CONCORDATO FRA LA SANTA SEDE E L'ITALIA
IN NOME
DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Premesso:
Che fin dall’inizio delle
trattative tra la Santa Sede e l’Italia per risolvere la « questione romana »
la Santa Sede stessa ha proposto che il Trattato relativo a detta questione
fosse accompagnato, per necessario complemento, da un Concordato, inteso a
regolare le condizioni della Religione e della Chiesa in Italia;
Che è stato concluso e firmato
oggi stesso il Trattato per la soluzione della « questione romana »;
Sua Santità il Sommo Pontefice
Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III, Re d’Italia, hanno risoluto di fare
un Concordato, ed all’uopo hanno nominato gli stessi Plenipotenziarii, delegati
per la stipulazione del Trattato, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza
Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e
per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor Cavaliere Benito Mussolini,
Primo Ministro e Capo del Governo, i quali, scambiati i loro Pieni Poteri e
trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli Articoli seguenti:
Art. 1
L’Italia, ai sensi dell’art. 1 del
Trattato, assicura alla Chiesa Cattolica il libero esercizio del potere
spirituale, il libero e pubblico esercizio del culto, nonché della sua giurisdizione
in materia ecclesiastica in conformità alle norme del presente Concordato; ove
occorra, accorda agli ecclesiastici per gli atti del loro ministero spirituale
la difesa da parte delle sue autorità.
In considerazione del carattere
sacro della Città Eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo
cattolico e méta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in
Roma tutto ciò che possa essere in contrasto col detto carattere.
Art. 2
La Santa Sede comunica e corrisponde
liberamente con i Vescovi, col clero e con tutto il mondo cattolico senza
alcuna ingerenza del Governo italiano.
Parimenti, per tutto quanto si
riferisce al ministero pastorale, i Vescovi comunicano e corrispondono
liberamente col loro clero e con tutti i fedeli.
Tanto la Santa Sede quanto i
Vescovi possono pubblicare liberamente ed anche affiggere nell’interno ed alle
porte esterne degli edifici destinati al culto o ad uffici del loro ministero
le istruzioni, ordinanze, lettere pastorali, bollettini diocesani ed altri atti
riguardanti il governo spirituale dei fedeli, che crederanno di emanare
nell’ambito della loro competenza. Tali pubblicazioni ed affissioni ed in
genere tutti gli atti e documenti relativi al governo spirituale dei fedeli non
sono soggetti ad oneri fiscali.
Le dette pubblicazioni, per quanto
riguarda la Santa Sede, possono essere fatte in qualunque lingua; quelle dei
Vescovi sono fatte in lingua italiana o latina; ma, accanto al testo italiano,
l’autorità ecclesiastica può aggiungere la traduzione in altre lingue.
Le autorità ecclesiastiche possono
senza alcuna ingerenza delle autorità civili eseguire collette nell’interno ed
all’ingresso delle chiese nonché negli edifici di loro proprietà.
Art. 3
Gli studenti di teologia, quelli
degli ultimi due anni di propedeutica alla teologia avviati al sacerdozio ed i
novizi degli istituti religiosi possono, a loro richiesta, rinviare, di anno in
anno, fino al ventesimosesto anno di età l’adempimento degli obblighi del
servizio militare.
I chierici ordinati in sacris ed i
religiosi, che hanno emesso i voti, sono esenti dal servizio militare, salvo il
caso di mobilitazione generale. In tale caso, i sacerdoti passano nelle forze
armate dello Stato, ma è loro conservato l’abito ecclesiastico, affinché
esercitino fra le truppe il sacro ministero sotto la giurisdizione
ecclesiastica dell’Ordinario militare ai sensi dell’art. 14. Gli altri chierici
o religiosi sono di preferenza destinati ai servizi sanitari.
Tuttavia, anche se siasi disposta
la mobilitazione generale, sono dispensati dal presentarsi alla chiamata i
sacerdoti con cura di anime. Si considerano tali gli Ordinari, i parroci, i
vice parroci o coadiutori, i vicari ed i sacerdoti stabilmente preposti a
rettorie di chiese aperte al culto.
Art. 4
Gli ecclesiastici ed i religiosi
sono esenti dall’ufficio di giurato.
Art. 5
Nessun ecclesiastico può essere
assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello Stato italiano o di enti
pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla osta dell’Ordinario diocesano.
La revoca del nulla osta priva
l’ecclesiastico della capacità di continuare ad esercitare l’impiego o
l’ufficio assunto.
In ogni caso i sacerdoti apostati
o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un
insegnamento, in un ufficio od in un impiego, nei quali siano a contatto
immediato col pubblico.
Art. 6
Gli stipendi e gli altri assegni,
di cui godono gli ecclesiastici in ragione del loro ufficio, sono esenti da
pignorabilità nella stessa misura in cui lo sono gli stipendi e gli assegni
degl’impiegati dello Stato.
Art. 7
Gli ecclesiastici non possono
essere richiesti da magistrati o da altra autorità a dare informazioni su
persone o materie di cui siano venuti a conoscenza per ragione del sacro ministero.
Art. 8
Nel caso di deferimento al
magistrato penale di un ecclesiastico o di un religioso per delitto, il
Procuratore del Re deve informarne immediatamente l’Ordinario della diocesi,
nel cui territorio egli esercita giurisdizione; e deve sollecitamente
trasmettere di ufficio al medesimo la decisione istruttoria e, ove abbia luogo,
la sentenza terminativa del giudizio tanto in primo grado quanto in appello.
In caso di arresto,
l’ecclesiastico o il religioso è trattato col riguardo dovuto al suo stato ed
al suo grado gerarchico.
Nel caso di condanna di un
ecclesiastico o di un religioso, la pena è scontata possibilmente in locali
separati da quelli destinati ai laici, a meno che l’Ordinario competente non
abbia ridotto il condannato allo stato laicale.
Art. 9
Di regola, gli edifici aperti al
culto sono esenti da requisizioni od occupazioni.
Occorrendo per gravi necessità
pubbliche occupare un edificio aperto al culto, l’autorità che procede
all’occupazione deve prendere previamente accordi con l’Ordinario, a meno che
ragioni di assoluta urgenza a ciò si oppongano. In tale ipotesi, l’autorità
procedente deve informare immediatamente il medesimo.
Salvo i casi di urgente necessità,
la forza pubblica non può entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli
edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità
ecclesiastica.
Art. 10
Non si potrà per qualsiasi causa
procedere alla demolizione di edifizi aperti al culto, se non previo accordo
colla competente autorità ecclesiastica.
Art. 11
Lo Stato riconosce i giorni
festivi stabiliti dalla Chiesa, che sono i seguenti:
Tutte le domeniche;
Il primo giorno dell’anno;
Il giorno dell’Epifania (6
gennaio);
Il giorno della festa di S.
Giuseppe (19 marzo);
Il giorno dell’Ascensione;
Il giorno del Corpus Domini;
Il giorno della festa dei Ss.
Apostoli Pietro e Paolo (29 giugno);
Il giorno dell’Assunzione della B.
V. Maria ( 15 agosto);
Il giorno di Ognissanti (1°
novembre);
Il giorno della festa
dell’Immacolata Concezione (8 dicembre);
Il giorno di Natale (25 dicembre).
Art. 12
Nelle domeniche e nelle feste di
precetto, nelle chiese in cui officia un Capitolo, il celebrante la Messa
Conventuale canterà, secondo le norme della sacra liturgia, una preghiera per
la prosperità del Re d’Italia e dello Stato italiano.
Art. 13
Il Governo italiano comunica alla
Santa Sede la tabella organica del personale ecclesiastico di ruolo adibito al
servizio dell’assistenza spirituale presso le forze militari dello Stato appena
essa sia stata approvata nei modi di legge.
La designazione degli
ecclesiastici, cui è commessa l’alta direzione del servizio di assistenza
spirituale (Ordinario militare, vicario ed ispettori), è fatta
confidenzialmente dalla Santa Sede al Governo italiano. Qualora il Governo
italiano abbia ragioni da opporre alla fatta designazione, ne darà
comunicazione alla Santa Sede, la quale procederà ad altra designazione.
L’Ordinario militare sarà
rivestito della dignità arcivescovile.
La nomina dei cappellani militari
è fatta dalla competente autorità dello Stato italiano su designazione
dell’Ordinario militare.
Art. 14
Le truppe italiane di aria, di
terra e di mare godono, nei riguardi dei doveri religiosi, dei privilegi e
delle esenzioni consentite dal diritto canonico.
I cappellani militari hanno,
riguardo alle dette truppe, competenze parrocchiali. Essi esercitano il sacro
ministero sotto la giurisdizione dell’Ordinario militare, assistito dalla
propria Curia.
L’Ordinario militare ha
giurisdizione anche sul personale religioso, maschile e femminile, addetto agli
ospedali militari.
Art. 15
L’Arcivescovo ordinario militare è
preposto al Capitolo della chiesa del Pantheon in Roma, costituendo con esso il
clero, cui è affidato il servizio religioso di detta Basilica.
Tale clero è autorizzato a
provvedere a tutte le funzioni religiose, anche fuori di Roma, che in
conformità alle regole canoniche siano richieste dallo Stato o dalla Reale
Casa.
La Santa Sede consente a conferire
a tutti i canonici componenti il capitolo del Pantheon la dignità di
protonotari ad instar, durante munere. La nomina di ciascuno di essi sarà fatta
dal Cardinale Vicario di Roma dietro presentazione da parte di Sua Maestà il Re
d’Italia, previa confidenziale indicazione del presentando.
La S. Sede si riserva di
trasferire ad altra chiesa la Diaconia.
Art. 16
Le Alte Parti contraenti
procederanno d’accordo, a mezzo di commissioni miste, ad una revisione della
circoscrizione delle diocesi, allo scopo di renderla possibilmente rispondente
a quella delle province dello Stato.
Resta inteso che la Santa Sede
erigerà la diocesi di Zara; che nessuna parte del territorio soggetto alla
sovranità del Regno d’Italia dipenderà da un Vescovo, la cui sede si trovi in
territorio soggetto alla sovranità di altro Stato; e che nessuna diocesi del
Regno comprenderà zone di territorio soggette alla sovranità di altro Stato.
Lo stesso principio sarà osservato
per tutte le parrocchie esistenti o da costituirsi in territori vicini ai
confini dello Stato.
Le modificazioni che, dopo
l’assetto innanzi accennato si dovessero in avvenire arrecare alle
circoscrizioni delle diocesi, saranno disposte dalla Santa Sede previi accordi
col Governo italiano ed in osservanza delle direttive su espresse, salvo le
piccole rettifiche di territorio richieste dal bene delle anime.
Art. 17
La riduzione delle diocesi che
risulterà dall’applicazione dell’articolo precedente, sarà attuata via via che
le diocesi medesime si renderanno vacanti.
Resta inteso che la riduzione non
importerà soppressione dei titoli delle diocesi né dei capitoli, che saranno
conservati, pur raggruppandosi le diocesi in modo che i capoluoghi delle
medesime corrispondano a quelli delle province.
Le riduzioni suddette lasceranno
salve tutte le attuali risorse economiche delle diocesi e degli altri enti
ecclesiastici esistenti nelle medesime, compresi gli assegni ora corrisposti
dallo Stato italiano.
Art. 18
Dovendosi, per disposizione
dell’autorità ecclesiastica, raggruppare in via provvisoria o definitiva più
parrocchie, sia affidandole ad un solo parroco assistito da uno o più
vice-parroci, sia riunendo in un solo presbiterio più sacerdoti, lo Stato
manterrà inalterato il trattamento economico dovuto a dette parrocchie.
Art. 19
La scelta degli Arcivescovi e
Vescovi appartiene alla Santa Sede.
Prima di procedere alla nomina di
un Arcivescovo o di un Vescovo diocesano o di un coadiutore cum iure
successionis, la Santa Sede comunicherà il nome della persona prescelta al
Governo italiano per assicurarsi che il medesimo non abbia ragioni di carattere
politico da sollevare contro la nomina.
Le pratiche relative si
svolgeranno con la maggiore possibile sollecitudine e con ogni riservatezza, in
modo che sia mantenuto il segreto sulla persona prescelta, finché non avvenga
la nomina della medesima.
Art. 20
I Vescovi, prima di prendere
possesso della loro diocesi, prestano nelle mani del Capo dello Stato un
giuramento di fedeltà secondo la formula seguente:
«Davanti a Dio e sui Santi
Vangeli, io giuro e prometto, siccome si conviene ad un Vescovo, fedeltà allo
Stato italiano. Io giuro e prometto di rispettare e di far rispettare dal mio
clero il Re ed il Governo stabilito secondo le leggi costituzionali dello
Stato. Io giuro e prometto inoltre che non parteciperò ad alcun accordo né
assisterò ad alcun consiglio che possa recar danno allo Stato italiano ed
all’ordine pubblico e che non permetterò al mio clero simili partecipazioni.
Preoccupandomi del bene e dell’interesse dello Stato italiano, cercherò di
evitare ogni danno che possa minacciarlo ».
Art. 21
La provvista dei benefìci
ecclesiastici appartiene all’autorità ecclesiastica.
Le nomine degl’investiti dei
benefìci parrocchiali sono dall’autorità ecclesiastica competente comunicate
riservatamente al Governo italiano e non possono avere corso prima che siano
passati trenta giorni dalla comunicazione.
In questo termine, il Governo
italiano, ove gravi ragioni si oppongano alla nomina, può manifestarle
riservatamente all’autorità ecclesiastica, la quale, permanendo il dissenso,
deferirà il caso alla Santa Sede.
Sopraggiungendo gravi ragioni che
rendano dannosa la permanenza di un ecclesiastico in un determinato beneficio
parrocchiale, il Governo italiano comunicherà tali ragioni all’Ordinario, che
d’accordo col Governo prenderà entro tre mesi le misure appropriate. In caso di
divergenza tra l’Ordinario ed il Governo, la Santa Sede affiderà la soluzione
della questione a due ecclesiastici di sua scelta, i quali d’accordo con due
delegati del Governo italiano prenderanno una decisione definitiva.
Art. 22
Non possono essere investiti di
benefìci esistenti in Italia ecclesiastici che non siano cittadini italiani. I
titolari delle diocesi e delle parrocchie devono inoltre parlare la lingua
italiana. Occorrendo, dovranno essere loro assegnati coadiutori che, oltre
l’italiano, intendano e parlino anche la lingua localmente in uso, allo scopo
di prestare l’assistenza religiosa nella lingua dei fedeli secondo le regole
della Chiesa.
Art. 23
Le disposizioni degli articoli 16,
17, 19, 20, 21 e 22 non riguardano Roma e le diocesi suburbicarie.
Resta anche inteso che, qualora la
Santa Sede procedesse ad un nuovo assetto di dette diocesi, rimarrebbero
invariati gli assegni oggi corrisposti dallo Stato italiano sia alle mense sia
alle altre istituzioni ecclesiastiche.
Art. 24
Sono aboliti l’exequatur, il
regio placet, nonché ogni nomina cesarea o regia in materia di provvista di
benefìci od uffici ecclesiastici in tutta Italia, salve le eccezioni stabilite
nell’art. 29 lettera g).
Art. 25
Lo Stato italiano rinuncia alla
prerogativa sovrana del Regio patronato sui benefìci maggiori e minori.
È abolita la regalia sui benefìci
maggiori e minori. È abolito anche il terzo pensionabile nelle province
dell’ex-regno delle due Sicilie.
Gli oneri relativi cessano di far
carico allo Stato ed alle amministrazioni dipendenti.
Art. 26
La nomina degl’investiti dei
benefìci maggiori e minori e di chi rappresenta temporaneamente la sede o il
beneficio vacante ha effetto dalla data della provvista ecclesiastica, che sarà
ufficialmente partecipata al Governo. L’amministrazione ed il godimento delle
rendite, durante la vacanza, è disciplinata dalle norme del diritto canonico.
In caso di cattiva gestione, lo
Stato italiano, presi accordi con l’autorità ecclesiastica, può procedere al
sequestro delle temporalità del beneficio, devolvendone il reddito netto a
favore dell’investito, o, in sua mancanza, a vantaggio del beneficio.
Art. 27
Le basiliche della Santa Casa in
Loreto, di San Francesco in Assisi e di Sant’Antonio in Padova con gli edifici
ed opere annesse, eccettuate quelle di carattere meramente laico, saranno
cedute alla Santa Sede e la loro amministrazione spetterà liberamente alla
medesima. Saranno parimenti liberi da ogni ingerenza dello Stato e da
conversione gli altri enti di qualsiasi natura gestiti dalla Santa Sede in
Italia nonché i Collegi di missioni. Restano, tuttavia, in ogni caso
applicabili le leggi italiane concernenti gli acquisti dei corpi morali.
Relativamente ai beni ora
appartenenti ai detti Santuari, si procederà alla ripartizione a mezzo di
commissione mista, avendo riguardo ai diritti dei terzi ed alle dotazioni
necessarie alle dette opere meramente laiche.
Per gli altri Santuari, nei quali
esistano amministrazioni civili, subentrerà la libera gestione dell’autorità
ecclesiastica, salva, ove del caso, la ripartizione dei beni a norma del
precedente capoverso.
Art. 28
Per tranquillare le coscienze, la
Santa Sede accorderà piena condonazione a tutti coloro che, a seguito delle
leggi italiane eversive del patrimonio ecclesiastico, si trovino in possesso di
beni ecclesiastici.
A tale scopo la Santa Sede darà
agli Ordinari le opportune istruzioni.
Art. 29
Lo Stato italiano rivedrà la sua
legislazione in quanto interessa la materia ecclesiastica, al fine di
riformarla ed integrarla, per metterla in armonia colle direttive, alle quali
si ispira il Trattato stipulato colla Santa Sede ed il presente Concordato.
Resta fin da ora convenuto fra le
due Alte Parti contraenti quanto appresso:
a) Ferma restando la personalità
giuridica degli enti ecclesiastici finora riconosciuti dalle leggi italiane
(Santa Sede, diocesi, capitoli, seminari, parrocchie, ecc.), tale personalità
sarà riconosciuta anche alle chiese pubbliche aperte al culto, che già non
l’abbiano, comprese quelle già appartenenti agli enti ecclesiastici soppressi,
con assegnazione, nei riguardi di queste ultime, della rendita che attualmente
il Fondo per il Culto destina a ciascuna di esse.
Salvo quanto è disposto nel
precedente art. 27, i consigli di amministrazione, dovunque esistano e
qualunque sia la loro denominazione, anche se composti totalmente o in
maggioranza di laici, non dovranno ingerirsi nei servizi di culto, e la nomina
dei componenti sarà fatta d’intesa con l’autorità ecclesiastica.
b) Sarà riconosciuta la
personalità giuridica delle associazioni religiose, con o senza voti, approvate
dalla Santa Sede, che abbiano la loro sede principale nel Regno, e siano ivi
rappresentate, giuridicamente e di fatto, da persone che abbiano la
cittadinanza italiana e siano in Italia domiciliate. Sarà riconosciuta,
inoltre, la personalità giuridica delle province religiose italiane, nei limiti
del territorio dello Stato e sue colonie, delle associazioni aventi la sede
principale all’estero, quando concorrano le stesse condizioni. Sarà
riconosciuta altresì la personalità giuridica delle case, quando dalle regole
particolari dei singoli ordini sia attribuita alle medesime la capacità di
acquistare e possedere. Sarà riconosciuta infine la personalità giuridica alla
Case generalizie ed alle Procure delle associazioni religiose, anche estere. Le
associazioni o le case religiose, le quali già abbiano la personalità
giuridica, la conserveranno.
Gli atti relativi ai trasferimenti
degli immobili, dei quali le associazioni sono già in possesso, dagli attuali
intestatari alle associazioni stesse saranno esenti da ogni tributo.
c) Le confraternite aventi scopo
esclusivo o prevalente di culto non sono soggette ad ulteriori trasformazioni
nei fini, e dipendono dall’autorità ecclesiastica, per quanto riguarda il
funzionamento e l’amministrazione.
d) Sono ammesse le fondazioni di
culto di qualsiasi specie, purché consti che rispondano alle esigenze religiose
della popolazione e non ne derivi alcun onere finanziario allo Stato. Tale
disposizione si applica anche alle fondazioni già esistenti di fatto.
e) Nelle amministrazioni civili
del patrimonio ecclesiastico proveniente dalle leggi eversive i consigli di
amministrazione saranno formati per metà con membri designati dall’autorità
ecclesiastica. Altrettanto dicasi per i Fondi di religione delle nuove
province.
f) Gli atti compiuti finora da
enti ecclesiastici o religiosi senza l’osservanza delle leggi civili potranno
essere riconosciuti e regolarizzati dallo Stato italiano, su domanda
dell’Ordinario da presentarsi entro tre anni dall’entrata in vigore del
presente Concordato.
g) Lo Stato italiano rinunzia ai
privilegi di esenzione giurisdizionale ecclesiastica del clero palatino in
tutta Italia (salvo per quello addetto alle chiese della Santa Sindone di
Torino, di Superga, del Sudario di Roma ed alle cappelle annesse ai palazzi di
dimora dei Sovrani e dei Principi Reali), rientrando tutte le nomine e
provviste di benefìci ed uffici sotto le norme degli articoli precedenti.
Un’apposita commissione provvederà all’assegnazione ad ogni basilica o chiesa
palatina di una congrua dotazione con i criteri indicati per i beni dei
santuari nell’art. 27.
h) Ferme restando le agevolazioni
tributarie già stabilite a favore degli enti ecclesiastici dalle leggi italiane
fin qui vigenti, il fine di culto o di religione è, a tutti gli effetti
tributari, equiparato ai fini di beneficenza e di istruzione.
È abolita la tassa straordinaria
del trenta per cento imposta con l’articolo 18 della legge 15 agosto 1867 n.
3848; la quota di concorso di cui agli articoli 31 della legge 7 luglio 1866 n.
3036 e 20 della legge 15 agosto 1867 n. 3848; nonché la tassa sul passaggio di
usufrutto dei beni costituenti la dotazione dei benefìci ed altri enti
ecclesiastici, stabilita dall’art. 1° del R. D. 30 dicembre 1923 n. 3270,
rimanendo esclusa anche per l’avvenire l’istituzione di qualsiasi tributo
speciale a carico dei beni della Chiesa. Non saranno applicate ai ministri del
culto per l’esercizio del ministero sacerdotale l’imposta sulle professioni e
la tassa di patente, istituite con il R. D. 18 novembre 1923 n. 2538 in luogo
della soppressa tassa di esercizio e rivendita, né qualsiasi altro tributo del
genere.
i) L’uso dell’abito ecclesiastico
o religioso da parte di secolari o da parte di ecclesiastici e di religiosi, ai
quali sia stato interdetto con provvedimento definitivo della competente
autorità ecclesiastica, che dovrà a questo fine essere ufficialmente comunicato
al Governo italiano, è vietato e punito colle stesse sanzioni e pene, colle
quali è vietato e punito l’uso abusivo della divisa militare.
Art. 30
La gestione ordinaria e straordinaria
dei beni appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione
religiosa ha luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle competenti autorità
della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato italiano, e senza
obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili.
Lo Stato italiano riconosce agli
istituti ecclesiastici ed alle associazioni religiose la capacità di acquistare
beni, salve le disposizioni delle leggi civili concernenti gli acquisti dai
corpi morali.
Lo Stato italiano, finché con
nuovi accordi non sarà stabilito diversamente, continuerà a supplire alle
deficienze dei redditi dei benefìci ecclesiastici con assegni da corrispondere
in misura non inferiore al valore reale di quella stabilita dalle leggi attualmente
in vigore: in considerazione di ciò, la gestione patrimoniale di detti
benefìci, per quanto concerne gli atti e contratti eccedenti la semplice
amministrazione, avrà luogo con intervento da parte dello Stato italiano, ed in
caso di vacanza la consegna dei beni sarà fatta colla presenza di un
rappresentante del Governo, redigendosi analogo verbale.
Non sono soggetti all’intervento
suddetto le mense vescovili delle diocesi suburbicarie ed i patrimoni dei
capitoli e delle parrocchie di Roma e delle dette diocesi. Agli effetti del
supplemento di congrua, l’ammontare dei redditi, che su dette mense e patrimoni
sono corrisposti ai beneficiati, risulterà da una dichiarazione resa
annualmente sotto la propria responsabilità dal Vescovo suburbicario per le diocesi
e dal Cardinale Vicario per la città di Roma.
Art. 31
L’erezione di nuovi enti
ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dall’autorità ecclesiastica
secondo le norme del diritto canonico: il loro riconoscimento agli effetti
civili sarà fatto dalle autorità civili.
Art. 32
I riconoscimenti e le
autorizzazioni previste nelle disposizioni del presente Concordato e del
Trattato avranno luogo con le norme stabilite dalle leggi civili, che dovranno
essere poste in armonia con le disposizioni del Concordato medesimo e del
Trattato.
Art. 33
È riservata alla Santa Sede la
disponibilità delle catacombe esistenti nel suolo di Roma e delle altre parti
del territorio del Regno con l’onere conseguente della custodia, della
manutenzione e della conservazione.
Essa può quindi, con l’osservanza
delle leggi dello Stato e con salvezza degli eventuali diritti di terzi,
procedere alle occorrenti escavazioni ed al trasferimento dei corpi santi.
Art. 34
Lo Stato italiano, volendo
ridonare all’istituto del matrimonio, che è base della famiglia, dignità
conforme alle tradizioni cattoliche del suo popolo, riconosce al sacramento del
matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili.
Le pubblicazioni del matrimonio
come sopra saranno effettuate, oltre che nella chiesa parrocchiale, anche nella
casa comunale.
Subito dopo la celebrazione il
parroco spiegherà ai coniugi gli effetti civili del matrimonio, dando lettura
degli articoli del codice civile riguardanti i diritti ed i doveri dei coniugi,
e redigerà l’atto di matrimonio, del quale entro cinque giorni trasmetterà
copia integrale al Comune, affinché venga trascritto nei registri dello stato
civile.
Le cause concernenti la nullità
del matrimonio e la dispensa dal matrimonio rato e non consumato sono riservate
alla competenza dei tribunali e dei dicasteri ecclesiastici.
I provvedimenti e le sentenze
relative, quando siano divenute definitive, saranno portate al Supremo
Tribunale della Segnatura, il quale controllerà se siano state rispettate le
norme del diritto canonico relative alla competenza del giudice, alla citazione
ed alla legittima rappresentanza o contumacia delle parti.
I detti provvedimenti e sentenze
definitive coi relativi decreti del Supremo Tribunale della Segnatura saranno
trasmessi alla Corte di Appello dello Stato competente per territorio, la
quale, con ordinanze emesse in Camera di Consiglio, li renderà esecutivi agli
effetti civili ed ordinerà che siano annotati nei registri dello stato civile a
margine dell’atto di matrimonio.
Quanto alle cause di separazione
personale, la Santa Sede consente che siano giudicate dall’autorità giudiziaria
civile.
Art. 35
Per le scuole di istruzione media
tenute da enti ecclesiastici o religiosi rimane fermo l’istituto dell’esame di
Stato ad effettiva parità di condizioni per candidati di istituti governativi e
candidati di dette scuole.
Art. 36
L’Italia considera fondamento e
coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana
secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che
l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia
un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi
d’accordo tra la Santa Sede e lo Stato.
Tale insegnamento sarà dato a
mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità
ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che
siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario
diocesano.
La revoca del certificato da parte
dell’Ordinario priva senz’altro l’insegnante della capacità di insegnare.
Pel detto insegnamento religioso
nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati
dall’autorità ecclesiastica.
Art. 37
I dirigenti delle associazioni
statali per l’educazione fisica, per l’istruzione premilitare, degli
Avanguardisti e dei Balilla, per rendere possibile l’istruzione e l’assistenza
religiosa della gioventù loro affidata, disporranno gli orari in modo da non
impedire nelle domeniche e nelle feste di precetto l’adempimento dei doveri
religiosi.
Altrettanto disporranno i
dirigenti delle scuole pubbliche nelle eventuali adunate degli alunni nei detti
giorni festivi.
Art. 38
Le nomine dei Professori
dell’Università Cattolica del S. Cuore e del dipendente Istituto di Magistero
Maria Immacolata sono subordinate al nulla osta da parte della Santa Sede,
diretto ad assicurare che non vi sia alcunché da eccepire dal punto di vista
morale e religioso.
Art. 39
Le Università, i Seminari maggiori
e minori, sia diocesani sia interdiocesani sia regionali, le accademie, i
collegi e gli altri istituti cattolici per la formazione e la cultura degli
ecclesiastici continueranno a dipendere unicamente dalla Santa Sede, senza
alcuna ingerenza delle autorità scolastiche del Regno.
Art. 40
Le lauree in sacra teologia date
dalle Facoltà approvate dalla Santa Sede saranno riconosciute dallo Stato
italiano.
Saranno parimenti riconosciuti i
diplomi che si conseguono nelle scuole di paleografia, archivistica e
diplomatica documentaria erette presso la biblioteca e l’archivio nella Città
del Vaticano.
Art. 41
L’Italia autorizza l’uso nel Regno
e nelle sue colonie delle onorificenze cavalleresche pontificie mediante
registrazione del breve di nomina, da farsi su presentazione del breve stesso e
domanda scritta dell’interessato.
Art. 42
L’Italia ammetterà il
riconoscimento, mediante Decreto Reale, dei titoli nobiliari conferiti dai
Sommi Pontefici anche dopo il 1870 e di quelli che saranno conferiti in
avvenire.
Saranno stabiliti casi nei quali
il detto riconoscimento non è soggetto in Italia al pagamento di tassa.
Art. 43
Lo Stato italiano riconosce le
organizzazioni dipendenti dall’Azione Cattolica Italiana, in quanto esse,
siccome la Santa Sede ha disposto, svolgano la loro attività al di fuori di
ogni partito politico e sotto l’immediata dipendenza della gerarchia della
Chiesa per la diffusione e l’attuazione dei principî cattolici.
La Santa Sede prende occasione
dalla stipulazione del presente Concordato per rinnovare a tutti gli
ecclesiastici e religiosi d’Italia il divieto di iscriversi e militare in
qualsiasi partito politico.
Art. 44
Se in avvenire sorgesse qualche
difficoltà sulla interpretazione del presente Concordato, la Santa Sede e
l’Italia procederanno di comune intelligenza ad una amichevole soluzione.
Art. 45
Il presente Concordato entrerà in
vigore allo scambio delle ratifiche, contemporaneamente al Trattato, stipulato
fra le stesse Alte Parti, che elimina la « questione romana ».
Con l’entrata in vigore del
presente Concordato, cesseranno di applicarsi in Italia le disposizioni dei
Concordati decaduti degli ex-stati italiani. Le leggi austriache, le leggi, i
regolamenti, le ordinanze e i decreti dello Stato italiano attualmente vigenti,
in quanto siano in contrasto colle disposizioni del presente Concordato, si
intendono abrogati con l’entrata in vigore del medesimo.
Per predisporre la esecuzione del
presente Concordato sarà nominata, subito dopo la firma del medesimo, una
Commissione composta da persone designate da ambedue le Alte Parti.
Roma, undici febbraio
millenovecentoventinove.
Firmato: PIETRO Cardinale GASPARRI
BENITO MUSSOLINI