Il Consiglio Nazionale dello scorso mese di ottobre ci ha visto impegnati in considerazioni, analisi e proposte su due principali questioni: le politiche annunciate dal Governo sulla scuola e sulla formazione, le decisioni organizzative in vista di importanti appuntamenti elettorali.
Proprio l’imminenza delle prossime operazioni per il rinnovo delle RSU che si svolgeranno nei giorni 3, 4 e 5 del mese di marzo, ha portato ad anticipare la data di svolgimento del primo Consiglio Nazionale di quest’anno.
E’ evidente a tutti noi che si tratta di una sfida cruciale per il nostro sindacato. E’ richiesta una presenza puntuale e determinata non solo su tutte le procedure, su tutti gli adempimenti formali, ma soprattutto sulla raccolta delle candidature, sulla presentazione delle liste, sulla corretta informazione.
Sicuramente - come quella precedente - sarà una campagna elettorale difficile, che si giocherà sulle piattaforme nazionali e sul posizionamento di ciascuna sigla sindacale, e sede per sede, scuola per scuola, sui singoli candidati, e che dovrà portare i lavoratori a esprimere il loro voto.
Ricordiamo due aspetti importanti: tasso di sindacalizzazione e presenza delle liste SNALS-Confsal.
Il tasso di sindacalizzazione nella scuola è al 54%, ma la partecipazione alle elezioni delle RSU del 2012 in questo comparto ha raggiunto l’80% degli aventi diritto, ben oltre, dunque, il tasso di sindacalizzazione.
L’Accordo Collettivo Quadro di quest’anno, per la costituzione delle RSU per le Pubbliche Amministrazioni e per la definizione del relativo regolamento elettorale, sottoscritto dalla Confsal e dalle altre OO.SS. rappresentative, ha apportato delle significative modifiche.
Anche i lavoratori precari avranno diritto all’elettorato attivo e passivo, potranno cioè votare e presentarsi in lista come candidati, anche in coerenza con la stabilizzazione - che per la scuola riguarderà oltre 148.000 docenti precari - e gli eletti potranno continuare il mandato anche in quelle scuole/amministrazioni oggetto di riorganizzazione/accorpamenti/scorpori.
Ne consegue che l’obiettivo dello SNALS-Confsal nelle prossime elezioni per le RSU è certamente quello di far candidare i nostri sindacalizzati e di acquisire il voto dei nostri iscritti, ma anche di tutti coloro che sono propensi a dare fiducia a chi veramente difende la categoria, i suoi stipendi, a chi sostiene un concreto progetto scuola, basatosulla dignità personale e professionale dei lavoratori, sulla serietà degli studi, sulla concretezza delle proposte e delle rivendicazioni.
La strategia, allora, deve essere quella di presentare le nostre liste in ogni scuola, in ogni sede dell’Università, dell’Afam e della Ricerca, illustrando tutti i punti qualificanti della piattaforma dello SNALS-Confsal.
I positivi risultati raccolti nella precedente tornata sono stati sostenuti soprattutto in quelle province dove abbiamo coperto le scuole in modo percentualmente significativo, dove siamo riusciti a presentare un alto numero di candidature, dove siamo stati presenti e abbiamo portatoi docenti e il personale ATA a votare per la lista dello SNALS-Confsal.
Personale docente e ATA che non è stato avvicinato solo in occasione delle votazioni, ma che è conosciuto dalle strutture territoriali grazie ad una presenza costante nelle scuole. Un lavoro fatto con continuità, con assiduità, con un forte messaggio sia politico-sindacale, sia di sostegno a esigenze professionali e personali.
I positivi risultati nella precedente tornata sono stati raccolti, in modo particolare, in quelle province che hanno compreso il nuovo ruolo del sindacato, della sua nuova configurazione di corpo sociale intermedio che tutela interessi categoriali - vera e primaria vocazione del sindacato - ma che oggi deve essere accompagnata e arricchita da altre forme di vicinanza ai lavoratori.
E’ cambiato tutto. La nostra società è più complessa da interpretare e da gestire. Sono più evidenti gli interessi dei singoli, che pongono domande e attendono risposte - molto spesso più individuali che collettive - e che rispondono a necessità reali, indotte dalla “complicazione” che ha assunto la conduzione della vita quotidiana delle persone, sia in servizio che in pensione.
E’ un discorso che abbiamo fatto più volte e da tempo.
Era un orizzonte di impegno che ci eravamo posti e che in molti, non tutti, hanno saputo cogliere valutando le opportunità che questa strategia presenta, facendo leva sulla nostra struttura organizzativa, con la capillarità delle sedi, con le risorse che avevamo, certamente in numero maggiore qualche anno fa. Ma che pure nell’attuale situazione siamo riusciti a mettere in campo.
Potevamo, e possiamo ancora, essere concorrenziali a partiti politici, ad altre società di servizi, alle altre organizzazioni sindacali, che non a caso, prima di noi hanno sviluppato i servizi.
E’, infatti, ai servizi che mi riferisco.
Dove abbiamo potuto e voluto abbiamo offerto servizi di qualità che riguardano la formazione, le prestazioni fiscali, assicurative e quelle garantite dal Patronato, la mediazione, il tempo libero, solo per citarne alcuni.
Dati alla mano, nella scorsa tornata elettorale, era emerso il rapporto positivo, a livello provinciale, tra numero delle liste, voti RSU ottenuti e la presenza sul territorio dei servizi, compreso l’uso dei nuovi mezzi di comunicazione e informazione che abbiamo potenziato, sviluppando e aggiornando costantemente il nostro portale e tutti gli strumenti e le applicazioni web.
L’apertura di nuove sedi del Patronato INPAS e dei CAF, i servizi assicurativi e finanziari, la consulenza legale e l’assistenza giudiziaria, la pluralità di offerta di CONFSALservizi ci hanno consentito di creare intorno a noi, come Confederazione e come SNALS-Confsal, una vasta rete di alleanze e rapporti.
Ciò ha reso possibile nei territori, soprattutto dove questa rete è stata creata e più sviluppata, un gran numero di contatti, relazioni con lavoratori, pensionati e anche le loro famiglie e il mantenimento del numero dei nostri iscritti. Peraltro in un contesto difficile, anche in relazione alla riduzione dei lavoratori attivi nella scuola, con un taglio agli organici di oltre 133.000 posti, e in tutto il restante pubblico impiego, che ha registrato una diminuzione pari a 55.000 unità.
Non solo abbiamo mantenuto le iscrizioni allo SNALS-Confsal, ma abbiamo creato occupazione, abbiamo incrementato le risorse a disposizione delle strutture che hanno così potuto investirle per le loro attività sul territorio, anche in questo caso, in un contesto difficile, dovuto al progressivo taglio degli esoneri sindacali.
Abbiamo accennato ai vantaggi che i servizi hanno creato sul territorio, soprattutto quando sono più stretti i rapporti tra le politiche sindacali, i servizi stessi, le strutture nazionali e territoriali e i nostri iscritti.
Un’opportunità che è offerta anche da Confsalform, il nostro ente di formazione accreditato al MIUR e in alcune regioni, che ha sviluppato un ricco catalogo di iniziative e che ora è partito con il corso di preparazione al corso-concorso selettivo di formazione a posti di dirigente scolastico.
Le nuove procedure, molto più complesse e articolate di quelle della scorsa tornata concorsuale, hanno l’obiettivo di una selezione più rigorosa, prevedono una formazione mirata, richiedono sia capacità di leggere il contesto amministrativo sia competenze di gestione e promozione dell’organizzazione scolastica in un sistema educativo, come quello italiano, pieno di contraddizioni e complicazioni.
Se possiamo definire corretti gli obiettivi, non possiamo che giudicare ambiziosa la procedura ipotizzata.
Riteniamo eccessivo: il sovradimensionamento delle capacità della Scuola Nazionale dell’Amministrazione, troppo complesse le modalità, innumerevoli gli step di selezione.
Ciò senza che sia stato ancora chiarito verso quale modello di management, quale identità di scuola, quale equilibrio di poteri, quale governance della scuola e delle istituzioni territoriali si intende andare.
Che sia troppo ambizioso il tutto è evidente anche dal mancato rispetto della previsione normativa del decreto legge 104/2013, convertito nella legge 8 del novembre 2013, che indicava la fine del 2014 quale data di emanazione del bando. Un bando che dovrebbe avere cadenza annuale.
Con il decreto mille proroghe il concorso è rinviato al 31 marzo, così come è rinviata a tutto il 2015 la scadenza della validità degli atti privi del parere dell’ex-CNPI, avendo fissato il termine d’indizione delle elezioni del “nuovo” Consiglio Superiore della pubblica istruzione al 30 settembre. Un rinnovo che sarà privo di senso perché mancherà ancora la riforma complessiva degli organi collegiali.
Non ci riempie certo di soddisfazione dover costatare innumerevoli volte e in altrettanto innumerevoli occasioni, l’inefficienza e inaffidabilità del legislatore che non ha la benché minima idea sulla praticabilità delle norme che emana, dei Governi che non rispettano impegni e non attivano procedure con tempistiche certe, dell’Amministrazione che non riesce ad attrezzarsi con strumenti, risorse e competenze.
Tutto questo genera mancanza di fiducia nelle istituzioni, di credibilità sugli obiettivi di cambiamento, di speranza nell’attendersi almeno una scuola normale, prima di una “buona scuola”, come annuncia lo slogan, assai poco felice, del manifesto governativo.
E, infatti, più di un anno non è stato sufficiente per emanare il regolamento del corso-concorso, mentre è stata ovviamente nominata una commissione di facciata, poco operante, nella quale l’Amministrazione ha voluto inserire esperti di provenienza sindacale, senza un reale confronto interno.
Intanto però è “scoperto” un gran numero di istituzioni scolastiche, sempre più solo nominalmente autonome, proprio per la mancanza di condizioni sostanziali per l’esercizio dell’autonomia - aggravate anche dalle misure della legge di stabilità - molte date in reggenza, anche quando sono in diritto di avere un dirigente scolastico. Se il prossimo concorso probabilmente metterà a bando oltre 2.000 posti, è evidente la gravità della situazione.
Come per l’ultimo concorso a dirigente scolastico, dunque, Confsalform metterà in campo risorse e strumenti per la preparazione dei candidati con modalità già sperimentate e consolidate, che hanno dato buoni risultati in numero di vincitori, in modo più significativo dove la promozione del corso è stata più convincente, le adesioni più alte, il sostegno locale più attivo.
Le iscrizioni sono già possibili; ovviamente la messa a punto dei contenuti dei moduli formativi saranno aggiornati e integrati dopo l’emanazione del regolamento e del bando di concorso.
Anche in questo campo la concorrenza è agguerrita, non dobbiamo lasciare spazi ad altri che già sono sul mercato dove non sempre c’è serietà, dove gli aspetti commerciali hanno il sopravvento a scapito della qualità dell’offerta e dei servizi.
Ci dobbiamo rivolgere ai nostri docenti iscritti, ma anche a quelli non iscritti che possono diventarlo perché convinti dalla nostra presenza e assiduità dei rapporti che territorialmente possiamo garantire, oltre questa occasione.
A conclusione delle riflessioni sulle elezioni delle RSU, voglio ricordare le principali scadenze delle procedure elettorali e il termine per acquisire le adesioni. Dal 14 gennaio parte la raccolta delle firme per la presentazione delle liste ed entro il 28 gennaio dovrà essere terminata la costituzione formale delle commissioni elettorali, alle quali dovranno essere consegnate le liste entro il 6 febbraio.
Dal 6 marzo, dopo le votazioni che avranno luogo dal 3 al 5 marzo, inizierà lo scrutinio ed entro il 12 marzo saranno affissi i risultati elettorali da parte delle Commissioni.
Ho ricordato l’importanza di questa tornata elettorale che vale non solo per il consolidamento della nostra rappresentatività, ma per il ruolo che le RSU hanno, a normativa vigente.
E’ un’occasione per dimostrare la volontà dei lavoratori - aderenti o simpatizzanti dello SNALS-Confsal - di credere nel suo progetto scuola, di istruzione, di crescita e progresso del Paese eper manifestare la determinazione di continuare ogni forma di pressione per far ripartire la contrattazione nazionale e decentrata, per sbloccare i contratti, ridurre il precariato, riorganizzare le istituzioni, la scuola, l’università, la ricerca e l’amministrazione in termini reali di qualità, efficienza ed equità.
Una contrattazione che serve a negoziare ente per ente, sede per sede i modi più efficaci per valorizzare e incentivare competenze e impegno dei lavoratori. Che non possono essere meri principi, ma concrete condizioni per garantire diritti e servizi ai cittadini.
Come sappiamo il dato elettivo delle RSU concorre, con il dato relativo al numero delle deleghe effettive, al calcolo della media utile al raggiungimento del 5% sulla rappresentatività che è la soglia per partecipare ai negoziati e all’eventuale sottoscrizione dei contratti.
Rappresentatività e rappresentanza. Questioni importanti sia per le singole federazioni che per la Confederazione.
Non sono solo in gioco le libertà sindacali, la quota degli esoneri, la forza di essere presenti nel panorama sindacale italiano, ma anche il nostro peso politico in un vasto ambiente di relazioni.
Continua la nostra presa di posizione sulla necessità di giungere finalmente a una legge sulla rappresentanza e rappresentatività che detti criteri certi e trasparenti sulla reale consistenza delle varie organizzazioni sindacali nel settore privato.
E’ una battaglia giusta e corretta, pone un problema di reale democrazia, di cui in molti sono consapevoli, ma che per comodità e interessi di parte, fanno “finta” che non sia urgente affrontare. Ma non siamo senza voce, tanto che la nostra denuncia è stata ripresa recentemente da importanti organi di stampa, anche per sollecitare il Governo a dare seguito a impegni più volte proclamati.
Già due anni fa avevamo reso noto una nostraricerca che voleva far percepire quanto fosse grave la mancata trasparenza sul numero degli iscritti nel settore privato, resa possibile dalle dichiarazioni - senza riscontro “fondato” sull’effettivo numero delle deleghe - fatte annualmente da ogni sindacato al Ministero del Lavoro. Una mancanza di trasparenza, tanto invocata in questo momento, che consente “azzardi numerici” che, a loro volta giustificano gli “azzardi mediatici” di qualche sigla confederale.
Solo noi, confederazione autonoma sganciata dalla politica, possiamo evidentemente avere la libertà di denunciare che troviamo non solo sospetto, ma anche pericoloso che sigle "baciate" dal favore politico-partitico possano sedersi ai tavoli di concertazione senza averne diritto. E’ una situazione che si ripete con tutti i Governi, anche con questo Governo.
Chiediamo che si faccia finalmente chiarezza: si vedrà che la Confsal è la vera quarta confederazione sindacale e si vedrà chi ha veramente diritto a essere un interlocutore del Governo, che inutilmente attacca in modo generico, confuso e contraddittorio tutto il mondo sindacale e i lavoratori.
Questo Governo proponga e il Parlamento vari finalmente una legge sulla rappresentanza e rappresentatività sindacali. Non basta un semplice accordo facilmente eludibile. Serve un sistema che consenta di calcolare i reali numeri: sindacato per sindacato, confederazione per confederazione.
Non è solo una questione di democrazia, è questione che influenza il vasto mondo delle relazioni, che soprattutto in questo momento e in questa società stanno diventando sempre più importanti, anche per offrire opportunità reali ai lavoratori.
Mi riferisco a realtà come i Fondi Interprofessionali per la formazione continua dei lavoratori e gli Enti Bilaterali, cui sono affidate importanti funzioni in materia di contratti, tutela dei diritti, di opportunità formative, di collocazione o ricollocazione lavorativa.
La Confsal, con una decisione lungimirante, presa nei tempi giusti e perseguita con determinazione, ha creato le condizioni per la costituzione e lo sviluppo di due tra i 20 Fondi interprofessionali attualmente funzionanti, riconosciuti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Fonarcom e Formazienda.
Queste realtà, senza fini di lucro,finanziano - utilizzando lo0,30%del monte contributivoobbligatorioversato all’Inps dalle aziende - Piani Formativirispondenti alle esigenze dei lavoratorie delle imprese italiane,attraverso un ampio ventaglio di strumenti finanziari studiati ad hocper ogni contesto aziendale, interaziendale e di rete.
La trasparenza nella gestione, sottoposta a controlli e monitoraggi interni ed esterni, la tempestività nell’erogazione delle risorse, la regolarità nella risposta di formazione e informazione hanno consentito nel giro di pochi anni un ottimo posizionamento dei due Fondi.
Fonarcom,creato nel 2006 da Confederazione Italiana Federazioni Autonome (CIFA) e Confsal,si colloca attualmente al terzo posto con circa 800.000 deleghe. Formazienda, nato nel 2008 dall’accordo interconfederale tra la Confederazione datoriale Sistema Commercio e Impresa e della Confsal, di anno in anno guadagna posizioni e si colloca ora con oltre 400.000 deleghe al sesto posto tra i Fondi Interprofessionali più dinamici, in grado di attrarre nuove adesioni da parte di imprese convinte dell’affidabilità e indipendenza dei soggetti sindacali e datoriali.
Risultati molto positivi, in un panorama in precedenza “occupato” totalmente da altre sigle sindacali e datoriali, in un contesto in continuo movimento sul tema delle politiche attive del lavoro. Risultati importanti dovuti alla credibilità della Confsal sul territorio che consentirà, a breve, anche la costituzione di un altro Fondo Interprofessionale per la formazione continua rivolto al mondo della cooperazione.
Lo stesso Jobs Act, tra l’altro, prevede la creazione di un’Agenzia Nazionale per l’Occupazione, con l’obiettivo di migliorare le dinamiche dell’attuale mercato del lavoro, di ottimizzare l’incontro tra domanda e offerta e di rendere più efficiente la gestione degli strumenti di politica attiva del lavoro.
La nostra idea è che sia possibile una proficua collaborazione con i Fondi Interprofessionali attraverso l’integrazione di servizi e competenze.
Gli obiettivi di assicurare ai cittadini migliori condizioni di accesso al mercato del lavoro e di ridurre l’attuale scollamento tra domanda e offerta avranno possibilità di essere raggiunti se tutte le componenti sociali saranno coinvolte attivamente nell’operatività dell’Agenzia Nazionale per l’Occupazione.
La Confsal, con la forza dei suoi numeri - ricordo che è la quarta Confederazione - e l’attiva partecipazione anche a queste realtà, può portare un fattivo contributo non solo di idee, ma anche di esperienze e iniziative.
Niente contratti, niente buona scuola
Accanto a queste considerazioni, da ricondurre al generale posizionamento della nostra Confederazione e di tutte le nostre Federazioni, ci sono le riflessioni sulle politiche governative sulla scuola e sul sistema educativo del nostro Paese.
Le azioni sindacali condotte in questo periodo si sono concentrate sulla nostra prioritaria rivendicazione: l’apertura del confronto per il rinnovo dei contratti, fermi dal 2009 a causa del blocco operato con il decreto legge 78/2010, convertito in legge 122/2010, che i vari Governi non hanno fatto altro che prorogare.
Il 30 ottobre scorso, lo SNALS-Confsal, con CGIL, CISL, UIL e GILDA, ha tenuto una conferenza stampa in piazza Monte Citorio, al termine della quale si sono consegnate alla Presidenza del Consiglio le 300.000 firme di dipendenti della Scuola, con le quali si chiede l’avvio della trattativa per il rinnovo contrattuale e contro ogni ipotesi di cancellazione degli scatti di anzianità.
L’improvvido commento del ministro dell’istruzione Giannini, che costantemente tende a sminuire il ruolo della rappresentanza sindacale, non ha tenuto conto che le firme del personale della scuola raccolte sono state più numerose dei contatti della consultazione governativa sulla “buona scuola”.
In ciò confermando la nostra critica sulla consultazione telematica, che è stata poco rappresentativa del mondo della Scuola, fallendo il principale obiettivo di promuovere il protagonismo dei docenti e degli attori del sistema scolastico italiano.
Non c’è stata la scuola e non c’è stato il Paese che evidentemente non hanno aderito a quella che è stata una grave deformazione della dialettica democratica.
La proclamazione dello sciopero del 1 dicembre, congiunto con la CISL, ha voluto rimarcare la nostra scelta “contrattualista” e di settore.
Eravamo e siamo convinti che non sia tempo di ulteriori sacrifici economici per i lavoratori, ma la nostra azione è stata l’occasione di convogliare l’attenzione sui nostri principali obiettivi, chiamandoci fuori da giochi politici e partitici, fuori da logiche dimostrative di forza che possono avere effetti mediatici, ma strumentalizzano persone, confondono rivendicazioni, falsificano numeri, anche quando sono certificati.
Fermi i contratti, ma ferma anche la “buona scuola”.
E’ stata ammessa la sostanziale irrilevanza della consultazione, tanto che il premier Matteo Renzi ha detto che ora ha “bisogno di almeno mille persone in Italia innamorate della scuola”.
Non si sa a chi pensi Renzi, forse a un’ennesima task force di esperti, consulenti, rappresentanti dell’associazionismo professionale, qualche tecno-burocrate di ultima nomina che aiutino il Governo su due operazioni.
La prima, da fare secondo le ultime esternazioni governative entro il prossimo mese di febbraio, è quella di interpretare i dati emersi dalla consultazione, individuando i punti forti e quelli deboli sulla “Buona Scuola”, che a detta del Capo del Governo non è un “piano”, come prima proclamato, ma una proposta, un’ipotesi, un elenco delle questioni aperte. Troppo poco.
La seconda operazione, la più impegnativa, sarà quella di assistere il Governo non tanto sulla scelta degli strumenti operativi, leggi e decreti, quanto sulle misure volte a rilanciare la scuola, la sua qualità, credibilità, efficienza ed equità sociale.
Insomma l’immagine e la missione della scuola nella società italiana, che dovrebbe essere quella di aiutare i giovani ad acquisire solide competenze, a conoscere il mondo per parteciparvi, per lavorarvi, per migliorarlo.
Annunci disconfermati dai fatti
Neanche su questo le enunciazionidel Governo sono soddisfacenti.
Non sono certo sufficienti a far emergere né mete praticabili, né misure concrete. Abbiamo solo vaghe indicazioni su un certo modello di scuola, o meglio di gestione della scuola, più autonoma, più responsabile, più partecipata anche finanziariamente, con organici più stabili e senza precari, più tecnologica.
Abbiamo le solite denunce su alcuni nodi storici della politica scolastica, come quelli della formazione in servizio dei docenti, il merito, la dispersione scolastica, le classi di concorso, l’abilitazione e il reclutamento, il rapporto tra scuola, inclusione e integrazione.
Proprio questa mancanza di mete praticabili e di misure concrete ho evidenziato nel tardivo e inconcludente incontro del 12 novembre scorso con il ministro Giannini. Ci attendevamo, non dico risposte, ma almeno un metodo per arrivare a condividere un percorso per dare soluzione ai problemi che affliggono la scuola, i dirigenti, i docenti e il personale ATA.
Nulla di tutto questo; neanche un accenno a quanto si stava delineando con la legge di stabilità, ora approvata in via definitiva, che penalizza ancora una volta la scuola pubblica statale, il suo funzionamento, il suo personale.
Il nostro giudizio sulle posizioni governative rimane, dunque, molto negativo.
Abbiamo chiesto interventi precisi per il personale del comparto scuola e dell’area V della dirigenza scolastica, per il personale dell’AFAM e della Ricerca.
Posizioniche sono state alla base della mobilitazione e dello sciopero e che ora vanno riproposte nelle scuole in occasione delle elezioni delle RSU.
Ricordo che per il personale del comparto scuola rivendichiamo:
· l’inclusione nei percorsi di stabilizzazione e nella composizione dell’organico funzionale di scuola e di rete anche del personale ATA, oggetto di un’inaccettabile sottovalutazione governativa;
· la stabilizzazione dei precari, docenti e ATA, senza cancellare la ricostruzione di carriera per i neo-immessi in ruolo e il riconoscimento dell’anzianità per tutti;
· criterichiari per attribuire l’eventuale “premialità”, da non confondersi con la “produttività”, che devono essere definiti in sede di CCNL e non delegati a un organo monocratico.
Alcune precisazioni su questi due ultimi punti.
Per quanto riguarda la stabilizzazione, abbiamo finalmente la Sentenza della Corte di Giustizia europea, dello scorso 26 novembre, di condanna all’Italia per l’abuso dell’utilizzo in modo continuativo di contratti a tempo determinato, senza l’indicazione, negli stessi contratti, né delle motivazioni a supporto del rinnovo, né della durata massima totale dei contratti, né il numero dei loro rinnovi.
Lo SNALS-Confsal - dopo anni di rivendicazioni e dopo aver dimostrato che la stabilizzazione comporta un risparmio per lo Stato senza peraltro dover operare ulteriori e ingiuste penalizzazioni per il personale di ruolo e precario - ha diffidato il Governo ad attuare una risoluzione definitiva.
Sono migliaia i ricorsi patrocinati dai nostri legali su tutto il territorio nazionale e altrettanti partiranno, con l’assistenza del nostro Ufficio Legale nazionale, se il Governo non adotterà misure tempestive per porre fine, da settembre 2015, a quest’anomalia del sistema scolastico italiano.
Per quanto riguarda il merito, lo SNALS-Confsal da tempo ha articolato la sua proposta sulla carriera professionale su tre pilastri: anzianità, merito e produttività.
Chiaro è che occorrono risorse aggiuntive e nuove ipotesi - da verificare in sede di rinnovo contrattuale - non possono essere finanziate sottraendo risorse da quelle attualmente utilizzate per la valorizzazione dell’anzianità, che è riconosciuta nella quasi totalità dei Paesi europei, in quanto, soprattutto nel caso della scuola, l’anzianità è un arricchimento della professionalità.
Un’altra nostra storica rivendicazione, ora tardivamente condivisa da tutte le sigle sindacali che si sono “accodate” alla nostra posizione.
L’ipotesi contenuta nella “Buona Scuola” è stata smentita dalla consultazione e il Governo sarà costretto ad un’evidente marcia indietro che mette in luce non solo l’incapacità di interpretare il reale funzionamento della scuola, il clima che si respira, le richieste e le attese del suo personale, ma anche errori clamorosi di metodo, come quello di negare l’ascolto e l’interlocuzione con le rappresentanze sindacali.
Un po’ più di umiltà e di democrazia avrebbe giovato senz’altro al Governo, ma soprattutto andrebbe a favore della scuola reale.
Non è questa la strada per trovare soluzioni e realizzare il superamento dell’evidente contraddizione tra alcuni principi affermati e gli atti concreti del Governo, a partire dalla legge di stabilità.
A fronte della dichiarata volontà di considerare l’istruzione e la formazione un “investimento” e non una “spesa” improduttiva su cui intervenire per ridurla, si continua a operare tagli e a svilire il lavoro di docenti, dirigenti e ATA, minando la loro dignità professionale.
La legge di stabilità è ancora una volta penalizzante per la scuola perché:
• riduce di 30 milioni di euro il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche e acquisisce all’erario parte delle eventuali somme non utilizzate dalle scuole invece di farle confluire nel fondo di funzionamento;
• prevede la riduzione del numero di esoneri dal servizio per i coordinatori periferici di educazione fisica, eliminando il livello provinciale e lasciando solo quello regionale;
• abroga esoneri e semiesoneri per docenti con funzioni vicarie e addetti alla vigilanza, privando le scuole di oltre 3.100 risorse professionali utili per il loro funzionamento;
• introduce il divieto di conferire supplenze brevi al personale ATA, fino a 7 giorni per i collaboratori scolastici, agli assistenti tecnici e per quelli amministrativi con deroga solo per particolari situazioni e prevede il ricorso ad ore eccedenti del personale in servizio per la sostituzione dei collaboratori scolastici.
Tutto questo senza tener conto che l’attuale organico è insufficiente per il funzionamento delle scuole.
Non solo si attribuiscono ulteriori voci di spesa alle scuole cui è ridotto il finanziamento, non solo si inseriscono per legge modifiche al CCNL, ma si invadono il campo contrattuale e le prerogative delle RSU stabilendo le priorità nell’utilizzo del “Fondo”.
Ma c’è altro ancora. Non solo la legge di stabilità introduceil divieto di conferimento di supplenza per il primo giorno di assenza dei docenti, ma anche, dimostrando la “fretta” del Governo di fare cassa sulla scuola, prevede da subito la riduzione di oltre 2.000 posti l’organico del personale amministrativo scolastico, a fronte di un inesistente processo di digitalizzazione delle scuole, che dovrebbe portare alla “smaterializzazione e efficientamento dei processi amministrativi”.
Oggi, però, nonostante la campagna mediatica sulle “molestie burocratiche”, molte procedure amministrative, non per scelta delle istituzioni scolastiche, avvengono ancora in gran parte in forma cartacea.
L’anticipato taglio di organici caricherà in modo insopportabile il lavoro delle segreterie scolastiche con il rischio anche di compromettere il rispetto delle ordinarie scadenze amministrative, in un momento in cui alle scuole sono state decentrate nuove competenze, già in capo agli Uffici Scolastici Regionali.
Per il personale dell’area V della dirigenza scolastica, abbiamo chiesto, come per le altre categorie del pubblico impiego e della scuola, il rinnovo del CCNL.
Abbiamo anche sottolineato - a fronte di responsabilità e impegni comparativamente più gravosi e di un percorso di selezione e reclutamento ormai equiparato a quello dell’intera dirigenza pubblica - che è ormai tempo di realizzare, nella stessa sede di rinnovo contrattuale, la perequazione esterna ed interna della retribuzione, a partire da quella dei dirigenti scolastici vincitori dei concorsi ordinari.
Va risolta, inoltre, la vertenza avviata sulla retribuzione di risultato che è falcidiata per l’illegittima interpretazione della norma, che ha costretto i dirigenti scolastici alla manifestazione unitaria del 4 dicembre scorso e a inutili e contradditori incontri ministeriali.
Per garantire funzionalità ed effettiva autonomia, si deve peraltro rideterminare la rete scolastica territoriale con il progressivo accorpamento delle scuole sottodimensionate, con conseguente incremento dell'organico dei dirigenti scolastici, anche in vista del prossimo reclutamento.
Numerose le questioni che riguardano sia l’Università che l’AFAM, settore per il quale si chiedono il reale allineamento con il sistema universitario e la completa attuazione della riforma anche attraverso la valorizzazione dei dipartimenti e dell’attività di ricerca, nel rispetto delle logiche specifiche della formazione dell’artista e del musicista.
Per questo è necessaria un’attenta revisione dei nuovi ordinamenti didattici, contro la frammentazione dei percorsi formativi, la messa in ordinamento dei bienni e una definitiva soluzione al problema della seconda fascia di docenza.
Sono inaccettabili le norme contenute nella legge di stabilità per quanto riguarda il settore della Ricerca. Scarsi gli incentivi previsti a favore della ricerca su cui si opera una decurtazione di 42 milioni di euro sul Fondo Ordinario per gli Enti di Ricerca, mentre, nonostante le conclusioni cui è giunta l’indagine della VII Commissione Senato, rimane insoluta la questione del riordino complessivo della Ricerca italiana.
Conclusioni
Senza coerenza fra obiettivi dichiarati e strumenti messi in campo, addirittura con più centralismo normativo, eccesso di burocrazia e limiti all’autonomia scolastica, controlli non sulla qualità dei servizi, ma solo sulla loro economicità, non si comprende come il Governo possa continuare nella sua campagna di “ottimismo”.
Una campagna nello stesso “verso” duramente attaccata quando c’era un altro Governo con un’altra maggioranza, oggi salutata positivamente nonostante che nell’azione politica siano assenti interventi per la creazione dei presupposti dello sviluppo: lavoro, innovazione, istruzione.
In un periodo in cui si prendono in prestito comparazioni internazionali di comodo, non si approfondiscono mai i nessi virtuosi che esistono tra questi pilastri e lo sviluppo e la ripresa dell’economia. E non solo.
Equità, coesione sociale, welfare diffuso si accompagnano, come succede nei paesi del nord Europa, a un più alto livello di istruzione.
Una cittadinanza più accorta, più consapevole, più formata non solo ha migliori opportunità occupazionali, ma è anche un antidoto contro l’illegalità e la corruzione.
Ma forse proprio questo si vuole: mantenere un alto livello di disuguaglianza e di esclusione, conservare rendite di posizione che consentono di tenere lontani dai centri di potere i cittadini onesti, che sono considerati solo un utile serbatoio di voti e di tasse.
Tutte le considerazioni svolte e il nostro messaggio sulla funzione istituzionale della scuola, sulla serietà degli studi, sul prestigio sociale dei docenti e di tutto il personale che opera nelle istituzioni educative di tutti i livelli sono quanto mai “rivoluzionari” e di drammatica attualità per le sorti del nostro Paese.
E’ questo il progetto dello SNALS-Confsal che, sono certo, impegnerà tutti noi in questo periodo di grandi sfide politico-sindacali.
Marco Paolo Nigi
Segretario Generale SNALS