Così il presidente del Consiglio dei Ministri lo scorso 18 ottobre ha emanato l’ennesimo DPCM che introduce nuove misure per il contrasto e il contenimento dell’emergenza Covid-19.
L’obiettivo è di contenere i contagi senza affossare l’economia. In altri termini, evitare che un secondo lockdown generalizzato producesse una pandemia economica e sociale mentre il nostro Paese si sta riprendendo a stento dalla crisi prodotta dal primo.
Siamo d’accordo con il premier Conte che la tutela della salute deve coesistere con la tutela dell’economia e questo ovviamente è anche l’obiettivo che si prefiggono i governi del resto dell’Europa, colpita tutta gravemente dal Covid-19.
Non riusciamo più ad essere d’accordo quando si mettono le mani sulla scuola, perché se ciò avviene, solitamente, i provvedimenti non vanno ad incidere sulle questioni prioritarie e urgenti.
Mi riferisco, ad esempio, alla nota del 19 ottobre, applicativa del citato DPCM, dove si dettano per le scuole alcune regole. A parte le scuole dell’infanzia e del primo ciclo che continueranno a svolgere la didattica in presenza, nelle indicazioni per il secondo ciclo si prospettano: l’incremento della Didattica Digitale Integrata,( va ricordato che non la si può improvvisare, si deve investire nella formazione dei docenti) la modulazione degli orari di ingresso e uscita degli alunni, ( in molte Regioni del Nord esiste già l’orario scaglionato) anche con l’utilizzo di turni pomeridiani ( si conciliano con gli orari degli autobus? C’è il personale?) e si dispone l’ingresso a scuola alle ore 9 per alleggerire i mezzi pubblici.
Il tutto subordinato a precise valutazioni documentate dalle autorità locali e sanitarie e previa comunicazione al ministero dell’istruzione. E’ l’ennesima prova che le scuole sono ormai caricate di ogni responsabilità, ma non hanno la facoltà di decidere utilizzando in autonomia gli strumenti della flessibilità.
Le questioni che, a nostro avviso, avrebbero dovuto essere affrontate in primis dal DCPM riguardano: la necessità di potenziare il personale docente e Ata che in alcune Regioni è ancora insufficiente al mattino, figuriamoci di pomeriggio; i trasporti e, più in generale, la mobilità; i servizi territoriali della sanità e quelli di assistenza e supporto alle persone.
Intervenire con adeguati investimenti avrebbe dovuto essere la priorità per il Governo che ha avuto sei mesi di tempo per prevenire la seconda ondata Covid e per sciogliere i nodi più delicati. Un esempio tra tanti: come si può parlare di distanziamento, che pure è una delle misure obbligate per evitare i contagi, se studenti e lavoratori sono costretti a salire su autobus, metro e treni superaffollati? Perché non si è esaminato subito il problema dei trasporti pubblici? E le persone disabili?
Questi sono i problemi reali”. In compenso gli studenti trovano a scuola nuovi banchi a rotelle e per le città circolano pericolosi monopattini elettrici, milioni di euro che avrebbero potuto essere utilizzati in modo più proficuo.
Ad oggi non abbiamo potuto incontrare i rappresentanti del Ministero intorno al tavolo per la sicurezza; nonostante la nostra disponibilità a collaborare, troppi silenzi da parte del Ministero, non vediamo aperture. Il Ministero non ha ancora inviato i dati sui contagi, né si sa quanti sono i casi nelle scuole.
Lo Snals, insieme con gli altri sindacati, ha denunciato apertamente questa situazione nel corso di una videoconferenza, e ha espresso preoccupazione per la scelta del ministro Azzolina di procedere con il concorso straordinario, nonostante la richiesta di rinvio delle prove a causa della crescita esponenziale dei contagi.
Per questi ed altri validi motivi lo Snals ha sollecitato la convocazione del tavolo permanente nazionale sul protocollo di sicurezza per la ripresa delle attività didattiche e, insieme con la Confsal, ha chiesto un incontro urgente alla ministra Azzolina, sulle misure del DPCM, nonchè sugli interventi previsti per il sistema di istruzione dalla Legge di bilancio per il 2021, appena varata. Alle porte c’è il rinnovo del contratto di lavoro e il personale della scuola, pur consapevole della grave situazione economica è stanco di contratti capestro e di vedere sminuiti il proprio lavoro e la propria professionalità. Vogliamo risposte serie.
Spetterà poi al Governo imporsi affinchè una quota sostanziosa delle risorse che dal 2021 arriveranno all’Italia con il Recovery fund, il fondo per far ripartire Europa dopo l’emergenza Covid-19, sia destinata alla scuola, all’Afam, all’Università e alla Ricerca e che quelle risorse siano utilizzate nel migliore dei modi.
Elvira Serafini
Segretario generale Snals-Confsal