A nome dello Snals-Confsal e mio personale, porgo il benvenuto ai rappresentanti istituzionali, agli autorevoli relatori e a tutti i presenti che hanno accettato il nostro invito. Oggi ho il piacere di condividere con voi le ragioni di questa iniziativa. I temi che affronteremo riflettono le priorità della nostra organizzazione, i suoi orientamenti, il suo modo di agire. Sentiamo tutti l’urgenza di orientarci e di avere strumenti interpretativi sulle molte questioni che investono il mondo dell’educazione, dell’istruzione, della cultura e della ricerca. Questioni che riguardano da vicino i giovani, la vita delle persone e il futuro del nostro Paese. In questa prospettiva le questioni aperte riguardano:
1. il ruolo del sindacato nella società contemporanea;
2. la difesa e l’aggiornamento del sistema di valori;
3. una nuova svolta culturale per le politiche formative;
4. le sfide a livello normativo.
1. Sul primo punto: sentiamo la necessità di riflettere sul ruolo del sindacato nella società attuale e sulla sua funzione di fondamentale corpo intermedio, in un momento in cui le tradizionali forme di rappresentanza, e anche di partecipazione, sono messe in discussione dai mutamenti della società, del mondo del lavoro e dalle innovazioni tecnologiche.
A maggior ragione nel settore che rappresentiamo, quello della scuola, dell’università, dell’alta formazione artistica e musicale e degli enti pubblici di ricerca. Un settore a cui sono attribuite funzioni costituzionalmente protette, che occupa il più alto numero di persone nell’ambito del pubblico impiego, che impatta quotidianamente su una vastissima platea di cittadini, che determina l’intensità e la qualità della crescita sociale ed economica.
2. E qui vengo al secondo punto: la difesa e l’aggiornamento del sistema di valori. Le prospettive, gli obiettivi, i percorsi e gli interventi concreti, così come i metodi e le alleanze, non si individuano senza un sistema di valori.
Certamente auspichiamo che i valori che riguardano l’educazione siano condivisi e che non siano un altro tema divisivo nella nostra società. Eppure, sia sul piano più generale che nel quotidiano operare, ci rendiamo tutti conto che così non è. E non mi riferisco solamente agli episodi di bullismo, alle violenze e alle intimidazioni che molti insegnanti vivono nelle loro aule, con vari livelli di intensità. I fenomeni sono molto profondi e investono i vissuti delle persone, dei giovani soprattutto, ma anche la credibilità e l’autorevolezza delle istituzioni.
La dignità delle persone, della loro vita e del loro lavoro è senz’altro il fondamento dell’agire del sindacato e del suo protagonismo, ma lo è anche la difesa delle nostre istituzioni che non svolgono un semplice servizio ma esercitano una funzione fondamentale dello Stato.
È nei valori dello Snals mettere al centro la persona, la sua essenza interiore, la sua cultura, la sua intelligenza e le sue qualità umane, soprattutto per noi che ci occupiamo di scuola, formazione e ricerca. Non possiamo, infatti, non cogliere e farci interpreti del disagio vissuto, ormai da lungo periodo, dai tanti lavoratori e dalle tante professionalità.
Come sindacato riteniamo che occorra dare risposte alle attese del personale, perché siamo consapevoli che l’Istruzione e la Ricerca sono un investimento per i singoli e per la società. Una società che non investe in istruzione e ricerca nega ai giovani ogni futuro e rischia di renderli oggetto delle logiche del mercato, di privarli degli strumenti della cittadinanza attiva e consapevole, di negare reali opportunità di lavoro.
Lavoro e nuovi lavori che sempre di più si giocheranno sulle competenze, ma anche sull’educazione, sull’intelligenza sociale ed emotiva, sulla precisione del linguaggio e sulla profondità del pensiero critico. Ci attendiamo una svolta dalla politica e l’assunzione di impegni precisi. Ci attendiamo misure mirate a porre rimedio a pregresse decisioni affrettate, che non sono state né condivise e né funzionali ad aggredire i mali storici dell’intero settore. Accenno al penalizzante rapporto tra istruzione/ricerca e PIL, al precariato e agli innumerevoli contratti atipici, alle basse retribuzioni, al divario nord-sud, al mancato riconoscimento del merito e alla fuga all’estero delle competenze migliori, ai dati preoccupanti sulla dispersione scolastica, ai deludenti esiti degli apprendimenti, alla sicurezza degli edifici.
Riteniamo però che interventi parziali non siano più assolutamente sufficienti, come quelli che, di volta in volta, tolgono materie e aggiungono obblighi, riducono ore e attività di laboratorio e aumentano obiettivi e processi complessi, caricano le istituzioni di burocrazia ma tolgono risorse umane e finanziarie.
3. Entro così nel merito del terzo punto. Non si tratta, comunque, di attendere un’ennesima riforma ma, di promuovere una svolta culturale per le politiche formative. E’ necessario diffondere una nuova “cultura” politica, una visione strategica e un nuovo metodo nell’affrontare le questioni educative e formative. Dobbiamo tutti pensare a un sistema educativo, luogo privilegiato dei linguaggi - da quello artistico a quello fisico, da quello umanistico a quello logico e scientifico - dei saperi, delle categorie di analisi del reale per un pensiero libero. Un sistema educativo pronto ad affrontare una trasformazione epocale, che investe i processi economico-sociali e soprattutto le persone. È fondamentale portare il tema della politica formativa al centro dell’attenzione, aprire nuove strade per dare risposte concrete affrontando il tema del valore della conoscenza e della cultura per lo sviluppo del Paese in senso democratico, solidale ed equo.
È, certamente, necessario affrontare la definizione del modello industriale e la qualità dello sviluppo del Paese, da cui dipende anche l’inserimento lavorativo e la condivisione di responsabilità tra generazioni attraverso misure in sintonia con lo spessore tecnologico della nostra economia. L’interrogativo di fondo però è quale orizzonte di senso e di valori vogliamo porci davanti e quale futuro dare alle giovani generazioni. Sta qui la responsabilità collettiva che dobbiamo assumerci perché non si possono chiedere impegni solo alla politica o al governo di turno.
Non è solo questione di individuare soggetti che devono assumersi responsabilità singole, ma piuttosto quella della messa in campo di intelligenza, creatività e cultura che siamo tutti chiamati a mobilitare per interpretare, in autonomia e libertà, gli scenari mondiali e nazionali e i bisogni diffusi. Con la consapevolezza che gli esiti degli interventi in campo scolastico e in tutti i settori e livelli di istruzione e formazione si vedono a lungo termine. Per questo i vari provvedimenti devono essere poi accompagnati da decreti attuativi, coerenti nei contenuti e nei tempi, e da una gestione accurata e non burocratica ed essere, soprattutto, lontani da logiche di breve scadenza, da esigenze di consenso governativo o di campagna elettorale, dove peraltro i temi dell’istruzione e della cultura hanno sempre spazi marginali.
Dobbiamo ripartire con uno sforzo di comprensione della crisi economica, politica, sociale e, soprattutto, culturale, ampliando l’incontro tra soggetti e missioni. L’educazione deve rappresentare la questione centrale della discussione pubblica, al pari dell’economia di cui si discute tutti i giorni, ma dove non trova spazio la riflessione sulla povertà educativa. Anche sui giovani abbiamo molti giudizi ma ancora poche conoscenze sui loro bisogni profondi, sulle loro fragilità e sulla loro necessità di orientamento, ma anche sui loro valori e le loro propensioni. Poca consapevolezza c’è ancora sulle conseguenze che le trasformazioni tecnologiche e la quantità di informazioni hanno e avranno sul modo stesso di apprendere e studiare, ma anche sul rapporto con gli adulti che educano e insegnano.
È, però, il sistema Paese che deve riconoscere collettivamente un altro valore: che la serietà degli studi, la conoscenza e la cultura sono strumenti per il riconoscimento del merito e per la mobilità sociale, sono un fattore di contrasto delle discriminazioni sociali ed economiche, sono indispensabili presupposti per una società democratica che fa propri i valori dell’integrazione, dell’inclusione e della promozione delle eccellenze.
Questo sarebbe un cambiamento culturale profondo per il nostro Paese. Anche l’orizzonte europeo, al quale l’Italia vuole dare una diversa prospettiva, deve trovare nell’istruzione e nella cultura il suo pilastro per politiche di maggiore attenzione ai diritti, alla coesione sociale e alle istanze dei popoli e dei lavoratori, rispetto alle esigenze dell’economia e della finanza.
È indispensabile un’Unione Europea che riprenda in mano la sua vocazione culturale coniugandola con l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo sostenibile. Non solo perché è nella scuola e nelle istituzioni formative di tutti i livelli che si orientano i giovani a questi valori, ma anche perché è lì che si costruiscono quelle competenze che ci permettono, come Paese, di partecipare ai grandi processi di trasformazione, che chiedono sempre più di essere preparati sia alla cooperazione che alla competizione, a livello europeo e internazionale.
4. Questo è un momento di grandi trasformazioni a livello politico e di scelte cruciali per il nostro Paese, in cui tutti i temi fin qui affrontati devono tradursi in iniziative legislative.
La manovra di bilancio, ormai in Parlamento, per sua natura è, infatti, non semplicemente un atto ragionieristico fatto di numeri, ma un atto politico. Ci dice quale visione il Governo ha del Paese, quali sono gli obiettivi di crescita e di miglioramento per la vita dei cittadini. In questa prospettiva seguiremo con grande attenzione il dibattito parlamentare tra le forze politiche, su almeno tre versanti. Il primo riguarda gli investimenti. Lo Snals ha chiesto la quantificazione di certificate risorse economiche per un piano quinquennale di investimenti per il nostro sistema dell’istruzione e della ricerca. Va, infatti, progressivamente innalzata la quota del PIL nazionale per portarla ai livelli degli altri Paesi dell’Unione europea.
Il secondo versante riguarda il funzionamento e l’organizzazione del sistema dell’istruzione e della ricerca. Vanno riconsiderati i parametri di dimensionamento, davvero insostenibili, che vedono scuole con troppi studenti e classi troppo numerose che impediscono efficacia educativa, relazioni costruttive e controllo sui comportamenti. Per tutto il Comparto ci deve essere un adeguamento degli organici del personale e un reclutamento sistematico per tutti i profili professionali. Va rafforzata la gestione amministrativa che condiziona la qualità dei servizi funzionali alle politiche formative e all’intero sistema.
Terzo versante è il rispetto dei contratti, delle loro scadenze per la valorizzazione di tutte le professionalità dell’intero comparto, per la tutela dell’autonomia e della libertà d’insegnamento e di ricerca e per il recupero del ruolo sociale della scuola e dei docenti. È anche in questa prospettiva che il rinnovo del CCNL del settore pubblico, e in particolare del comparto dell’Istruzione e della Ricerca, è un atto di grande rilevanza sindacale, ma soprattutto è un investimento sociale e culturale per il Paese.
Attendiamo, dunque, risposte alle attese del personale con la quantificazione certa delle risorse che consentiranno l’apertura delle trattative a gennaio, vista l’imminente scadenza dell’attuale contratto, al 31 dicembre, che lo Snals ha già disdettato. Non possono, infatti, bastare le risorse per la vacanza contrattuale e per l’assegno perequativo che ha consentito la salvaguardia salariale delle fasce stipendiali più basse. Il contratto per il triennio 2019-2021 dovrebbe essere di svolta sotto il profilo stipendiale, dopo gli irrisori aumenti ricevuti nel 2018. Ribadiamo perciò un nostro obiettivo prioritario: l’allineamento progressivo delle retribuzioni alla media di quelle degli altri Paesi dell’eurozona. Ma deve essere un contratto innovativo anche sotto il profilo giuridico, perché occorre riportare molte materie nella contrattazione e prevedere l’avvio di un serio welfare sociale nel settore pubblico.
Al momento sembrano non finalizzate a un reinvestimento sulla scuola le previste economie, anche derivanti dalla riduzione delle ore per l’alternanza scuola-lavoro. È, inoltre, previsto un ennesimo taglio delle spese dei ministeri, che mette a rischio la funzionalità di uffici e sedi e che nel caso della pubblica istruzione sono presìdi amministrativi diffusi sul territorio, già ampiamente depotenziati e sotto organico, come d’altronde lo sono quelli dell’afam, dell’università e della ricerca. È, dunque, con grande determinazione, che seguiremo l’intero iter parlamentare della legge di bilancio. Valuteremo la considerazione riservata al nostro settore che è stato penalizzato da riforme a costo zero, da interventi finalizzati a ottenere economie e un’incongrua efficienza, processi di riorganizzazione e di accorpamento, il blocco dei contratti, del turn over, del reclutamento, della stabilizzazione dei precari. Soprattutto noi, che siamo presenti quotidianamente nei singoli luoghi di lavoro, siamo consapevoli che i problemi, al di là di slogan e buoni propositi, sono molto complessi e che occorre tempo per individuare con esattezza obiettivi, strumenti e risorse, anche attraverso un dialogo e un confronto con le parti sociali, largamente disatteso negli ultimi decenni. Ma deve essere indicata una prospettiva certa alle nostre istituzioni, se veramente si vuole cambiare.
Altre questioni, oggi nell’agenda politica, sono di estrema delicatezza. Si sta definendo il provvedimento che formalizza l’intesa tra il Governo e la Regione Veneto e la Regione Lombardia che, come l’Emilia-Romagna, hanno richiesto maggiore autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Le materie riguardano le politiche del lavoro, la salute, la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, i rapporti internazionali e con l’Unione Europea. Per l’istruzione è prevista una più decisa regionalizzazione. In questo processo vediamo molti rischi e poca trasparenza per due fondamentali considerazioni.
La prima riguarda la scarsità delle informazioni sul lavoro di definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni in tema di istruzione, come pure previsto dalla Costituzione. Livelli che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale per rendere esigibile il diritto allo studio, con le stesse opportunità e la stessa qualità dei servizi, che devono essere declinati secondo il principio dell’equità e non seguendo principalmente il criterio economico dell’attribuzione delle risorse in proporzione al gettito fiscale del territorio.
L’attenzione alle singole specificità e vocazioni territoriali è un obiettivo di buona politica, ma lo deve essere anche in senso perequativo e solidale. Siamo, dunque, preoccupati sul rischio di un aumento dei già consistenti divari territoriali, sul contenimento della mobilità, su un reclutamento del personale della scuola solo all’interno dei confini regionali e sulla variabilità nelle retribuzioni.
La seconda considerazione da fare, ancora più importante, è che la nostra scuola pubblica statale rappresenta, ancora oggi, uno strumento potente per garantire eguaglianza, rispetto sostanziale del diritto all’istruzione, libertà di insegnamento e autonomia, e per questo non deve essere esposta al rischio di un nuovo centralismo: quello regionale.
Conclusioni
Tanti, dunque, i temi, le questioni e le sfide che abbiamo collettivamente davanti.
Concludo richiamando il senso del Convegno di oggi, con il quale lo Snals ha avviato un confronto con decisori politici ed esperti per affrontare i fenomeni reali e per individuare proposte per il miglioramento della società. Come sindacato ci sentiamo portatori di valori e rappresentanti delle attese del personale e delle istituzioni dove operiamo. Ma non vogliamo sottrarci agli impegni. Anche il sindacato ha bisogno di dotarsi di nuovi strumenti di analisi e di nuove modalità di intervento per affrontare le attuali trasformazioni che stanno mettendo in gioco il ruolo di tutti gli attori e della stessa società civile. Anche il sindacato deve aprire nuove piste di lavoro, elaborare proposte innovative che, forse, mettono in crisi posizioni consolidate.
Abbiamo, però, dalla nostra parte il forte radicamento sul territorio e nella società, la vicinanza ai cittadini che ogni giorno incontriamo e di cui condividiamo anche le difficoltà, la fiducia che riceviamo dai lavoratori, come ha dimostrato la massiccia partecipazione alle votazioni della RSU nei singoli luoghi di lavoro.
Tutto ciò dimostra che il sindacato è tra le forze protagoniste della vita pubblica italiana con una funzione non solo sociale, ma anche educativa, mettendo insieme interessi individuali e bene comune, nella consapevolezza che i diritti vanno consolidati, presidiati e aggiornati costantemente. Non ci sottraiamo, dunque, a questa responsabilità, anche con una contrattazione di qualità e con relazioni sindacali improntate sulla disponibilità al confronto trasparente e indipendente, per dare futuro ai giovani con le nostre istituzioni educative - scuole, università, accademie e conservatori - e i nostri enti pubblici di ricerca. Termino con un sentito ringraziamento per la vostra cortese attenzione e per la vostra preziosa partecipazione. Un ringraziamento particolare va al ministro Bussetti che ci onora della Sua presenza in un momento in cui si stanno prendendo importanti decisioni per il Paese