In questo periodo lo Snals-Confsal, pur in un contesto politico- economico particolarmente difficile, è riuscito ad ottenere un importante risultato: il recupero integrale della validità dell’anno 2012 ai fini delle progressioni di anzianità del personale docente, educativo e ATA e la salvaguardia delle posizioni economiche del personale ATA. Con due specifici accordi si conclude così positivamente una tormentata vicenda che ha visto il sindacato mobilitato, come già per gli scatti del 2010 e del 2011, per difendere il riconoscimento della progressione economica legata all’anzianità di servizio, che per noi significa esperienza professionale ed è valorizzata in quasi tutti i Paesi europei.
Restano aperti molti altri problemi e lo Snals-Confsal è impegnato nel portarli a soluzione. A cominciare dal piano pluriennale delle immissioni in ruolo di docenti e ATA, su tutti i posti vacanti e disponibili, ancora fermo perché la direttiva del Miur è al vaglio del Mef, mentre è assolutamente indispensabile renderlo operativo già dal prossimo primo settembre. Resta poi ancora inattuato l’organico pluriennale dell’autonomia, pure previsto da una precisa disposizione legislativa, che deve portare al superamento della distinzione tra organico di diritto e organico di fatto.
Uno strumento, questo, indispensabile per soddisfare le esigenze organizzative delle istituzioni scolastiche, garantire la continuità didattica, consentire la stabilizzazione dei precari, promuovere il recupero e l’integrazione. Nel decreto legge sulla riforma della Pubblica Amministrazione, varato di recente, non c’è traccia del rinnovo del CCNL, bloccato fino al 31 dicembre del corrente anno, come non c’è traccia di misure tese ad un immediato sblocco del turn-over per favorire l’ingresso dei giovani. E il tanto sbandierato ricambio generazionale viene fatto licenziando e tagliando posti di lavoro anzichè, ad esempio, eliminando costose consulenze.
Lo Snals-Confsal, in sinergia con la Confsal, chiede pertanto una tempestiva apertura del confronto sul contratto, contestualmente sulla parte normativa e su quella economica. Il contratto è non soltanto una risposta al personale che attende da cinque anni un adeguamento dei livelli retributivi, ma anche una leva di cambiamento e di sostegno ai processi di innovazione. Il rinnovo del CCNL deve quindi valorizzare la professionalità del personale e dei docenti in particolare, distinguendo tra carriera, legata all’anzianità di servizio, alla quale può essere riservata una quota intorno all’80% del valore della retribuzione, e merito professionale, al quale si può ipotizzare di riservare una quota del 20% del valore della retribuzione. Devono essere, inoltre, rese disponibili risorse per il riconoscimento della produttività, rapportata a maggiori impegni utili ed effettivamente svolti. Se proviamo a fare un bilancio dei primi cento giorni del governo Renzi, emerge in tutta evidenza che la scuola, e non soltanto la scuola, è oggetto di una “politica degli annunci”, ai quali però non seguono interventi concreti e fondi adeguati. Le affermazioni del Presidente del Consiglio sulla necessità di ripartire dalla scuola per lo sviluppo competitivo del Paese, una scuola seria che restituisca dignità e autorevolezza ai docenti, sembrano mutuate dalla nostra piattaforma. Ma la montagna ha partorito il topolino.
L’unico intervento finanziato è quello per l’edilizia scolastica, sicuramente di primaria necessità, ma non la sola emergenza della scuola italiana. Alla quale non servono un’altra “riforma epocale”, o innovazioni costose e inutili come il registro elettronico, ma interventi per offrire maggiori opportunità formative ai giovani. In Italia, dal ‘68 in poi è stato posto in essere un piano ideologico per distruggere le istituzioni e la scuola autorevole, fondata sul merito, a favore di una scuola che, in nome di un falso egualitarismo, ha massificato i cervelli, livellato i titoli di studio facendo loro perdere valore, fino diventare il fanalino di coda nel confronto europeo. Tutti uguali e tutti mediocri.
Questo è stato il risultato. Per “cambiare verso” alla scuola ci vuole ben altro. Al di là di ogni inutile retorica e “annunci” enfatici, servono politiche nuove che si pongano come obiettivi la serietà degli studi, il sostegno alle scuole con risorse finanziarie, misure per la stabilizzazione dei precari e per il riconoscimento sociale dei docenti, a cominciare da retribuzioni adeguate, in linea con quelle dei principali paesi dell’eurozona. Da qui si deve ripartire per “ricostruire” la scuola. E invece si pensa a ridurre la durata dei percorsi dell’istruzione secondaria superiore a quattro anni, contraendo il curricolo e gli insegnamenti, con la conseguenza di un abbassamento dei livelli di apprendimento. In tutti i paesi che hanno dato impulso all’istruzione destinandole una quota consistente del PIL, si è prodotto sviluppo e crescita. Da noi, per ragioni di cassa, si vuole invece ridurre un servizio pubblico, qual è la scuola, che poi è riferito alla principale funzione dell’istruzione. Anziché andare a prendere i soldi da una seria lotta all’evasione fiscale, all’ elusio ne,al sommerso e finalizzarli alla diminuzione delle tasse per far ripartire i consumi e i risparmi; anziché abolire da subito il finanziamento pubblico ai partiti – e non rinviarlo al 2017 come ha deciso il Governo – si tagliano i servizi essenziali, si tassano i risparmi, si introducono nuove tasse, si riducono gli organici della scuola, con la conseguenza di creare classi pollaio e mettere a rischio il funzionamento amministrativo delle istituzioni scolastiche, si comprimono le prerogative sindacali per destrutturare il ruolo di chi rappresenta il lavoro pubblico e garantisce tutele. Per rilanciare l’istruzione noi proponiamo un nostro modello di scuola, fondato su un maggior tempo di apertura delle strutture scolastiche, differenziando il tempo della didattica, dedicato alle attività curricolari, garantito dallo Stato con proprio personale, dal tempo educativo destinato ad attività sportive, culturali, artistiche, abitualmente svolto da agenzie esterne alla scuola, e affidato ad altri operatori. Le attività di recupero potrebbero essere svolte, su base volontaria, dai docenti delle scuole statali con oneri a carico delle famiglie e per le meno abbienti si potrebbe prevedere un sistema di detrazioni fiscali. I docenti potrebbero svolgere attività didattiche oltre l’orario di servizio con uno speciale e regolamentato regime di intramoenia.
La scuola diverrebbe così un centrale punto di riferimento della comunità e risponderebbe ad un’esigenza molto avvertita dalle famiglie che lavorano e non sanno a chi affidare i propri figli. Le nostre proposte sono sostenute dalla ferma convinzione che solo una nuova cultura che affermi la serietà degli studi, il valore dell’impegno e dei comportamenti responsabili e il riconoscimento del merito potrà rimettere in moto un cambiamento reale per la modernizzazione del Paese.
E solo attraverso il dialogo tra la politica e i rappresentanti delle parti sociali potrà maturare condivisione e partecipazione al cambiamento. Il nostro auspicio è che su questa base si apra al più presto il negoziato per il rinnovo del CCNL, ma, in mancanza di risposte dal Governo il prossimo anno scolastico sarà inevitabilmente contrassegnato da nostre azioni di protesta e di lotta.
Marco Paolo Nigi
Segretario generale dello Snals-Confsal