A nome dello Snals-Confsal e mio personale, porgo il benvenuto ai rappresentanti istituzionali, agli autorevoli relatori e a tutti i presenti. Da pochi mesi eletta Segretario generale, ho subito avvertito l’esigenza di un confronto ad alto livello scientifico e tecnico, in merito alla nuova stagione contrattuale che si riapre a distanza di circa un decennio. Non è mio compito, in questa sede, esaminare i diversi spetti giuridici ed economici di un blocco contrattuale tanto prolungato, né avventurarmi in affrettate considerazioni sul nuovo assetto dei Comparti del Pubblico impiego.
Proprio su questi aspetti interverranno gli illustri relatori, che ringrazio per aver cortesemente accettato l’invito a questo Convegno. Tuttavia, anche se il tema del Convegno odierno è rivolto al prossimo futuro, è necessario dedicare un breve sguardo al recente passato, per comprendere meglio la stagione che ci aspetta e capire quale è lo scenario entro cui ci troveremo impegnati.
Come neo Segretario Generale del più importante Sindacato autonomo del Comparto della Scuola, dell’Afam, dell’Università e della Ricerca, credo di avere il dovere di ricordare che il significato della parola “sindacato” è “giustizia insieme”. Questo chiama in causa il ruolo del sindacato nella società attuale e la funzione di fondamentale corpo intermedio, in un momento in cui le tradizionali forme di rappresentanza, e anche di partecipazione, sono messe in crisi dai mutamenti della società e del mondo del lavoro.
Lo SNALS ha il dovere di affermare, forte e chiaro, che la dignità delle persone, della loro vita e del loro lavoro è il fondamento dell’agire del sindacato e del suo protagonismo. E’ nei nostri valori mettere al centro la persona, la sua essenza interiore, la sua cultura, la sua intelligenza e le sue qualità umane.
Bene, quando parliamo di contratto, vogliamo intendere anche questo, soprattutto noi che ci occupiamo del personale del Comparto dell’Istruzione e della Ricerca.
Quindi, con il pensiero rivolto ai nuovi contratti, è utile ripercorrere brevemente, proprio in un’ottica sindacale, alcune tappe salienti di questo cammino contrattuale, che inizia con la legge 29 del ‘93, la cosiddetta riforma Cassese che ha introdotto il regime della privatizzazione o della contrattualizzazione del pubblico impiego. Abbiamo visto quanto di illogico e iniquo è stato posto in essere a danno dei lavoratori pubblici, in particolare per quelli della scuola. Sono sotto gli occhi di tutti le conseguenze che si sono avute sulle retribuzioni e sullo stato giuridico dei lavoratori pubblici. E’ successo che prima si sottoscrive un contratto collettivo le cui parti, in sostanza, sono il Governo, rappresentato dall’ARAN,e i sindacati che rappresentano determinate categorie di lavoratori privatizzati; poi, per ragioni di risparmio pubblico, si interviene dall’alto e d’autorità, con provvedimenti ad hoc e leggi finanziarie e il contratto è bloccato. Ma mentre per un decennio si sono congelate le retribuzioni, le tariffe dei servizi, anch’essi sulla carta “privatizzati”, come l’energia elettrica, il gas, i carburanti e quant’altro, sono aumentati.
Per non parlare del versante fiscale, con miriadi di addizionali di tutti i generi che hanno eroso ed erodono il già limitato potere di acquisto delle retribuzioni congelate. Ma gli interventi iniqui non si sono limitati alla parte economica emergenziale, come è stato con la manovra varata con Decreto Legge 112 del 2008.
E’ stata varata anche la Riforma Brunetta, attuata con il decreto legislativo 150 del 2009, che ha introdotto una serie di interventi extracontrattuali sullo stato giuridico dei lavoratori pubblici. Interventi su temi di netta competenza e riserva contrattuale. Venendo agli interventi più recenti, faccio riferimento alla Riforma Madia, la legge 124/2015, con ben 14 deleghe legislative in materia di amministrazioni pubbliche, che si occupa anche di personale e della continua, incessante riorganizzazione e semplificazione amministrativa. Mentre con l’ennesima Riforma del sistema scolastico, la legge 107 del 2015, della cosiddetta “Buona Scuola”, si è propagandato un intervento strutturale che vorrebbe – ancora una volta - incidere positivamente, e magari definitivamente, sul nostro sistema educativo.
Non v’è dubbio che il Sindacato apprezza quando migliaia di lavoratori, per anni in stato di precarietà con continui e reiterati contratti a tempo determinato - in contrasto anche con la giurisprudenza dell’Unione Europea - ricevono finalmente un contratto a tempo indeterminato.
Ma si deve ricordare che gran parte di quei posti vacanti era comunque da ricoprire e retribuire, tanto è vero che in queste ore, ancora diversi Uffici Scolastici Regionali sono alle prese con nuove immissioni in ruolo e convocazioni per supplenze annuali.
Con la legge 107 e i decreti attuativi, tra l’altro, si sono introdotti il principio della chiamata diretta dei docenti, previsti benefici a seguito delle valutazioni di eterogenei Comitati e un nuovo obbligo per le scuole e gli studenti, quello dell’ Alternanza scuola lavoro.
Una buona scuola è invece una scuola seria. Perché certamente il lavoro è fattore importante per la crescita umana e culturale, ma lo è se prima si sono acquisite e verificate solide e comprovate basi di conoscenze ed abilità specifiche.
Tutte queste innovazioni, tutti questi nuovi impegni per il personale sono stati introdotti senza una nuova contrattazione, con le retribuzioni ferme da dieci anni e senza creare adeguate condizioni strutturali e organizzative. Sono mancati rispetto ed equità.
Le innovazioni sono necessarie alla scuola, ma andava fatta una riforma condivisa con le parti sociali, perché noi conosciamo profondamente la scuola italiana.
E’ stata una riforma senza dialogo e confronto, che ha creato confusioni e tensioni in un sistema che invece si regge sulla partecipazione e sulla valorizzazione di tutto il personale.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 178 del 2015, ha sostanzialmente accolto la questione di legittimità costituzionale circa il blocco contrattuale. Oggi, non è mio compito entrare in questioni di tecnica giuridica, che lascio agli specialisti.
Voglio ricordare, però, che nella sentenza è affermato che “Il reiterato protrarsi del blocco delle procedure di contrattazione economica – cioè non limitato a un determinato periodo - altera la dinamica negoziale in un settore nel quale il contratto collettivo svolge un ruolo centrale”. Il contratto è centrale proprio perché è strumento di garanzia della parità di trattamento dei lavoratori, ed è un fattore propulsivo della produttività e del merito.”
Questo è un nodo da sciogliere. Ma non solo questo. Dopo alterne vicende, il 13 luglio 2016, si è giunti finalmente alla sottoscrizione del Contratto Collettivo Nazionale Quadro con l’ARAN, con cui sono stati ricondotti a quattro, rispetto ai precedenti 11, i comparti e le relative aree del pubblico impiego, nell’ottica di una semplificazione della contrattazione.
Forse per effetto della sentenza costituzionale, con l’accordo tra il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e le confederazioni sindacali, quasi un anno fa, sembra sia intervenuta una sorta di inversione di tendenza.
Si è convenuto, infatti, nell’Accordo di Palazzo Vidoni del 2016, che la riforma della pubblica amministrazione debba essere accompagnata dal riequilibrio del rapporto tra legge e contratto, con l’impegno del Governo a rivedere gli ambiti di competenza, rispettivamente, della legge e della contrattazione.
Nell’Accordo è sottolineato che, in tale operazione, si deve privilegiare “…la fonte contrattuale quale luogo naturale per la disciplina del rapporto di lavoro, dei diritti e delle garanzie dei lavoratori, nonché degli aspetti organizzativi a questi direttamente pertinenti…”. Non dimentichiamo, però, che questa Intesa non nasce dal nulla, ma dalla dura opposizione dei sindacati, soprattutto di quelli della scuola, agli interventi previsti nella legge 107.
Lo Snals-Confsal prende atto con soddisfazione di un sostanziale cambiamento nella definizione del contesto in cui dovrà svolgersi la trattativa. E’ quello che avevamo da subito chiesto. Aspettiamo il Governo su questo punto, che è preliminare al concreto avvio della contrattazione e il segnale di una “sincera” volontà del Governo di stipulare i contratti del pubblico impiego, senza tattiche dilatorie e senza furbizie elettoralistiche. Lo verificheremo a breve, all’effettiva prova dei fatti, già nella prossima legge di bilancio.
Non è certo possibile, in questa sede, illustrare specificamente le Linee programmatiche della Piattaforma contrattuale dello Snals. Tuttavia è importante evidenziare alcuni punti che considerorilevanti per i prossimi contratti.
Per la parte economica, lo Snals-Confsal ha dichiarato che intende chiedere un aumento dignitoso delle retribuzioni. Non è accettabile la ventilata proposta degli 85 euro, soprattutto in considerazione della lunga vacanza contrattuale. Ci batteremo per la salvaguardia degli scatti di anzianità, che costituiscono ad oggi l’unica forma di avanzamento retributivo, ma vanno certamente reperite risorse per il recupero del potere d’acquisto e per l’allineamento delle retribuzioni a quelle della media UE.
Molte numerose le questioni relative alla parte normativa. Nello specifico della scuola, come ho già avuto modo di illustrare, diversi aspetti della legge 107 debbono essere ridefiniti e ridisegnati con chiarezza, quindi recepiti nel sistema pattizio.
Soprattutto il cosiddetto bonus, che deve divenire parte integrante della retribuzione, nella misura in cui, ad oggi, la sua assegnazione è fonte di diffuso malcontento e conflitti nelle istituzioni scolastiche.
Lo Snals-Confsal non accetta l’attuale sistema di valutazione, sia dei docenti che dei dirigenti scolastici. Qualsiasi Sistema di valutazione deve essere impostato nello spirito dell’art. 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Questo non vuol significare mantenersi su una logica autoreferenziale, ma il doveroso rispetto per l’estrema delicatezza e complessità della funzione docente, che, in un certo senso, si estende anche ai dirigenti scolastici. La valutazione, come è ora impostata, per cui valuta il collega o il dirigente o il genitore o, nella scuola superiore, gli alunni che fanno parte del Comitato di valutazione, non può essere accettata, in quanto lede la libertà della funzione docente, poiché la espone a forme di pressione diretta e indiretta e perciò reca estremi di incostituzionalità. Va rivisitata la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, così come era intesa nella legge 107, e che, grazie ai nostri pressanti interventi, è stata in parte modificata.
Tale chiamata era illegittimamente demandata, di fatto, alla discrezionalità del dirigente scolastico.
Al contrario, vanno definiti precisi criteri per chiamare i docenti, criteri che devono essere oggetto di delibera motivata degli Organi collegiali ed esaminati, per quanto di competenza, da un tavolo sindacale. Solo in tal modo può esservi partecipazione oggettiva e soprattutto trasparente, nell’interesse delle istituzioni scolastiche e della società. I Dirigenti scolastici, soggetti da anni agli effetti di accorpamenti continui, devono sapere con chiarezza cosa si richiede a loro e quali sono le loro precise responsabilità, nel loro stesso interesse e in quello del personale. Altrimenti, la sempre richiamata autonomia delle istituzioni scolastiche, sta diventando solo un pesante decentramento, mentre si riservano al centro le decisioni più rilevanti e si scaricano tutte le responsabilità sulle scuole. E’ urgente, inoltre, che sia definito con precisione il monte ore obbligatorio per le riunioni degli Organi Collegiali e di molti altri organismi, oltre il quale ai docenti deve essere riconosciuto il diritto o di essere ulteriormente retribuiti o, quanto
meno, di accedere a modalità di recupero.
Similmente, va chiarita la misura dell’obbligo di aggiornamento, tenendo conto del diritto a un documentato autoaggiornamento alternativo. Va riordinata chiaramente la carriera degli Educatori e del personale ATA, ridefinendone con chiarezza le mansioni. Occorre certezza nell’indizione delle tornate concorsuali per i posti di dirigente scolastico, al fine di evitare le ormai insostenibili assegnazioni di reggenze, peraltro retribuite in modo indecoroso, come anche per i concorsi a cattedre e per gli ATA e DSGA.
Questa è stata la cifra delle politiche che hanno riguardato non solo la Scuola, ma tutte le istituzioni educative, l’Afam, l’Università e la Ricerca. Tutti i settori sono stati penalizzati da interventi finalizzati a ottenere economie e un’incongrua efficienza e che hanno riguardato i sistemi di valutazione, i processi di riorganizzazione e di accorpamento, il blocco del turn over, del reclutamento, della stabilizzazione dei precari. Sono mancate le misure a sostegno dell’esercizio concreto dell’autonomia e della qualità formativa e della ricerca.
C’è stato anche un generale depotenziamento delle strutture amministrative funzionali alle istituzioni.
Le linee di piattaforma dello Snals-Confsal contengono molti richiami a queste questioni generali e ad altre che si riferiscono alla specificità dei singoli settori e dei singoli profili professionali. Anche questa, come quella economica, è una partita particolarmente impegnativa. La composizione dell’unico Comparto
Istruzione e Ricerca non può annullare storie, particolarità, inquadramenti e progressioni di carriera.
Lo Snals-Confsal è pronto a compiere il suo dovere con impegno sia sulla parte normativa che economica del nuovo contratto, perché non è più possibile disattendere le aspettative del personale e perché è consapevole che la difesa del personale del Comparto Istruzione e Ricerca è la difesa del futuro del nostro Paese.
Una società, che non investe in istruzione e ricerca, nega ai giovani ogni futuro e rischia di renderli oggetto solo di logiche del mercato, di breve periodo, senza reale sviluppo e senza vere opportunità occupazionali. È anche in questa prospettiva di più ampio orizzonte che il rinnovo del CCLN del settore pubblico, e in particolare del Comparto dell’Istruzione e della Ricerca, è un atto di grande rilevanza sindacale, ma soprattutto è una sfida politica al Governo, è un investimento sociale e culturale per il Paese. Come responsabile dello Snals-Confsal sono consapevole che il Sindacato sarà costretto a muoversi in un quadro di criticità, che presenta da un lato ristrettezze economiche derivanti da ragionieristiche politiche di bilancio e dall’altro difficoltà generali derivanti dall’atteggiamento di sufficienza che caratterizza molte forze politiche.
Pertanto le coordinate che guideranno il nostro percorso, e l’azione del nostro Sindacato saranno due: il realismo come consapevolezza della situazione; la lealtà verso la categoria come rifiuto del collateralismo politico. Il realismo ci indurrà a percorrere un sentiero impervio e sicuramente lontano dalla strada del massimalismo delle richieste e proposte campate in aria. La lealtà ci porterà a percorrere sempre strade luminose lontane dall’oscurità di compromessi al ribasso.
Per dirla come slogan ”non ignoriamo i conti ma non faremo sconti” … a nessuno.
Quindi ci muoveremo con flessibilità, ma restando sempre ancorati alle attese della base e di tutto il personale che in noi ripone speranze e aspettative, che non tradiremo mai e difenderemo fino in fondo.
Il Segretario Generale Snals Confsal
Elvira Serafini