, di
scambi culturali con la popolazione italiana, e all'assistenza
socio-sanitaria degli stranieri impossibilitati a provvedervi autonomamente
per il tempo strettamente necessario al raggiungimento dell'autonomia
personale per le esigenze di vitto e alloggio nel territorio in cui vive lo
straniero.
4. Lo straniero regolarmente soggiornante può accedere ad
alloggi sociali, collettivi o privati, predisposti, secondo i criteri
previsti dalle leggi regionali, dai comuni di maggiore insediamento degli
stranieri o da associazioni, fondazioni o organizzazioni di volontariato
ovvero da altri enti pubblici o privati, nell'ambito di strutture
alloggiative, prevalentemente organizzate in forma di pensionato, aperte ad
italiani e stranieri, finalizzate ad offrire una sistemazione alloggiativa
dignitosa a pagamento, secondo quote calmierate, nell'attesa del reperimento
di un alloggio ordinario in via definitiva.
5. Le regioni concedono contributi a comuni, province,
consorzi di comuni, o enti morali pubblici o privati, per opere di
risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano
la disponibilità legale per almeno quindici anni, da destinare ad abitazioni
di stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno per
lavoro subordinato, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari,
per asilo politico o asilo umanitario. I contributi possono essere in conto
capitale o a fondo perduto e comportano l'imposizione, per un numero
determinato di anni, di un vincolo sull'alloggio all'ospitabilità temporanea
o alla locazione a stranieri regolarmente soggiornanti. L'assegnazione e il
godimento dei contributi e degli alloggi così strutturati è effettuata sulla
base dei criteri e delle modalità previsti dalla legge regionale.
6. Gli stranieri titolari di carta di soggiorno e gli
stranieri regolarmente soggiornanti che siano iscritti nelle liste di
collocamento o che esercitino una regolare attività di lavoro subordinato o
di lavoro autonomo hanno diritto di accedere, in condizioni di parità con i
cittadini italiani, agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ai
servizi di intermediazione delle agenzie sociali eventualmente predisposte da
ogni Regione o dagli enti locali per agevolare l'accesso alle locazioni
abitative e al credito agevolato in materia di edilizia, recupero, acquisto e
locazione della prima casa di abitazione.
Art. 41
(Assistenza sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 39)
1.
Gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di
durata non inferiore ad un anno, nonchè i minori iscritti nella loro carta di
soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini
italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche
economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che
sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i
ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti.
CAPO IV
DISPOSIZIONI SULL'INTEGRAZIONE SOCIALE, SULLE
DISCRIMINAZIONI E ISTITUZIONE DEL FONDO PER LE POLITICHE MIGRATORIE
Art. 42
(Misure di integrazione sociale)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 40; legge 30 dicembre 1986, n. 943, art. 2)
1.
Lo Stato, le regioni, le province e i comuni, nell'ambito delle proprie
competenze, anche in collaborazione con le associazioni di stranieri e con le
organizzazioni stabilmente operanti in loro favore, nonchè in collaborazione
con le autorità o con enti pubblici e privati dei Paesi di origine,
favoriscono:
a) le attività intraprese in favore degli stranieri
regolarmente soggiornanti in Italia, anche al fine di effettuare corsi della
lingua e della cultura di origine, dalle scuole e dalle istituzioni culturali
straniere legalmente funzionanti nella Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 389, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) la diffusione di ogni informazione utile al positivo
inserimento degli stranieri nella società italiana in particolare riguardante
i loro diritti e i loro doveri, le diverse opportunità di integrazione e
crescita personale e comunitaria offerte dalle amministrazioni pubbliche e
dall'associazionismo, nonchè alle possibilità di un positivo reinserimento
nel Paese di origine;
c) la conoscenza e la valorizzazione delle espressioni
culturali, ricreative, sociali, economiche e religiose degli stranieri
regolarmente soggiornanti in Italia e ogni iniziativa di informazione sulle
cause dell'immigrazione e di prevenzione delle discriminazioni razziali o
della xenofobia, anche attraverso la raccolta presso le biblioteche
scolastiche e universitarie, di libri, periodici e materiale audiovisivo
prodotti nella lingua originale dei Paesi di origine degli stranieri
residenti in Italia o provenienti da essi;
d) la realizzazione di convenzioni con associazioni
regolarmente iscritte nel registro di cui al comma 2 per l'impiego
all'interno delle proprie strutture di stranieri, titolari di carta di
soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a due anni, in
qualità di mediatori interculturali al fine di agevolare i rapporti tra le
singole amministrazioni e gli stranieri appartenenti ai diversi gruppi
etnici, nazionali, linguistici e religiosi;
e) l'organizzazione di corsi di formazione, ispirati a
criteri di convivenza in una società multiculturale e di prevenzione di
comportamenti discriminatori, xenofobi o razzisti, destinati agli operatori
degli organi e uffici pubblici e degli enti privati che hanno rapporti
abituali con stranieri o che esercitano competenze rilevanti in materia di
immigrazione.
2. Per i fini indicati nel comma 1 è istituito presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari sociali
un registro delle associazioni selezionate secondo criteri e requisiti
previsti nel regolamento di attuazione.
3. Ferme restando le iniziative promosse dalle regioni e
dagli enti locali, allo scopo di individuare, con la partecipazione dei
cittadini stranieri, le iniziative idonee alla rimozione degli ostacoli che
impediscono l'effettivo esercizio dei diritti e dei doveri dello straniero, è
istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, un
organismo nazionale di coordinamento. Il Consiglio nazionale dell'economia e
del lavoro, nell'ambito delle proprie attribuzioni, svolge compiti di studio
e promozione di attività volte a favorire la partecipazione degli stranieri
alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sull'applicazione del
presente testo unico.
4. Ai fini dell'acquisizione delle osservazioni degli enti
e delle associazioni nazionali maggiormente attivi nell'assistenza e
nell'integrazione degli immigrati di cui all'articolo 3, comma 1, e del
collegamento con i Consigli territoriali di cui all'art. 3, comma 6, nonchè
dell'esame delle problematiche relative alla condizione degli stranieri
immigrati, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la
Consulta per i problemi degli stranieri immigrati e delle loro famiglie,
presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o da un Ministro da lui
delegato. Della Consulta sono chiamati a far parte, con decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri:
a) rappresentanti delle associazioni e degli enti presenti
nell'organismo di cui al comma 3, in numero non inferiore a sei;
b) rappresentanti dei lavoratori extracomunitari designati
dalle associazioni più rappresentative operanti in Italia, in numero non
inferiore a sei;
c) rappresentanti designati dalle confederazioni sindacali
nazionali dei lavoratori, in numero non inferiore a quattro;
d) rappresentanti designati dalle organizzazioni sindacali
nazionali dei datori di lavoro dei diversi settori economici, in numero non
inferiore a tre;
e) sette esperti designati rispettivamente dai Ministeri
del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione,
dell'interno, degli affari esteri, delle finanze e dai Dipartimenti della
solidarietà sociale e delle pari opportunità;
f) quattro rappresentanti delle autonomie locali, di cui
due designati dalle regioni, uno dall'Associazione nazionale dei comuni
italiani (ANCI) ed uno dall'Unione delle provincie italiane (UPI);
g) due rappresentanti del Consiglio nazionale dell'economia
e del lavoro (CNEL).
5. Per ogni membro effettivo della Consulta è nominato un
supplente.
6. Resta ferma la facoltà delle regioni di istituire, in
analogia con quanto disposto al comma 4, lettere a), b), c), d) e g), con
competenza nelle materie loro attribuite dalla Costituzione e dalle leggi
dello Stato, consulte regionali per i problemi dei lavoratori extracomunitari
e delle loro famiglie.
7. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di
costituzione e funzionamento della Consulta di cui al comma 4 e dei consigli
territoriali.
8. La partecipazione alla Consulte di cui ai commi 4 e 6
dei membri di cui al presente articolo e dei supplenti è gratuita, con
esclusione del rimborso delle eventuali spese di viaggio per coloro che non
siano dipendenti della pubblica amministrazione e non risiedano nel comune
nel quale hanno sede i predetti organi.
Art. 43
(Discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o
religiosi)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 41)
1. Ai fini del presente capo, costituisce discriminazione
ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una
distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il
colore, l'ascendenza o l'origine nazionale o etnica, le convinzioni e le
pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l'effetto di distruggere o di compromettere
il riconoscimento, il godimento o l'esercizio, in condizioni di parità, dei
diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico economico,
sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica.
2.
In ogni caso compie un atto di discriminazione:
a) il pubblico ufficiale o la persona incaricata di
pubblico servizio o la persona esercente un servizio di pubblica necessità
che nell'esercizio delle sue funzioni compia od ometta atti nei riguardi di
un cittadino straniero che, soltanto a causa della sua condizione di
straniero o di appartenente ad una determinata razza, religione, etnia o
nazionalità, lo discriminino ingiustamente;
b) chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si
rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero
soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una
determinata razza, religione, etnia o nazionalità;
c) chiunque illegittimamente imponga condizioni più
svantaggiose o si rifiuti di fornire l'accesso all'occupazione, all'alloggio,
all'istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio- assistenziali
allo straniero regolarmente soggiornante in Italia soltanto in ragione della
sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza,
religione, etnia o nazionalità;
d) chiunque impedisca, mediante azioni od omissioni,
l'esercizio di un'attività economica legittimamente intrapresa da uno
straniero regolarmente soggiornante in Italia, soltanto in ragione della sua
condizione di straniero o di appartenente ad una determinata razza,
confessione religiosa, etnia o nazionalità;
e)
il datore di lavoro o i suoi preposti i quali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come
modificata e integrata dalla legge 9
dicembre 1977, n. 903, e dalla legge 11
maggio 1990, n. 108, compiano qualsiasi atto o
comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando, anche
indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza,
ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una
cittadinanza. Costituisce discriminazione indiretta ogni trattamento
pregiudizievole conseguente all'adozione di criteri che svantaggino in modo
proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata
razza, ad un determinato gruppo etnico o linguistico, ad una determinata
confessione religiosa o ad una cittadinanza e riguardino requisiti non
essenziali allo svolgimento dell'attività lavorativa.
3.
Il presente articolo e l'articolo 44 si applicano anche agli atti xenofobi,
razzisti o discriminatori compiuti nei confronti dei cittadini italiani, di
apolidi e di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea presenti in
Italia.
Art.
44
(Azione civile contro la discriminazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 42)
1. Quando il comportamento di un privato o della pubblica
amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici,
nazionali o religiosi, il giudice può, su istanza di parte, ordinare la
cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro
provvedimento idoneo, secondo le circostanze, a rimuovere gli effetti della
discriminazione.
2. La domanda si propone con ricorso depositato, anche
personalmente dalla parte, nella cancelleria del pretore del luogo di
domicilio dell'istante.
3. Il pretore, sentite le parti, omessa ogni formalità non
essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno
agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini
del provvedimento richiesto.
4. Il pretore provvede con ordinanza all'accoglimento o al
rigetto della domanda. Se accoglie la domanda, emette i provvedimenti
richiesti che sono immediatamente esecutivi.
5. Nei casi di urgenza il pretore provvede con decreto
motivato, assunte, ove occorra, sommarie informazioni. In tal caso fissa, con
lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a se entro
un termine non superiore a quindici giorni assegnando all'istante un termine
non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A
tale udienza il pretore, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i
provvedimenti emanati nel decreto.
6. Contro i provvedimenti del pretore è ammesso reclamo al
tribunale nei termini di cui all'articolo 739, secondo comma, del codice di
procedura civile. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737, 738
e 739 del codice di procedura civile.
7. Con la decisione che definisce il giudizio il giudice
può altresì condannare il convenuto al risarcimento del danno, anche non
patrimoniale.
8. Chiunque elude l'esecuzione di provvedimenti del pretore
di cui ai commi 4 e 5 e dei provvedimenti del tribunale di cui al comma 6 è
punito ai sensi dell'articolo 388, primo comma, del codice penale.
9. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a
proprio danno del comportamento discriminatorio in ragione della razza, del
gruppo etnico o linguistico, della provenienza geografica, della confessione
religiosa o della cittadinanza può dedurre elementi di fatto anche a
carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi contributivi,
all'assegnazione delle mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione
in carriera e ai licenziamenti dell'azienda interessata. Il giudice valuta i
fatti dedotti nei limiti di cui all'articolo 2729, primo comma, del codice
civile.
10. Qualora il datore di lavoro ponga in essere un atto o
un comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche in casi in
cui non siano individuabili in modo immediato e diretto i lavoratori lesi
dalle discriminazioni, il ricorso può essere presentato dalle rappresentanze
locali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentativi a livello
nazionale. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla
base del ricorso presentato ai sensi del presente articolo, ordina al datore
di lavoro di definire, sentiti i predetti soggetti e organismi, un piano di
rimozione delle discriminazioni accertate.
11. Ogni accertamento di atti o comportamenti
discriminatori ai sensi dell'articolo 43 posti in essere da imprese alle
quali siano stati accordati benefici ai sensi delle leggi vigenti dello Stato
o delle regioni, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti
all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o di forniture, è
immediatamente comunicato dal pretore, secondo le modalità previste dal
regolamento di attuazione, alle amministrazioni pubbliche o enti pubblici che
abbiano disposto la concessione del beneficio, incluse le agevolazioni
finanziarie o creditizie, o dell'appalto. Tali amministrazioni o enti
revocano il beneficio e, nei casi più gravi, dispongono l'esclusione del
responsabile per due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni
finanziarie o creditizie, ovvero da qualsiasi appalto.
12. Le regioni, in collaborazione con le province e con i
comuni, con le associazioni di immigrati e del volontariato sociale, ai fini
dell'applicazione delle norme del presente articolo e dello studio del
fenomeno, predispongono centri di osservazione, di informazione e di
assistenza legale per gli stranieri, vittime delle discriminazioni per motivi
razziali, etnici, nazionali o religiosi.
Art. 45
(Fondo nazionale per le politiche migratorie)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 43)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è
istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al
finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 20, 38, 40, 42 e 46,
inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni,
delle province e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme
derivanti dal contributo di cui al comma 3, è stabilita in lire 12.500
milioni per l'anno 1997, in lire 58.000 milioni per l'anno 1998 e in lire
68.000 milioni per l'anno 1999. Alla determinazione del Fondo per gli anni
successivi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Al Fondo
affluiscono altresì le somme derivanti da contributi e donazioni
eventualmente disposti da privati, enti, organizzazioni, anche
internazionali, da organismi dell'Unione europea, che sono versati
all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati al predetto Fondo.
Il Fondo è annualmente ripartito con decreto del presidente del Consiglio dei
Ministri, di concerto con i Ministri interessati. Il regolamento di
attuazione disciplina le modalità per la presentazione, l'esame,
l'erogazione, la verifica, la rendicontazione e la revoca del finanziamento
del Fondo.
2.
Lo Stato, le regioni, le province e i comuni adottano, nelle materie di
propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie
iniziative e attività concernenti l'immigrazione, con particolare riguardo
all'effettiva e completa attuazione operativa del presente testo unico e del
regolamento di attuazione, alle attività culturali, formative, informative,
di integrazione e di promozione di pari opportunità. I programmi sono
adottati secondo i criteri e le modalità indicati dal regolamento di
attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il
finanziamento da parte del Fondo, compresa l'erogazione di contributi agli
enti locali per l'attuazione del programma.
3.
Con effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore della presente
legge 6 marzo 1998, n. 40, e comunque da data non successiva al 1° gennaio
1998, il 95 per cento delle somme derivanti dal gettito del contributo di cui
all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943,
è destinato al finanziamento delle politiche del Fondo di cui al comma 1. Con
effetto dal mese successivo alla data di entrata in vigore del presente testo
unico tale destinazione è disposta per l'intero ammontare delle predette
somme. A tal fine le predette somme sono versate dall'INPS all'entrata del
bilancio dello Stato per essere assegnate al predetto Fondo. Il contributo di
cui all'articolo 13, comma 2, della legge 30 dicembre 1986, n. 943,
è soppresso a decorrere dal 1° gennaio 2000.
Art. 46
(Commissione per le politiche di integrazione)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 44)
1. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri -
Dipartimento per gli affari sociali è istituita la Commissione per le politiche
di integrazione.
2. La Commissione ha i compiti di predisporre per il
Governo, anche ai fini dell'obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto
annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l'integrazione degli
immigrati, di formulare proposte di interventi di adeguamento di tali
politiche nonchè di fornire risposta a quesiti posti dal Governo concernenti
le politiche per l'immigrazione, interculturali, e gli interventi contro il
razzismo.
3. La Commissione è composta da rappresentanti del Dipartimento
per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei
Ministeri degli affari esteri, dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale, della sanità, della pubblica istruzione, nonchè da un numero massimo
di dieci esperti, con qualificata esperienza nel campo dell'analisi sociale,
giuridica ed economica dei problemi dell'immigrazione, nominati con decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro per la
solidarietà sociale. Il presidente della commissione è scelto tra i
professori universitari di ruolo esperti nelle materie suddette ed è
collocato in posizione di fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei
ministri. Possono essere invitati a partecipare alle sedute della commissione
i rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza
Stato-città ed autonomie locali e di altre amministrazioni pubbliche
interessate a singole questioni oggetto di esame.
4. Con il decreto di cui al comma 3 sono determinati
l'organizzazione della segreteria della commissione, istituita presso il
Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei
ministri, nonchè i rimborsi ed i compensi spettanti ai membri della
commissione e ad esperti dei quali la commissione intenda avvalersi per lo
svolgimento dei propri compiti.
5. Entro i limiti dello stanziamento annuale previsto per
il funzionamento della commissione dal decreto di cui all'articolo 45, comma
1, la Commissione può affidare l'effettuazione di studi e ricerche ad
istituzioni pubbliche e private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante
convenzioni deliberate dalla commissione e stipulate dal presidente della
medesima, e provvedere all'acquisto di pubblicazioni o materiale necessario
per lo svolgimento dei propri compiti.
6. Per l'adempimento dei propri compiti la commissione può
avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche
ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle Regioni e degli enti
locali.
TITOLO VI
NORME FINALI
Art. 47
(Abrogazioni)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 46)
1. Dalla data di entrata in vigore del presente testo
unico, sono abrogati:
a) gli articoli 144, 147, 148 e 149 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) le disposizioni della legge 30
dicembre 1986, n. 943, ad eccezione
dell'art. 3;
c) il comma 13 dell'articolo 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Restano abrogate le seguenti disposizioni:
a) l'articolo 151 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
b) l'articolo 25 della legge 22 maggio 1975, n. 152;
c) l'articolo 12 della legge 30 dicembre 1986, n. 943;
d) l'articolo 5, commi sesto, settimo e ottavo, del decreto
legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n 33;
e) gli articoli 2 e seguenti del decreto-legge 30 dicembre
1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.
39;
f) l'articolo 4 della legge 18 gennaio 1994, n 50;
g) l'articolo 116 del testo unico approvato con decreto legislativo 16
aprile 1994, n. 297.
3 All'art. 20, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n.
390, restano soppresse le parole:
"sempre che esistano trattati o accordi internazionali
bilaterali o multilaterali di reciprocità tra la Repubblica italiana e gli
Stati di origine degli studenti, fatte salve le diverse disposizioni previste
nell'ambito dei programmi in favore dei Paesi in via di sviluppo".
4. A decorrere dalla data di entrata in vigore del
regolamento di attuazione del presente testo unico sono abrogate le
disposizioni ancora in vigore del Titolo V del regolamento di esecuzione del Testo unico 18 giugno 1941,
n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza,
approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635.
Art. 48
(Copertura finanziaria)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 48)
1.
All'onere derivante dall'attuazione della legge 6 marzo 1998, n. 40 e del
presente testo unico, valutato in lire 42.500 milioni per il 1997 e in lire
124.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, si provvede:
a) quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire
104.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, mediante riduzione dello
stanziamento iscritto ai fini del bilancio triennale 1997-1999 al capitolo
6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l'anno 1997, allo scopo parzialmente
utilizzando, quanto a lire 22.500 milioni per l'anno 1997 e a lire 29.000
milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento relativo al
Ministero del tesoro; quanto a lire 50.000 milioni per ciascuno degli anni
1998 e 1999 l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999,
l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a
lire 5.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999, l'accantonamento
relativo al Ministero degli affari esteri;
b) quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni
1997, 1998 e 1999, mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 1997-1999, al capitolo 9001 dello stato di previsione
del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per
l'anno 1997, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al
ministero dell'interno.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
Art. 49
(Disposizioni finali)
(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 49)
1. Nella prima applicazione delle disposizioni della legge
6 marzo 1998, n. 40, del presente testo unico si provvede a dotare le
questure che ancora non ne fossero provviste delle apparecchiature
tecnologiche necessarie per la trasmissione in via telematica dei dati di
identificazione personale nonchè delle operazioni necessarie per assicurare
il collegamento tra le questure e il sistema informativo della Direzione
centrale della polizia criminale.
2. All'onere conseguente all'applicazione del comma 1,
valutato in lire 8.000 milioni per l'anno 1998, si provvede a carico delle
risorse di cui all'articolo 48 e comunque nel rispetto del tetto massimo di
spesa ivi previsto.
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