L’anno che sta per finire ci induce a tracciare un bilancio dei cambiamenti intervenuti negli ultimi tempi nel Paese, nella scuola e nel sindacato. La svolta annunciata da Renzi con ostentato decisionismo fin dall’inizio del suo mandato si è rivelata virtuale nella maggior parte dei settori della vita sociale. Per esemplificare, basti pensare al mancato rilancio dei consumi che il governo pensava di ottenere con l’assegnazione degli 80 euro, o alla riforma, se così può essere definita, della pubblica amministrazione, o alla riforma del job act, considerata, con l’abolizione dell’art. 18, la panacea di tutti i mali che affliggono l’Italia.
Che intanto continua a stare nella palude, non solo per fattori economici, mentre la disoccupazione è aumentata a livelli senza precedenti. Evasione ed elusione fiscale, corruzione, sono il vero cancro di questa Nazione che ruba alle casse dello Stato 180 miliardi di euro, diffonde le sue metastasi in tutti i campi e inquina l’economia, impedendone la ripresa.
Recuperare queste ingenti somme dovrebbe essere il primo impegno del governo. E invece debito pubblico e pressione fiscale continuano a falcidiare il potere d’acquisto, già ridotto all’osso, delle retribuzioni dei cittadini, in particolare di pubblici dipendenti e pensionati, sempre nel mirino quando si
tratta di far quadrare i conti dello Stato. Per quanto riguarda la scuola, la centralità dell’istruzione è rimasta solo uno dei tanti annunci. Anzi, il governo Renzi si è posto in perfetta linea di continuità con i precedenti, operando tagli a danno di settori solo a parole ritenuti vitali per il rilancio economico, sociale e competitivo del Paese. L’obiettivo dell’esecutivo di realizzare risparmi sul pubblico impiego per ripianare il debito pubblico e di rilanciare il modello della scuola-azienda ha trovato concretezza nel Piano “La buona scuola”.
Sui contenuti della proposta governativa abbiamo ampiamente espresso le nostre valutazioni nei precedenti editoriali, nei documenti inviati al premier e al ministro Giannini e pubblicati sulle pagine del nostro giornale, sollevando obiezioni di merito e di metodo ed esponendo le linee strategiche del nostro
progetto scuola, fondato su proposte concrete e fattibili. Ma il sindacato non è stato interpellato, se non formalmente, su questioni che riteniamo vitali per la scuola e per i suoi operatori, disconoscendo il suo ruolo di soggetto politico oltre che quello di rappresentanza sindacale.
Il Piano Renzi, presentato con grande enfasi propagandistica, ha avuto, a nostro avviso, un solo merito: suscitare un ampio dibattito sulla scuola con i lavoratori nelle centinaia di assemblee che si sono svolte su tutto il territorio nazionale nell’ambito della campagna #sbloccacontratto, alla quale hanno aderito in massa presentando documenti elaborati dai collegi dei docenti. Il sondaggio on line sul Piano, confezionato ad hoc dal governo, è stato surclassato dalla nostra consultazione che ha raccolto la voce reale dei lavoratori della scuola i quali hanno chiesto con forza il rinnovo del contratto di lavoro, il mantenimento delle progressioni economiche di anzianità, il rispetto delle vigenti disposizioni contrattuali. La politica delle chiacchiere e dei tagli non ha dimostrato la minima attenzione né verso la scuola e il suo personale - lo provano anche gli interventi previsti dalla legge di stabilità- né nei confronti del ruolo che svolgono le rappresentanze sociali in una società complessa come la nostra, in cui si fa sempre più pressante la richiesta di tutele da parte dei lavoratori. C’è infatti da chiedersi, oggi, quale posto occupino “i diritti” in una società che si dice civile. Il disprezzo del dialogo sociale e la negazione della contrattazione hanno portato alla chiusura da parte di Palazzo Chigi sul tema delle risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, fermi da sei anni. Da qui è partita la grande mobilitazione unitaria di tutto il personale della scuola e del pubblico impiego che è sfociata nello sciopero nazionale del 1° dicembre. Significativa, a riguardo, l’adesione della categoria che ha inviato al governo un forte segnale di protesta e ha partecipato compatta ai presìdi organizzati davanti alle sedi istituzionali in tutte le regioni e province (vedi alle pagine 9, 10, 11, n.d.r.).
Le richieste sono emerse all’unisono: immediata apertura del tavolo negoziale, salvaguardia dell’anzianità di servizio, soluzione del problema della stabilizzazione di tutti i precari, anche a seguito della sentenza della Corte di giustizia europea. Queste ragioni permangono a tutt’oggi e, quindi, la mobilitazione del personale prosegue. È questa una delle sfide più impegnative con cui il sindacato dovrà misurarsi nel nuovo anno. L’altra sfida riguarda l’appuntamento elettorale di marzo 2015 per il rinnovo delle RSU, che sarà l’occasione per riaffermare il ruolo e i valori di riferimento del nostro sindacato; per rafforzare la sua rappresentatività e il suo radicamento nei luoghi di lavoro, quale garanzia per il dialogo e la tutela dei diritti del personale.
Lo Snals-Confsal, con la forza della sua libertà e della sua autonomia, continuerà ad impegnarsi per raggiungere tali traguardi, con l’auspicio che il nuovo anno segni l’atteso cambio di rotta nelle politiche scolastiche e del personale.
Marco Paolo Nigi
Segretario generale dello Snals-Confsal